16 Settembre 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centocinquantanovesima parte – Fabio Calabrese

Con gli eventi della nostra eredità ancestrale, siamo ancora fermi alla prima metà di luglio, complice il fatto che, data la grande quantità di informazioni e soprattutto di temi di cui discutere comparsi sulle pagine di “Ancient Origins”, è stato giocoforza dedicare a quest’ultimo sito l’intero articolo precedente a questo, e non breve, come avete visto.

Senza contare poi la gradita sorpresa di trovare sulle sue pagine elettroniche un pezzo del nostro Felice Vinci che, a quanto pare, sta trovando all’estero l’apprezzamento che merita. Nemo propheta in patria, non è una storia nuova.

Che dire? Un’estate davvero torrida, e non solo dal punto di vista meteorologico.

Tuttavia, l’altra faccia della medaglia è subito chiara. Se gli eventi di cui ci occupiamo ora riguardano ancora la prima metà di luglio, la mia tabella di marcia mi avverte che questo articolo non potrà comparire sulle pagine di “Ereticamente” prima della seconda metà di settembre. La “forbice” temporale fra gli eventi di cui mi occupo e la comparsa degli articoli sul nostro sito, è tornata ad allargarsi. Occorrerà provvedere in proposito, magari senza fare come l’anno scorso in cui ho dedicato il mio spazio su “Ereticamente” quasi interamente a L’eredità degli antenati, a discapito, lo ammetto, dell’interesse con cui mi seguite. In altre parole, dovrò trovare ancora una volta il modo di quadrare il cerchio.

Come se non bastasse, stendendo l’articolo precedente, per non creare un pezzo troppo chilometrico, ho omesso di parlarvi degli articoli di “Ancient Origins” che si riferiscono alle giornate del 14 e del 15 luglio, per evitare di appesantire troppo una trattazione già alquanto ampia. Ne parleremo ora.

Il 14 un articolo di John Reeks prende spunto dalla serie Netflix My lady Jane e dall’omonimo romanzo da cui è tratta per porci il problema di quanto l’una e l’altro rispettino la reale vicenda storica di Jane Grey. Costei era una cugina di Edoardo VI, il debole e malaticcio figlio di Enrico VIII, che la lasciò erede testamentaria del regno per salvare l’anglicanesimo, perché altrimenti il regno sarebbe andato alla sorella primogenita, la cattolica Maria. Il risultato fu che Jane fu regina esattamente per nove giorni. Maria, che gli Inglesi ricordano come la sanguinaria, non ci mise molto a sbarazzarsene, e i protestanti dovettero attendere il regno dell’altra sorella, Elisabetta I, per avere la rivincita.

Quella dei Tudor fu una dinastia che occupò il trono inglese per un tempo relativamente breve, tre generazioni, Enrico VII, Enrico VIII e i figli di questi; tuttavia, ebbe un ruolo chiave nella storia inglese. Enrico VIII introdusse l’anglicanesimo, ed Elisabetta I creò la potenza navale che permise all’Inghilterra di tenere testa all’invencible armada spagnola, grazie anche a un abile corsaro come Francis Drake, e gettò le basi di un impero marittimo planetario destinato a durare fino al XX secolo.

Il 15 Sahir ci informa che a Malmesbury, nel Wiltshire, nel giardino dell’Old Bell Hotel è stato scoperto un cimitero anglosassone risalente a fra il 670 e il 940, probabilmente collegato alla comunità monastica della locale abbazia.

Gary Manners ci racconta che nella baia di Chengene Skele, vicino alla città di Burgas, in Bulgaria, archeologi subacquei hanno recuperato 112 oggetti di vetro, ma non si tratta di reperti molto antichi, risalgono al periodo ottomano e sono di probabile fattura veneziana.

Robbie Mitchell ci parla invece del foro romano. Esso fu per quasi un millennio il centro dello stato romano dove si svolgeva l’attività politica, l’umbelicus mundi. Dovette la sua definitiva fisionomia principalmente alle risistemazioni effettuate sotto Cesare e sotto Augusto, ma ora non entrerò nei dettagli topografici di qualcosa che dovrebbe essere noto a tutti noi.

Nathan Falde ci porta in Spagna, precisamente nell’insediamento neolitico di La Draga nel nord-est della Catalogna. Questo sito è eccezionale, perché si tratta dell’unico insediamento preistorico lacustre finora ritrovato in Spagna, e il fango ha permesso un’eccezionale conservazione degli oggetti lignei. Si tratta perlopiù di oggetti di uso quotidiano, ma ci permettono di capire che questi antichi spagnoli che lo hanno abitato erano ottimi artigiani e falegnami.

Vediamo ora, dunque, cosa ci riservano in questo periodo gli altri siti, italiani e stranieri, con la solita avvertenza che tralascerò le questioni di cui vi ho già parlato nell’articolo precedente riferendomi ai testi comparsi su “Ancient Origins”.

Come al solito, cominciamo da “Ancient Pages”.

Iniziamo da un articolo del 1° luglio che riguarda una questione spinosa nella quale l’archeologia si mescola con la diplomazia. Come sappiamo, il governo greco ha da tempo richiesto la restituzione dei marmi del Partenone, trafugati dagli inglesi nel XIX secolo, e che ora si trovano al British Museum di Londra. L’Inghilterra ha finora respinto tale richiesta sostenendo che questi marmi furono regalati dal governo ottomano che allora governava la Grecia, all’ambasciatore britannico. Bene, la novità è che ora il governo turco è intervenuto nella vicenda in appoggio a quello greco, smentendo che tale concessione sia mai stata fatta, e affermando che quello compiuto dagli Inglesi fu un furto e un vero e proprio atto di pirateria.

Prendiamone nota, ma non posso fare a meno di osservare che se l’Italia pretendesse e ottenesse allo stesso modo la restituzione di tutti i capolavori italiani, romani, etruschi, che si trovano sparsi nei musei di tutto il mondo, e che il più delle volte hanno raggiunto l’estero attraverso canali disonesti, i musei dell’intero pianeta, eccezion fatta per la nostra Penisola, rimarrebbero praticamente vuoti, tranne forse per le schifezze della cosiddetta arte contemporanea.

Sempre il 1° luglio abbiamo un articolo di Conny Waters dedicato all’antico regno anglosassone del Sussex. Esso fu il primo regno anglosassone formatosi nell’Isola britannica – il suo nome significherebbe infatti “terra dei Sassoni” – e l’ultimo a cedere alla cristianizzazione, conservò a lungo le tradizioni pagane, e non si convertì al cristianesimo prima del VII secolo.

Il 2 luglio un articolo di Jan Bartek ci racconta che a Jarlsberg Manor nella Norvegia sud-orientale sono stati scoperti i resti di quella che parrebbe essere una nave funeraria vichinga, anche se l’identificazione non è certa perché sono molto frammentati. Stando alle fonti letterarie, potrebbe trattarsi della sepoltura del re Bjørn Farmann fratello del più noto Eric Bloodaxe.

Un articolo del 3 luglio ci racconta che recenti scoperte degli archeologi tedeschi nel Giura svevo hanno evidenziato che questa zona ha conosciuto la rioccupazione umana dopo l’età glaciale attorno a 19.500 anni fa, e non 16.500 come si riteneva finora. Se non vi sembra un dato rilevante, provate a pensare che tre millenni di differenza sono più della distanza temporale che separa noi dall’Impero Romano. Davvero, non si può che ammirare la resilienza di questi nostri antenati.

“Ancient Pages” non ci fa mancare un po’ di mitologia, stavolta celtica. Sempre il 3 abbiamo un articolo di A. Sutherland dedicato alla figura del dio Ogma od Ogmios, che sarebbe stato un guerriero dalla forza eccezionale e un poeta, cui è attribuita l’invenzione dell’alfabeto ogham.

Il 4 Conny Waters ci parla del ritrovamento di resti umani denisoviani nella grotta tibetana di Baishiya. Abbiamo già visto la volta scorsa l’articolo su “Ancient Origins” relativo a questo ritrovamento, ma, contrariamente al solito, torno a parlarvene perché in un articolo “denso” come quello della volta scorsa, non ho avuto modo di rimarcare a sufficienza l’importanza di questo ritrovamento che getta finalmente un po’ di luce sull’assai poco conosciuto terzo ramo dell’umanità, oltre agli uomini di Cro Magnon e Neanderthal.

Il 10 luglio abbiamo la notizia che a Erimi, nell’isola di Cipro, un team di archeologi italiani ha scoperto un nuovo tempio con un grande monolito centrale, una sorta di menhir. Il tempio, che avrebbe 4.000 anni, è il più antico finora scoperto sull’isola.

Se vi domandate da quando le epidemie hanno iniziato a segnare la storia umana, la risposta è probabilmente più antica di quanto immaginate, ce lo spiega Conny Waters in un articolo sempre del 10. Ricercatori danesi dell’Università di Copenhagen hanno scoperto tracce di peste nei resti di sepolture neolitiche di 5.000 anni fa rinvenute a Frälsegården.

Un articolo di Ellen Lloyd del 12 luglio ci parla di Venezia. Come riuscì un povero villaggio di pescatori a diventare nel corso dell’età medioevale una delle maggiori potenze europee? Grazie all’abilità dei suoi mercanti e a una rete di relazioni commerciali abilmente costruita attraverso tutto il Mediterraneo.

Il 13 Conny Waters ci riferisce dalla Spagna una notizia che ci porta nella preistoria più remota. Recenti tecniche di datazione geologica applicate ai siti di Orce nel bacino di Baza, a Granada indicano che i resti umani scoperti in quest’area hanno circa 1,3 milioni di anni, il che li rende potenzialmente i più antichi d’Europa. Bisogna precisare che qui non ci si riferisce a una presenza di Homo sapiens in senso stretto, ma a una varietà di Erectus o Sapiens arcaico. Non è una smentita diretta dell’out of Africa, ma certo contribuisce a indebolirla.

Sempre il 13 rimaniamo in Spagna con un articolo di A. Sutherland, ma parliamo di tempi molto più vicini a noi. Il ritrovamento a Botoritta vicino a Saragozza di alcune piastrelle riportanti indecifrate iscrizioni celtibere è l’occasione per parlare di questo popolo che sarebbe nato dalla fusione di elementi celtici e iberici. I Celtiberi erano conosciuti nell’antichità come forti e temibili guerrieri, avevano una struttura sociale che si potrebbe definire tribale-militare basata su legami di fedeltà e onore tra un leader e i suoi uomini. Erano anche abili cavalieri, e allevavano una razza pregiata di cavallo detto lusitano.

Passiamo finalmente ad esaminare le fonti italiane che, va detto, a differenza di quelle estere, e mi riferisco in particolare all’exploit di Ancient Origins di cui vi ho parlato la volta scorsa, non sono molto ricche.

Un comunicato AGI del 4 luglio ci racconta che a Roma, dopo che i lavori di ristrutturazione in previsione del giubileo 2025 hanno messo in luce a piazza Pia i resti di una follonica, ossia una lavanderia di età romana, è avvenuta l’ulteriore scoperta del portico colonnato con giardino di Caligola. Sono notizie che, come ricorderete, vi ho già dato. Le stesse informazioni le troviamo nell’edizione italiana del National Geographic del 6 luglio. Ancora, la stessa notizia la troviamo su RAI news multimedia del giorno 7.

Lo stesso giorno è RAI news 24 a riportare la notizia del ritrovamento da parte di archeologi italiani del tempio cipriota antico di 4.000 anni di cui pure vi ho già detto. Di nuovo, della stessa scoperta si parla su Corriere Toscano il giorno 8.

Dailymotion del 7 ci dà la notizia che in Sicilia, a 100 metri di profondità nel mare antistante la costa di levante di Milazzo, è stata individuata una grande ancora di epoca romana, probabilmente appartenuta a una nave naufragata il cui relitto si trova a poca distanza, si ignora se per un incidente o durante la famosa battaglia navale che vide contrapposte le flotte romana e cartaginese.

Devo però dirvi che ho tenuta per ultima la ciliegina sulla torta. Sul n. 7, estate 2024, della rivista spagnola di studi tradizionali Mos Maiorum è stato pubblicato un nuovo articolo del nostro Michele Ruzzai, si tratta della prima parte di Considerazioni sulla specie umana, pezzo che potete trovare su Ereticamente. Non ci si può che complimentare con il nostro amico, che ormai è diventato su Mos Maiorum una presenza quasi fissa, ed ha assunto una statura di livello internazionale.

Anche questa volta, prima di chiudere, sarà il caso di fare un breve riepilogo delle cose più rilevanti dal nostro punto di vista che sono emerse. Comincerei evidenziando la scoperta iberica di Orce. La presenza umana, magari di un Homo non ancora sapiens sul nostro continente sembra essere molto più antica di quanto si è pensato finora, risalendo ad almeno 1,3 milioni di anni fa, ma non è detto che in futuro ulteriori scoperte non consentano di retrodatarla ancora. Comunque la si voglia mettere, è una scoperta che falcia l’erba sotto i piedi alle tesi africano-centriche.

In secondo luogo, quanto più si approfondisce la conoscenza di questi nostri lontani antenati, tanto più si allontana l’immagine del bruto semiumano che molti, troppi, sembrano avere ancora in testa. Le scoperte degli archeologi tedeschi nel Giura svevo ci dimostrano che alla fine dell’età glaciale l’Europa centrale è stata ricolonizzata assai prima di quanto si pensasse, a dimostrazione del fatto che questi uomini preistorici erano resilienti e adattabili. Ancora, i ritrovamenti spagnoli di La Draga, grazie al fango che ha conservato intatti oggetti lignei vecchi di millenni, possiamo vedere che questi uomini erano abili artigiani e falegnami.

Parlando dell’antichità storica, non si può, come al solito, non parlare di Roma. Io ora tralascerei quanto è emerso dalle ristrutturazioni in corso nella capitale in vista del prossimo giubileo, proprio perché le fonti sono italiane, e i riconoscimenti che vengono dall’estero sono più significativi. Stavolta, a differenza di altre, non c’è molto, ma c’è l’articolo di Robbie Mitchell sul foro romano, cuore pulsante dell’impero.

Ma l’Italia non è soltanto Roma. Ce lo ricorda Ellen Lloyd a proposito della Venezia medioevale che fu una grande potenza navale dell’epoca nonostante la modesta estensione territoriale. Alcuni storici, al riguardo, hanno parlato di impero segreto. Io rimango sempre stupito vedendo quanto i nostri connazionali sono così poco consapevoli e fieri della grandiosa storia che abbiamo alle spalle.

Nonostante ciò, e sebbene i media tocchino assai poco questo tasto, a un occhio attento non può sfuggire l’eccellenza italiana, dai nostri ricercatori che hanno scoperto un tempio finora sconosciuto nell’isola di Cipro, a Felice Vinci che è approdato sulle pagine di Ancient Origins e con numerose edizioni straniere dei suoi testi, gode di uno status internazionale di tutto rispetto, fino al nostro Michele Ruzzai che con le sue collaborazioni con la rivista spagnola di studi tradizionali, ha anch’egli ormai raggiunto un livello internazionale.

 

NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra I misteri della civiltà megalitica, altro testo fondamentale di Felice Vinci dopo Omero nel Baltico. Vinci si è recentemente unito ai collaboratori di Ancient Origins. Al centro, Lady Jane, la sfortunata regina inglese che regnò per soli nove giorni, come è stata interpretata da Netflix. A destra, il n. 7, estate 2024 della rivista di studi tradizionali spagnola Mos Maiorum che contiene la prima parte dell’articolo di Michele Ruzzai Considerazioni sulla specie umana.

 

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