Nel panorama della cultura oppositiva al sistema, troppo spesso arroccata nella riproposizione di modelli politici incapaci di produrre nuove sintesi teoriche, Paolo Borgognone, giovane storico astigiano, rappresenta una novità positiva. Lo confermano i suoi due ultimi libri, i cui contenuti rinviano l’uno all’altro. Ci riferiamo alla terza edizione, ampliata e riveduta, di Capire la Russia. Correnti politiche e dinamiche sociali nella Russia e nell’Ucraina postsovietiche, ma anche a Deplorevoli? L’America di Trump e i movimenti sovranisti in Europa, nelle librerie per i tipi di Zambon Editore (euro 25,00; euro 18,00).
Nel primo testo, l’autore individua le ragioni che fanno della Russia di Putin il nemico principale del capitale speculativo, da eliminare dalla scena politica in quanto pericoloso inciampo lungo la strada della esportazione del “paradiso” liberale e dei suoi valori di riferimento nel mondo. Nella Prefazione, Giulietto Chiesa chiarisce come, nonostante l’innegabile inserimento della stessa compagine statuale post-sovietica nelle dinamiche espansive imposte dal capitalismo dei flussi, nella Russia di Putin si siano riaccese “correnti profonde”, incancellabili perché iscritte nell’animus del popolo e capaci di contrastare la colonizzazione dell’immaginario indotta dalla mercificazione universale. Ciò rende il ruolo politico di Putin catecontico, raffrenante rispetto alle accelerazioni della modernità nella sua discesa verso il Regno del nulla. Storicamente, il risveglio di tali anticorpi spirituali si sarebbe manifestato in Crimea, durante il colpo di stato filo-occidentale in Ucraina. Il popolo (russo) di Crimea ebbe contezza dell’irriducibilità della propria visione del mondo a quella mercatista ed utilitarista dell’Occidente.
Sotto il profilo culturale e spirituale tale netta differenziazione si è mostrata nelle correnti politiche sorte nella Russia post-sovietica, mentre la nuova borghesia di quel paese pensava di aver definitivamente realizzato, con l’appoggio dello sciagurato “Corvo bianco” Elstin, il proprio sogno consumista. Sappia il lettore che il nucleo vitale della proposta di Borgognone in questo libro deve essere individuato nell’analisi, organica e puntuale, della produzione culturale espressa dai gruppi “conservatori-rivoluzionari” e da quelli “etno-nazionalisti” che, per primi, seppero contrastare l’invasività politico-esistenziale delle tesi dei liberali filo-occidentali. Così sfilano, tra le pagine, le personalità di pensatori assai significativi. Aleksander Dugin, tra tutti, definito il 18 dicembre 2016 dallo scrittore P. Ratner, legato all’establishment clintoniano, l’intellettuale “più pericoloso al mondo”. Dugin ha individuato quale unica via d’uscita dalla miseria mercatista del presente, la Tradizione. Non casualmente, è stato il primo traduttore di Evola e Guénon in russo e, con Alain de Benoist, ha compreso la necessità di guardare oltre il moderno per riconsegnare la vita degli uomini all’originaria dignità.
Vengono, inoltre, analizzate, le tesi di Gennadij Zjuganov, inerenti il “comunismo sostenitore dello Stato”, nonché quelle espresse dalla “destra classica” russa e dall’ “anarchismo euroasiatista”, ritenute sintoniche al progetto geopolitico identitario putiniano. Borgognone legge, con Costanzo Preve, suo principale referente teorico, il Sessantotto come fenomeno storico che ha messo in atto la definitiva “liberazione” del modo di produrre capitalistico-finanziario, dai vincoli etici ancora presenti nella borghesia classica. Altro che rivoluzione contro il capitale! Si trattò, con la contestazione giovanile, di realizzare l’ultima fase della rivoluzione capitalista. In cammino verso il nulla, naturalmente! L’Impero mondialista teorizzato da Negri ed Hardt, l’altermondialismo della “sinistra estrema”, non è che l’eco di quell’evento: l’altra faccia della medaglia del mondialismo liberticida del capitalismo, di cui condivide gli assunti fondamentali.
Il Nuovo Ordine Mondiale costruito attorno a tali valori, comincia a mostrare le sue crepe. Borgognone ritiene che l’8 novembre 2016, l’imprevista elezione alla Presidenza USA di Trump, abbia fatto entrare il mondo in una nuova fase: la transizione (probabilmente lenta e lunga) dall’Impero della Mercificazione universale verso un Nuovo Inizio. Ne parla nel secondo libro: Deplorevoli? Il titolo è suggerito dalla definizione che Hillary Clinton ha utilizzato per qualificare gli elettori del suo avversario “una massa di deplorevoli” (p. 9). Espressione che esemplifica il disprezzo nutrito dai membri della Nuova Classe nei confronti del popolo. Il loro esplicito razzismo esistenzial-spirituale, veste, però, i panni ben accetti del politicamente corretto. Così, mentre le frasi ritenute anti-femministe attribuite al “becero” Trump, subiscono la reprimenda mediatica, la riduzione della donna ad oggetto (leggasi fellatio con l’avvenente Monica) messa in atto dal Presidente “democratico” Bill, è sottaciuta e/o giustificata. Ciò che non rientra nell’orizzonte ideale del Pensiero Unico, non può essere giustificato e subisce la reductio ad hitlerum, un processo di vera e propria demonizzazione. Il fenomeno Trump è stato preceduto dalle affermazioni, in diversi paesi europei, di movimenti “populisti, sovranisti ed identitari”. Il più delle volte, animati da una volontà dichiaratamente contraria alle istituzioni europee, sentite come soverchianti le libere scelte dei popoli (caso Brexit).
Il populismo rappresenta una sorta di risposta spontanea, naturale ed immediata all’innaturalità della situazione che stiamo vivendo su più piani. Da quello propriamente ricordato, politico-istituzionale, a quello esistenziale, personale, per giungere finanche ai comportamenti sessuali. Da questo punto di vista, la teoria del gender funge da grimaldello per ridurre l’uomo alla dimensione del desiderio deprivato di senso. Di fronte a ciò i ceti popolari, gli operai delle periferie urbane come i contadini, abbandonati dalla sinistra dei diritti dell’uomo, chiedono a gran voce identità personale e comunitaria, appartenenza sociale, tutela economica, nella consapevolezza che anche i loro interessi primari divergono radicalmente da quelli della Nuova Classe. Per di più, i processi indotti dalla crisi, in particolare la progressiva proletarizzazione dei ceti borghesi, hanno fatto crescere, in termini numerici, gli appartenenti ai ceti esclusi, parallelamente alla loro rabbia sociale.
Anche laddove, Trump docet, questi fenomeni siano, come sostennero de Benoist e Locchi ne Il male americano, prodotti della stessa “struttura” ideocratica americana (Borgognone ne è consapevole, p. 17), resta il fatto che essi indicano la crisi del sistema. Per questo i libri presentati, suggeriscono la necessità di operare per costruire un polo politico alternativo al dominio neo-liberale. Esso potrà essere realizzato, oltre la consueta dicotomia destra-sinistra, voluta dal sistema, guardando alla Tradizione, alla richiesta identitaria dei “deplorevoli”. La Tradizione è meta, indica un futuro possibile.
Giovanni Sessa