La Vedova e la Vergine
Nei tesori del silenzio
m’inabisso a nascer naufrago.
Dalla grotta notturna uscito
della Vedova un cielo neve
mi brucia lo sguardo assetato.
La cercai nella foresta
della fontana secca. Al pozzo
attinsi l’acqua della tempesta
e d’un fulmine tre volte cinsi
il mio petto e la mia morte
di rosa. Quella notte giunsi
sotto le alte mura, nel grembo
mio vuoto. La Vergine erge
una luce spenta sul prato
al di là del buio che discende.
L’ostia sul suo petto nutre
e vita nuova dona per lancia
di vena nuda: sulla neve
– tre gocce di sangue – si spande
il suo volto: Morte suggente.
L’alba in me lascio trascorrere
per serbare gli occhi aperti
e non sparire nel loro grido
in un silenzio definitivo.
Il guscio è rotto – Nulla e Dio –
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