di Michele Rallo
La base del PD è in rivolta contro le “larghe intese”. Ed è naturale che sia così. Dopo che per un ventennio si è detto a quella base che Berlusconi era il male assoluto, il demonio della politica, colui che governava esclusivamente per tutelare i propri interessi, dopo tutto questo… vai a spiegare all’onesto militante di base che proprio con “lui” si deve fare un governo, perché le Loro Maestà i Mercati vogliono così. La Sinistra italiana, questa Sinistra liofilizzata e omogeneizzata al mondo del peggior capitalismo, paga così un ennesimo scotto al pragmatismo imbecille di chi ha ritenuto di gettare alle ortiche tutto quanto la aveva contraddistinta fino agli anni ’90. Tutto ha accettato la Sinistra — e non soltanto in Italia — pur di ottenere dai suoi nemici una patente di agibilità politica nel mondo del dopomuro-di-Berlino: la riforma delle pensioni, la svendita dell’industria di Stato, i licenziamenti di massa, la privatizzazione dei servizi pubblici, il massacro dello Stato sociale, il sostegno alle guerre americane, eccetera, eccetera, eccetera.
E allora? Che cosa di diverso proporre al proprio elettorato per distinguersi da quelli “di destra”? Due cose soltanto: lo sbracamento totale di fronte alla pressione migratoria (nella speranza che i lavoratori non si accorgano che questa pressione minaccia innanzitutto i loro interessi), e — appunto — la guerra a “lui”, al Berlusca, al Caimano, al male assoluto. Non c’è che dire. È certamente una trovata brillante per prendere per i fondelli le masse che fino ad ieri si mobilitavano in nome della “difesa degli interessi dei lavoratori”. Certo, occorre una buona dose di faccia tosta per fare la guerra al miliardario Berlusconi sotto le bandiere del miliardario De Benedetti, tessera n° 1 del PD oltre che nemico storico del Cavaliere.
E, certo, occorre una faccia ancor più tosta per additare al popolo della sinistra altri modelli, magari da votare per la Presidenza della Repubblica. Chessò, un Romano Prodi, per esempio. Amico stretto del De Benedetti, al quale sarebbe stato disposto a cedere il controllo dell’intero comparto alimentare “di Stato” (una volta) per 437 miliardi di lire (non di euro). Una “muzziata”: Star, Cirio, Pavesi, Bertolli, De Rica, Motta, Alemagna, Italgel, Surgela, Supermercati GS, Autogrill, in un colpo solo.., una botta di miliardi, e via. Si tratta — ricordo agli immemori — di quello stesso Romano Prodi che fece avere la laurea “honoris causa” da parte dell’università di Bologna al finanziere internazionale George Soros, massimo responsabile dell’attacco speculativo contro la lira italiana che ci portò — negli anni ’90 — a “bruciare” 40.000 miliardi di lire (quarantamila, non quaranta) e poi a svalutare del 30% la nostra moneta. Certo, è comprensibile che una Sinistra del genere abbia dovuto confezionare per i suoi militanti il feticcio di un Nemico da combattere.
Ma si trattava, appunto, di un feticcio, di un idolo, ovvero — secondo la definizione dell’enciclopedia Treccani — di “un oggetto inanimato al quale viene attribuito un potere magico”. Dietro e ben nascosto — nei film e nei libri d’avventura della mia gioventù — c’era spesso il furbo di turno, che parlava con voce cavernosa per far credere agli sprovveduti indigeni che il dio totemico fosse incazzato e minacciasse di sterminarli. Nella Sinistra italiana è avvenuto qualcosa di molto simile: i furbi avevano costruito un feticcio che doveva servire a calamitare l’odio delle moltitudini. E, adesso, si ritrovano con un idolo infranto e con gli indigeni furiosi che scagliano frecce in tutte le direzioni. Ah, se avessero letto Salgari!
Nota di Ereticamente
Ringraziamo l’Autore e il periodico Social (Settimanale indipendente di Trapani) per la gentile concessione
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