Leonardo da Vinci.
Il 2 maggio 1519 moriva Leonardo da Vinci nella residenza fortificata e dorata di Cloux, odierno Clos-Lucé presso Amboise. Risiedeva in tale castello dal 1516 e narra la leggenda, destituita oramai d’ogni fondamento, che una galleria sotterranea giungesse fino a qui dal vicino castello di Amboise.
Si ritiene che gli scritti di Leonardo riguardanti anche le architetture sotterranee destinate alla difesa di una piazzaforte abbiano influenzato taluni “romantici”. Un passo, per tutti, ci fa capire di che cosa si potesse trattare:
«Adunque tu che con vie sotterranee cerchi adempiere il desiderio tuo, pensa bene come il tuo nemico starà attento…» (Codice B, 78 r.).
I suoi pensieri, i suoi progetti e soprattutto l’estro architettonico sono giunti a noi solo attraverso quanto si è salvato dei suoi scritti e dei disegni.
Ancora una volta si dice che il re di Francia Francesco I temesse che il peregrinare da uno Stato all’altro del da Vinci mettesse in moto troppi pensieri e troppi progetti innanzitutto sulle macchine belliche che costui andava inventando. Quindi il Maestro andava tenuto a catena corta.
Noti sono gli schizzi che ritraggono dei proiettili ogivali, per quanto a me lascino leggermente perplesso. Essi si trovano nel Codice Arundel (fol. 54 r.). Certamente occorrerebbe avere a portata di mano il testo originale per fare nuovamente analizzare carta e soprattutto inchiostro. Difatti, conosciuto è il disegno non certo di Leonardo della “bicicletta”, da altri disegnata su di una pagina utilizzata in precedenza dal Maestro per i suoi appunti oggi noti come Codice Atlantico.
Comunque, agli inizi del Cinquecento, ecco che compaiono ad opera del Leonardo i “proiettili a testa ogivale” e di cui si può vedere la scheda accedendo al sito del “Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci” di Milano (sito web “museoscienza.org”). Le spiegazioni dell’oggetto sono perfette, ma non ci si chiede che fine abbia fatto il disegno dell’arma che avrebbe dovuto spararli. Cerco di spiegarmi meglio: all’epoca i “proietti” più comuni erano sferici, generalmente di pietra, e venivano lanciati da mangani, baliste, onagri, trabocchi, quadrirotis, in pratica da macchine meccaniche a flessione, artiglierie sempre meccaniche ma a torsione, eccetera. Tuttavia ricordo di avere visto all’interno della torre medioevale di Massa Metallorum (Massa Marittima in Toscana) dei grandi proietti di pietra cilindrici. Poi c’erano le armi a polvere: bombarde, passavolanti, ecc.
Ma si può ricordare, ad esempio, che solo nella seconda metà del Seicento viene inventato un cannone particolare e la particolarissima “palla” antesignana dei proiettili esplosivi odierni. Si tratta del “canon per tirar bombe” di Sigismondo Alberghetti e del proiettile cilindrico con estremità appositamente arrotondate. Per dare un’idea della sua potenza vediamo che un cannone di bronzo da 20, 30 o da 40 libbre aveva una massima gittata di poco superiore ai 3000 metri, sparando palle piene. Il cannone dell’Alberghetti sparava i proiettili esplosivi a 4 e anche 5 chilometri di distanza, con un coefficiente di penetrazione anch’esso superiore. Ma sono i francesi, un secolo dopo, ad accaparrarsi il merito di avere inventato un cannone e una palla di nuova generazione: dopo avere depredato l’Arsenale di Venezia e averne rubato i cannoni e i documenti, tra cui quelli dell’Alberghetti, l’ufficiale di artiglieria Henri-Joseph Paixans “inventa” un nuovo tipo di cannone-obice con proiettili esplosivi.
Vinci e Perdi.
Quello che oggi s’intende ricordare è che Leonardo da Vinci è l’unico che ha lasciato disegnati i prospetti e le piante del Castello di Milano così com’era nella seconda metà del Quattrocento. Ovvero i soli disegni del Castello in epoca medievale sono solo ed esclusivamente di Leonardo.
Solo grazie a lui si può, o meglio si potrebbe, capire come fosse articolato uno dei più grandi castelli di pianura d’Europa.
Sul Castello di Milano, variamente noto come Castello Sforzesco o Castello visconteo-sforzesco, sono stati scritti vari contributi e più o meno tutti ricordano che fosse costruito a cavallo delle mura cittadine e avesse una poderosa cinta che Leonardo ha chiamato “ghirlanda”, posizionata a protezione della parte di castello situata al di là della cinta urbana.
Tale “ghirlanda” si perde nella seconda metà dell’Ottocento perché abbattuta al fine di creare spazio per nuove lottizzazioni, che fortunatamente vengono all’ultimo istante bocciate. In realtà, come soprattutto l’Architetto Luca Beltrami ha scritto, la “ghirlanda” è solo cimata e oggi al di sotto della quota di campagna vi sono almeno due piani di detta cinta; percorribili. Difatti in essi si svolgono le visite guidate delle cooperative Ad Artem e Opera d’Arte: si sa quindi benissimo che tale “ghirlanda” esiste e potrebbe essere adeguatamente studiata e rivalutata.
Perdi e Vinci.
In questo 2019 ricorre il cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci e si è dato il via alle celebrazioni. Ma quali?
Pare che la notizia più sensazionale, ma altrettanto da verificare attentamente, si quella del ritrovamento d’una sua ciocca di capelli. Oltre a scatenare la frenesia di ritrovare tramite DNA i suoi discendenti, muove ondate di perplessità perché il tutto è più simile a una trovata pubblicitaria che a una scoperta scientifica. Ovviamente si rischia di perdere il significato del lavoro del Maestro.
Ma non è solo questo che, adesso, si rischia di perdere.
Ruspa da Perdi.
Nel novembre 2019 qualcheduno della Soprintendenza ha autorizzato e fatto mettere in campo una ruspa che al Castello di Milano ha scavato il terreno proprio laddove era stata costruita la “ghirlanda” documentata, come s’è detto, da Leonardo da Vinci.
Dopo due-tre settimane il cantiere è ancora perfettamente visibile, come lo sono i buchi che la ruspa ha provocato sull’opera architettonica.
Come mai i patrimoni di storia e di architettura italiani vengono ignorati innanzitutto da coloro che sono preposti dal Cittadino per la loro salvaguardia e valorizzazione?
Che cosa vogliono fare al Castello di Milano? Portare a terminare l’opera di demolizione della “ghirlanda” a colpi di ruspa e perdere così completamente la memoria anche del lavoro svolto da Leonardo?
Difatti non mi pare che le così dette autorità competenti abbiano ricordato, in questo Cinquecentenario, il fatto che il Castello di Milano e soprattutto la “ghirlanda” siano stati documentati poco più di mezzo millennio fa proprio dal più grande genio mai esistito.
Oggi la dottoressa Ruspa da Perdi svolge il lavoro che le autorità hanno autorizzato: la cancellazione della memoria tramite la benna. E questo non solo al Castello di Milano.
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