Tre cifre. Ormai ci dovremo abituare a questo fatto. È capitato per caso che la centesima e centounesima parte di questa serie di articoli siano stati i pezzi riassuntivi di quanto ci ha consegnato il 2022, l’anno appena trascorso, e questo ha reso impossibile stendere un articolo riepilogativo di tutti i cento numeri, come già feci in occasione della centesima e conclusiva parte di Una Ahnenerbe casalinga. Non è soltanto il fascino delle “cifre tonde”, a cui ammetto di essere soggetto, ma il fatto che, quando si intraprende un cammino lungo e non privo di asperità, è utile, è confortante ogni tanto guardarsi indietro, considerare la strada percorsa per poi riprendere la marcia con più slancio.
Vediamo di farlo ora, sebbene 102 non sia una “cifra tonda”, e nemmeno un numero palindromo come 101. Tuttavia, per non essere troppo ripetitivo, vi dico subito che stavolta il riepilogo non sarà che molto, molto parziale. Occorre, tra l’altro, ricordare che già in un’occasione precedente, la settantatreesima parte pubblicata su “Ereticamente” il 3 gennaio 2022 avevo cercato di fare una sintesi delle cose fin allora pubblicate, e soprattutto evidenziare le acquisizioni ulteriori rispetto a Una Ahnenerbe casalinga, acquisizioni che consistevano soprattutto nel fatto che, essendo ormai provato che gli australopitechi africani erano puramente e semplicemente delle scimmie con nessuna tendenza verso l’umanità, viene non soltanto a cadere l’ultimo tenue elemento a sostegno dell’Out of Africa, ma la stessa teoria evoluzionistica, almeno come viene abitualmente presentata, cade fortemente in dubbio, perché da nessuna parte troviamo “anelli mancanti”, tracce dell’ipotetica transizione fra la scimmia e l’uomo, uomini-scimmia, ma sempre e solo uomini completamente umani (compresi non solo gli uomini di Neanderthal e di Denisova, ma anche il tanto calunniato Homo erectus) o quadrumani che non si possono rapportare al nostro albero genealogico.
Si trattava di un articolo di compendio concepito in vista della cessazione di questa serie, cessazione che avevo deciso a motivo del comportamento estremamente villano e offensivo tenuto dagli Inglesi (non solo i soliti deprecabili hooligans ma la stessa squadra nazionale e anche un membro della casa reale) nei nostri confronti in occasione della finale dei campionati europei di calcio, vinti dalla squadra italiana, e su questo punto non transigo: chi offende l’Italia offende me. Ho dovuto constatare che, sfortunatamente, in Una Ahnenerbe casalinga, in L’eredità degli antenati, e anche nel libro Alla ricerca delle origini, avevo fatto tantissimi riferimenti alle Isole Britanniche, ai circoli megalitici che vi si trovano, Stonehenge e tutto il resto, per cui mi ero detto basta, anche se non avevo intenzione di cessare questa serie di articoli subito, ma dopo la pubblicazione degli articoli già scritti. Buttare via il lavoro fatto, è sempre seccante.
Ho dovuto ripensarci, da diverse parti, da diversi amici mi sono venuti incitamenti a proseguire, sembra che L’eredità degli antenati sia diventata un appuntamento importante per diverse persone, e nulla mi dispiacerebbe più che deludere chi conta su di me.
L’eredità degli antenati, come vedete, ha proseguito, ma ora la questione è se si debbano o possano aggiungere nuovi tasselli al quadro tracciato allora.
Come vi ho già spiegato, dalla metà del 2022, almeno sui siti ufficiali che si occupano a vario titolo del nostro passato più remoto, di archeologia o simili, salvo qualche notevole eccezione, si assiste a una rarefazione delle informazioni circa il remoto passato europeo. Come abbiamo visto, l’eccezione più ragguardevole è probabilmente rappresentata dall’irlandese “Ancient Origins” che ha dedicato un notevole spazio alla mitologia classica e a quella norrena.
Perlomeno, almeno per ora, sembra che le str..zate provenienti dall’altra parte dell’Atlantico, col progetto scoperto di “africanizzare” la nostra storia a base di Etruschi, Romani, Inglesi, addirittura Vichinghi neri, ci hanno concesso una pausa, ma non dimentichiamo che sono queste fesserie che oggi si insegnano nelle madrase – pardon, nelle università – degli Stati Uniti.
Comunque, per assicurare una continuità a L’eredità degli antenati, ho fatto ricorso ad alcuni escamotage, ad esempio nella novantatreesima parte ho analizzato il lavoro compiuto da Michele Ruzzai sul gruppo facebook “MANvantara”, cosa, penso, particolarmente utile perché il nostro amico, profondo conoscitore di ciò che il pensiero tradizionale ha da raccontarci sulla tematica delle origini, compare di rado su “Ereticamente” proprio in ragione della meticolosità dei suoi interventi.
Tanto per cominciare, a gennaio vi ho presentato due articoli sotto il titolo Alla ricerca delle origini: si trattava del testo suddiviso in due parti, della presentazione del mio libro omonimo che avevo tenuto il 20 novembre 2021 presso il Circolo del Drago Verde di Udine. Mi è sembrato, a beneficio di chi non ha letto questo testo, ma anche di chi lo ha letto, che il lavoro di sintesi fatto per riassumere in una presentazione di tre quarti d’ora 360 pagine di testo, poteva mettere la tematica sotto una luce nuova.
Il 1 ottobre ho presentato presso lo stesso circolo udinese, un ambientino molto interessante, il mio nuovo libro, Ma davvero veniamo dall’Africa?, tuttavia stavolta non mi è sembrato il caso di girarvi su “Ereticamente” il testo della conferenza di presentazione, in considerazione del fatto che la nostra testata elettronica aveva già ospitato una mia auto-presentazione di questo testo, e soprattutto un’ampia “recensione” di Michele Ruzzai che è in realtà un vero e proprio saggio di grande spessore, che è stato pubblicato suddiviso in due parti, di tale completezza e competenza da farmi pensare che si sarebbe ottenuto un risultato migliore se questo libro lo avesse scritto lui, non io, e quindi a questo punto ho pensato che insistere ulteriormente sarebbe stato davvero un’esagerazione.
Tuttavia, proprio mentre tenevo questa presentazione, mi è venuta l’idea che ora vi espongo: se paragoniamo la concezione delle nostre origini che ho cercato di delineare con le mie ricerche a un albero, si può dire che Alla ricerca delle origini è il tronco e Ma davvero veniamo dall’Africa?, sono i rami, nel senso che la ricerca delle origini esposta nel primo testo è l’elemento seminale e centrale, mentre il secondo spinge gli esiti di questa ricerca in direzioni diverse come rami che si biforcano. C’è certamente un saggio che illustra la scarsa credibilità delle presunte origini africane della nostra specie che non è una teoria scientifica ma un dogma proclamato per motivi ideologici, ma questa confutazione è inserita in un contesto più ampio: ho cercato di dimostrare che tutta la “scienza democratica” non è scienza, se per essa intendiamo il metodo di indagine della natura introdotto da Galileo Galilei, ma imbroglio, fuffa, ciarlataneria.
Altra diramazione: il discorso sulle costruzioni megalitiche che ricoprono l’Europa preistorica e rivelano un’antichità maggiore di quella attribuita alle piramidi egizie e alle ziggurat mesopotamiche. A quanto già esposto in Alla ricerca delle origini, in Ma davvero veniamo dall’Africa?, ho aggiunto un capitolo dedicato allo spesso del tutto ignorato megalitismo italiano, che è la fusione dei testi delle conferenze da me tenute al Triskell, il festival celtico triestino nel 2020 e nel 2021 e che al momento di consegnare alle stampe Alla ricerca delle origini non avevo ancora tenuto.
Sempre nel 2022 ho collocato sulle pagine di “Ereticamente” due articoli della serie Ex Oriente lux, ma sarà poi vero?. Questi testi hanno una posizione particolare nella mia bibliografia, infatti, dopo aver “consegnato” per non rendere troppo difficile la vita a me e a voi, a Una Ahnenerbe casalinga/L’eredità degli antenati tutta la tematica archeologica (in realtà quasi tutta, perché i testi delle conferenze da me tenute annualmente al Triskell hanno continuato a essere pubblicati come articoli indipendenti), questa serie sarebbe dovuta cessare, ma mi è stranamente rimasta “attaccata alle dita” per vari motivi, compreso il fatto che il fascino perverso dell’orientalismo continua a contagiare anche molti di noi, lo strabismo che spinge a cercare in Mesopotamia o in Egitto quelle radici che invece si trovano nella nostra Europa. La trentatreesima parte doveva comunque essere un articolo conclusivo in cui annunciavo la cessazione di questa serie, abbassavo, per così dire, la saracinesca, poi un trentaquattresimo articolo si è aggiunto nelle circostanze che vi dirò fra poco.
Nel bel mezzo della calda estate 2022, il destino come al solito cinico e baro, mi ha riservato la sorpresa di un bel guasto al computer. Io ho l’abitudine di programmare il mio lavoro con considerevole anticipo, ve ne sarete accorti. Mentre l’apparecchio era in riparazione, avevo un forte timore che si fosse verificato un blu crash simile a quello del dicembre 2018 che mi ha comportato la perdita di numerosi pezzi. In ogni caso, anche se grazie al computer prestatomi da una delle mie figlie, ho potuto continuare a scrivere e a mandare i miei articoli a “Ereticamente”, gli articoli già pronti per la pubblicazione sulle nostre pagine elettroniche, erano almeno temporaneamente bloccati nel mio hard disk, e un contatto regolare con voi attraverso i miei scritti, è una cosa a cui io tengo.
Che fare? Non c’era altra soluzione, dovevo improvvisare. Come dice il proverbio, per i miracoli ci vuole tempo, ma le cose impossibili si possono fare subito. D’emblee ho buttato giù I testi perduti e I testi ritrovati, le due parti di Alcune osservazioni su mitologia e spiritualità e la trentaquattresima parte di Ex Oriente lux, ma sarà poi vero?
Come è facile capire, I testi perduti e I testi ritrovati sono due articoli che sfiorano una varietà di argomenti, ma da cui il discorso sulla nostra eredità ancestrale è tutt’altro che assente. In particolare, in I testi perduti in cui vi riepilogavo i lavori che il blu crash del dicembre 2018 ha cancellato, vi ho messi a parte di un mio progetto forse un po’ troppo ambizioso, che non mi sono poi sentito di cercare di riscrivere: noi sappiamo che esistono due specie di revisionismi, uno riguardo alla storia contemporanea, il fascismo e le due guerre mondiali, l’altro riguardante la nostra storia remota, da quando “la scienza” democratica (che, come vi dicevo, non è scienza ma ideologia, e le cui elucubrazioni sono dirette precisamente contro la nostra visione del mondo) ha imposto il dogma dell’Out of Africa, un revisionismo nelle cui file, correndo tutti i rischi del caso, mi iscrivo io stesso, ma anche ricercatori come Giuseppe Sermonti, Felice Vinci, Gianfranco Drioli col suo splendido Iperborea, la ricerca senza fine della patria perduta, e perché no, anche il nostro Michele Ruzzai, ma a ben guardare, un po’ tutto il pensiero tradizionale, e non si possono non fare i nomi di Julius Evola e di Adriano Romualdi.
Bene, in mezzo a questi due revisionismi non c’è proprio nulla? Dall’antichità romana al XX secolo ci hanno raccontato le cose come sono veramente andate?
Se qualcuno volesse vedere nei titoli di questi due articoli un riferimento alle due antologie di John R. R. Tolkien Racconti perduti e Racconti ritrovati, vi dico subito che si tratta di una semplice coincidenza, della quale, per di più, mi sono accorto soltanto dopo aver stilato gli articoli in questione.
Alcune osservazioni su mitologia e spiritualità. La mitologia, ovviamente, non ci illumina sulle condizioni di vita materiali dei nostri remoti antenati, ma ci illumina sul loro modo di pensare, e per di più scopriamo che i problemi che li angustiavano sono gli stessi che continuano ad assillare noi. Ad esempio, non è un caso che io abbia dedicato ampio spazio al mito di Antigone e all’omonima tragedia di Sofocle, essi infatti trattano una tematica non solo ancora attuale ma che, possiamo dire, è destinato a presentarsi a chiunque viva in una società organizzata e retta da regole: il conflitto fra legge ed etica.
Tra le mie modeste virtù non c’è certamente l’ordine. Al momento del guasto di questa estate mi sono messo a cercare fra le penne USB cosa avessi salvato lì dei miei scritti, avessi fatto, come si dire nel linguaggio tecnico fortemente anglicizzato dell’informatica, il backup, per accorgermi di non aver salvato praticamente niente. Una delle poche cose superstiti che ho rintracciato, era un file nel quale avevo salvato le parti espunte di Ex Oriente lux, ma sarà poi vero?
Tra le diverse trasformazioni che ha subito questa serie di articoli nel corso degli anni, l’ultima è stata quella di averla usata come contenitore degli aggiornamenti/ampliamenti dei testi delle conferenze che ho tenuto al festival celtico triestino. Queste ultime, particolarmente quelle dedicate al fenomeno megalitico, sono state un blocco piuttosto ampio, dal 2016 al 2020: Stonehenge, le Isole britanniche, l’Europa continentale, il megalitismo italiano, il Triveneto. Nel frattempo si sono succedute nuove ricerche e nuove scoperte. Ovviamente, non potevo aggiornare le conferenze già tenute, ma presentare degli articoli di aggiornamento ai testi delle stesse apparsi su “Ereticamente”, certamente si.
Ex Oriente lux, ma sarà poi vero?, mi è sembrata la sede più adatta dove presentare questi ultimi, proprio in considerazione del fatto che i monumenti megalitici sono la prova più evidente della priorità della civiltà europea rispetto al Medio Oriente, e infatti non è un caso che di solito i testi di storia “ortodossi” non si degnino nemmeno di nominarli. L’antichissimo circolo megalitico di Gosek in Germania, ad esempio, è antico di ben settemila anni, anteriore di due millenni (la stessa distanza temporale che separa noi dagli antichi Romani) rispetto alle piramidi di Giza.
Le parti che avevo espunto si riferivano alle scoperte recentemente avvenute nelle Isole Britanniche, e che avevo deciso appunto di tagliare perché il risentimento per il disprezzo dimostratoci dalla perfida Albione non mi era, e non mi è affatto passato.
Che fare, allora, di questo materiale, dal quale si poteva ricavare una trentaquattresima Ex Oriente lux in considerazione del fatto che in quel momento non avevo altro da inviare a “Ereticamente”?
Infine mi sono deciso: i monumenti megalitici britannici non sono “inglesi” più di quanto i monumenti ellenici ed ellenistici che costellano l’Anatolia siano turchi. Mentre essi venivano eretti, gli antenati degli Inglesi, Angli e Sassoni vagavano in qualche sperduta landa dell’Europa centrale, e il comportamento dei loro discendenti hooligans dimostra che a tutt’oggi si sono inciviliti solo molto superficialmente o niente affatto. Ma di ciò i costruttori di megaliti non avevano e non hanno alcuna colpa.
Se mettete insieme il contenuto del presente articolo con quello della novantunesima parte, vedete che le cose che “hanno debordato” da Una Ahnenerbe casalinga/L’eredità degli antenati non sono tanto poche. Forse è inevitabile, quando si comprende che la storia, compresa quella più remota, non è qualcosa di morto, ma continua a vivere dentro di noi.
NOTA: Nell’illustrazione, alcune locandine di mie conferenze o presentazioni. A sinistra, conferenza del 2017 presso il circolo Humanitas di Trieste, al centro, presentazione del libro Alla ricerca delle origini il 20 novembre 2021 presso il Circolo del Drago Verde di Udine, a sinistra presentazione del libro Ma davvero veniamo dall’Africa?, nella stessa sede del 1 ottobre 2022.