7 Ottobre 2024
Attualità

Le Trans Olimpiadi – Roberto Pecchioli

Iniziano le Olimpiadi di Parigi, il grande circo mondiale della società dello spettacolo. Forse non è un caso che sia la Francia, patria di Guy Debord e della modernità iniziata nel 1789, la sede del grande baccanale commerciale e propagandistico, la prima olimpiade dell’era trans. Non soltanto perché la fiamma olimpica, tradizionale simbolo risalente alla Grecia antica, ha per ultimo tedoforo non un grande atleta o una personalità di spicco, ma un transessuale, abbigliato e identificato come una dark queen d’avanspettacolo.  Da italiani, dobbiamo ringraziare Virginia Raggi, non rimpianta sindaco ( con la “o” finale!) di Roma, che evitò ai contribuenti italiani la saga famelica dell’assalto alla diligenza e delle ingentissime spese per l’organizzazione olimpica. Il piccolo Napoleone di casa Rothschild, Emmanuel Macron,  è l’organizzatore ideale: presidente di una nazione in crisi economica, finanziaria, morale, priva di governo, sfigurata dall’immigrazione, ma sempre convinta di una grandeur smentita dai fatti.

Grottesco il periodo preolimpico , con la pulizia a tempo di record di una Parigi degradata e la finzione della Senna immacolata e balneabile. Dopo settimane di bonifica, la signora Anne Hidalgo , sindaco dell’ ex Ville Lumière, ha fatto un breve bagno nel fiume, prudentemente con tuta da sommozzatore.  Pura società dello spettacolo: “tutta la vita delle società nelle quali predominano le condizioni moderne di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli”, l’incipit de La società dello spettacolo del marxista situazionista- parigino Doc- Guy Debord. Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale mediato dalle immagini, una visione del mondo che si è oggettivata. Lo spettacolo descritto da Debord è sia il mezzo, sia il fine del modo di produzione vigente, ossia- oggi- del predominio dell’artificiale sul naturale, della finanza sull’economia, della sistema di propaganda/pubblicità sulla verità e la realtà.

Lo spettacolo inteso come inversione del reale diventa la realtà. L’obiettivo olimpico – i Giochi sono lo spettacolo per eccellenza, rafforzato dalle bandiere nazionali, dall’aggiornamento del medagliere come bollettino quotidiano di guerra, dal tifo “nazionale” di anonime folle televisive- è quello di legittimare i rapporti sociali di dominio, presentandosi, senza possibilità di vera contestazione, come intrinsecamente positivo, un benefico oppio dei popoli postmoderno con interruzioni pubblicitarie. La spettacolarizzazione della realtà, sotto il prisma della competizione sportiva, delle medaglie, i rituali di premiazione con tanto di inni nazionali, prende il posto della guerra, o forse la prepara.

Ciò è tanto più vero , nell’occasione, in quanto gli atleti russi sono stati esclusi , poiché chi dirige lo sport mondiale- cioè l’apparato economico e finanziario che presiede alla sua spettacolarizzazione- sta a Occidente. Lo spettacolo crea le nuove realtà e manda al mondo messaggi inequivocabili. Lascia fuori dalla porta chi non fa parte del cerchio dei buoni, come la Russia e i suoi alleati, mentre le cerimonie di apertura e chiusura – inutili caroselli ad uso di platee televisive cretinizzate, servono a aprire nuove finestre di Overton in maniera subliminale, con immagini, situazioni, spettacoli, effetti speciali e psichedelici-  tesi cioè all’alterazione della percezione- utili all’indottrinamento del pubblico. Ricordiamo passate rappresentazioni inequivocabilmente sataniche, e altre stranezze per le quali è appropriato un verso del poeta barocco Giovan Battista Marino: è del poeta il fin la meraviglia. E soprattutto del potere.

Le Olimpiadi greche sospendevano le guerre e rappresentavano il momento di unione di tutti i popoli ellenici, l’universo del tempo. Nulla di tutto questo oggi. A Gaza, in Ucraina, nel Mar Rosso, nel sud del Libano proseguono i conflitti armati. Quelli tecnologici si presentano sotto forma dell’ improbabile, recente “baco” del sistema di comunicazione elettronica. Nessun greco avrebbe tollerato la presenza di atleti professionisti e lo stesso fondatore delle Olimpiadi moderne- un aristocratico francese della Belle Epoque, il barone De Coubertin- volle competizioni aperte solo a dilettanti. Il professionismo sportivo è oggi dilagante e padrona della società dello spettacolo agonistico è una sorta di joint venture tra i giganti dell’abbigliamento e delle attrezzature per lo sport, le reti televisive e l’apparato pubblicitario globale. La competizione non è che un corollario della rappresentazione e il suo esito largamente predeterminato. Non è vi estranea l’industria chimico farmaceutica, che usa gli atleti come cavie e rende truccata la gara.

La torcia accesa con la fiamma olimpica , simbolo dell’universalità, è trasportata nella sede dei giochi da una lunga staffetta di atleti e di personalità simboliche, l’ultima delle quali accenderà il braciere nello stadio gremito di folla e di personalità. Per questo non è senza significato chi la porta e la accende, nello specifico il trans francese. Grande importanza riveste la sfilata iniziale, in cui le varie delegazioni nazionali, precedute dalla bandiera, si mostrano al pubblico ciascuna con una sorta di uniforme attinente,  nelle intenzioni, al carattere nazionale. Quest’anno avremo uno stridente cambiamento, in linea con il trans mondo in marcia. In attesa di una categoria di competizione “non binaria” o queer, cara al cardinal Zuppi, nella delegazione di casa sfilerà un atleta maschio in abiti femminili, in omaggio alla sua – vera o presunta- autopercezione sessuale: eroe e  testimone del nuovo che incede. Si tratta di un ventenne che rappresenta assai bene il crollo occidentale: vestito da donna, probabilmente omosex, di origini extraeuropee, emblema dei “nuovi francesi” e dell’esportazione dei nuovi valori imposti dall’oligarchia. Il trans e l’omo invadono il perimetro dello sport contro lo spirito originario dell’Ellade, in cui si perseguiva  e si rappresentava l’unità (spirituale, etica e culturale) della patria comune.   Ecco il messaggio inviato al mondo, innanzitutto occidentale: altre finestre di Overton da spalancare, ulteriori confini da varcare.

Gli atleti cercheranno di portare a casa le medaglie che significano ricchezza, contratti pubblicitari, la vita che cambia. Nelle Olimpiadi trans prive della Russia- tradizionalmente tra le dominatrici del medagliere- ci piace ricordare, oltre il baccano assordante dell’orgia televisiva, al di là di vittorie e sconfitte, lontani dal tifo patriottardo, simulacro, ultima finzione di un’appartenenza perduta, un assente. Parliamo di Alex Schwazer, il marciatore sudtirolese campione olimpico a Pechino nel 2008, oggi trentottenne. Campione purissimo, cadde nella tentazione del doping. Scoperto, pagò il conto perdendo tutto, onore, lavoro, denaro, avvenire.

Si rialzò e stava rientrando alla grande quando gli tesero una trappola, probabilmente una vendetta rivolta al suo allenatore Donati, emblema della lotta al doping sportivo. Sostituirono la provetta dei suoi esami: il tribunale lo ha stabilito dopo anni. Intanto Alex tornò il reietto, l’esempio negativo scelto da un mondo corrottissimo per rifarsi una verginità. Il sistema sportivo di cui il movimento olimpico è il vertice, trovò un facile capro espiatorio. Non ricco, non sostenuto da alcuno, un ragazzo di montagna campione di una disciplina marginale, illuso e poi gettato in pasto al più falso moralismo. Teoricamente, Alex avrebbe potuto chiedere di partecipare alle Olimpiadi parigine. Un piccolo risarcimento per chi si è tenacemente allenato tra i monti: non lo ha fatto, non si è  sottomesso al sistema e per questo è il campione di chi scrive. Un giovane uomo che è caduto, si è rimesso in piedi ed è stato ricacciato nel fango da un complotto.

Non è trans, non si veste da donna, ha moglie e figli, vive non a Montecarlo o in un paradiso fiscale ( le finte residenze di tanti idoli sportivi) ma tra le montagne della nativa val Ridanna, guadagnandosi la vita, operaio, cameriere, impiegato. Un esempio, un modello di risalita. Dignità, tempra morale: nel mondo normale una medaglia d’oro. Un emarginato, nel trans mondo del circo Barnum olimpico.

5 Comments

  • Primula nera 26 Luglio 2024

    Ma soprattutto l’ipocrisia di escludere la Russia e fare partecipare Israele, nonostante la vergognosa pulizia etnica in corso a Gaza.
    Uno scempio che minerà ancor più la credibilità degli occidentali agli occhi del mondo. La cerimonia d’apertura (veramente brutta)sembra la rappresentazione di un mondo decadente e morente…

  • Gaetano Barbella 28 Luglio 2024

    Ora tocca all’ultima cena queer (fatta passare per un banchetto dionisiaco), che Alex diserta, ma il tema di Roberto Pecchioli mi affascina riemergendo un campione del mondo di dio, un arcangelo, Michele.
    Un grande pittore, Alessandro Bonvicini detto il Moretto (1498-1554), lo immortala in una sua pala, l’Incoronazione della Vergine coi Santi Giuseppe, Francesco, Nicola e l’Arcangelo Michele. Si tratta di in dipinto olio su tavola del 1534 esposto nella Chiesa dei Santi Nazaro e Celso di Brescia. [https://it.wikipedia.org/wiki/File:Incoronazione_della_Vergine_con_i_santi_Michele_Arcangelo,_Giuseppe,_Francesco_e_Nicola_di_Bari.jpg]
    Osservando un particolare di questo dipinto si è disorientati, abituati a vederlo sempre come un fulgido guerriero che trafigge Satana.
    Nel caso del Moretto si potrebbe intuire che nell’Arcangelo Michele, paragonato a Dio stesso, operi la Sua misericordia al punto di rivelarsi nelle vesti femminili e persino nelle membra. Notare il dettaglio della veste annodata sulla coscia, un vezzo perfettamente femminile fino ai giorni nostri.
    Tuttavia rende comunque perplessi il rapporto che si stabilisce fra Michele e la bestia, questa non più come l’essere demoniaco. La bestia, forse nell’intento del Moretto, potrebbe essere una certa versione, quella del terzo segno dell’Apocalisse di Giovanni, la «bestia di terra»:
    «Vidi poi salire dalla terra un’altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago.» (Ap 13,11).
    Ma nella fase di transizione al quarto segno dell’Agnello e i vergini, come a metterli in relazione con un preciso intento che ora non si capisce:
    «Poi guardai ed ecco l’Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo.» (Ap 14.1)
    Già da qui Giovanni sembra voglia legare l’Agnello con la bestia, che non sembra aggressiva e che Michele sfiora col piede quasi delicatamente, ed è sul punto di consegnare la sua forza, stranamente tutta concentrata in una sorta di grosso pene attorcigliato intorno alla punta quadristellare della lancia dell’arcangelo.
    In quanto alle parvenze femminili di Michele arcangelo, andando oltre l’intuibile, potrebbe non essere solo una finzione, una messa in scena, ma un fatto reale nell’immaginare che il rapporto, fra Michele e la bestia, del quadro sia di natura omosessuale.
    Non è difficile accettare l’idea che lo stesso amore che vincola fra loro gli esseri angelici si traduca in taluni casi in omosessualità che nell’antico passato era normalmente tollerato. Si dà proprio il caso legato alla storia dei greci durante la guerra di Troia immortalata da Omero.
    Quello che c’era tra i due grandi eroi, Achille e Patroclo, simbolo dell’Iliade: era amore o semplice amicizia?
    Resta ora il fatto saliente che riguarda da vicino l’Arcangelo Michele in sembianze femminili, col volto adornato con ghirlanda di fiori di campo. La domanda è ora, grazie a quale sortilegio la bestia è adagiata ai piedi di Michele, tutt’altro che incline a qualsiasi ostilità. Infatti sembra gradire lo sfiorare di quel piede di Michele sul suo petto, ma c’è ben di più con quel puntale dorato della presunta lancia che avrebbe dovuto trafiggerla. Invece è come se si fosse stabilito un singolare gradevole rapporto fra la strana punta quadristellare ed una sorta di grossa coda eretta della Bestia ad essa attorcigliata all’estremità.
    Ma è una cosa che ha tutta l’aria di una concezione fallica, non c’è che dire. Che cosa ha voluto suggerire, o esorcizzare, il Moretto con questa novità in fatto di disputa con le forze del cosiddetto male?

  • Louis 28 Luglio 2024

    La “cerimonia” (sì, va bé…) me la sono persa non avendo più la tv a mia disposizione e questo mi fa capire quando sia stato per me una bella operazione di igiene mentale – e dovrei fare così anche con giornali e molta Internet.
    Non provo nessun stupore e credo che era prevedibile in un’epoca invertita come la nostra aspettarsi uno spettacolino del genere, anche se ovviamente la scontatezza non mi toglie lo stimolo al vomito.
    So che i nostri nemici si aspetterebbero un discorso “bigotto” ma io invece vorrei puntare loro un dettaglio di questa esibizione che a loro ha fatto venire un orgasmo alle stelle.
    Il dettaglio prontamente censurato che nella barca dei drag queen ci fossero anche bambini costretti a esibirsi in pose estremante ambigue e ammiccanti. E financo inaccettabili.
    Non dobbiamo avere paura di dirlo. Abbiamo visto degli atti di PEDOFILIA in diretta.
    Il fatto che un’enormità del genere solo qualche tempo avrebbe avuto la giusta feroce condanna da parte di TUTTI (e sottolineo TUTTI) mentre oggi invece è stato accettato da parte di molti anche questo superamento di questa inviolabile linea rossa nel bel mezzo di una manifestazione mondiale.
    Questo dimostra quando le parole giuste e le somatizzazioni psicologiche da parte di un’ingegneria sociale ben collaudata possa far accettare qualcosa se serve a un “fine nobile”, che anche la violenza e le più infime oscenità possono essere accettabili se serve all’idea di un mondo irenistico senza più divisioni per genere, razza, sesso e senza più “discriminazione” “razzismo” “odio”.
    In fondo basta vedere le reazioni giulive di molti nell’aver fatto irritare i”populisti” “i fascisti” “gli omofobi” e altri loro fantasmi di carta e quindi anche gli atti e le pericolose ambiguità su dei bambini possono essere utili nel contrasto “all’omofobia” e “alla transfobia” e per avere una società “autenticamente” liberale, democratica, egalitarista e antifascista.
    Con il beneplacito dei sedicenti moderati e liberali titubanti e codardi di fronte a queste canaglie, capaci dai loro inutili apparecchi fonetici solo di scagliarsi contro “le sacre istituzioni minacciate dal populismo e sovranismo”.
    Insomma tutto è possibile con parole e motivazioni giuste, compreso qualche genocidio (soprattutto verso noi “bifolchi” maschi bianchi”) se serve come viatico purificatore per raggiungere l’ideale del Bene Assoluto, come chiusura del cerchio per i Mali Assoluti della Storia.
    Ormai noi occidentali siamo ostaggi di questi pazzi (e pazze!) che hanno completamento perso il loro senso della ragione, che altro non fanno che cavalcare l’onda viscida del risentimento di disadattati e decorticati mentali, invidiosi macerati, troie volitive o frigide, le racaille di negri-arabi-asiatici a cui si è dato un mantello sacrale da dove scagliare anche i loro pensieri più immondi verso chi è infinitamente meglio di loro o chi semplicemente è rimasto con un minimo di decenza.
    Quest’accozzaglia è semplicemente MERDA, rimarrà MERDA, ed MERDA da schiacciare!

  • Paola 29 Luglio 2024

    La cosa più aberrante (riportata, purtroppo non da molti, su internet)? L’oltraggio osceno a Maria Antonietta (e tutto il significato che contiene). Per me, l’apice dell’orrore, in un magma di sterco.

  • Gaetano Barbella 30 Luglio 2024

    Signor Pecchioni non avrei commentato il suo scritto per il quale, comunque, esprimo la mia condivisione, sapendo che preferisce non rispondere. Tanto vale allora che non si facciano. A che serve?

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