Diciotto secoli dopo, come per una bizzarra sindrome di Caracalla, non è diverso il destino della civiltà europea, estenuata, stanca, incapace di credere a se stessa, ormai ridotta ad una somma algebrica a valore zero di burocrazie, egoismi, servilismi e paure. Che fare, dunque, se non si accetta di essere soltanto muti testimoni, se, infine, si vuol rimanere in piedi tra le rovine? Soprattutto, esiste una possibilità, una sola, di essere i “primi di domani”, non gli ultimi di ieri, o peggio, i nostalgici di un età dell’oro mai esistita? La risposta, ovviamente, non c’è, ma resta indispensabile uno sforzo immenso e drammatico per non uscire dalla storia, come europei, come italiani, e come portatori di una grande visione del mondo. Intellettuale è colui che è oggi là dove tutti gli altri saranno domani, ammoniva Pierre Drieu La Rochelle.
ismo globale si verifica la fine del concetto di “limite”, essenziale pilastro di una retta civiltà. In ogni cultura esiste qualcosa che è sacro, “più alto”, un oltre, una soglia da non oltrepassare. Nell’universo borghese, liberista e votato esclusivamente all’utile, al contrario, si invera e realizza compiutamente il sogno dannato della “hybris”, quel misto di arroganza, superbia, volontà di potenza e dominio che è la stessa della ribellione di Lucifero, o del mito di Prometeo che rompe il vaso di Pandora.
La tecnologia ha fornito un grandioso sistema di controllo materiale, un Panopticon più sofisticato di quello immaginato da Jeremy Bentham. Telecamere ad ogni angolo di strada ed in ogni corridoio, carte di credito- cioè di debito- che annotano ogni nostra spesa, ogni nostra propensione o movimento. Chi ne è privo è il nuovo deviante, l’ultimo paria : una rete di controllo che i più feroci dittatori hanno solo sognato. Sorvegliare e punire, secondo l’assioma di Michel Foucault, ma ancor più impadronirsi delle nostre vite in nome del mercato e del denaro, con il fine di un potere assoluto e totalizzante, scopo e misura di se stesso. Davvero, oltre ogni limite.
mando nazionale o europeo, ed in assenza di un’ autonoma politica agricola, energetica, ambientale, industriale? E’ in corso la privatizzazione del mondo, e la realizzazione di quel “monopolio radicale” già immaginato da Ivan Illich. Controllano il denaro, l’industria, il commercio, l’energia, orientano i consumi, determinano le idee base di miliardi di coscienze attraverso un ferreo monopolio su stampa, editoria, televisione, media di intrattenimento. Non resta che tornare allo Stato: popoli che si fanno nazioni, e che non riconoscono altra autorità che la propria.“Superiorem non recognoscens”, è la definizione di sovranità del “nostro” diritto romano.
Stato, e quindi sovranità di popolo. I trattati europei tutti, Maastricht, Schengen, sino all’ultima vergogna, Lisbona, la cosiddetta Costituzione europea, sono nulli perché incostituzionali. Art. 11: l’Italia consente, in condizioni di parità con altri Stati, le limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni. I Regolamenti CE, ne sfornano migliaia all’anno, sono forse pegno di pace e giustizia? E non avevamo titolo per conferire alla BCE il potere di battere moneta e di non rispondere ad alcuno del proprio operato. Forse che la banca è uno Stato? Tra i suoi scopi ci sono la pace e la giustizia?
Per vincere sull’essenziale, accettiamo la battaglia sul terreno che, apparentemente, è altrui. E se è vero il monito di Carl Schmitt, secondo cui un’autentica democrazia si fonda sull’ omogeneità di un popolo, e c’è dove la politica porta al potere le idee dei cittadini, non può durare una democrazia agnostica, basata su regole astratte e formali, le stesse che ne hanno permesso lo svuotamento e, da ultimo, la diretta presa di potere dei funzionari del Denaro. Democrazia dell’essere, secondo Heidegger: comando, popolo, eredità, radicamento; democrazia transpolitica come Augusto Del Noce chiama la dimensione profonda della coscienza comune.
Quanto a BCE, una riforma si impone subito: ridiventi prestatore di ultima istanza, come da storica funzione delle banche centrali. Questo per dare garanzia sul cosiddetto debito sovrano dei paesi dell’Eurozona, affinché i tassi d’interesse vengano ricondotti ai livelli pre-crisi. Nazioni che hanno un debito elevatissimo non subiscono gli attacchi della criminalità finanziaria perché hanno una banca centrale che ha l’obbligo di stampare moneta, e, quindi acquistare direttamente i titoli governativi. La BCE non può acquistare per statuto direttamente i buoni pubblici perché, se lo facesse, dimostrerebbe che la banca centrale è una tipografia degli Stati, e non un organo privato e sovrano. BCE, invece, è l’unica banca centrale al mondo che, al modico interesse dell’ 1,5%, compra titoli di Stato dalle banche private, le quali lucrano felici sul mitico “spread”. Moneta di popolo, oro che torna ai proprietari, questo è sovranità.
Economia politica è rilancio dell’agricoltura. Una nazione deve procurarsi da sé il cibo che mangia, e ripresa dell’industria manifatturiera a partire dalle produzioni di qualità. Lo Stato non è un’azienda, ed il pareggio di bilancio che ci hanno imposto in Costituzione, nell’assordante silenzio degli intellettuali e del mondo della comunicazione, è una vergogna. La spesa a deficit, se bene orientata, con una moneta emessa oculatamente dallo Stato, è il motore ed il balsamo della Nazione. E nel commercio internazionale, si possono scambiare beni contro beni. Così fece la Germania di Hitler con il grande economista e banchiere (israelita) Hjalmar Schacht. Ritrovò in pochi anni benessere e piena occupazione. Fu anche la sua rovina: il successo della nuova economia feriva a morte la finanza che prospera sul debito. Un popolo che non s’indebita fa rabbia agli usurai, ed il povero Ezra Pound pagò care queste parole. L’Italia creò l’IRI e non si affidò al liberismo, ed anche Roosevelt si ispirò a quelle politiche per uscire dalla grande depressione americana dopo il 1929. Ma oggi vediamo la svendita di tutto quanto è costato il sacrificio di generazioni, più il pareggio di bilancio in Costituzione, per impoverire ulteriormente chi ha bisogno di aiuto.
La proposta alternativa è farina del genio di Giacinto Auriti: il titolo azionario deve essere qualificato come titolo rappresentativo di una quota di proprietà del capitale. Con un unico articolo di legge, si può spezzare l’artificiosa duplicazione di valori che è il terreno di coltura del parassitismo bancario. Il patrimonio conferito nella società, imprigionato nel fantasma della persona giuridica, acquista due valori. Uno interno e proprio, che è reale, ma viene definito nominale, ed un valore esterno, di borsa, convenzionale, ma accettato come reale, perché esprime il prezzo del giorno. Il valore interno entra nella disponibilità di chi lo amministra, che assume i poteri che sono prerogativa del proprietario. Il valore esterno è alla mercé di chi manovra le quotazioni, perché attraverso le oscillazioni si appropria delle differenze di prezzo. Una truffa assai vicina all’esproprio, dato che per poter manovrare i prezzi basta una disponibilità illimitata di mezzi finanziari. Cioè, è sufficiente la sovranità monetaria, incautamente conferita alle banche. Siamo al punto di partenza: il centro del bersaglio è lì, e nulla di meno vi è da fare che abbattere il mostro.
e contro lo strapotere della Federal Reserve- la banca centrale – in nome del ritorno al “gold standard”, ovvero alla convertibilità in oro della moneta (moneta merce). Non siamo soli. E c’è, dal povero Bengala, lo straordinario esempio di vero progresso innescato dal microcredito inventato da Muhammad Yunus con la banca Grameen, che significa Banca della Terra. Piccolo prestito senza interessi fatto soprattutto a giovani, donne, anziani, da rimborsare in tempi variabili, in merci, lavoro, partecipazioni in attività artigianali e di microimpresa.
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