Luglio 2024. Siamo giunti alla seconda metà dell’anno al culmine di un’estate torrida. Proseguiamo comunque il nostro cammino sulle tracce dell’eredità ancestrale. Questa volta però vi devo premettere che l’articolo sarà interamente dedicato ad “Ancient Origins” che in questo periodo ci ha fornito informazioni e anche spunti di riflessione in quantità davvero notevole. E’ successo altre volte, e probabilmente succederà ancora. E’ il caso di rimandare l’esame delle altre fonti, italiane e straniere di questo periodo, a un prossimo articolo.
Cominciamo con un articolo di Nathan Falde del 1 luglio su “Ancient Origins”, e guarda caso, parliamo proprio dell’Italia e dell’epoca romana. Archeologi dell’Università del Kentucky hanno individuato nella Calabria centro-meridionale, nella zona montuosa della Sila, un muro romano con terrapieno di supporto lungo 2,7 chilometri e tracce di un fossato difensivo, risalenti al I secolo avanti Cristo, che paiono proprio essere le strutture fatte erigere nel 71 a. C. dal generale romano Marco Licinio Crasso per intrappolare l’esercito di schiavi ribelli di Spartaco.
Un articolo di Gary Manners del 2 luglio ci porta nelle acque della Grecia. Davanti all’isola di Antikythera, non distante da dove è stato individuato il relitto della nave contenente il famoso meccanismo, è stato trovato un secondo relitto. Non ce ne stupiamo. Il Mediterraneo è letteralmente costellato di relitti di naufragi ripetutisi nel corso dei secoli, che oggi spesso ci rivelano tesori archeologici preziosi.
Sempre il 2 luglio, con Nathan Falde andiamo invece in Germania, dove negli ultimi anni si sta scoprendo un fenomeno megalitico di tutto rispetto. Dopo i circoli megalitici di Externteine e Gosek, è la volta di Pömmelte nella Sassonia-Anhalt, dove sono state individuate le tracce di un triplice woodhenge risalente al terzo millennio avanti Cristo, con tutta probabilità un santuario preistorico, ma anche un insediamento, dato che nei pressi si sono trovate le tracce di tre abitazioni.
Un articolo sempre del 2 luglio e sempre di Nathan Falde ci parla dei diadochi, i generali di Alessandro Magno che alla sua morte se ne spartirono il regno, e dei loro discendenti, i dinasti ellenistici, fino all’ultima di loro, Cleopatra. Falde menziona anche la leggenda secondo la quale la regina delle amazzoni Telesri si sarebbe accoppiata con Alessandro cercando di avere un figlio da lui.
Un articolo di Jenny Graves del 3 luglio ci porta nella preistoria. Sappiamo già che nelle popolazioni attuali di origine europea si trova una percentuale di geni neanderthaliani oscillante tra il 2 e il 4 per cento, frutto di accoppiamenti fra le due popolazioni umane che non erano specie diverse. In pratica, distribuito a piccole dosi, negli europei moderni si trova l’intero genoma di Neanderthal a eccezione del cromosoma Y, e d’altra parte sappiamo che negli ultimi neanderthaliani un cromosoma Y di tipo moderno aveva soppiantato il loro cromosoma Y originario. Cosa sia avvenuto nella preistoria non è chiaro, ma potrebbe essere semplicemente un effetto casuale della deriva genetica, dato che lo popolazioni di Neanderthal erano poco numerose.
Un articolo non firmato del 4 luglio ci racconta che in Inghilterra, ad Attingham nello Shropshire il National Trust ha sperimentato un metodo di indagine geofisico non invasivo, che ha rilevato la presenza nel sottosuolo dei resti di due ville romane, e forse costruzioni britanniche di epoca anteriore.
Sempre il 4 luglio Gary Manners ci racconta che Durandal, una spada medioevale conservata a Rocamadour nella Francia pirenaica e che la tradizione vuole sia quella appartenuta a Orlando, è stata rubata.
Sempre il 4 luglio Robbie Mitchell torna sulle terme romane di Bath, è il terzo articolo in poco tempo sull’argomento, soffermandosi questa volta su come venivano pulite. Beh, diciamo che l’igiene non era proprio il massimo.
Si torna a parlare di preistoria con un articolo non firmato del 5. Sappiamo che in età preistorica troviamo tre gruppi umani, Cro Magnon -anatomicamente moderni- neanderthaliani e denisoviani, sappiamo che non erano specie distinte, perché si sono ripetutamente incrociati generando l’umanità attuale. Degli uomini di Denisova, i cui resti fossili sono scarsissimi, però, sappiamo poco o niente. La notizia è che ricercatori cinesi hanno individuato resti denisoviani nella grotta di Baishiya sull’altopiano tibetano. Essa sarebbe stata occupata dagli uomini di Denisova lungo un arco temporale di 160.000 anni.
Torniamo a parlare di Roma. Abbiamo visto altre volte che nella Città Eterna basta scavare in una parte qualsiasi perché salti fuori qualche sorpresa archeologica. Sempre il 5 un articolo di Sahir ci racconta che i lavori per la realizzazione di un’isola pedonale tra piazza San Pietro, castel Sant’Angelo, via della Conciliazione, hanno portato alla scoperta delle tracce di un antico giardino risalente al I secolo dopo Cristo. Da una marcatura su un tubo di piombo, si desume che esso apparteneva all’imperatore Caligola.
Il 6 Nathan Falde ci racconta una storia sorprendente. Alcuni oggetti di fattura mediorientale recuperati dai ricercatori dell’Università di Oxford in sepolture anglosassoni del VI secolo fanno supporre che gli uomini in esse inumati abbiano combattuto come mercenari dell’impero bizantino nelle guerre contro i Sassanidi.
Con Petros Koutoupis torniamo in Italia. Nel sito di Urbis Salvia nelle Marche, gli archeologi dell’Università di Macerata hanno scoperto le tracce dell’unico birrificio di età romana finora scoperto in Italia. La nostra Penisola già allora eccelleva piuttosto per la produzione del vino.
Sempre il 6 luglio Robbie Mitchell si interroga su quali furono le cause della caduta della civiltà greca, ma le conosciamo: la frammentazione politica e le guerre fra le città, che indebolirono il mondo greco fino a farlo cadere sotto la dominazione macedone e poi quella romana.
Il 7 luglio abbiamo una gran bella notizia: il nostro Felice Vinci è approdato sulle pagine di “Ancient Origins”. Il suo articolo ci pone un quesito interessante, dove fossero effettivamente le colonne d’Ercole. Bisogna dire che anche altri autori in passato hanno avanzato il dubbio che esse possano identificarsi con lo stretto di Gibilterra, le cui rive sono, da entrambi i lati piuttosto piatte. Secondo Vinci, esse andrebbero identificate con le estremità del golfo del Morbihan sulla costa atlantica francese, che in età neolitica era uno snodo cruciale per i traffici oceanici.
Sempre il 7, un articolo riporta una conversazione tra tre ricercatori francesi riguardo alla genetica degli antichi europei, ripresa da “Science Advances” e basata sull’analisi del DNA dei resti umani rinvenuti in una sepoltura collettiva di 4.500 anni fa a Bréviandes-les-Pointes nei pressi di Troyes. Si possono individuare tre componenti principali, cacciatori paleolitici del tipo eurasiatico settentrionale presenti in Europa da 40.000 anni, agricoltori neolitici provenienti dall’Anatolia 8.000 anni fa, e infine nomadi delle steppe che sarebbero migrati in Europa attorno a 5.000 anni fa.
Non potevamo non tornare a parlare dell’Italia. Koutoupis ci racconta che in Sicilia lavori ferroviari sulla linea Palermo-Catania-Messina hanno portato alla luce i resti di un insediamento e una necropoli romana risalenti al III secolo avanti Cristo nella zona tra Palomba e Catenanuova in provincia di Enna, si tratterebbe di uno dei più antichi insediamenti romani sull’isola, subito dopo che questa era stata tolta ai Cartaginesi con la prima guerra punica.
L’8 Robbie Mitchell ci parla dei misteri orfici. Purtroppo, essendo un culto esoterico, non se ne sa molto. Possiamo dire che era un culto diffuso nell’antica Grecia distinto dalla religione ufficiale. A differenza di quest’ultima che era soprattutto una religione civica, poneva l’accento sulla salvezza personale mediata dalla mitica figura di Orfeo. Subito dopo ci parla di Pitagora e il pitagorismo, non a caso, perché quest’ultimo era una scuola esoterica che con l’orfismo aveva parecchi punti di contatto, salvo cercare la salvezza non nello slancio mistico ma nella razionalità e nelle scienze matematiche.
Il 9 luglio Gary Manners ci segnala il ritrovamento di una statua di Hermes, integra ed eccezionalmente ben conservata nel sito di Heraclea Sintica, antica colonia macedone nell’odierna Bulgaria. Lo stesso ci racconta che gli archeologi tedeschi hanno rintracciato le rovine e creato una ricostruzione della città di Rungholt nella Frisia settentrionale, distrutta nel 1362 da una catastrofica alluvione.
Nathan Falde ci parla di uno studio di ricercatori dell’Università di Cambridge, secondo il quale la conquista romana della Britannia avrebbe portato a un notevole aumento della prosperità dell’Isola, grazie all’introduzione di nuove tecniche e nuove leggi. Non stentiamo a capire che è stato questo, dappertutto, il segreto del successo dello stato romano, che non era dovuto soltanto all’efficienza militare.
Martini Fisher ci parla di Shakespeare. Le sue tragedie avrebbero spesso una base storica. In particolare due personaggi shakespeariani si ispirerebbero a persone reali, le cui vicende il bardo di Stratford ha molto romanzato, re Lear e Cimbelino che avrebbero il loro modello reale in due antichi sovrani britanni, Lir e Cunobeline.
L’11 luglio abbiamo un articolo di Robbie Mitchell sugli antichi Germani. Nonostante che gli scrittori latini li abbiano descritti come selvaggi, questi barbari avevano un’economia basata sull’agricoltura di villaggio e la silvicoltura e strutture sociali ben organizzate.
La Gran Bretagna è nota non solo per i monumenti megalitici, ma anche per grandi geoglifi, figure di grandi dimensioni incise sul versante di colline. Uno dei più antichi è il cavallo bianco di Uffington nell’Oxfordshire risalente a 3.000 anni fa. Gary Manners ci informa che è stato recentemente restaurato e liberato dalla vegetazione che tendeva a ricoprirlo.
Aleksa Vučković ci parla degli Juti. Sappiamo che furono tre le popolazioni germaniche che si insediarono nella Britannia dopo il ritiro delle legioni romane e fondarono l’Inghilterra medioevale, Angli, Sassoni e Juti, ma degli Juti tutti tendono a dimenticarsi.
Non potevamo non tornare in Italia. Robbie Mitchell ci parla del Colosseo e della sorte che ha avuto dopo la caduta dell’impero romano. Dismesso come arena gladiatoria, ebbe svariati usi, diventò un castello per la famiglia Frangipani, fu poi un covo di briganti. Le parti oggi mancanti del monumento non sono dovute all’azione dei barbari, ma ai romani stessi che lo impiegarono come cava di materiale da costruzione.
Il 12 Gary Manners ci racconta che a Rennes, nel nord-ovest della Francia, i lavori di riqualificazione dell’ex ospedale Hotel de Dieu hanno fatto emergere i resti dell’antica città romana, un ben organizzato impianto urbano con le rovine di vari edifici risalenti a fra il I e il VI secolo dopo Cristo, quando la città era nota con il nome di Condate.
Il 13 Robbie Mitchell ci parla di re Artù. Leggenda o figura storica reale? Ma la storia è talmente nota che non mi sembra il caso di entrare nei dettagli.
Mi fermo qui. Le giornate del 14 e 15 luglio sono talmente piene di eventi, che preferisco parlarvene nella prossima Eredità degli antenati assieme alla trattazione delle altre fonti, piuttosto che appesantire ulteriormente una trattazione che si è già fatta abbastanza ampia.
Ancora una volta, prima di congedare questo articolo, vorrei mettere in luce gli aspetti più rilevanti emersi in ordine alla nostra visione del mondo. Cominciamo a questo riguardo seguendo l’ordine cronologico, partendo proprio dalla remota preistoria.
L’articolo di Jenny Graves del 3 luglio evidenzia una volta di più che, sia pure con l’eccezione del cromosoma Y praticamente l’intero genoma dell’uomo di Neanderthal continua a vivere negli europei di oggi e nelle popolazioni di origine europea. E’ strano, davvero strano che nessuno o quasi voglia trarre da questo fatto la conseguenza che logicamente ne discende. La possibilità di incroci fecondi che generano una prole a sua volta feconda, è proprio il criterio di base per definire l’appartenenza a una medesima specie al di là di tutte le possibili differenze morfologiche.
Se i nostri antenati di Cro Magnon si sono (e ripetutamente, a quanto pare) accoppiati con neanderthaliani e denisoviani al punto che di ciò noi portiamo chiaramente le tracce nel nostro DNA, significa che appartenevano tutti alla medesima specie. Di conseguenza, quale significato ha pretendere di affermare che la nostra specie, Homo sapiens sia “uscita dall’Africa” 50-100.000 anni fa, quando popolava l’Eurasia già da centinaia di migliaia di anni?
La verità che non si vuole ammettere, è che l’Out of Africa è una bufala, una bufala delle cui motivazioni ideologiche vi ho parlato più di una volta. Io direi che qui abbiamo una prova molto tangibile del fatto che, come in ogni altro aspetto della comunicazione umana, anche nella scienza, quello che conta non sono tanto i fatti in sé, ma il modo in cui li si presenta.
Un’ulteriore riprova di ciò, è l’articolo del 7 ripreso da “Science Advances”, dove ci viene detto che la nostra eredità biologica, discende da un antichissimo strato di cacciatori paleolitici presenti nel nostro continente da decine di migliaia di anni, da una migrazione proveniente dall’Anatolia 8.000 anni fa, da un’altra dalle steppe eurasiatiche di 5.000 anni or sono. Avete notato nulla?
Ma si, ci si guarda bene dal fornire le percentuali nelle quali queste componenti sono presenti nel nostro genoma, in modo che tutto il discorso diventa un panegirico in favore della bontà dell’immigrazione e del meticciato. In realtà, sappiamo che l’eredità dei cacciatori paleolitici, il tipo che gli antropologi hanno definito eurasiatico settentrionale, costituisce oltre l’85 per cento del nostro genoma, che gli europei, almeno quelli veri, non sono meticci, sono europei.
Venendo all’orizzonte storico, come sempre, quando si parla di antichità, non si può non evidenziare l’importanza e la grandezza di Roma. Io mi riferirei in particolare allo studio del 9 luglio dei ricercatori dell’Università di Cambridge, e credo che la prosperità che Roma ha portato in Britannia non sia un fatto isolato, ma la regola, ed è questo a spiegare perché l’impero romano sia stato una realtà duratura attraverso i secoli, e non una breve fiammata come quelli di Alessandro Magno, di Gengis Khan, di Tamerlano, perché portava ai popoli assoggettati i benefici di una superiore civiltà.
Infine, non posso non rimarcare con viva soddisfazione il fatto che il nostro Felice Vinci, sempre un po’ snobbato dalla ricerca accademica di casa nostra, è approdato sulle pagine di un sito di rilievo internazionale come “Ancient Origins”. Al di là di tesi particolari, del resto ben argomentate, come la collocazione baltica delle vicende raccontate nei poemi omerici, l’identità dell’Ulisse dell’Odissea, la vera collocazione delle Colonne d’Ercole, Vinci ha il senso della grandezza e dell’antichità della civiltà europea, di un’Europa che non coincide con la caricatura burocratica della UE, ma che è i suoi popoli, il suo sangue.
NOTA: Nell’illustrazione, le Colonne d’Ercole come sono rappresentate nell’immagine che correda l’articolo di Felice Vinci su “Ancient Origins”.
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