7 Ottobre 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centoquarantacinquesima parte – Fabio Calabrese

Eccoci finalmente alla seconda metà del dicembre 2023, quella che dovrebbe essere la parte conclusiva dell’anno, anche se la mia tabella di marcia mi informa che questo articolo non giungerà sulle pagine di “Ereticamente” prima di febbraio 2024. Una “coda” di un paio di mesi è comunque un miglioramento rispetto alla situazione degli anni scorsi nei quali il ritardo si aggirava sui tre o quattro, ma di certo non è ancora ottimale. Tuttavia per colmare il divario, sarebbe necessario dedicare esclusivamente a L’eredità degli antenati il mio spazio settimanale su “Ereticamente”, risultando ripetitivo e perdendo di interesse.

Cominciamo come d’abitudine con “Ancient Origins” Un articolo di Robbie Mitchell del 16 novembre ci offre uno squarcio sull’infanzia dei Neanderthal. Uno scheletro di un bambino ritrovato a Tesik Tash in Uzbekistan ci mostra una crescita dentale più rapida rispetto ai sapiens moderni, quindi un probabile precoce passaggio a una dieta da adulti, ma d’altra parte altri resti infantili ritrovati a Gibilterra mostrano una quantità di traumi in varie fasi di guarigione. La vita dei piccoli neanderthal doveva essere davvero dura.

Sempre il 16, un articolo di Marc Hyden ci parla di Camillo, “il secondo fondatore di Roma” che l’avrebbe salvata dai Galli, ma la città era davvero in pericolo, o quella di Brenno era solo una scorreria?

Il 18 dicembre abbiamo un articolo di Nicholas Costa che parla del mito platonico di Atlantide, e dell’incertezza al riguardo se esso si richiami davvero a un’effettiva realtà storica, ma almeno da noi è troppo noto perché occorra insistervi.

Lo stesso giorno Robbie Mitchell affronta una questione ben diversa. E’ qualcosa di cui vi ho già parlato più volte, e a lungo. I ritrovamenti spagnoli di Atapuerca contraddicono nettamente l’Out of Africa e, almeno in teoria, dovrebbero indurre i ricercatori a ripensare radicalmente le teorie sulle nostre origini.

Il 20 dicembre un altro pezzo sulla mitologia greca, Martini Fisher ci parla delle muse, ma anche questa è una storia che noi dovremmo conoscere bene.

Il giorno dopo, Nathan Falde ci racconta che l’analisi del DNA di uno scheletro di età romana esumato a Offord Cluny nel Cambridgeshire ha dato un risultato inatteso, non si trattava né di un britanno né di un romano, bensì di un sarmata. La cosa non sorprende, visto che i Sarmati servivano come mercenari nell’esercito romano. Tuttavia c’è un punto che occorre sottolineare. Falde definisce i Sarmati “di lingua iranica”, la cosa non è a rigore sbagliata, ma a condizione di sapere che Sarmati e Sciti, popolazioni che vivevano all’epoca nell’area delle attuali Ucraina e Russia meridionale, non vi erano giunti dall’altopiano iranico, al contrario, sono stati iranici e arii dell’India a derivare dalla migrazione verso est di popolazioni affini a Sciti e Sarmati. In altre parole, una volta di più, è sempre il mito fasullo dell’Ex Oriente Lux a confondere le idee.

Il 22 era quasi inevitabile che si parlasse del solstizio d’inverno, se ne occupano in due articoli Ashley Cowie e Hugh Newman. Cowie ci spiega che gli allineamenti astronomici di Stonehenge non sono posti in relazione con l’alba del solstizio estivo, come credono molti, ma con il tramonto di quello invernale. Newman ci racconta che gli stessi allineamenti si ritrovano a Karan Tepe, il sito anatolico recentemente scoperto che pare appartenere allo stesso orizzonte di Gobeckli Tepe.

Il 24 dicembre troviamo un ampio articolo diviso in due parti di Riley Winters dedicato a Spartaco, il gladiatore ribelle. Come sempre, quando si tratta di mettere in luce gli aspetti negativi della romanità, non ci si risparmia.

Abbiamo poi il 25 dicembre un articolo di Robbie Mitchell sulla civiltà minoica. L’autore propende per l’idea, non nuova, che essa non sia stata distrutta dai Micenei, ma prima della loro invasione, dall’eruzione del vulcano dell’isola Santorini.

Sempre il 25, abbiamo un altro pezzo di Mitchell sul medioevo. “I secoli bui” non erano così bui come li ha descritti la pubblicistica illuministica. Grazie, lo sapevamo già.

Il 26 dicembre Gary Manners ci informa che un rilievo marmoreo pompeiano presumibilmente rubato 50 anni fa, è stato ritrovato in Belgio. La cosa interessante è che esso raffigura il terremoto che precedette di qualche anno la devastante eruzione del Vesuvio.

Il 27 Aleksa Vuckovic ci porta in Inghilterra sulle tracce della città portuale medioevale di Ravenser Odd sprofondata nel mare a causa della continua erosione che subiscono le coste dello Yokshire.

Il 29 Johanna Gillian ci parla di un’altra realtà sommersa molto più enigmatica, di cui vi ho raccontato anch’io più di una volta, quella complessa struttura – in realtà non si tratta esattamente di una piramide – nota come “piramide di Yonaguni” che si trova nelle acque giapponesi al lago dell’isola di Okinawa. Il problema è che non è possibile trovare un periodo in cui questa struttura fosse emersa se non risalendo all’età glaciale, 12.000 anni fa. Per i ricercatori convenzionali sarebbe una formazione naturale, ma guardando le terrazza, i gradoni, le forme squadrate che la caratterizzano, è impossibile convincersi che essa non sia opera dell’uomo.

Sempre il 29 si parla di mitologia, infatti Aleksa Vuckovic ci racconta di una delle figure più importanti della mitologia classica, Dioniso, dio dell’ebbrezza e dell’estasi. Anche qui non mi diffondo troppo perché dovrebbe essere cosa arcinota, ma ricordiamo almeno che Nietzsche ne ha fatto il simbolo della parte istintiva dell’essere umano, contrapposta alla razionalità apollinea.

Vediamo ora cosa ci offre in questo periodo “Ancient Pages”, e cominciamo da un articolo del 18 dicembre che parla di un ritrovamento di cui vi avevo già detto, ma vale la pena di riparlarne, il ritrovamento di resti umani sostanzialmente moderni risalenti a 300.000 anni fa a Hualongdong in Cina, ritrovamenti che, assieme a quelli spagnoli di Atapuerca, sbugiardano l’Out of Africa senza possibilità di appello.

Il 19 un articolo di A. Sutherland ci parla degli stupendi capolavori di oreficeria che sono stati rinvenuti tra il 1982 e il 1990 nelle sepolture sulle colline che circondano il villaggio di Sairkhe nella Georgia occidentale, risalenti al V secolo avanti Cristo, e sono oggi conservati al museo di Tiblisi. Il repertorio iconografico che correda l’articolo permette di vedere che si tratta di opere di oreficeria davvero raffinata. Guarda caso, si tratta proprio della regione indicata dalla tradizione come Colchide, verso la quale Giasone e gli Argonauti sarebbero partiti alla ricerca del Vello d’Oro.

Lo stesso giorno, Conny Waters ci da notizie di uno studio condotto dai ricercatori tedeschi dell’Università di Kiel in collaborazione con colleghi di università norvegesi per stabilire come sia avvenuto il popolamento della Scandinavia durante il tardo neolitico e l’Età del Bronzo. Il periodo caldo verificatosi tra il 7050 e il 2050 a.C. ha permesso l’introduzione dell’agricoltura nella grande penisola nord-europea, ma in seguito, il peggioramento delle condizioni climatiche ha portato a una riduzione delle popolazioni, che tuttavia hanno saputo adattarsi alle nuove condizioni con sorprendente elasticità.

Non dovremmo stupirci più che tanto, se altre comunità dell’Europa preistorica hanno dimostrato altrettanta capacità di adattarsi alle condizioni ambientali. Sempre il 19 dicembre un articolo di Jan Bartek ci parla della cultura neolitica di Trypillia sorta tra 6 e 7.000 anni fa nella regione dell’Europa orientale oggi divisa tra Moldavia e Ucraina. Qui sorsero vasti insediamenti agricoli, con comunità fino a 15.000 persone, che impararono a trarre dalle leguminose l’apporto proteico e a usarle per fertilizzare il suolo.

Un articolo del 20 dicembre ci parla dei ritrovamenti italiani di San Casciano dei Bagni, ma ve ne ho già parlato con ampiezza, quindi ora non ci torno sopra se non per dirvi che, evidentemente questa scoperta ha avuto una notevole eco internazionale.

IL 21 abbiamo un articolo che è una vera sorpresa: un perfezionamento nelle tecniche di datazione dei fossili mediante il radiocarbonio, sta riscrivendo la preistoria umana, in particolare sembra che la presenza dell’Homo sapiens anatomicamente moderno in Europa sia più antica di almeno 150.000 anni rispetto a quanto finora si pensasse. Se uniamo ciò alle scoperte cinesi e spagnole di cui vi ho parlato più sopra, non è difficile capire che la storiella dell’origine africana sarà probabilmente mantenuta a livello dei media divulgativi a sostegno dell’ideologia immigrazionista, ma chi conosce i dati scientifici, non può non rendersi conto che è una bufala che fa acqua da tutte le parti.

Un articolo di Conny Waters del 22 dicembre ci informa che recenti studi hanno stabilito che la zona pirenaica di Huesca, già nel periodo neolitico era fino in alta montagna zona di intense attività agricole e zootecniche, un’ulteriore testimonianza della capacità delle comunità umane di adattarsi all’ambiente.

Il 28 siamo in Italia, a Pompei con la notizia che nella Casa di Leda e del Cigno sono state rinvenute 13 statuine di terracotta che sembrano connesse al culto di Cibele e Attis.

Il 29 Conny Waters ci informa che i ricercatori francesi mediante il radiocarbonio sono riusciti a datare le pitture parietali paleolitiche della grotta Font-de-Gaume in Dordogna, esse risultano avere 19.000 anni.

Vediamo ora cosa ci offrono in questo periodo i media generalisti, e cominciamo con un comunicato ANSA del 16 dicembre che ci informa che a Gubbio sono stati individuati nuovi resti di età romana alle spalle del teatro romano, sembrerebbe essere quanto rimane di una piazza porticata.

Un articolo di Marco Bussagli su “L’avvenire” del 18 dicembre ci informa che è in corso a Roma alle Terme di Caracalla, fino al 21 aprile la mostra Dacia, ultima frontiera della romanità, che espone mille pezzi provenienti dai musei di tutta Europa, soprattutto dalla Romania, che ci illustrano quella che fu l’ultima provincia romana.

Il 21 “Il Resto del Carlino” ci informa che a Faenza sono stati ritrovati nell’alveo del fiume Lamone cinque reperti di grandi dimensioni riconducibili ai resti del ponte romano già individuato nel 2011 grazie alla siccità di quell’anno.

Il 23 dicembre un articolo di Ugo Baldi su “Il Messaggero” ci racconta che gli scavi per il recupero dell’antica città di Falerii, oggi Civita Castellana (Viterbo) sono stati esposti negli Stati Uniti al convegno “Ways of Making in Early Italy” della Columbia University e della New York University, suscitando grande interesse.

Sempre il 23, un comunicato dell’ente Parco Archeologico di Pompei informa che durante la fase di rimozione delle terre ancora presenti in alcuni ambienti della casa di Leda, è emersa una stanza finemente affrescata dove spiccano quattro tondi con volti femminili di raffinata eleganza.

Infine, vi riporto con piacere una notizia che riguarda proprio la zona di Trieste, dove sono nato e vivo. Un articolo di Lucia Petrone del 26 dicembre su “Scienze Notizie” ci racconta che nel castelliere di Rupinpiccolo sul Carso Triestino sono state scoperte due pietre circolari di cinquanta centimetri di diametro, una delle due potrebbe essere la più antica mappa stellare conosciuta, risalente a 2.500 anni fa.

Anche stavolta, prima di concludere l’articolo e dare il definitivo addio al 2023, sarà bene evidenziare le cose rilevanti dal nostro punto di vista di questa carrellata.

Notiamo una volta di più che quando si parla di antichità, il mondo romano è sempre preminente, magari una certa pubblicistica di cui conosciamo bene l’origine, cerca sempre di dipingerlo nelle tinte più fosche possibili, insistendo ad esempio sulla vicenda di Spartaco, ma comunque la centralità del mondo romano non si può negare, e ce lo conferma ad esempio il fatto che degli scavi di Falerii si è parlato alla Columbia University, ed è perfino strano quanto poco i nostri connazionali siano fieri di essere gli eredi della più grande civiltà del mondo antico, sono i veleni soporiferi della democrazia.

La “teoria” dell’origine africana della nostra specie è come un coltello svizzero, ha più di un uso, serve sia a negare l’esistenza delle razze, sia a sminuire la centralità dell’Europa nella storia del mondo, è preziosa per il NWO, e ci aspettiamo che sarà mantenuta in vita nonostante le smentite scientifiche sempre più evidenti che si accumulano. Tuttavia, vediamo che esse sono davvero tante. Ai ritrovamenti dei fossili spagnoli e di quelli cinesi che ci attestano una presenza di Homo sapiens sia sul nostro continente sia in Asia molto più antica di quel che essa prevede, si sono aggiunte, come ci ha raccontato “Ancient Pages”, nuove e più precise datazioni al radiocarbonio che lasciano intravvedere un’antichità dei fossili europei almeno doppia di quanto si era finora supposto.

La notizia del ritrovamento in Gran Bretagna della sepoltura di un mercenario sarmata che probabilmente militò nelle legioni romane, ci ha dato l’occasione di riprendere il discorso sulle popolazioni come Sciti e Sarmati che abitarono l’angolo sud-orientale d’Europa, tra le attuali Russia meridionale, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Romania. Esse, che furono con ogni verosimiglianza le antenate degli Slavi, sono spesso indicate erroneamente come indo-iraniche, generando l’impressione che esse abbiano avuto origine dall’India o dall’Altopiano iranico, ma la verità è esattamente opposta: sono gli Iranici e gli Arii dell’India ad aver avuto origine dall’Europa, ve ne ho parlato più volte.

In altre parole, è l’altro mito fasullo, quello dell’Ex Oriente lux che distorce la comprensione delle nostre origini.

Io adesso mi asterrò dal cercare di darvi una sintesi di tutto ciò che il 2023 ha rappresentato in termini di comprensione del nostro passato. Come avete avuto modo di vedere nel corso dell’anno, le novità sono state davvero tante. Ma ne riparleremo.

 

NOTA: Nell’illustrazione, Stonehenge al solstizio d’inverno (da “Ancient Origins”).

 

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