di Gianluca Padovan
Tanti anni fa ho letto un romanzetto di fantascienza, il quale parlava, neanche a dirlo, di guerre tra mondi. O giù di li.
Per andare a conquistare terre, sempre più in profondità nell’universo, i terrestri avevano messo in campo il meglio della tecnologia. Non avevano trovato il sistema di muoversi più velocemente della luce, quello no. Ma avevano inventato delle specie di container da spedire nello spazio. Mi pare di ricordare che tali scatoloni metallici si chiamassero «Gabbie dell’Infinito».
Quando una di queste gabbie, priva di piloti, giungeva su di un nuovo pianeta, si autoinstallava. Diveniva così, a tutti gli effetti, una sorta di stazione. Era una stazione di teletrasporto. Dalla Terra, in una Gabbia dell’Infinito gemella, entravano le truppe d’assalto le quali, in tempi brevissimi, quantificabili nell’ordine dei minuti, venivano teletrasportate dall’altra parte e passavano all’azione.
Chiaramente, chi veniva invaso non era propriamente felice. E così, qualcuno dotato, a sua volta, di tecnologia avanzata, passò al contrattacco. Per farla breve diciamo che il contrattaccante riusciva ad applicare alle Gabbie dell’Infinito un sistema che emetteva onde condizionanti. Tale sistema instillava nel profondo delle truppe attaccanti un sentimento di pace, un desiderio di armonia, un potente anelito di affratellamento, di mescolamento pacifico, di accoppiamento con le popolazioni che, in realtà, era venuto a invadere e a sterminare.
In pratica le agguerrite truppe d’assalto terrestri sbarcavano sul nuovo pianeta e… si facevano massacrare intanto che, gettate le armi, coglievano fiori e predicavano (o tentavano di predicare) la pace.
Non so com’è, ma la situazione politica, militare e sociale attuale mi ricorda, per taluni versi, ma progressivamente sempre più da vicino, i tratti foschi di quel fantascientifico romanzo.
Spedizioni militari di pace invadono stati non loro, ammazzano chi si oppone, rubano donne, avorio, diamanti, petrolio, fosfati, ecc. Al contempo, in patria, si abbattono le frontiere, si accoglie chiunque, magari gli si dà pure importanti incarichi partitici, politici e sociali. Il buonismo e il mondialismo sono le nuove mode, le nuove tendenze, le parole d’ordine delle religioni dominanti.
Gli stranieri, in mezzo alla massa di ottenebrati invertebrati, a poco a poco fanno da padroni. S’impossessano di beni materiali, impongono i loro costumi, i loro culti, come se tutto ciò fosse il massimo bene per la popolazione silenziosamente invasa.
In pratica, ecco laddove colgo la similitudine, ahimè, peggiorata e di gran lunga: pochi desiderano i beni di tutti (e non già il loro bene). Tali pochi impiegano le forze guerriere, sperando che poche tornino poi a casa. Ma chi si arricchisce in patria non deve prosperare, altrimenti loro (ovvero “i pochi eletti”) non possono troneggiare su tutti. Danno quindi il contentino di rivalsa agli invasi, lasciandogli via libera per invadere a loro volta. E coloro i quali sono invasi non si devono ribellare, ma accogliere benevolmente chi sarà il loro diretto aguzzino. Così i più paciosi e invertebrati hanno la palliativa sensazione di lavarsi la coscienza. Masse che si scontrano non danno problemi ai “pochi eletti” che imperano. Tanto, mal che vada, pagheranno lautamente metà degli eventuali rivoltosi, affinché questi sparino sull’altra metà.
Cos’altro dire?
Si può assolutamente vivere della propria terra, senza desiderare quella d’altri. Basta togliere il potere a coloro i quali vogliono tutto.
Questi che tutto vogliono, questi “pochi eletti”, per avere effettivamente tutto hanno la necessità di creare guerre, tensioni razziali, mescolamenti forzati e (perché no?) pure una sorta di «Gabbie dell’Infinito»: basta che siano a ciclo continuo e reversibile, a seconda della necessità del momento.