Sicuramente tutti i nostri lettori conosceranno le vicende dell’Alcazar di Toledo quando, nel 1936 allo scoppio dell’<alzamiento> nazionale guidato dal Generale Francisco Franco, un pugno di militari e di elementi <di destra> vi si rinserrò e resistette eroicamente all’’assedio posto dalle milizie di sinistra fino a quando fu liberato dall’avanzare delle truppe <nazionali>. In realtà vi furono, in Spagna, altri simili episodi in cui, però gli elementi favorevoli all’insurrezione nazionale non poterono resistere fino alla liberazione da parte delle forze di Franco e finirono per essere sopraffatti dai repubblicani più o meno <rossi>. (1.)
Ad esempio H Thomas nella sua <Storia della Guerra Civile Spagnola> (Einaudi, 1963) scrive, riguardo alla situazione creatasi in Andalusia “Nelle campagne, tra un pueblo e l’altro regnava una situazione incerta e strana: qua e là, le guardie civili ribelli, dopo aver abbandonato le loro caserme, si erano ritirate in cima ad alture, in monasteri e in altri luoghi facilmente difendibili, arroccandovisi e resistendo indefinitamente, vivendo come predoni e di ciò che riuscivano a saccheggiare nei dintorni. L’accampamento che resistette più a lungo fu quello impiantato dal Capitano Cortès, della Guardia Civile, nel monastero di Santa Maria de la Cabeza, sui monti a nord di Cordoba”.
Possiamo qui ricordare anche quanto accadde a Gijon nelle Asturie, una regione nettamente schierata a sinistra, qui i miliziani repubblicani dovettero porre l’assedio, fin dal giorno seguente all’inizio della sollevazione militare, alla Caserma Simancas dove erano asserragliati circa 180 tra guardie civili e militari di altri corpi favorevoli all’insurrezione nazionale. Agli assediati, cui si pose a capo il Colonnello Pinilla governatore militare della città, venne subito reso impossibile il comunicare con il grosso dei nazionali. Un tentativo di venire in soccorso agli insorti fu, invano, tentato dall’Incrociatore “Almirante Cervera” il cui equipaggio si era schierato a favore della sollevazione nazionale.
Con il prolungarsi dell’assedio i viveri a disposizione si andavano velocemente esaurendo, ciò nonostante la guarnigione continuava a resistere e a respingere gli assalti nemici. A metà agosto i lealisti iniziarono a far uso della dinamite cosa in cui i minatori della regione erano particolarmente abili, la caserma ne ebbe gravi danni e s’incendiò. Rifiutando ancora di arrendersi l’eroico Pinilla, che invano aveva sperato nell’arrivo dei <nostri>, inviò un messaggio radio all’incrociatore chiedendo che bombardasse la sua stessa posizione( “Disparad sobre nosotros, el enemigo está dentro.”) ma la nave su cui si temeva che tale richiesta fosse un trucco dei repubblicani per indurla a colpire i nazionali non aprì il fuoco, sopraffatti, i difensori furono tutti sterminati. (21Agosto)
Torniamo ora all’episodio citato dal Thomas: l’assedio del Santuario di Nuestra Seňora della Cabeza.
Anche in questa zona quello che avrebbe dovuto essere un <golpe> destinato a trionfare in pochi giorni fallì, il che diede il via ad una lunga e sanguinosa guerra civile. Alla fine del luglio 1936 la violenza rossa si scatenò anche in codesta regione, i proprietari terrieri vennero prelevati dalle loro case e messi al muro al pari di preti e frati. Molte guardie civili temendo anche essi di rimanere vittime del furore delle sinistre iniziarono allora a concentrarsi al santuario di Santa Maria de la Cabeza tenuto da Padri Trinitari (anche questi eliminati dai rossi.) Codesto santuario a una trentina di chilometri da Andujar (Jaen) situato su di un’altura divenne un rifugio per molti che si sentivano minacciati dalle fazioni più estremiste dei repubblicani (anarchici e comunisti).
Organizzatore dell’operazione fu il Capitano Antonio Reparaz Araujo comandante della Guardia Civil di Andujar, costui riuscì a ingannare i governativi sulla reale intenzione dei suoi: quella di schierarsi a fianco degli insorti di parte <nazionale>.
Trinceratisi nel santuario, i nazionali (alle guardie civili, che avevano portato con loro le famiglie, si erano aggiunti elementi di destra e falangisti) riuscirono a mantenere fino ad agosto inoltrato una sorta di neutralità il 22 agosto, il Reparaz con circa 200 militi riuscì a raggiungere le linee nazionali sul fronte di Cordoba. Così, le autorità repubblicane finirono, anche per questo, per convincersi che i <rifugiati> nel santuario parteggiavano per i franchisti e, alla fine d’agosto, le loro milizie posero l’assedio al complesso. Seguì un periodo di trattative che avrebbe dovuto concludersi con l’evacuazione dei <nazionali>, molti dei quali non fidandosi di quelli che ormai erano i nemici, rifiutarono di abbandonare la posizione.
Non si sa con esattezza quanti scelsero di resistere, forse 1200 di cui 165 guardie civili, alcuni parlano di 270 combattenti e circa 870 tra non combattenti tra cui donne e bambini. il Capitano Santiago Cortès Gonzales ne assunse il comando.
Iniziarono così, da parte dei governativi i bombardamenti aerei, all’inizio di poca efficacia, mentre la propaganda repubblicana cercava di indurre i difensori alla resa, si ebbero poi i primi assalti e, da entrambe le partì, i primi caduti.
Il 9 ottobre, i difensori ricevettero alcuni rifornimenti grazie ad un aereo di parte nazionale pilotato dal Capitano Haya protagonista di ben 70 delle 170 missioni aeree di soccorso agli assediati. Riguardo alle comunicazioni con il grosso dei nazionali ebbero un certo ruolo anche i piccioni viaggiatori.
Il 31 settembre ingenti forze repubblicane si concentrarono intorno a quella che ormai era una ridotta assediata e il primo di Novembre iniziò un duro bombardamento sia aereo che terrestre, inoltre gli assediati dovettero iniziare ad affrontare, nonostante i rifornimenti aerei, un altro nemico: la fame.
Comunque, i <nazionali> riuscirono a respingere vari assalti nemici.
Respinti i primi assalti, nonostante i bombardamenti e la fame, nei mesi di gennaio-febbraio del nuovo anno non vi furono grossi cambiamenti della situazione, il Capitano Cortès, da parte sua, non cessava di chiedere al Generale Queipo de Llano capo delle forze nazionali in qual settore di lanciare un’offensiva per liberare gli assediati.
In effetti, agli inizi del 1937 il generale nazionalista lanciò un’offensiva sul fronte di Cordoba tra i cui obiettivi vi era anche la liberazione del santuario, offensiva che però venne bloccata alla fine di Marzo quando ormai le forze nazionali erano giunte a una trentina di Km da Santa Maria de la Cabeza, il fallimento di codesta offensiva permise ai repubblicani di sferrare l’attacco decisivo: quello finale.
Il 1 Maggio 1937 dopo un nuovo bombardamento, i carri armati repubblicani penetrarono nel complesso del santuario, dietro di essi avanzavano le fanterie. Il Capitano Cortes venne gravemente ferito dallo scoppio di una granata e nel primo pomeriggio gli assediati superstiti dovettero arrendersi per poi venire dispersi nelle varie galere dei repubblicani.
L’eroico Capitano Cortès, in seguito alla ferita riportata, cessò di vivere il giorno seguente 2 maggio 1937.
L’epopea del Santuario di Nuestra Seňora de la Cabeza era durata 228 giorni, il santuario quasi completamente distrutto fu ricostruito dopo la guerra.
Certo, considerando col senno di poi, pur ammettendo che il regime franchista, al pari di quello precedente del Generale Miguel Primo de Rivera (padre del fondatore della Falange) ebbe pure i suoi lati positivi, non possiamo certo <perdonargli> l’abbandono delle istanze sociali del Nazional-Sindacalismo falangista, il mancato intervento al fianco dell’Asse, l’aver eliminato i suoi tratti “fascisti” a favore di un esangue nazional cattolicesimo e, infine, l’aver lasciato dietro di sé solo un pugno di <nostalgici> destinati a una più o meno rapida estinzione, arriviamo a domandarci se tutto ciò valesse il sangue di tanti eroi caduti per la Spagna <Una, Grande e Libera>.
I lettori sapranno che chi scrive da anni lavora sull’ipotesi che l’invasione dell’Europa (e di tutto l’<Occidente bianco>) da parte dei popoli <di colore> possa assumere aspetti anche di <guerra guerreggiata <in tal caso si potrebbe ipotizzare forse, uno scenario analogo a quello descritto. Gli ultimi europei degni di tal nome asserragliati come i loro remoti avi su alture sia per un’ultima resistenza, sia, nel migliore dei casi per usarle come punti di partenza per una <reconquista> e/o per imporre il proprio dominio su gruppi etnici in lotta tra di loro e, soprattutto, su masse putrescenti di <bastardi> senza razza, senza patria, senza fede. (2.)
Mi sia permesso di riportare un brano di un autore sicuramente ben noto ai lettori che crede possibile uno scontro di grandi dimensioni nel futuro dell’Europa (e di tutto l’Occidente). Silvano Lorenzoni, il quale scrive nel suo “Mondo Aurorale” (Primordia, Milano, 2010. pag118-119):
“Nel mondo che abbiamo davanti si stanno adesso sviluppando due pericolose fenomenologie a) la corrosione alla <frontiera> meridionale da parte del mondo infero “(sic!)”; (b) la penetrazione tentacolare del medesimo nei territori a popolazione nordica/continentale/mediterranea.”
(Possiamo, peraltro, chiederci se sia un poco esagerato definire “infero” il Sud del mondo, di cui, senz’altro il Lorenzoni ha una conoscenza diretta ben maggiore di quella del sottoscritto…)… In ogni caso, è facilissimo prevedere quali possano essere le conseguenze a corto e a medio termine di quanto sopra: essa sarà la guerra razziale diffusa contrada per contrada, rione per rione, strada pere strada, caseggiato per caseggiato, pianerottolo per pianerottolo, quando gli allogeni inferi avranno l’appoggio organizzativo e logistico delle sinistre politiche europee e asiatiche, con inclusione dei <sacerdoti> monoteisti. Come conseguenza delle prime fasi della guerra razziale ci si può immaginare una struttura politico. sociale non dissimile da quella ipotizzata da un valido autore di fantascienza (John Wyndham <Il Giorno dei Trifidi>) quando descrive un mondo umano trasformato in uno scacchiere di centri di resistenza più o meno isolati che si difendono all’interno di un mare di nemici… Sappiamo, per esperienza storica, che la guerra razziale è la più totale che ci possa essere, nella quale non vale etica od onore di alcun genere… è opinione dello scrivente che con il pessimismo non si è mai risolto niente; e basterebbe che le genti razzialmente più valide, una volta libere dalle turbe psicologiche monoteiste, fossero numericamente anche meno di un decimo rispetto alle masse larvali infere, esse avrebbero ancora, ampliamente, la capacità di vincere e di sopravvivere.
A noi spetterebbe comunque di iniziare, da subito a elaborare una <ideologia di combattimento> per chi dovrà affrontare siffatti, possibili, sviluppi. Un processo di rielaborazione ideologica che metta da parte le masturbazioni pseudo esoteriche e le eccessive simpatie per l’Islam (il che non vuol dire, sia ben chiaro, simpatizzare col sionismo) che per noi, oggi, è soprattutto la punta di lancia dell’invasione terzomondista (e poi non era il suo profeta uno dei componenti della banda dei <tre impostori>?) e che tenga nella giusta considerazione le differenze tra le razze umane. (3)
E, soprattutto, dobbiamo sperare che la bassezza dei tempi non abbia ancora del tutto smentito quanto scrisse Julius Evola:
“[…]vi è un fondo eroico nell’anima occidentale che non può venire totalmente estirpato.”
<Gli uomini e le Rovine> Mediterranee, Roma, 2001, pag.142
ALFONSO DE FILIPPI
NOTE
(1) Riguardo alla guerra civile spagnola voglio segnalare due volumi che trattano dei volontari stranieri accorsi in aiuto ai franchisti: S.Roussilon <Les Brigades Internationales de Franco> (Via Romana, Versailles, 2012) e, meno valido ed interessante, J.Keene <Fighting for Franco> (Hambledon Continuun, USA, 2007) Sarà infatti noto ai lettori che a fianco dei franchisti lottarono e morirono, oltre ai reparti italiani e tedeschi, volontari rumeni, portoghesi, russi bianchi, francesi ecc. In futuro si potrà, eventualmente, ritornare su questo aspetto.
(2) “[…]la barbarie in quanto non fa pervenire a uno stadio superiore di vita, accumula miserie e distruzioni ed è causa di sofferenze infinite. Solo il ferro di una razza superiore può cauterizzare la piaga e far cessare la rovina e il dolore.” Luca De Sabelli <Storia di Abissinia> Ed.Roma, 1936, vol. II, pag. 229.
(3) <“Esistono chiare differenze tra popolazioni di diverso ceppo etnico”, afferma Marcus Feldman, docente di scienze bilogiche alla Stanford University. “Nessuno ha ancora dimostrato il rapporto tra razza e quoziente intellettivo, ma è solo questione di tempo. E quando accadrà – avverte – assisteremo ad una nuova era di discriminazione e razzismo”> A.Farkas <Studio del Genona aumenta il razzismo> In Il Corriere della Sera 15 XI 2007.
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