9 Ottobre 2024
Julius Evola

La “vergine” di Julius Evola. 4^ parte – Gaetano Barbella

LA “VERGINE” DI JULIUS EVOLA  SUO “FEDELE CORPO DI GUARDIA”

L’Astro-geometria solare del tema natale

A cura di Gaetano Barbella

Quarta parte

 

9.  La fiaba del tappeto volante

Ho sottotitolato il  capitolo 8, Il tappeto volante, ed ora con questo capitolo è giunto il momento di parlarne. Tuttavia si è già capito il perché di questo titolo giusto in  relazione alla configurazione assunta dal doppio binario di Luce su cui fluttua il tavolino con l’Uovo filosofale dell’emblema VIII di Michael Maier.

Illustr. 1: Riproduzione dell’autore del dipinto, Il tappeto volante, del 1880 di Viktor Michajlovič Vasnecov: il principe Ivan Carevič trasporta l’uccello di fuoco che ha catturato.

L’llustr. 1 mostra la riproduzione del dipinto Viktor Michajlovič Vasnecov, fatta da me, che si riferisce alla fiaba del Tappeto volante.

Questa fiaba è un motivo popolarissimo in letteratura. Si tratta di un immaginario mezzo di trasporto usato per trasportare rapidamente o istantaneamente persone in luoghi lontani.

Spesso viene associato a Le mille e una notte: effettivamente, alcune novelle fanno uso di questa immagine; tuttavia, temi del genere non venivano affatto menzionati nel primo manoscritto, quello che comprendeva le prime 282 notti. Al contrario di quel che si crede, in questa raccolta il motivo è relativamente raro: lo si incontra in diverse versioni non originali di Aladino e la lampada magica.

Il soggetto, oltre a comparire nella mitologia persiana ed araba, si ritrova anche nel folklore russo (avventure di Baba Jaga). Apprezzata nella letteratura ottocentesca,  l’immagine  del  tappeto  volante  fu  poi  ripresa  anche  per  la stesura di una nota avventura del fumetto Asterix: Le mille e un’ora di Asterix. È  inoltre  uno  dei  personaggi principali  della  trilogia  Disney  dedicata  ad Aladdin e dell’omonima serie animata(13).

Ecco, non si può dire che è del tutto fantasia il racconto del tappeto volante, dopo aver commentato l’impresa di Atalanta fugiens di Michael Maier e ammirato la mia conclusione grafica della luce ermetica diretta nel punto di fuga del “mondo superno”. E l’uccello di fuoco catturato dal principe Ivan Carevič della fiaba, si capisce che è l’araba Fenice, la stessa descritta come l’augel del mondo superno da Maier. Mi viene da pensare che era nella sua intenzione ispirarsi al tappeto volante della nota fiaba. Ma vedremo fra poco la replica di questo tappeto che compare nel suo ritratto esaminato in precedenza.

 

10.  Il tappeto volante come un aeroplano d’oggi e l’alchimia del vento

Ed ancora sul tappeto volante, immaginato col tavolino con l’uovo filosofale dell’emblema VIII di Michael Maier, potremmo paragonarlo ad un moderno aeroplano poiché è l’aria che lo sostiene, la stessa prodotta dall’elica azionata dal suo motore.

Ma basta la potente spinta del motore a reazione di altri aeroplani, i più attuali, ad agire e poi il sostentamento lo genera l’aria che è costretta a lambire le sue ali. Cioè un aeroplano vola perché l’aria che investe le ali lo tiene su.

Per capire da profani questa cosa, tante volte è capitato di mettere la mano fuori dal finestrino dell’auto in corsa e di inclinarla un poco. Si avverte una forza che la spinge verso l’alto e una forza che la spinge indietro.

La forza che spinge verso l’alto è la responsabile del volo, e si chiama portanza. La forza che spinge all’indietro è la responsabile, ahimè, del fatto che gli aeroplani hanno bisogno dei motori, e si chiama resistenza. L’illustr. 2 riassume tutti i casi in cui la portanza e la resistenza intervengono prevalendo una sull’altra.

Per permettere all’aereo di rimanere in volo, la portanza, deve essere sufficiente a vincere il peso dell’aereo.

Illustr. 2: Effetti dell’inclinazione dell’ala di un aeroplano.

La portanza dipende dal profilo dell’ala, ed aumenta con la velocità. Questa è la ragione per cui gli aerei non decollano da fermi, ma devono accelerare per un po’, fino a quando appunto la portanza non diventa uguale o maggiore del peso dell’aereo.

La portanza però non dipende solo dalla velocità, ma anche da superfici mobili (alettoni), posti sulla coda dell’ala, comandate dal pilota. Aumentando la portanza solo su un’ala, ad esempio, si causa la rotazione dell’aereo (rollio).

Perciò se si inclina di poco la mano fuori dal finestrino, riprendendo l’esempio pratico menzionato in precedenza, sembrerà di iniziare a sentire una forza che tende a far salire il braccio. Questa è l’occasione per sperimentare la portanza: più se inclina la mano, e più la forza diventa difficile da contrastare.

Ad un certo punto però si sentirà che la forza che spinge verso l’alto è quasi sparita, e prevale la resistenza. Si dice, a questo punto, che la mano è entrata in stallo, e se non fosse attaccata al vostro braccio cadrebbe in strada.

La resistenza, dunque, è quella forza che si oppone al moto dell’aeroplano, e che agisce nella stessa direzione del flusso d’aria che lo investe, e per vincere questa forza si usano i motori(14).

Più coerentemente, il “tappeto volante” in questione si può accostare ad un aeroplano, cosiddetto, tuttala. (illustr. 3) Cioè un aeroplano costituito esclusivamente dall’ala, di conseguenza privo di fusoliera o impennaggi (gli alettoni ed altro).

llustr. 3: Disegno dell’autore dell’aereo tuttala, il Lockheed Martin RQ-170 Sentinel, statunitense(2000).

Un aeroplano con configurazione tuttala trasporta all’interno della struttura alare tutto il suo carico utile, nonché l’equipaggio, i motori, il carrello e tutti gli altri impianti.

Siamo al punto giusto, ora per prendere coscienza del risvolto dell’azione dell’aria sull’aeroplano per sostentarlo e farlo muovere velocemente, in relazione all’alchimia che tanto ci interessa. Insomma si deve aver capito che si tratta dell’azione del “vento”, lo stesso di cui si parla nel primo emblema di Michael Maier. Il suo titolo infatti così recita: Il vento lo portò nel suo ventre (Portavit eum ventus in ventre suo), alludendo al nascituro alchemico, il Rebis o Reuccio tanto atteso. Dunque si tratta del dio Eolo del mito che aveva il compito di custodire i venti, di dirigerli e liberarli dalla sua dimora nell’arcipelago eoliano, poiché questi venti incontrollati avevano generato il distaccamento della Sicilia dal continente, quasi ad accostarla ad una sorta di “tappeto volante”. All’interno delle suggestive caverne, il signore dei venti controllava e custodiva ogni genere e tipo di vento, da Borea violento vento del Nord a Zefiro Vento dell’Ovest, dolce e benefico che annunciava la primavera, passando dall’Austro al Libeccio, vento del sud-Ovest avvolto dalla nebbia e molti altri venti ancora(15).

 

 

11.  La Forza del Nume della Vergine di Julius Evola?

11. 1 Il Pentagramma e l’Esagramma, le due stelle dell’alchimista

Si è ampiamente parlato della stella a sette punte, ossia l’Eptagramma, ma non di quella a cinque punte, cioè il Pentagramma che è presente nei due grafici astro-geometrici del tema natale della “Sibilla del Nume”, il “fedele corpo di guardia” di Julius Evola. Ecco siamo al punto giusto per occuparcene compiutamente e con essa si parlerà dell’Esagramma, cioè la stella a sei punte che per certe ragioni di fondo vi fa coppia.

< Fulcanelli scrive che « l’immagine dell’astro è indice di unione, di pacificazione e di procreazione, perché stella (dal latino stella) significa fissazione del sole ».

È la nostra stella di Natale, simbolo d’illuminazione e di unione (illuminazione psiche).

Però, attenzione, «Lo studioso», scrive Eugène Canseliet, «non deve confondere il Pentagramma con l’Esagramma, cioè la stella a cinque punte con quella che ne possiede sei, la prima è la sua indispensabile guida, l’altra il costante richiamo del matrimonio meraviglioso che egli deve suscitare».

Quindi, quando la stella è presentata a cinque punte (Pentagramma) indica la Quintessenza, il raggio di luce indispensabile che guida il neofito(16) alla realizzazione della pietra dei filosofi (la loro materia preparata) e a quella più importante, la Pietra Filosofale, molto tempo dopo.

La stella a sei punte (Esagramma) è sia il segno della pietra dei filosofi, sia quello della Pietra Filosofale. Essa, infatti, è composta da un triangolo col vertice in alto Δ, simbolo  del  Fuoco,  Sole,  Dio,  e  da  un  triangolo  col vertice      in    basso       ∇,   simbolo        dell’acqua,     Creazione, creatura.  Questi  due  simboli  sovrapposti  formano  la Stella dei Magi ✡ che sta a indicare il ricongiungimento della creatura col suo Creatore.

Fulcanelli scrive che «alcuni rosoni (p.e. delle cattedrali gotiche – N.d.A.), emblemi dell’amalgama, hanno un senso particolare che sottolinea ancora di più le proprietà di questa sostanza che il Creatore ha firmato di sua mano. Questo magico sigillo rivela all’artista che la strada seguita è quella giusta e che la mistura filosofale è stata preparata canonicamente. Si tratta d’una figura radiale a sei punte (digamma), chiamata Stella dei Magi, che brilla alla superficie del compost, cioè al di sopra della mangiatoia in cui riposa Gesù, il Bimbo-Re.

In una leggenda riportata da Fulcanelli si dice che i Saggi che si recarono ad adorare il Bambino, «nella loro lingua erano chiamati Magi, perché glorificavano Dio in silenzio e a bassa voce». Costoro erano «sempre nell’attesa che questa Stella di Felicità apparisse durante la loro generazione». In un’altra leggenda « la forma della stella sarebbe stata diversa:

“Più i Magi s’avvicinavano a Betlemme, più la stella brillava con splendore; essa aveva la forma di un’aquila, che volasse per aria agitando le ali; al di sopra di essa c’era una croce” ».

Nella prima leggenda troviamo la natura di questi Magi, che ci viene svelata dal modo in cui, per dirla con Augustin Bonnetty, « gli antichi popoli d’Oriente conservavano le tradizioni primitive ».

Quindi, i Magi interpretano gli iniziati che attendono l’adempimento dei loro segreti desideri, cioè la speranza che il coronamento dell’Opera avvenga in questa esistenza.

Il significato della seconda leggenda non è meno importante. La stella ermetica brilla sempre di più durante l’evoluzione filosofale assumendo la forma dell’aquila, geroglifico della materia che diventa spirituale agitando le ali. Fulcanelli spiega che « far volare l’aquila, secondo l’espressione ermetica, significa far uscire la luce dalla materia e portarla alla superficie », traducendo così il lavoro dell’arte, mentre il lavoro della natura è simboleggiato dalla croce, emblema d’illuminazione.

L’aquila, per la maestosità del volo e le altezze in cui vola, fu posta dai Saggi come simbolo d’intelligenza. Lo stesso Dante (Inferno, IV, 95-96 ), parlando di Omero, scrisse: Quel signor dall’altissimo canto, che sopra gli altri com’aquila vola. >(17).

A pag. 19 del libro di Fulcanelli, I misteri delle Cattedrali, ci si trova di fronte a ben due stelle: andiamo a leggere.

<< « Gli Dei hanno accordato agli uomini due stelle per condurli verso la grande Sapienza; osservale, o uomo! e segui con costanza il loro chiarore, perché è in esso che si trova la Saggezza » (18). […]

Esistono, dunque, due stelle, che, nonostante la poca verosimiglianza, formano in realtà un’unica stella. Quella che brilla sulla Vergine mistica, ‒ che è contemporaneamente nostra madre ed il mare ermetico(19), ‒ annuncia il concepimento e non è altro che il riflesso dell’altra che precede il miracoloso avvento del Figlio.

Perché se la Vergine celeste è chiamata anche « stella matutina », stella del mattino(20) se si può contemplare su di lei lo splendore d’un segno divino; se la riconoscenza per questa sorgente di grazie procura gioia al cuore dell’artista; non si tratta, pero, che d’una semplice immagine riflessa dallo specchio della Saggezza.

Questa stella visibile ma inafferrabile, malgrado la sua importanza ed il posto che occupa nelle opere di vari autori, attesta la realtà dell’altra, di quella che incorona alla nascita il Bimbo divino. >>

L’esagramma è fra i simboli, quello che piace a molti riferire al sigillo di Salomone. Ma è anche il segno che gli alchimisti vagheggiano di “vedere” per rincuorarsi sulla buona condotta delle fasi dell’opera da loro intrapresa. È il segno della Stella dei Saggi o chiamata in altri modi. Il simbolo di questo segno racchiude in sé i quattro elementi della materia, il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra, come si vede nell’illustr. 4.

Ma dopo averle osservate bene, come suggerisce Fulcanelli, ci si rende conto che la radice dell’Esagramma, che non è altro un triangolo equilatero disposto in due modi, è mirabilmente presente nei due temi astro-geometrici della “Vergine del Nume” in trattazione geometrica!

11.2 Curva di poligoni stellati, la Forza del serpente di Ermes

Siamo ora ad un punto nuovo mai concepito in termini geometrici in relazione ai poligrammi regolari, noti in geometria come poligoni stellati, concepiti come figure simboliche nella geometria sacra, a corredo di argomenti esoterici. Abbiamo visto come i poligoni regolari stellati possano essere importanti per argomentare concezioni alchemiche, in stretta relazione ai processi in cui si generano forze capaci di depurare la materia mercuriale, che vari regimi si eleva fino a dar luogo alla Pietra filosofale.

I filosofi hanno definito e indicato la natura di questa forza e in questo scritto per primo ho citato la definizione a riguardo di Giuliano Kremmerz, il quale, nel capitolo 6.2 della terza parte di questo lavoro, cosi la associa a Ermete: «… Ermete è il nome greco del latino Mercurio. Nebo, Ermes, Mercurio, Lucifero, Spirito Santo sono sinonimi dello stesso stato di essere della  intelligenza umana le cui leggi secrete ancora agli uomini sono occluse. Tutte le forme più divine sono possibili se con allenamento graduale questa lucente stella del nostro mondo mentale si scovre dalle nuvole che tutte le nostre imperfezioni disquilibranti fanno più dense. Può arrivare allo stato di genio, come nella forma del demone di Socrate; di Nume, come in Apollonio di Tiana; di Dio Padre, come nel tipo solare del Cristo.

È questa intelligenza che da luce si converte in forza e dà le forme di magia oggettivante, dal magnetismo alle proiezioni di forze psichiche, alle forme di medianità diverse, attraverso i fenomeni delle quali vigila un’ intelligenza inafferrabile, che l’uno ritiene spirito di morti, l’altro demone e un terzo angelo…». A questo punto resta il fatto che in questo mio lavoro ho cercato di tradurre in figure geometriche al “forza ermetica” che si esplica e che si traduce, appunto, nella visione dei suddetti poligoni stellati. Naturalmente fermo restando che queste supposte “visioni” si manifestano in vari modi, come colori, per esempio, ma nelle tematiche filosofiche in cui si parla di queste “forze” in questione, non si va al di là di descriverle come l’azione di serpenti. Tant’è che due serpenti, appunto, si avvolgono in amore intorno al Caduceo di Ermes, il classico esempio dell’emblema di Ermete.

Ora io posso mostrare come questa forza riesca a generare qualsiasi figura stellata in geometria: sempre la stessa per tutti i casi dei regimi alchemici e per questo scopo inizio col mostrare come si genera un ottagramma, cioè un poligono regolare stellato a otto punte, poi esibirò altri casi di poligoni regolare stellati.

Illustrazione 5: Curva che genera un ottagramma.

La curva di poligoni stellati non è nota nei testi universitari, in realtà è come se non esistesse per la cultura matematica, poiché l’ho concepita io. Ma pur avendola divulgata su internet nessuno vi ha fatto riscontro.

Questa curva, che in modo traslato si confà al drago alchemico, la generano tutti i poligoni stellati,  sempre  la  stessa,  e  perciò  ora  mostro alcuni esempi con grafici relativi alle figure di poligoni stellati più semplici e comuni: un pentagramma, un esagramma e un ottagramma.

Il primo caso di curva di poligono stellato è quello dell’ottagramma mostrato con l’illustr. 5, che si ricava così:

Si tracci il cerchio di raggio OB uguale a 1 e si costruisca l’ottagramma inscrivendovi due quadrati sfasati di un angolo retto, come in figura.

Il punto A è l’inizio della curva in questione e i punti C e D individuano ulteriormente la stessa curva. Poi sull’asse orizzontale passante per il centro O si rintraccia il punto E della curva, la cui tangente è sempre di 60° rispetto l’asse orizzontale. Infine l’asintodo della curva, che idealmente si congiunge all’infinito con la curva, segnato in verde, dista dal centro O tre volte il raggio OA. Ed ecco infine l’abaco di calcolo della curva che vale per tutti i casi di poligoni stellati, in relazione al simbolo segnato sull’illustr. 5.

Equazione polare della curva:

Illustr. 6: Curva che genera un esagramma.

ρ = ρ0 / cos (θ / 3)…….vettore generico della curva (p. esempio nel punto F);

ρ0 = r sen (360° / 4 n)……..raggio del cerchio OA;

 

r = 1………raggio esterno del poligono stellato (OB); n = numero delle divisioni del poligono stellato;

δ = arctan 3 cotan (θ / 3)………angolo di tangenza generica della curva.

Fa seguito il caso della curva dell’esagramma con l’illustr. 6. E poi, con l’illustr. 7, viene mostrato il caso della curva del pentagramma che si ricava dalla curva dell’esagramma dell’illustr. 6.

Non è difficile questa operazione grafica. Basta puntare col compasso in E, con raggio EF e tracciare un cerchio per rintracciare il punto G. Poi si centra il compasso in O e si traccia il cerchio entro il quale farà delineare il punto I di una delle punte del pentagramma ricercato.

Illustr. 7: Curva che genera un pentagramma.

Successivamente si prolunga LM agli estremi fino a P e Q per congiungere I con S in tangenza col cerchio interno dell’esagramma e così tutti gli altri punti: S con R, ed R con Q.

 

Come si può vedere l’Esagramma è il poligono stellato che più si confà alla curva, giusto in relazione ai punti nodali D e C dei due assi cartesiani. Ma ho dimostrato graficamente la stretta relazione che c’è con il Pentagramma, poiché uno genera l’altro reciprocamente. Ecco perché il Pentagramma è considerato la giusta guida dell’alchimista, l’unica stella in grado di condurlo all’apparizione dell’Esagramma.

 

 

12.  Una sibilla tiburtina nel tempo

A questo punto sembrerebbe esaustiva tutta la tematica sviluppata con i due grafici astro- geometrici per far capire quanto sia egregio il risultato conseguito per dar luogo alle aspettative di un alchimista che cerca di giungere alla meta della Pietra filosofale e far nascere in sé il Rebis. Ma si qui è come se fosse stato concepito da me un buon lavoro, da servire a qualche studente volenteroso a servirsene per sperimentare per sé un processo di rigenerazione metafisica. Nondimeno resta in lui l’interrogazione sulla ragione di fondo che mi ha indotto ad accostare la supposta “Vergine”, la donna del “corpo di guardia” di Julius Evola alla famosa Sibilla Tiburtina ed ora sempre alla stessa che vive nel tempo e che non si può cancellare. Giusto per identificarla alla funzione della nostra cara Luna, nostro satellite terrestre, che   effettivamente svolge questo ruolo di memoria, cosa messa in evidenza nel vederla in relazione all’azione di falce mortale di Saturno. Il pianeta che pone fine alla solarità per far nascere la nuova in seno allo schema astro-geometrico dei pianeti lenti.

Illustrazione 8: La sibilla Tiburtina o Albunea.

Ma la capacità mnemonica supposta nella famosa Sibilla Tiburtina (o Albunea) nel tempo ci ricorda la mitica Mnemosyne amata da Giove.

13.   Mnemosyne personificazione della memoria

Mnemosyne (Μνημοσύνη) è la personificazione della memoria, e del ricordare in genere, madre delle Muse secondo Esiodo, M. è una divinità antichissima, venerata talvolta sola, più spesso insieme alle Muse. Il suo culto è anche associato a quello di Asklepios ed è connessa coi riti di incubazione; ricopre inoltre un ruolo importante nel culto di Trophonios a Lebadeia (Paus., Ix, 39, 8 e 13; Plin., Nat. hist., xxxi, 15(21). Esse sono:

  • Clio, colei che rende celebri, la Storia, seduta e con una pergamena in mano;
  • Euterpe, colei che rallegra, la Poesia lirica, con un flauto;
  • Talia, colei che è festiva, la Commedia, con una maschera, una ghirlanda d’edera e un bastone;
  • Melpomene, colei che canta, la Tragedia, con una maschera, una spada ed il bastone di Eracle (Ercole);
  • Tersicore, colei che si diletta nella danza, la Danza, con plettro e lira;
  • Erato, colei che provoca desiderio, la Poesia amorosa (paesaggio), con la lira;
  • Polimnia, colei che ha molti inni, il Mimo, senza alcun oggetto;
  • Urania, colei che è celeste, l’Astronomia, con un bastone puntato al
  • Calliope, colei che ha una bella voce, la Poesia epica, con una tavoletta ricoperta di cera e uno

Al di là di varie considerazione su questa prole di Mnemosyne, è interessante esaminare  il  lato  della  forza  mentale  in  cui  essa  si  instaura  e  che  è strettamente connesso con l’antro di Trofonio, al quale ci si poteva rivolgere per aver consiglio.

Trofonio (gr. Τροϕώνιος) è una figura della religione greca con culto oracolare a Lebadea in Beozia. Il mito lo presenta come ‘eroe’, con molte varianti circa la paternità (Zeus, Apollo, Ergino re di Orcomeno), e come architetto con il fratello Agamede (avrebbe costruito celebri edifici come di Apollo a Delfi); nel culto molti tratti lo presentano quale divinità: è chiamato Zeus T. in iscrizioni del suo santuario(22).

Dopo un periodo di ritiro e digiuno il consultante è ammesso a compiere sacrifici a Trofonio, successivamente viene portato a bere a due sorgenti, la prima di Lethe, per dimenticare la vita umana, la seconda di Mnemosyne, per conservare in memoria ciò che apprenderà nell’altro mondo. A questo punto penetra nella “bocca oracolare” introducendovi prima i piedi e poi le ginocchia; il resto del corpo è “tirato a forza”. Dopo qualche tempo in stato di semi-incoscienza il paziente viene tratto fuori dai preposti all’oracolo e fatto sedere sul trono della Memoria. Infine esce dallo stato comatoso, riprende la facoltà di ridere e può uscire con il suo responso. Evidente è il carattere di rito di iniziazione di questo rituale: una sorta di “clausura” iniziale, l’entrare in un mondo estraneo (il mondo del sonno ha nella cultura greca forti legami con la morte e l’acqua di Lethe è quella che bevono le anime dei morti) e poi far ritorno dalla “Pianura dell’Oblio” alla quotidianità, “rinati”(23).

Ecco, tutto questo nel passato, quasi remoto, ma nel nostro caso, è mia convinzione di poter “ricordare”, per cominciare, ricorrendo ancora una volta all’astro-geometria, riprendendo il grafico dell’indagine sui pianeti veloci, mostrato con l’illustr. 8, e facendolo progredire.

Illustrazione 9: La “Vergine” del Nume di Julius Evola. Astro-geometria solare del tema di nascita: i pianeti veloci veloci. Le nove muse di Mnemosyne a coronamento

Si è notato  che  l’unico  poligono regolare  stellato, il Pentagramma, quello segnato in verde nell’illustr. 9, non è in sincronia con tutto il resto ideografico. Questa differenza è senza dubbio legata all’infortunio della paralisi di Julius Evola che lo obbligò a far uso della sedie a rotelle. Inoltre è con questo segno che si determina lo stretto legame con il racconto biblico della lotta di Giacobbe con l’angelo a Peniel, esaminato all’inizio di questo scritto. Di qui la possibile ipotesi che è lo stesso Pentagramma, che presagisce l’analoga “azzoppatura” di Giacobbe, al guerriero Evola, l’intrepido combattente col dio Saturno, il “Guardiano della Soglia”. Di qui, allora, sarà questo emblema a mostrare il segno di Mnemosyne che fa capire l’esperienza alchemica legata a Giove olimpico che si unisce con lei per dare alla luce le nove Muse. Infatti, graficamente si rileva che la punta del Pentagramma è posizionata esattamente a 40° sessagesimali, cioè a 1/9 dell’angolo giro, rispetto all’asse verticale segnato da numero 1. È facile poi segnare tutte le divisioni successive da 2 a 9 per far mostra di un pentagono a nove lati, cioè un ennagono, che è disegnato con linea verde tratteggiata. Nel prossimo capitolo vedremo  in  azione  questi  nove  lati  in  altrettanti  fasi  storiche  secondo  il vaticino di una famosa sibilla romana, la Sibilla Tiburtina o Albunea citata in relazione a Mnemosyne amata da Giove generando le nove muse. La sibilla Tiburtina invece è considerata come la “decima” Sibilla, ma resta il fatto che la numerazione delle nove divisioni, immaginate corrispondenti alle nove muse, siano messe in relazione a dieci divisioni, cioè a una doppia numerazione determinata dal pentagramma che ha fornito l’indicazione della prima divisione (il 2): di qui il passo è breve per la relazione con la decima sibilla, la Sibilla Tiburtina.

“La decima fu la Sibilla Tiburtina, che veniva venerata a Tivoli come una dea, presso le rive del fiume Aniene. Si racconta che nei gorghi di questo fiume fosse trovata una statua che la raffigurava e che teneva in mano un libro: il Senato allora ordinò che il libri sibillini fossero trasferiti in Campidoglio”.

(Varrone in Lattanzio Divinae institutiones 1.6.3.)

 

Note

13  Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Tappeto_volante

14 Fonte: http://thingsthatfly.it

15 Fonte: http://www.lipari.biz/notizia.asp?idnews=23111

16 La parola “neofito” indica colui che è nuovamente nato, cioè nella rinascita Deriva dal latino neophitus, a sua volta dal greco neóphytos, da neó, nuovo e phytos, nato.

17 Fonte:  http://www.apertusliber.com/nphp?option=com_content&view=article&id=50&Itemid=62

18 Basilio Valentino (Douze Chefs).

19 In francese mère (madre) e mer (mare) si pronuncia no allo stesso modo e sono dello stesso Quindi notre mère (nostra madre), secondo la cabala fonetica, ha il significato di «nostro mare» (N.d.T.).

20 La stella del mattino è detta anche “Lucifero” che era il simbolo della “pietra angolare”.

21 Mnemosyne:  http://www.treccani.it/enciclopedia/mnemosyne_%28Enciclopedia-dell%27- Arte-Antica%29/

22 Trofonio: http://www.treccani.it/enciclopedia/trofonio/

23 Fonte: https://imparareadimparare.com/memoria-mitologia/

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