17 Luglio 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centoseiesima parte – Fabio Calabrese

Dicembre 2022. Nel momento in cui riprendo la stesura di queste note, siamo arrivati all’ultimo mese dell’anno, un anno che proprio nella sua parte terminale si è rivelato ricco di eventi, nuove informazioni e scoperte riguardanti i nostri antenati, in una misura che il relativo vuoto dei mesi estivi non faceva certo presagire, e il mio ruolino di marcia, implacabile, mi dice che questo nuovo testo non potrà vedere la luce della pubblicazione su “Ereticamente” prima di marzo 2023, siamo a un intervallo di tre mesi che mi pare proprio di non riuscire a comprimere.

Cominciamo con il parlare del nostro (specialmente dopo averlo conosciuto di persona, mi permetto di chiamarlo così) grande Felice Vinci, che dopo la pubblicazione del suo ultimo libro I misteri della civiltà megalitica che ben si affianca a Omero nel Baltico, sembra stia utilizzando con ampiezza i social per diffondere le sue innovative teorie archeologiche.

Delle sue recenti comparse su You Tube, non avrei, per la verità, dovuto omettere di menzionare un’ampia intervista (1 ora e 13 minuti) rilasciata a Eugenio Miccoli per la rubrica “Misteri”, che è in sostanza una sintesi del contenuto del suo testo più recente, la tesi che migliaia di anni fa, alla fine dell’età glaciale, sarebbe esistita un’antica civiltà globale, poi distrutta da un’immane catastrofe, questo spiegherebbe i miti di Atlantide e del diluvio universale, ma anche miti e leggende sparse fra i popoli di tutto il mondo, e darebbe ragione delle sorprendenti analogie tra i monumenti megalitici, anch’essi sparsi quasi in ogni angolo del pianeta.

In più, segnalo una conferenza tenuta dal nostro (ma nella locandina ha preferito il più modesto termine di “conversazione”) all’Università di Padova, su Le Pleiadi e la nascita di Roma, assieme ad Arduino Maiuri con cui ha collaborato alla stesura dell’articolo sulla vera identità dell’Ulisse dell’Odissea di cui vi ho parlato la volta scorsa.

Ultimamente, è apparsa, sempre su You Tube, una più breve intervista rilasciata a Gianluca Lamberti, su un tema più specifico, anch’esso presente nel libro: il mistero delle città sacre fondate su sette colli: Roma, ma anche Bisanzio, Gerusalemme, la Mecca, Armagh in Irlanda, Mosca, ma anche diverse città cinesi e dell’America precolombiana. Secondo Vinci, tale scelta rispecchierebbe la forma apparente della costellazione delle pleiadi, per costituire un legame fra la Terra e il Cielo, e sarebbe una testimonianza dell’antica civiltà globale.

Parliamo poi di un articolo apparso il 25 novembre sulla versione on line di “Libero” che cita come fonte l’Università dell’Oregon. Ricercatori di questa università hanno rivisto la datazione di un fossile di scimmia rinvenuto in Sudafrica, ma attenzione, questa volta non si tratta di cercare di aggiungere un altro fossile scimmiesco al nostro albero genealogico per creare un ponte fra noi e i quadrumani (abbiamo già visto che attente analisi di anatomia comparata dimostrano che i cosiddetti ominidi africani erano in realtà semplicemente scimmie che non hanno con noi alcuna parentela), bensì di mettere meglio a fuoco il problema della datazione dei reperti fossili. Secondo i ricercatori dell’Università dell’Oregon, questo fossile cui è stata attribuita un’età di 2,8 milioni di anni ne avrebbe in realtà 4 milioni.

Questo genera un sospetto, che anche l’età dei fossili umani sia sottostimata. Infatti, alla nostra specie si attribuisce comunemente un’origine posta fra 50.000 e 200.000 anni fa, ma sappiamo che quella di una datazione bassa per la nostra specie, più che suggerita dai fossili, è una scelta ideologica, infatti la “scienza” ufficiale “politicamente corretta” non vuole darle il tempo di differenziarsi in razze, di cui si ostina a negare l’esistenza.

“Politicamente corretto” o “democratico” è un’espressione che noi potremmo automaticamente tradurre come FALSITA’ e ciarlataneria, e infatti vediamo che nella FOGNA USA continua il “cancel culture”, mediante il quale si vendono a 300 milioni di rin..glioniti favole e assurdità come se fossero scienza. L’ultima trovata di questo genere apparsa su Twitter il 19 novembre, è di una “ricercatrice” (lo so, il termine suona ridicolo), tale Donna Dickens, che sostiene che l’impero romano non è mai esistito, e che il latino sarebbe un’invenzione della Chiesa cattolica del 1400. Naturalmente, sempre la Chiesa a quell’epoca si sarebbe data un gran daffare per costruire i resti di monumenti romani sparsi non solo in Italia, ma in tutta Europa, Africa e Medio Oriente. Possiamo riderne, ma stiamo attenti, prima o poi, queste fesserie cercheranno di imporle come “verità scientifica” anche a noi.

Adesso dovrò darvi un paio di notizie per le quali non sono in grado di fornirvi i consueti riferimenti, e sono costretto a chiedervi di credermi sulla parola, si tratta di due notizie comparse rispettivamente su MSN.com e sulla pagina on line de “Il giornale”, che sono riuscito a sbirciare, ma non ho potuto più ritrovare al momento della stesura di questo articolo, evidentemente sono state rapidamente eliminate per fare posto a cose più “importanti”. I media, si sa, sia stampati sia elettronici, se vogliono essere letti, devono adeguarsi ai gusti del pubblico, ed evidentemente per il grosso pubblico le corna che Harry Winsdor (non vuole essere chiamato principe) può aver messo a Meghan o le tresche che nascono e muoiono nella casa del Grande Fratello, sono argomenti prioritari.

Le due notizie che vorrei riferirvi sono in qualche modo collegate, infatti hanno a che fare con la tematica del riscaldamento globale. Ora, lasciamo perdere la questione se esso rientri o meno nelle fluttuazioni climatiche che da sempre si verificano nel corso del tempo, e in che misura le attività umane incidano su di esso. Sappiamo a ogni modo che lo scongelamento del permafrost artico e dei ghiacciai montani ha portato alla luce una serie di reperti che ci aiutano a comprendere sempre meglio il nostro passato, uno per tutti, la mummia di Oetzi rinvenuta sul ghiacciaio del monte Similaun.

Secondo MSN.com, dei microorganismi risalenti a 45.000 anni fa rimasti prigionieri nel permafrost, una volta scongelati, avrebbero mostrato inattesi segni di vitalità. Per ora si è trattato di organismi innocui, ma c’è un certo timore che allo stesso modo possano “risvegliarsi” batteri o virus responsabili di epidemie del passato. L’articolo de “Il Giornale” altrettanto repentinamente scomparso, riportava invece una riflessione a proposito di Oetzi: si è sempre pensato che la pressione del ghiaccio, che all’interno di un ghiacciaio è sempre in movimento, avrebbe stritolato qualsiasi oggetto inglobato in esso, ma Oetzi ci dimostra che questo non è necessariamente vero, quindi non è escluso che in futuro potremo trovare altre mummie o reperti che ci aiuteranno a comprendere sempre meglio il nostro passato.

Torniamo a parlare di Oetzi, quest’uomo vissuto 9.000 anni fa e il cui corpo conservato nel ghiaccio, è giunto fino a noi come in una capsula del tempo. Su “The Archaeology Magazine” c’è un articolo a lui dedicato che presumibilmente ha la stessa fonte di quello comparso fuggevolmente su “Il Giornale” on line. Quest’ultimo, infatti ci riferisce che il corpo è stato sottoposto a un nuovo studio da parte di un team di ricercatori guidati dall’archeologo Lars Pilo nell’ambito del progetto “The Secrets of the Ice”.

Riguardo allo stato di conservazione della mummia, esso suggerisce che debba essere finita in un canalone formato dall’acqua di fusione stagionale del ghiaccio, e quindi preservata da una pressione eccessiva dello stesso.

Ma la cosa più interessante, forse, è che fa di nuovo il punto sulle circostanze della morte di quest’uomo, avvenuta a un’età non certo avanzata per i nostri standard (doveva avere una quarantina d’anni). Sapevamo già che è stata una morte violenta, come dimostra una punta di freccia che gli è stata ritrovata conficcata nella schiena, probabilmente scagliatagli contro mentre fuggiva, ma prima di ciò l’uomo deve aver sostenuto un corpo a corpo con i suoi aggressori, infatti si è riscontrato un profondo taglio sulla mano, del tipo che i medici legali chiamano “ferite da difesa”.

“In Italia Magazine” di dicembre dedica un articolo a una “misteriosa” urna funeraria etrusca. Quest’ultima, che cos’ha di misterioso o comunque di rilevante? L’urna, ritrovata il 28 luglio 2022, presso il Poggio delle Urne, nella necropoli del Parco Naturalistico e Archeologico di Vulci, è del tipo a capanna, riproduce cioè la forma di un’abitazione dell’epoca, e risale al IX secolo avanti Cristo, è quindi una delle più antiche che si conoscano, può quindi rivelarci come fossero fatte le abitazioni nell’Età del Ferro, non solo, ma la sua antichità fa sospettare che proprio Vulci fosse il centro di irradiazione attorno a cui si è sviluppata la civiltà etrusca.

Ve l’ho segnalato altre volte: non in tutte le parti d’Italia sembra sia vivo lo stesso interesse per il passato, si senta la continuità con esso allo stesso modo e, se dovessimo fare una classifica al riguardo, la medaglia d’oro andrebbe assegnata senz’altro al Veneto. Ora si può segnalare la conferenza su L’arte dei Veneti antichi e dei Celti tenuta il 10 dicembre 2022 presso l’aula magna dell’Istituto Comprensivo “Ippolito Nievo” di via Vittorio Veneto a Cordignano (Treviso).

Sempre per rimanere in tema, segnaliamo anche l’uscita, per i tipi delle edizioni Fiorini di Verona, del libro Vicenza romana di Gian Paolo Marchini.

Vediamo che intanto “Ancient Origins” continua ad ampliare la sua rassegna sulla mitologia greca, questa volta affidandosi a un nuovo collaboratore, Kenneth C. Gutwein, professore emerito di storia e filosofia al SUNY College di Old Westbury. In un articolo del 2 dicembre, Gutwein ci parla di Achille e Teti, soprattutto di Teti, il cui mito ha un risvolto tragico, è la storia di una madre immortale che ha generato un figlio mortale e sa quindi di essere destinata a sopravvivergli. Secondo l’autore, questo mito adombra il caso reale e tutt’altro che infrequente nell’antico mondo greco che conosceva una lunga storia di lotte fratricide tra le varie polis, il dramma dei genitori che sopravvivevano ai figli caduti sui campi di battaglia.

Non si trascura neppure la mitologia scandinava, infatti troviamo un articolo di Molly Dowdeswell del 3 dicembre dedicato al mito della creazione secondo i norreni. Esso è abbastanza noto: gli dei avrebbero tratto le varie parti del mondo dal corpo del gigante Ymir dopo averlo ucciso. Naturalmente, noi, con la nostra mentalità moderna possiamo chiederci dove vivesse Ymir se allora il mondo non esisteva, ma cercare di dare un senso logico alle antiche cosmogonie è un’impresa piuttosto futile.

Sappiamo che per quanto riguarda i gruppi facebook occorre muoversi con estrema cautela, dato il carattere litigioso degli amministratori di molti di essi, e il più delle volte non ne vale la pena, dato che riescono a coinvolgere un numero molto ristretto di persone, ma stavolta mi riferisco a gruppi assolutamente sicuri da questo punto di vista, e in più il discorso capita proprio a proposito visto il tema cosmogonico affrontato dall’articolo di “Ancient Origins” sopra menzionato.

Domenica 4 dicembre, Fabrizio Bandini, amministratore del gruppo “Il recinto di mezzo” ha pubblicato sul suo gruppo e su “MANvantara” del nostro Michele Ruzzai un post sulla titanomachia, la mitica lotta fra dei e giganti che, secondo la mitologia greca è posta alle origini del mondo, post che in realtà è un frammento della Teogonia di Esiodo. Certo, viste con i nostri moderni occhi, certe concezioni degli antichi ci possono apparire ingenue, ma non dimentichiamo che si tratta delle radici della nostra cultura, smarrire le quali è la stessa cosa che perdere noi stessi.

Un piccolo inciso: per evitare di trasformare questa serie di articoli in un centone logorroico, di solito non riporto notizie che ho già dato se provengono da fonti diverse, salvo nuovi dettagli e approfondimenti, ma stavolta non si può non menzionare il fatto che la notizia del ritrovamento dei resti della “focaccia” neanderthaliana risalente a 70.000 anni fa, di cui vi ho parlato la volta scorsa, e che ho ripreso da MSN.com, è stata riportata anche da “Ancient Origins” e da “The Archaeology Magazine”, sembra aver colpito molto. Forse a breve qualcuno pubblicherà un libro di ricette neanderthaliane. Già adesso vi sono sostenitori di una “dieta paleolitica”, che è però sbilanciata e sovrastima il consumo di carne e sottostima quello di vegetali degli antichi cacciatori-raccoglitori.

Lo cito con un po’ di ritardo, ma la notizia era apparsa a novembre su Focus.it: Nella famosa grotta siberiana di Denisova è stato rinvenuto un frammento osseo che l’analisi del DNA ha dimostrato appartenere a una ragazzina tredicenne vissuta 50.000 anni fa di madre neanderthaliana e di padre denisoviano. Un’ulteriore prova del fatto che questi antichi uomini non erano separati da una differenza di specie, ma al massimo razziale.

Torno ora a occuparmi di una questione che avevo già affrontato tempo fa su queste pagine: la domesticazione del cane: quando è che un nostro antagonista nel mondo animale, il lupo, si è trasformato nel fedele compagno che conosciamo? Se ve ne ricordate, la questione si era posta diverso tempo fa perché dei ricercatori avevano trovato i resti di un cane in una sepoltura dell’Arabia risalente a 3.000 anni or sono, e arguito che la domesticazione del cane risalisse appunto a quell’epoca. Vi ho spiegato che a mio parere una simile datazione era ridicolmente bassa, e a mio parere l’addomesticamento del cane doveva risalire al paleolitico. A sostegno di ciò, citavo il fatto che il cane è presente come animale domestico presso tutte le comunità umane, anche i cacciatori nomadi che non allevano altri animali, inoltre, ad esempio le pitture pompeiane raffigurano cani di razze e taglie non meno differenti di quelle attuali, quindi è chiaro che la selezione operata dall’uomo e di conseguenza l’allevamento di cani domestici, già due millenni or sono dovevano essere parecchio antichi.

In seguito, vi ho potuto riferire del rinvenimento dello scheletro di un cane tra i resti di un campo di cacciatori di mammut risalente a 12.000 anni fa, avvenuto a Predmost in Moravia, ebbene pare che la domesticazione del cane sia ancora più antica.

“The Archaeology Magazine” riporta la notizia del rinvenimento dei resti di un cane nella grotta di Erralla nei Paesi Baschi spagnoli risalenti a 17.000 anni fa, tuttavia, sulla base di analisi genetiche, i ricercatori ipotizzano che la separazione dal lupo, quindi la domesticazione, debbano essere ancora precedenti, risalenti a 22.000 anni fa.

In tutta franchezza non so dirvi se abbiamo finito con il 2022, infatti mentre stendo queste note siamo ancora agli inizi di dicembre, e c’è questo “collo di bottiglia” che rende difficile la pubblicazione di questi articoli su “Ereticamente” a una scadenza che almeno si avvicini al tempo reale, ma tutto ciò è pur sempre meglio di una situazione di penuria che rendesse difficoltosa o impossibile la prosecuzione di questa serie di articoli.

 

NOTA: Nell’illustrazione il circolo megalitico di Callanish (Regno Unito), si tratta della stessa immagine che compare nella prima di copertina del libro I misteri della civiltà megalitica di Felice Vinci.

 

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