9 Ottobre 2024
Marotta Yoga

La Via dello Yoga

Lo Yoga rappresenta un’idea-forza centrale nella spiritualità indiana. Anzi, come sottolineato in più occasioni da  Pio Filippani Ronconi , ‘’lo Yoga è una categoria a priori dell’India”. Lo stesso concetto è stato espresso da un altro insigne studioso, Mircea Eliade, che ha parlato dello Yoga come di un ‘’ fossile vivente”, una tradizione che si perde nella notte dei tempi giunta integra fino ai giorni nostri.
Le origini dello Yoga, come di ogni Tradizione autentica, trascendono l’umano. Non a caso, a livello mitico e iconografico, il prototipo dell’Asceta e Signore dello Yoga è il dio Shiva Mahayogin, il “Supremo Yogin” , seduto sulla pelle di tigre, simbolo delle passioni soggiogate. Il termine yoga deriva dalla radice indoeuropea yuj che vuol dire ‘’ aggiogare”, ‘’legare” , ‘’unire”: lo scopo dello Yoga è quello di realizzare la totalità dell’ Essere mediante una perfetta comunione di corpo, mente e spirito e quindi permettere l’unione dello spirito individuale, atman, con lo Spirito Universale, il Brahman o Assoluto.

Nel corso dei millenni sono nate diverse forme e correnti di Yoga, ma per penetrare l’essenza di questa disciplina e il posto che essa occupa nella spiritualità indiana e universale, bisogna fare riferimento allo ‘’ Yoga classico”, così come codificato nel famoso trattato Yoga-Sutra, gli Aforismi dello Yoga di Patanjali , vissuto probabilmente nel secondo secolo a.C. Naturalmente Patanjali non è il ‘’creatore’’  dello Yoga, ma solo colui che ha avuto il merito di ridurre a ‘’ sistema’’ l’enorme bagaglio dottrinario e le tecniche sperimentate da tempo immemorabile. 
Per lo Yoga l’origine della sofferenza è da ricercarsi nell’ignoranza ( avidya ), cioè nella confusione tra lo Spirito, eterno, puro, libero, assoluto e gli ‘’ stati di coscienza’’ determinati dal flusso della vita psico-mentale, cose invece che appartengono alla sfera della ‘’materia’’ e del ‘’ divenire’’. Finché dura questa illusione ogni nostro atto ricade sotto la ‘’ Legge del Karman’’ ( azione condizionante) destinata a perpetuare il dolore da una generazione all’altra. Il percorso che porta alla ‘’ liberazione’’ ( moksa ) consiste in un’ opera di dura, graduale e profonda trasformazione che investe lo yogin  nella sua totalità. La verità metafisica non si conquista con la ‘’fede’’, ma seguendo precise tecniche ascetiche e meditative. Il valore dell’esperienza, della prova concreta e diretta, è peculiare dello Yoga, come sottolineato in  innumerevoli testi e trattati. 
Naturalmente le tecniche yoga possono essere sperimentate solo sotto la guida di un maestro ( guru ). Anche questo aspetto ‘’iniziatico’’, da maestro a discepolo, da fiamma che accende altra fiamma, è fondamentale ed ha permesso allo Yoga di essere un ‘’ fossile vivente’’. 
Patanjali delinea l’arduo cammino dello Yoga in otto anga o ‘’membra’’: 
1 Yama – I freni. I nostri atteggiamenti verso l’ambiente.
2 Niyama – Le discipline. I nostri atteggiamenti verso noi stessi.
3 Asana – Le posture del corpo.
4 Pranayama – Il controllo  del respiro.
5 Pratyahara – Il controllo dei sensi.
6 Dharana – La capacità di dirigere la mente.
7 Dhyana – Meditazione.
8 Samadhi – Contemplazione 
Yama e Niyama non sono specifici dello yoga: rappresentano regole comuni ad ogni visione spirituale del’uomo e della vita e indicano la condotta preliminare per ogni ascesi. Patanjali cita cinque yama : ahimsa, non violenza, attenzione verso tutte le creature viventi; satya , verità , perfetta sincerità nel pensiero, nella parola e nell’azione; asteya, non rubare, resistere al desiderio di ciò che non ci appartiene; brahmacharya, continenza,  moderazione in tutte le nostre azioni; aparigraha, assenza di avidità. Anche i niyama sono cinque: saucha, purezza, tenere pulito il  corpo esteriormente e interiormente; santosa , appagamento, non sentire la mancanza delle cose; tapas, purificazione, autodisciplina, austerità, semplicità, cercare sempre l’equilibrio in ogni nostra azione; svadhyaya , educazione, studio, meditazione sui testi sacri; isvara pranidhana, consacrare a Dio le nostre azioni e la nostra volontà.
ASANA – PRANAYAMA
Il primo passo concreto verso il superamento della condizione umana viene compiuto mediante la pratica delle asana (posture). Si tratta di mantenere il corpo in una posizione in modo ‘’stabile e gradevole’’. A questo stadio si arriva solo dopo una fase dinamica di duro allenamento, ma quando lo yogin conquista l’ asana nella perfetta immobilità, con il respiro calmo e regolare, senza più avvertire sforzo o fatica, allora egli realizza ‘’ l’unificazione degli opposti’’ poiché la mente non è più turbata dalla ‘’ presenza del corpo’’. A livello psico-fisico i benefici di questa pratica sono innumerevoli: forza, flessibilità, calma, equilibrio, risveglio delle energie interiori; ma il vero scopo delle asana è proprio quello di facilitare il distacco e  la concentrazione. La straordinaria varietà delle asana permette allo yogin di sperimentare la molteplicità delle forme dell’essere e del divenire: nelle posture viene rappresentato il mondo vegetale, animale, umano e divino e chi le esegue tende a ‘’ divenire’’ ciò che rappresenta. A questo punto si è pronti per la pratica del pranayama. Attraverso il  ‘’controllo del soffio vitale’’ si controlla la mente poiché il processo respiratorio è i
ntimamente connesso con gli stati mentali e viceversa. Il pranayama interviene, mediante varie tecniche, nel controllo di quattro momenti fondamentali: l’inspirazione ( puraka ), il trattenimento del respiro a polmoni pieni ( antara kumbaka ), l’espirazione ( rechaka ), il trattenimento del respiro a polmoni vuoti (banya kumbaka ). Regolando ritmo ed estensione del respiro lo yogin sperimenta diversi stati di coscienza, rimanendo calmo e lucido. Il pranayama coinvolge direttamente la ‘’ fisiologia occulta’’ dell’uomo  che in questa sede può solo essere accennata. Per lo Yoga ( così come  per altre dottrine tradizionali) il corpo umano è attraversato da numerosi canali energetici chiamati Nadi. I principali sono tre: Ida, Pingala, Sushumna. Ida sfocia nella narice sinistra ed è associata ad una energia lunare, passiva, femminile; Pingala sfocia nella narice destra e rappresenta l’energia solare, attiva, maschile. Uno dei pranayama più importanti è proprio il ‘’ respiro sole – luna’’ dove espirazione ed inspirazione  vengono effettuate a narici alternate. Queste due Nadi sono intrecciate alla Nadi centrale, Sushumna ( lo schema riproduce il Caduceo di Ermete, con le due serpi intrecciate alla verga centrale), che parte dalla zona coccigea e ascende lungo la colonna vertebrale dove sono collocati i punti focali di energia, i Chakra,  ‘’centri, cerchi, ruote’’. Lo yoga tantrico adopera il pranayama per risvegliare l’energia Kundalini, simboleggiata da un serpente attorcigliato ed addormentato alla base della colonna vertebrale dove ha sede il Muladhara chakra. Una volta ridestata l’ “energia serpentina”- anche con l’ausilio dei “suoni di potenza” ( mantra) e la meditazione sui simboli specifici – essa deve risalire per tutti i chakra fino a ricongiungersi con Sahasrara, il loto dai mille petali. Patanjali dedica solo tre sutra al pranayama perché il suo non è un manuale pratico, ma un trattato sulla ‘’ filosofia ‘’ dello Yoga. Le indicazioni ‘’ tecniche ‘’ si trovano soprattutto nei testi hatha yoga e tantrici, ma, come già detto, possono essere sperimentate in totale sicurezza solo sotto la guida di un esperto insegnante.
PRATYAHARA
Con l’immobilità imposta al corpo dalle asana, la concentrazione su se stessi, il ritmo dato al respiro dal pranayama, lo yogin ha già sperimentato l’ ekagrata, la “concentrazione su un solo punto”. Adesso deve affinare la qualità della sua concentrazione praticando il pratyahara, la “ritrazione dei sensi”. All’uomo “moderno”, incapace di stare solo con se stesso, di apprezzare il valore del silenzio, immerso di continuo in un oceano di stimolazioni sensoriali di ogni tipo, un concetto del genere sembrerà un assurdo. La mente dell’uomo profano assomiglia ad una scimmia pazza che saltella senza sosta da un ramo all’altro. Il quinto stadio dello Yoga insegna a liberarsi dalla tirannia dei sensi. Naturalmente, più si procede con le esperienze “sottili”, più diventa difficile spiegarle, soprattutto in una disciplina come lo yoga dove non è importante “capire”, ma “vivere” l’esperienza. Un esempio spontaneo di pratyahara, che tutti quanti abbiamo vissuto, si ha quando siamo completamente immersi in un’attività, tanto da dimenticarci, da non sentire più – almeno per qualche istante – oggetti, sensazioni e rumori esterni. Lo Yoga insegna a prolungare questo tipo di esperienza e a viverla in modo consapevole. “Il controllo dei sensi si ottiene quando la mente è capace di restare nella direzione scelta e i sensi ignorano i diversi oggetti intorno seguendo la direzione della mente”. ( Yoga Sutra II. 54).
DHARANA – DHYANA – SAMADHI
Quando lo yogin avrà raggiunto la capacità di padroneggiare perfettamente il corpo, il respiro e il flusso psico-mentale, allora sarà in grado di sperimentare gli ultimi tre stadi dello Yoga. A questo proposito Eliade nell’opera “ Lo Yoga, immortalità e libertà” scrive: “ Ricordiamo che gli ultimi tre “membri dello yoga” ( yoganga) rappresentano “esperienze” e “stati” così strettamente legati l’uno all’altro che sono stati chiamati con lo stesso nome : samyama ( lett. andare insieme, veicolo). Perciò realizzare il samyama su un certo “piano” ( bhumi), vuol dire : realizzarvi simultaneamente la “concentrazione” ( dharana), la “meditazione” ( dhyana) e la “stasi” ( samadhi). Patanjali tratta questi aspetti nei primi tre aforismi del terzo capitolo della sua opera. “ La mente raggiunge la capacità di essere diretta ( dharana) allorquando è possibile indirizzarla verso un oggetto prescelto nonostante l’esistenza di tanti altri potenziali oggetti alla portata della persona”. ( Aforisma III.1). “ Allora le attività mentali formano un flusso ininterrotto in relazione esclusiva con l’oggetto ( dhyana)”. ( Aforisma III.2). “ In breve, la persona è così assorbita nell’oggetto che nella mente non appare altro che la comprensione dell’oggetto stesso. E’ come se la persona avesse perso la propria identità. E’ l’integrazione totale con l’oggetto di comprensione ( samadhi)”. ( Aforisma III.3). In “Teoria e pratica dello Yoga” il Maestro B. K.S. Iyengar così si esprime : “La mente non può trovare le parole per descrivere questo stato e la lingua non riesce a pronunciarle. Paragonando l’esperienza di samadhi con altre esperienze, i saggi dicono : “Neti! Neti!” Non è questa! Non è questa! Questo stato può essere descritto soltanto da un profondo silenzio. Lo yogi si è distaccato dal mondo materiale ed è assorbito dall’Eterno; non vi è più dualità tra il conoscitore ed il conosciuto poiché essi sono uniti come la canfora e la fiamma”. Con la pratica del samyama lo yogin acquista i famosi “poteri magici” ( siddhi ). Nel terzo capitolo dello Yoga-Sutra, Patanjali descrive un lungo elenco di questi “ poteri” o “perfezioni”, ma mette anche in guardia perché essi non rappresentano il fine dello Yoga. “Per una persona che ritorna a uno stato di distrazione, questa conoscenza straordinaria e le capacità acquisite attraverso il samyama valgono la pena di essere possedute. Ma per una persona  che ricerca niente di meno che un continuo stato di yoga, i risultati del samyama sono di per se stessi degli ostacoli”. ( Yoga-Sutra III. 37 ). Il vero yogin dovrà compiere l’ultima rinuncia perché il suo spirito conquisti l’immortalità e la libertà, cioè l’unione (Yoga) con l’Uno, l’Assoluto, il Principio : in una parola, l’Essere al di là di ogni divenire.

Salvatore Marotta

TESTI CONSIGLIATI
Pio Filippani Ronconi : L’INDUISMO, Newton Compton.
T.K.V. Desikachar : I FONDAMENTI DELLO YOGA. UNA PRIMA LETTURA DELLO YOGA SUTRA DI PATANJALI, Campanotto Editore.
Mircea Eliade : LO YOGA. IMMORTALITA’ E LIBERT
A’, Rizzoli.
B.K.S. Iyengar : TEORIA E PRATICA DELLO YOGA, Edizioni Mediterranee.
Julius Evola : LO YOGA DELLA POTENZA, Edizioni Mediterranee.
Marilia Albanese : LO YOGA, Xenia.
M. Albanese – G. Cella – F. Zanchi : I CHAKRA. L’UNIVERSO IN NOI, Xenia.
Marilia Albanese – Gabriella Cella : KRIYA YOGA, LA VIA PURA, Xenia.

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