LA “VERGINE” DI JULIUS EVOLA SUO “FEDELE CORPO DI GUARDIA”
L’Astro-geometria solare del tema natale
A cura di Gaetano Barbella
Terza parte
6. Il vento di Borea di Michael Maier
6.1 La Conoscenza e la comunicazione
In premessa mi preme esaminare il lato della “Conoscenza” in questa epoca della “comunicazione” dell’era digitale, così come può essere vista al di fuori delle concezioni contemplate in questo scritto. A caso ho estrapolato dal web uno dei tanti scritti su questo tema della conoscenza, una breve e sintetica recensione su: Vite connesse. La sfida del futuro nell’era digitale di Luca Tomassini, editore Franco Angeli.
Eccone la descrizione:
«L’audacia e lo slancio del presente tecnologico non sono altro che il riflesso di una porta spalancatasi rapidamente sull’avvenire dell’umanità, su quel futuro che incalza sempre più da vicino. È il futuro digitale. Vite Connesse inquadra le sfide e le incredibili scommesse che quest’epoca pone all’umanità in termini di evoluzione, sviluppo e consapevolezza. Se riusciremo a impossessarci della chiave giusta, ci accorgeremo che niente nel nostro mondo contemporaneo è come sembra, e che un computer, ormai, dopo l’avvento di Internet, non è più soltanto un computer. La velocità del cambiamento digitale sta trasformando ogni settore della nostra vita, dal lavoro allo studio, dall’economia alla cultura, dal modo di relazionarsi alla comunicazione e, diversamente da altri periodi di cambiamento, questa volta gli effetti sono planetari. Tutto questo movimento di dati e identità nasce con un obiettivo preciso: rendere il mondo un luogo accessibile e gestibile. Mettere l’uomo al centro di tutte le cose; al centro della sua vita. Così, per inquadrare storicamente la nuova dimensione culturale che si è determinata in seguito alla rivoluzione digitale Tomassini parla di nuovo umanesimo. Di rinascimento digitale.».
Ma è proprio così in relazione alle tematiche esaminate in questo scritto? E poi, non era anche per Julius Evola lo stesso progetto, cioè: «Mettere l’uomo al centro di tutte le cose; al centro della sua vita.»? Chiaramente due concezioni decisamente antitetiche che non si avrà mai modo di conciliare, ipotizzando che, il corso della “conoscenza” di cui si parla nel suddetto libro, ignori l’eredità filosofica lasciata da Evola, ma anche di tanti altri come lui presi per gli ideali metafisici?
Tuttavia resta latente una loro “memoria” incancellabile che a lungo andare, tardi che fosse, per forza maggiore riuscirà a implodere e farsi sentire e “obbedire”!
Mi sovviene una profezia delle Centurie di Michèl Nostradamus, la quartina II, 45 che sembra in sintonia con la questione della memoria che preme per ottenere giustizia, ed è questa:
«Troppo al Cielo piange l’Androgino procreato. /Nello spazio Celeste sangue umano versato: /Per la morte troppo tardi il grande popolo ricreato/ tardi e così viene il soccorso atteso.».
6.2 L’Eptagramma, la stella del Nord
Ora entra in ballo la domanda sull’ipotetico «soccorso inatteso» nostradamico, cioè come potrà avvenire?
Si capisce che si tratta dell’intervento di una “forza” straordinaria di natura extraumana, ma che in “piccolo”, sia in “grande”, ha sempre operato nell’uomo elevandolo ad uno stato “superiore”.
Giuliano Kremmerz così ne parla:
«… Se studiate un problema di algebra e non riuscite a trovarne la soluzione, né sperate di riuscirvi, e si affaccia, fuori ogni premeditazione di logica ricerca, improvvisa una determinazione del vostro intelletto, che vi dà la via vera, che voi troverete vera, quella che in voi si è prodotta è una luce intellettuale che viene dalla parte più ‘nobile di voi stessi, che pare per la sua sottilità una ispirazione a voi estranea: questa è intelligenza o luce ermetica.
Nello scolaro risolve la breve questione della vita del liceo; nell’artista, dà la penetrazione delle forme e il senso dell’arte; nello scienziato la illimitata conquista della ricerca.
Ermete è il nome greco del latino Mercurio. Nebo, Ermes, Mercurio, Lucifero, Spirito Santo sono sinonimi dello stesso stato di essere della intelligenza umana le cui leggi secrete ancora agli uomini sono occluse. Tutte le forme più divine sono possibili se con allenamento graduale questa lucente stella del nostro mondo mentale si scovre dalle nuvole che tutte le nostre imperfezioni disquilibranti fanno più dense. Può arrivare allo stato di genio, come nella forma del demone di Socrate; di Nume, come in Apollonio di Tiana; di Dio Padre, come nel tipo solare del Cristo.
È questa intelligenza che da luce si converte in forza e dà le forme di magia oggettivante, dal magnetismo alle proiezioni di forze psichiche, alle forme di medianità diverse, attraverso i fenomeni delle quali vigila un’ intelligenza inafferrabile, che l’uno ritiene spirito di morti, l’altro demone e un terzo angelo.
La scienza delle Religioni vi ricorda che si risveglia nel silenzio e nella purità dell’innocente questo dio proteiforme in voi. È vero o no? Non giurate nella parola dell’uomo e lasciate che la lotta per afferrarlo e definirlo sia impegnata tra voi e lui. Ma ricordatevi che anche il cristianesimo nacque infante, cioè non parlante, da cui il simbolo del bambino che regge il mondo(7).
Ma andiamo avanti per riuscire a capire la natura di questa forza che è così capricciosa da non restare stabile nell’uomo, e che crede di poterla dominare e farne suo strumento a suo piacimento, invece no. Essa si “rivela” come una luminosa stella, ora a cinque raggi, ora a sei, ma poi a sette, a otto e così via. E ne abbiamo viste alcune nei due grafici astro-geometrici mostrati con le illustr. 3 e 4. Ma non mi si prenda alla lettera, perché questo senso numerico si manifesta peculiarmente nel suo modo specifico che più si adatta all’“ermetista”. Cominceremo da una delle “stelle” con la quale l’alchimista si trova a fare esperienza dall’inizio dell’opera fino alla fine e con essa deve regolarsi e procedere secondo canoni dettati dalla tradizione alchemica. Si tratta di un poligramma regolare a sette bracci o punte, nota in geometria col nome di Eptagramma. Nel corso dell’opera alchemica, l’ermetista la “intravede” (pongo fra virgolette per tener da conto il modo di “vedere” dell’alchimista) appunto allo scadere del compimento di altrettanti fasi che poi spiegherò, e con questa iniziale spiegazione si ha modo di capire la funzione della sua presenza nei due grafici astro-geometrici appena detti.
Kremmerz associa l’argomentata forza allo Spirito Santo dei cattolici, tant’è che nel vangelo di Giovanni 3,8 si hanno queste tre versioni che ne fa la CEI, e poi la stessa Nuova Riveduta, infine ancora la CEI ma Nuova Diodati:
La prima (CEI iniziale):
«Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito».
La seconda (Nuova Riveduta):
«Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito».
La terza (Nuova Diodati):
«Il vento soffia dove vuole e tu ne odi il suono, ma non sai da dove viene né dove va; così è per chiunque è nato dallo Spirito».
Come si evince in sostanza è cambiato solo il modo di operare dello Spirito (di Dio): con la voce, con il rumore e con il suono.
E se vogliamo interpretare questi tre modi di manifestarsi dell’azione spirituale, secondo me, potrebbe accostarsi al piano escatologico, che lo stesso Giovanni Evangelista profetizza con la sua Apocalisse. Infatti suo tramite Iddio prima «parla» alle sette Chiese, poi si fa sentire con i rumori causati dai «terremoti», ed infine con il suono terribile delle «sette trombe».
A questo punto, il passo è breve per accostare l’allusione dell’azione dello spirito divino dei cattolici definita dal «vento che soffia dove vuole», con il «vento» stesso associata dal paganesimo al dio Eolo, ma possiamo ben dire che si tratta del dio Mercurio dai piedi alati.
6.3 Il segno della stella del Nord
A pag. 50 del libro di Fulcanelli, Il Mistero delle Cattedrali, in relazione ad un geroglifico di Notre-Dame de Paris, viene detto che era < una statua del diavolo, che spalancava un’enorme bocca nella quale i fedeli venivano a spegnere i loro ceri; di modo che il blocco scolpito appariva sporco di gocce di cera e di nero-fumo. Il popolo chiamava questa statua Mastro Pietro del Cantone, nome che è stato sempre incomprensibile agli archeologi. Questa figura, destinata a rappresentare la materia iniziale dell’Opera, umanizzata sotto le spoglie di Lucifero (che porta la luce, – la stella del mattino), era il simbolo della nostra pietra angolare, la pietra del cantone, la pietra maestra del cantone. «La pietra che i costruttori hanno scartato, scrive Amyraut, è diventata la pietra maestra d’angolo, sulla quale si basa tutta la struttura dell’edificio; ma essa è anche un ostacolo e pietra dello scandalo, contro la quale essi si scagliano andando incontro alla propria rovina.» >.
Ecco l’apparire della stella del nord, qui definita del mattino o anche della sera, poiché si riferisce al pianeta Venere che è il primo astro a brillare all’imbrunire e l’ultimo al sorgere dell’alba.
Ogni sera, al termine del suo tragitto, il sole si immerge nel settimo cielo, dove abita la divinità con l’acqua fecondante che egli dispensa sotto forma di pioggia.
Rappresentando l’ordine formato da sette elementi, il fondamento ultimo del settenario si trova iscritto nelle sette direzioni dello spazio: due contrarie per ogni dimensione più il centro, inteso nella propria corposità.
Come modello del settenario nel trascorso temporale, la proiezione di questo ordine spaziale, composto da sei elementi dinamici, più uno statico; coincide con la settimana, dunque ai sei giorni dinamici, lavorativi, più un giorno contemplativo, dedicato alla riflessione.
Inoltre, presso molte culture, le figure composte da sette elementi vengono vagliate assommando il tre al quattro, giacché, il tre corrisponde al numero del cielo, con l’ordine verticale nella croce a tau delle tre dimensioni spaziali; il quale è aggiunto al quattro, che rappresenta la terra, ovvero le quattro direzioni assimilabili ai punti cardinali, nelle due dimensioni del piano. Per questo, il sette è il numero, somma del cielo e della terra.
Quindi, l’eptagramma può rappresentare il simbolo del “Tutto”, ma di quello della totalità in movimento, ovvero il “dinamismo totale”, nella comunicazione fra mondi diversi.
Infatti, esso raffigura: la lira cosmica, la musica delle sfere, l’armonia del mondo, l’ottava musicale, l’arcobaleno dei sette colori, le sette zone planetarie ed altro.
Per la sua costruzione, legata alla divisione caldea del tempo, risultano basilari i pianeti e gli astri celesti conosciuti nell’antichità, quei sette corpi del cielo che avevano assunto un’entità divina.
Questi saranno riportati nei punti di intersezione secondo la progressione del periodo siderale, su una circonferenza divisa in sette parti, mentre, i punti corrispondenti verranno uniti seguendo la successione dei giorni della settimana, così come hanno stabilito gli stessi Caldei, nell’antichità.
Ne risulta, appunto, una figura stellare a sette punte le cui linee curve di unione saltano ciascuna due dei punti di intersezione del cerchio, per rimediare alle due dimensioni del piano(8).
6.4 I sette Regimi e i colori dell’Opera
Il problema dell’alchimista è strettamente legato alle diverse fasi di evoluzione dell’Opera che si rivelano con colorazioni e che costituiscono i regimi del processo.
A pag. 25 del libro Le Dimore Filosofali di Fulcanelli, viene spiegato il regime dei colori in alchimia condensato in un motto di un cassettone della galleria alta del Castello di Dampierre-Sur-Boutonne:
.NVTRI.ETIAM.RESPONSA.FERVNTVR.
La descrizione è questa:
“Quattro fiori sbocciati e eretti sui loro steli sono in contatto con la lama affilata di una sciabola”. Che vuol dire: Sviluppa in tal modo gli oracoli annunciati. (illustr. 1)
Questi oracoli, in numero di quattro – dice Fulcanelli – , corrispondono ai quattro fiori o colori che si manifestano durante l’evoluzione del Rebis e mostrano così esteriormente, all’alchimista, le fasi successive del lavorio interno. Queste fasi, diversamente colorate, hanno il nome di Regimi o di Regni. Ordinariamente se ne contano sette.
Ad ogni regime i filosofi hanno attribuito una delle divinità superiori dell’Olimpo, ed anche uno di pianeti celesti la cui influenza si esercita parallelamente alla loro, nel medesimo tempo della dominazione. […] Al regno di Mercurio (Hermes, base, fondamento), primo stadio dell’Opera, succede quello di Saturno (Chronos, il vegliardo, il folle); poi Giove governa in seguito (Zeus, unione, matrimonio), poi Diana (Artemide, intero, completo), o la Luna, la cui veste scintillante è a volte tessuta da capelli bianchi, a volte da cristalli di neve; Venere, votata al verde (Afrodite, bellezza, grazie), eredita allora il trono, però Marte la caccia ben presto (Ares, adatto, fissato), e questo principe bellicoso, dalle vesti macchiate di sangue coagulato, è egli stesso rovesciato da Apollo (il trionfatore), il Sole del Magistero, imperatore vestito di lucentezza scarlatta, la quale stabilisce definitivamente la sua sovranità e la sua potenza sulle rovine dei suoi predecessori.
Alcuni autori, assimilando le fasi colorate della cottura ai sette giorni della creazione, hanno indicato l’intero lavoro con l’espressione Hendomas hedbomadum, la Settimana delle settimane, o semplicemente la Grande Settimana perché l’alchimista deve seguire assai dappresso, nella sua realizzazione microcosmica, tutte le circostanze che accompagnarono la Grande opera del Creatore.
Ma questi vari regimi sono più o meno liberi e variano molto, sia per la durata che per intensità. Così i maestri si sono limitati a segnalare solo quattro colori, essenziali e preponderanti, perché essi sono i più netti e più durevoli degli altri, e cioè: il nero, il bianco, il giallo o citrino ed il rosso. Questi quattro fiori del giardino ermetico devono essere tagliati uno dopo l’altro, seguendo l’ordine ed alla fine della fioritura, cosa che spiega la presenza dell’arma del nostro bassorilievo. Compiendo questo lavoro, bisogna temere di affrettarsi troppo e, ciò facendo, d’oltrepassare i gradi di fuoco richiesti dal regime i quel momento, nella vana speranza d’abbreviare il tempo, talvolta assai lungo. […].
Nel prossimo capitolo si continuerà a parlare dei Regimi dell’Opus appena contemplati, ma secondo un’altra visione, quella delle “moltiplicazioni”.
7. Le moltiplicazioni nell’emblema VIII dell’Atalanta fugiens di Michael Maier
Nell’emblema VIII dell’Atlalanta fugliens (illustr. 2), immaginato da Maier che lo titola “Prendi l’uovo e percuotilo con un gladio di fuoco”, si nota chiaramente il destino previsto del contenuto dell’uovo di cui si parla nell’epigramma relativo che dice: “Un augello sta nel mondo superno. E tua sola cura sia cercarne l’uovo. Un molle albume”.
Si comprende che il destino dell’uovo porta al quadrato in alto giusto sullo stesso asse verticale di mezzeria. E poi un lungo percorso lo attende in un tunnel fino in fondo che appena si scorge. Il lungo tunnel nel quadrato ci riporta alle esperienze di pre-morte, per esempio di persone entrate in coma e poi ritornate in vita. E questa occasione, di cui si parla del quadrato e il relativo tunnel, è l’esperienza occulta che ci permette di legarla ai due quadrati degli schemi geometrici dei pianeti veloci e lenti segnati nelle illustr.ni 3 e 4 della parte seconda di questo scritto. Quadrati che ho posto in evidenza definendoli Gran Croci Dorate con le rispettive diagonali.
In merito a questo tunnel, nel libro “Viaggi ai confini della vita. Esperienze di pre-morte ed extra-corporee in Oriente e Occidente: un’indagine scientifica”, di Ornella Corazza, Editore: Feltrinelli, se ne parla compiutamente. La parte che più ci interessa, ossia del caso suddetto in merito al tunnel nel quadrato, è riportata in questo capitolo che replico in parte:
«Che cosa accade durante una NDE (iniziali di near-death experience, “esperienza perimortale” – N.d.A.) Nell’inverno del 1971 un diciottenne si ritrova in punto di morte a causa del virus dell’“influenza asiatica”:
Dopo essere stato a letto per un paio di giorni, ho perso conoscenza e mi sono sentito trascinato per un lungo tunnel, alla fine della quale c’era una Luce bianca molto brillante (ma non accecante). L’esperienza era assolutamente sublime, e mi ha infuso sentimenti di pace e gioia indescrivibili, come non li avevo mai provato prima. Quando sono emerso dal tunnel, mi sono trovato alle presenza di un potente Essere spirituale che irraggiava Luce tutto intorno a me. Mi sembrava di essere in un paesaggio meraviglioso, con montagne maestose, ampie valli e foresta. L’entità mi comunicò certe informazioni sulla finalità del mio essere in incarnazione, e parlò di vari eventi futuri della mia vita (molti dei quali sono già accaduti). Con mia delusione mi disse anche che avrei dovuto tornare al mio corpo per realizzare il fine della mia vita – e pochissimo tempo dopo riacquistai gradualmente la coscienza. […] ».
Ma ora si spiega la frase “Prendi l’uovo e percuotilo con un gladio di fuoco”.
La misteriosa “percussione” sull’uovo dell’emblema VIII, è come di un far vibrare un peculiare diapason, e per carpirne il segreto riposto occorre riprendere alcuni illuminazioni presi dall’alchimia spiegata da Fulcanelli, cui ci si è riferiti in precedenza. Egli, per questo caso così si esprime riferendosi al mercurio dei filosofi che accosta ad un certa acqua pontida:
<<I maestri ci insegnano che il loro mercurio secondo, quest’acqua pontica di cui stiamo parlando, è un’acqua permanente, che, contrariamente ai corpi liquidi «non bagna le mani» ed è la loro sorgente che cola nel mare ermetico. Essi dicono che per ottenerla bisogna percuotere tre volte la roccia, per estrarne l’onda pura mescolata all’acqua grossolana e solidificata, in genere raffigurata da blocchi rocciosi emergenti dall’oceano.>>(9).
Detto questo, di conseguenza, si illumina a giorno il mistero sul “gladio di fuoco” che deve percuotere l’uovo da cui “sorgerà” il “molle albume” che porterà poi all’“augello nel mondo superno”. Ed ora via libera alla spiegazione delle moltiplicazioni alchemiche, già peraltro comprese in sede del processo alchemico attraverso regimi e colori.
Per questo scopo ricorriamo a ciò che viene detto da Julie Champagne Fulcanelli nel suo libro Le Dimori Filosofali, vol. II, pagg. 95-96-97.
Nella galleria superiore del castello di Dampierre sur Boutonne in Charentes-Maritime, una delle residenze del filosofo Jean Lallemant10 (descritta da Fulcanelli, nel citato libro Le Dimore Filosofali) compaiono sul soffitto diversi cassonetti con figure allegoriche del genere ermetico.
Una di queste figure, la tav. XXXIII del suddetto libro, è quella mostrata con l’illustr. 14, il cui titolo è “Concussus surgo”. Di essa Fulcanelli, fa una descrizione seguita da un commento, che riporto di seguito.
« Cassettone I. – Trapassando delle nubi, una mano d’uomo lancia contro una roccia sette palle che rimbalzano verso terra. Questo bassorilievo è ornato dell’iscrizione:
.CONCVSSVS. .SVRGO.
Urtato, rimbalzato. Immagine dell’azione e della reazione, ed anche dell’assioma ermetico Solve et coagula, sciogli e coagula. […]
Quella mano celeste, dunque getta contro la roccia(11), emblema della nostra sostanza mercuriale, proprio i frutti del lavoro ermetico. Ogni volta che la pietra, fissa e perfetta, è nuovamente lavorata col mercurio, per esservi ridisciolta, perché vi si nutra nuovamente, e per aumentare non soltanto in peso ed in volume ma anche in energia; ogni volta dunque mediante la cottura, essa ritorna al suo stato, al suo colore ed al suo aspetto primitivo.
Si può affermare che dopo aver toccato il mercurio essa ritorna al suo di partenza. Queste fasi di caduta e d’ascensione, di soluzione e di coagulazione caratterizzano le moltiplicazioni successive che producono ogni rinascita della pietra una potenza teorica decuplicata rispetto alla precedente. Tuttavia, e sebbene molti autori considerano senza limiti questa esaltazione, noi pensiamo, d’accordo con altri filosofi, che sarebbe imprudente, almeno per ciò che riguarda la trasmutazione e la medicina, oltrepassare la settima ripetizione. Per questa ragione sia Jean Lallemant che l’Adepto Dampierre hanno raffigurato soltanto sette palle o sette castagne nella decorazione alla quale ci stiamo riferendo. ».
Abbiamo proceduto sin qui, con l’ausilio di concezioni alchemiche prodotte dall’alchimista Michael Maier. Egli ci è stato di fondamentale aiuto per legarci ai risultati ottenuto, per via geometrica, sul conto della misteriosa “Vergine” del Nume, riferita ad una giovane donna che Julius Evola definisce “fedele guardia del corpo”.
8. Caso di un punto di fuga nell’emblema VIII Il tappeto volante
In precedenza, in relazione all’emblema VIII si è parlato del “tunnel”, che qui nell’illustr. 4 rivediamo, e ci si rende conto di una mirabile geometria, quella dei punti di fuga correlati alle fughe musicali su cui poggiano le concezioni alchemiche di Atalanta fugiens di Maier in esame. Questo “tunnel” è come se avesse inizio dalla base ABCD a mo’ di doppio binario su cui è adagiato il tavolino con l’uovo in un equilibrio impossibile da immaginare in pratica. Il disegno che mi è stato possibile sviluppare apre il sipario sul tema ermetico. Calore e forza concorrono sul piano orizzontale dell’asse xx per aprire la porta, come se fosse scorrevole e così permettere il varco della luce in relazione alla nascita del Rebis filosofale o Reuccio che era rinchiuso in potenza nell’uovo. La sua gestione vitale era affidata alla Madre, ma doveva alfine giungere il momento della sua nascita. E si capisce che si tratta dell’uovo della fenice che poi è il nostro uovo filosofico(12).
Si è parlato più volte della fase alchemica incomprensibile del “percuotere la roccia” per far sgorgare il ruscello dei Saggi, definito anche divina fontana, la nota divina fontana di Diana per quanto riguarda la relazione, sia della terra alchemica dell’ermetista, sia quella del relativo Tutto connesso alla Terra planetaria (considerato che con l’astro-geometria non si è fatto altro che farvi capo). Ora è Michael Maier che, con l’emblema VIII ci dà la sua peculiare interpretazione con l’immagine visiva che con me trova la felice comprensione tramite l’esplicazione grafica del tema dei punti di fuga in diretta relazione di noti concetti della fisica che si studiano, a cominciare, nelle scuole medie. Perciò niente di tanto difficile da capire.
Ma prima di parlarne compiutamente è importante esaminare l’immagine sovrapposta dei punti di fuga di A,B,C e D verso P in fondo al “tunnel” in questione. È ben evidente che il “tunnel” si sviluppa in modo diverso dai raggi del doppio binario bianco (che non è propriamente un tunnel) su cui idealmente procede il tavolino con Rebis filosofale, la cui crescita si sviluppa in fasi progressive dettate dalla nota “moltiplicazione” ermetica. Di qui abbiamo la prova che il percorso dell’ermetista, ovvero del filosofo a riguardo, non è lo stesso dell’uomo comune – mettiamo – come quel giovane “per bene” del racconto del libro di Ornella Corazzini, del capitolo sulla pre-morte nota con la sigla scientifica NDE.
NOTE
7 Fonte: http://societa-ermetica.it/?tag=kremmerz
8 Vedi: http://templari.wordpress.com/2007/12/21/templari-simboli-e-numeri/
9 Fulcanelli. Le Dimore Filosofali, vol. II, pag.126 10 Jean Lallemant:
Erede di una vecchia famiglia proveniente d’oltre-Reno, la cui presenza presso des Berruyers è attestata sin dal XIII secolo, Jean Lallemant, il cui padre Guillaume era incaricato di approvigionare in libri la biblioteca di Carlo VI, diviene alla metà del XV secolo ricevitore generale di Normandia.
Si arricchì attraverso il commercio della corte ed è nobilitato, ma nel 1487 la sua casa è distrutta dal grande incendio di Bourges. Intraprende presto la costruzione dell’Hotel attuale (L’hotel Lallemand di Bourges è una delle dimore filosofali di questa città che fu una capitale del regno di Francia) di cui non vedrà che le fondamenta: decede nel 1494. […]
11 Ibidem cfr. 9
12 Le Dimore Filosofali di Fulcanelli, vol. II, pag.135. Edizioni Mediterranee.