Al suo posto di combattimento
E’ morto così com’era vissuto, al suo posto di combattimento: nella sua casa editrice, fra i suoi libri e i suoi giornali, nel mentre preparava nuove iniziative culturali. E’ morto facendo ciò che amava compiere, ciò cui aveva dedicato realmente tutta la sua vita. Hanno trovato le bozze di un testo a fianco a lui, le bozze che stava leggendo. Chi è stato nel pomeriggio di mercoledì, alla sede della casa editrice, ha vissuto un momento tragico, ma anche l’esperienza di un mondo che si ritrova e che vive.
Il nostro incontro
Lo avevo incontrato lunedì sera, 30 gennaio, presso la libreria Controcorrente. Pietro mi aveva comunicato la data della “grande presentazione” del mio ultimo libro e la conferma della disponibilità della sala. L’appuntamento successivo era per giovedìì 2 febbraio per esaminare la bozza dell’invito e ragionarci insieme. Pietro interpretava il suo ruolo di editore in un modo peculiare; non lasciava nulla all’improvvisazione, curava con attenzione tutti i dettagli, dalla scelta del titolo dell’evento alle immagini, ai simboli, fino al cromatismo. E quest’attenzione era un iter condiviso, elaborato, maturato insieme all’autore del libro, in un rapporto sempre diretto. Ogni evento, ogni testo, ogni invito stampato si caricava di una forte impronta di consapevolezza, maturata nella comune riflessione, nella discussione costruttiva, talvolta vivace, ma sempre feconda.
Ci conoscevamo sin dal 1972, nella militanza politica giovanile, quando lui era segretario provinciale del Fronte della Gioventù, ed io ero il fiduciario d’istituto del nucleo FdG al liceo Genovesi. Ricordo bene che già allora Pietro si distingueva per un modo diverso, più maturo e consapevole, di concepire la politica giovanile, con uno spiccato senso critico e una capacità d’attenzione e di profondità nel leggere i fatti e i “segni” dell’epoca; era una capacità che non s’incontrava facilmente, in un momento storico molto difficile, in cui si agiva spesso sulla base di spinte emotive, pienamente comprensibili, ma non sempre supportate dalla lucidità intellettiva.
1975: nasce la Libreria
Quando poi, nel 1975, fu aperto Controcorrente, il centro di diffusione libraria, io fui presente nel momento in cui veniva montata l’insegna della libreria, quell’insegna che oggi è un vero e proprio cimelio storico. Avevo vent’anni e per me, che ero molto sensibile al momento culturale della dimensione politica, quello fu un evento importantissimo, come lo fu per tutto l’ambiente dell’area non-conforme e di “destra” in senso ampio. Erano gli anni in cui si teorizzavano gli organismi paralleli, l’attenzione all’impegno culturale e si cercava di trovare una via d’uscita costruttiva alla logica degli opposti estremismi in cui il sistema cercava d’intrappolarci.
Pietro aveva compreso che non si fa una seria politica – nel senso più alto della parola, come politèia – senza un adeguato retroterra culturale, che significa studio, pensiero, creatività intellettuale, tutti elementi che danno respiro, spessore e indicano le linee di vetta di una battaglia politico-culturale.
Dalla libreria alla Casa Editrice
Ci incontravamo periodicamente in libreria (sono un bibliofilo sin da ragazzo), soprattutto dalla metà degli anni Novanta, per la favorevole concomitanza di due fatti nuovi: la promozione assidua dell’attività editoriale per cui Controcorrente diventava sistematicamente casa editrice e, quasi in contemporanea, la mia nuova sede di lavoro, presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, che rendeva più agevole e frequente la possibilità d’incontrarci. Pietro spesso veniva a trovarmi in biblioteca, anche per le informazioni bibliografiche che gli interessavano e per i testi che voleva consultare e sui quali chiedeva il mio aiuto.
La svolta: I Misteri del Sole.
La svolta avvenne nel 2000, quando tenni una conferenza all’Archeoclub di Napoli (ospitato presso il Goethe Institut) sui Misteri di Mithra in età imperiale romana. Pietro venne ad ascoltarmi e, terminata la mia esposizione, mi trasse in disparte e mi disse: “Stefano, tu non puoi sciupare una tematica così vasta e che conosci così bene in una conferenza. Devi scriverne un libro, un libro pensato bene e fatto bene. Penso io a pubblicartelo”.
Nacque così un sodalizio culturale ed un’avventura che è stata al tempo stesso intellettuale, esistenziale, umana, amicale; non si trattava solo di un “lavoro” in senso tecnico. I Misteri del Sole (2002) erano e sono tuttora (e lo saranno ancora di più in seguito) una ricerca interiore ed il mio rapporto con Pietro era giocato sul registro di una comprensione intuitiva. Il titolo fu una mia idea che Pietro approvò compiaciuto. “Esatto!” mi disse, con quell’aria gagliarda che sprigionava energia, l’energia di una figura carismatica. I contenuti del libro erano il frutto di un mio lavoro decennale, iniziato alla fine degli anni ’80. La veste grafica, le foto, il cromatismo, tutto ciò era lavoro di Pietro. Lui mi disse che quel libro avrebbe avuto un futuro ed un suo forte seguito. Il libro ha suscitato molti apprezzamenti e di quell’argomento ho parlato per molti anni, nelle mie conferenze.
Poi curai e introdussi l’opera di Julius Evola La Via della realizzazione di sé secondo i Misteri di Mithra (2007), trasformando un opuscolo di trenta pagine della vecchia edizione del 1982 in un libro di 170 pagine, con l’appendice sul Rituale Mithriaco, che egualmente introdussi sotto il profilo storico-culturale. Pietro apprezzava molto lo studio serio, approfondito, scrupoloso, ove il senso della Tradizione quale richiamo interiore e l’attenzione ai miti ed ai simboli si coniuga con il rigore scientifico. E ci furono poi le prefazioni e i saggi introduttivi ai libri di altri autori, le interviste pubblicate in testi collettanei. Tutte esperienze che hanno lasciato in me una traccia permanente e un vivo ricordo.
Promotore culturale
Nei numerosissimi colloqui privati che abbiamo avuto nel corso degli anni, posso testimoniare che Pietro era severo, giustamente esigente nei confronti di chi proponeva le bozze di un suo libro in modo superficiale, improvvisato, pressapochistico. So di libri che non sono stati mai pubblicati perché l’editore non era convinto della qualità del testo, perché non era soddisfatto dell’accuratezza della ricerca. So di bozze di libri inizialmente impresentabili che sono stati trasformati, facendo maturare gli autori, grazie alla supervisione di Pietro e di chi collaborava con lui a sovraintendere con grande impegno alla limatura dei contenuti.
Pietro era capace di seguire tutto con grande attenzione. Egli era, incarnava lo spirito militante nella battaglia culturale per la Cultura della Tradizione che per lui non è – adopero di proposito il tempo presente – una rievocazione nostalgica e sterile del passato ma riscoperta di valori da vivere e attualizzare oggi e da proiettare nel futuro.
La Tradizione per lui è Tradizione vivente.
Misteri Antichi e Pensiero Vivente
Nel 2014, gli presentai il testo del mio ultimo libro Misteri Antichi e Pensiero Vivente; il testo che presentavo all’editore era impegnativo, trattandosi di un ampio excursus sui culti misterici del mondo antico e sulla possibile attualizzazione del retaggio misterico in forme e con modalità adatte al mutamento antropologico del ricercatore spirituale moderno.
Pietro comprese al volo che il mio pensiero, partendo dalla lezione di Julius Evola, si era aperto a nuovi orizzonti ed io stavo percorrendo una nuova via di possibile realizzazione interiore e non solo di orizzonte speculativo. Nell’ultimo capitolo mi richiamo, infatti, alla lezione di Massimo Scaligero ed anche a quella di Rudolf Steiner, di Giovanni Colazza, di Pio Filippani Ronconi.
So che il libro ha suscitato discussioni – com’è bene che sia – e so con certezza (essendomi stato riferito da più fonti e da lui personalmente) che Pietro spiegava a tutti che “Stefano va avanti, Stefano non si ferma” e invitava tutti a leggerlo. Ho detto non a caso “a leggerlo”; non era solo la sollecitazione all’acquisto, ma proprio a soffermarsi e a riflettere sui contenuti perché Pietro non era soltanto un editore, ma un vero promotore culturale che credeva in ciò che faceva.
Centralità marginali
In quel momento (esattamente un anno addietro, febbraio 2016) Pietro dimostrò tutta la sua apertura mentale e la sua perspicacia che peraltro aveva già dimostrato quando, tempo prima, aveva accolto la proposta di Luciano Arcella, di pubblicare un libro collettaneo sulla metropoli come fenomeno mondiale con le sue aree marginali e propose un titolo capace di far trasalire tutto l’ambiente tradizionalista: “Centralità marginali. Cinque saggi di antropologia urbana”.
Pietro lo lesse e comprese tutta l’importanza e l’attualità di quella tematica. Il libro usci nel 2010(coi contributi di Luciano Arcella, Stefano Arcella, Carlo Gambescia, William Gonzales, Salvatore Santangelo), riscuotendo molti apprezzamenti, anche presso ambienti diversi, come, ad esempio, quello dell’Associazione Nazioanle Sociologi ove fu presentato su iniziativa del critico d’arte Maurizio Vitiello (benemerito promotore di molte mie conferenze).
Il libro fu anche presentato anche alla Biblioteca del Ministero dei Beni Culturali a Roma, nel settembre del 2011, in Via del Collegio Romano, ove Pietro parlò insieme a Gianfranco De Turris. E nel contesto di quel libro, io diedi un mio contributo, con un saggio su Santa Maria Francesca, la Santa dei Quartieri Spagnoli, dal titolo: “Un culto della fecondità nei Quartieri Spagnoli di Napoli fra religiosità popolare e degrado sociale”.
L’editore comprese pienamente e condivise l’attenzione verso un culto popolare e femminile di cui indagavo le radici antiche, precristiane, nella prospettiva di una diffusione della coscienza delle nostre tradizioni e dei retaggi antichissimi, addirittura arcaici, da cui esse traggono origine. Era una strada per riscoprire e riaffermare la Tradizione come tradizione vivente, concretamente storicizzata, attuale e proiettata nel futuro.
Iniziative meritorie
E’ difficile riassumere in modo esaustivo un’attività così intensa e variegata. Ricordo che fu Controcorrente a organizzare la presentazione a Napoli (febbraio 2008), insieme all’avv. Valerio De Martino, dell’ultimo libro di Filippini Ronconi “Zarathustra e il Mazdeismo”, o le conferenze con Marco Tarchi, o quella sull’esoterismo nelle canzoni di Lucio Battisti e Mogol, con Marco Rossi (allievo di De Felice), solo per citarne alcune.
Fondamentale è stato l’apporto di Pietro – unitamente all’impegno, altrettanto importante, di Edoardo Vitale, direttore dell’importante e storica rivista L’Alfiere – del famoso convegno annuale di Gaeta sulla storia del Regno di Napoli cui hanno partecipato studiosi, scrittori, giornalisti, artisti di varia formazione, e i convegni a Palazzo S. Teodoro a Napoli, sempre sullo stesso filone.
E’ tutto un mondo, di idee, valori, revisioni storiografiche, elaborazioni culturali, ma anche una comunità umana, fatta di legami, amicizie radicate, ricordi, emozioni, dibattiti, iniziative.
Solo ora, nel mentre scrivo, mi accorgo di come e quanto Pietro abbia dato un impulso importantissimo nel creare tutto un mondo.
E quindi occorre allargare la prospettiva, per avere una visione d’insieme sulle “linee di vetta” del suo pensiero e della sua opera.
La lezione di Pietro Golia
Al di là del mio rapporto con Pietro Golia, di un comune itinerario esistenziale e intellettuale che è ormai parte integrante del patrimonio culturale di una comunità e di tutto un mondo, giova soffermarsi sul senso complessivo della suo impegno
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Controcorrente – e Pietro Golia che né è stato il promotore e animatore per oltre quaranta anni – è la storia della Cultura della Tradizione, della cultura identitaria e non conformista di Napoli, del Meridione, dell’Italia.
Pietro ha avuto il grande e indiscutibile merito di pubblicare autori importanti, italiani e stranieri, da Julius Evola(ricordo gli Ultimi scritti con introduzione del compianto Gabriele Marzocco) a Pino Rauti, da Alain De Benoist ad Alexander Dugin, alla monumentale opera di Solgenitsin “Storia degli Ebrei in Russia”, fino al filosofo neo-marxista Costanzo Preve.
E poi la feconda letteratura, con numerosi Autori, di revisionismo storiografico sul Risorgimento, sul Regno delle Due Sicilie, sulle insorgenze cattoliche e controrivoluzionarie del 1799, sul cardinale Ruffo, sul Sanfedismo, sul cosiddetto “Brigantaggio”dopo l’unità d’italia, del quale ha rivalutato le motivazioni culturali e sociali.
Pietro aveva capito che un popolo inteso come comunità di destino, come senso del “noi” comunitario, può esistere solo a partire da una consapevolezza della propria storia e delle proprie radici. In una parola: della sua Cultura, nel senso spengleriano della Kultur, della civiltà organica.
E tale consapevolezza presuppone lo studio, la lettura, l’esercizio di un pensiero perspicace, dinamico, agile, penetrante. Un pensiero libero e spregiudicato, anticonformista. Un pensiero controcorrente, che non caso era il nome della sua casa editrice. La Kultur presuppone anche unità di pensiero e di stile di vita, valori incarnati, inverati e vissuti nel quotidiano, nelle azioni e nei fatti.
Per circa mezzo secolo Pietro – e la sua Controcorrente – è stato un punto di riferimento, di dibattito, di creatività, di elaborazione culturale e di azione costruttiva, nel solco della Cultura della Tradizione.
E il messaggio che ci lascia in eredità è quello di non fermarsi, di continuare la sua battaglia.
Nel mentre scrivo queste righe, mi risuonano nella mente e nel cuore le parole con le quali spesso mi salutava, al termine dei nostri colloqui, con quella sua Vis di trascinatore: “Stefano! Andiamo avanti, per andare più avanti ancora! ”
Ed io, scherzosamente, gli rispondevo: ”Purché andiamo avanti in vita, altrimenti sembra una cosa lugubre ….”. E lui sorrideva.
E so, sento che, dal mondo superiore in cui ora si trova ora, sta vedendo questo scritto e mi sta dicendo “Esatto!”, con quella sua aria gagliarda, unita a un sorriso di bonomìa partenopea.
Stefano Arcella
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