17 Luglio 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centosettesima parte – Fabio Calabrese

Dicembre: eccoci finalmente in dirittura d’arrivo per quella che dovrebbe essere l’ultima “coda” del 2022, un anno che, dopo un’estate abbastanza scarsa di notizie riguardanti la nostra eredità ancestrale, ha registrato una vera impennata con l’arrivo dei mesi freddi.

Vediamo, tanto per cominciare, cosa ci offre in questo periodo “Ancient Origins”. Segnalo subito un articolo di Ashley Cowie dell’8 dicembre che ci racconta (e questo è anche il titolo dell’articolo) che L’antico DNA ambientale rivela una fiorente vita di 2 milioni di anni (fa) in Groenlandia. Per DNA ambientale si intendono le tracce di DNA di varie specie animali e vegetali rivelate nella grande isola artica dallo scioglimento del permafrost. Esse ci dimostrano che due milioni di anni fa la Groenlandia era effettivamente una terra verde, godeva di un clima mite ed era abitata da un ricco ecosistema di vita vegetale e animale. L’articolo vi fa solo un breve e sibillino accenno, ma questo potrebbe avere qualche connessione con le origini umane, prospettando una localizzazione del tutto diversa da quella africana. Ma guarda un po’! È esattamente quanto sostengono da sempre le dottrine tradizionali, ma possiamo essere certi che su un’ipotesi del genere si abbatterà presto la scure del “politicamente corretto”.

Stavolta però c’è da pensare che la solita operazione di coverage che scatta tutte le volte che i ricercatori scovano informazioni “inquietanti” sul nostro passato, si presenterà un po’ più difficile del solito, infatti scopriamo che la stessa notizia il 20 dicembre è stata riportata anche da un sito “generalista” come MSN.com., con un articolo dal titolo molto poetico: Mastodonti, betulle e rose, questo era il deserto polare due milioni di anni fa.

Diamine, ma se la gente comincia a rendersi conto che ci hanno raccontato un sacco di balle sulle nostre origini e su noi stessi…

Rimaniamo in ambito nordico, perché un articolo di Mark Brophy del 12 dicembre ci illustra Il mistero, la magia e il significato delle rune vichinghe. Per i Vichinghi le rune erano molto più di semplici segni di un alfabeto, ma avevano un potere magico, erano intrecciate alla natura del mondo, attraverso la loro combinazione le Norne decidevano il destino degli uomini, e per appenderne il significato Odino si appese all’albero Yggdrasil.

Noi sappiamo che nel corso del tempo dalle paludi danesi sono emersi svariati resti umani, mummie naturali che l’assenza di ossigeno e quindi di microorganismi in quelle acque ha permesso di conservare in condizioni quasi perfette, uno dei più famosi è ad esempio l’uomo di Tollund. Bene, un articolo di Sahir del 15 dicembre ci informa che sempre in Danimarca, a Engdal è emerso dalle paludi un novo corpo. Ciò che ha di straordinario, è che esso (di cui non è ancora stato possibile determinare il sesso) sembra essere molto antico, risalire all’età neolitica, e che, inoltre, a differenza di diversi altri corpi di persone accidentalmente annegate nelle paludi, sembra essere stato deliberatamente sacrificato. Ora, non vorrei sembrare pignolo, ma per la verità, anche l’uomo di Tollund mostra i segni di essere morto in conseguenza di un’esecuzione o di un’immolazione, a meno che alla sua epoca non fosse normale girare con un cappio stretto attorno al collo.

Un articolo di Rebecca Batley del 17 dicembre ci porta poi in un contesto del tutto diverso. Fra le fortificazioni romane che difendevano i confini dell’impero, quella meglio conosciuta, a cui gli archeologi hanno dedicato il maggiore impegno di ricerca, è probabilmente quella di Vindolanda, eretta nell’85 dopo Cristo a protezione del Vallo di Adriano, e fulcro del sistema di protezione della colonia britannica contro le riottose e mai sottomesse tribù scozzesi.

Passando agli altri siti che si occupano di archeologia, non troviamo molto, almeno riguardo alla storia e alla preistoria europee. A parte articoli che segnalano i ritrovamenti sopra citati, “The Archaeology Magazine” segnala la scoperta di un cairn, un tumulo probabilmente funerario risalente a 3.500 anni fa scoperto sulla costa sudoccidentale della Finlandia.

Torniamo ora a MSN.com, che in un post sempre del 20 dicembre, dopo averci parlato dell’incredibile scenario della Groenlandia di due milioni di anni fa, ci riferisce che i mammut lanosi sono sopravvissuti molto più a lungo di quanto finora si pensasse, giungendo fino all’epoca storica, difatti erano ancora vivi quando furono erette le piramidi di Giza. Non è una notizia nuova, io vi avevo già riferito a suo tempo del ritrovamento in una remota isola artica, di carcasse di mammut relativamente “fresche”, le più recenti risalgono infatti al 1650 avanti Cristo, ma è importante il fatto che essa ora compaia su di un sito “generalista” e divulgativo con accesso a un vasto pubblico come MSN.com.

Questa notizia induce a pensare non solo che in età preistorica l’Artico godesse di un clima molto diverso da quello attuale, ma che almeno in alcune aree questa situazione si deve essere protratta molto più a lungo di quanto si pensasse, infatti è impossibile che animali della taglia dei mammut potessero sopravvivere con gli scarsi licheni di cui si accontentano le renne. Tutta la storia remota del nostro pianeta e dell’umanità sembra sia da rivedere. Pare che si sia scoperchiata una pentola sulla quale sarà molto difficile rimettere il coperchio.

Martedì 21 dicembre, proprio il giorno del solstizio d’inverno “L’avvenire” riporta una notizia sorprendente: un team di ricercatori dell’Università di Pisa ha individuato nel sito di Husakly Hoyuk nella Turchia centro-settentrionale le rovine di una costruzione di epoca ittita che, assieme ad altri rinvenimenti frutto di scavi precedenti nella stessa area, sarebbero i resti dell’antica Zippalanda, città finora conosciuta attraverso i testi, ma la cui localizzazione finora non era stata individuata, al punto che la si riteneva una città leggendaria. Era, a quanto pare, una città sacra, dedita al culto del dio della tempesta.

Di passata, vorrei ricordare che il nostro compianto Adriano Romualdi aveva una vera predilezione per gli Ittiti, avamposto indoeuropeo in faccia al mondo mediorientale-semitico.

Questo 2022 che ci lasciamo alle spalle sarà probabilmente ricordato come un anno dall’andamento strano, dopo un’estate piuttosto vuota, abbiamo avuto nel periodo autunno-inverno un’esplosione di eventi e notizie riguardanti la nostra eredità ancestrale, ma adesso in dicembre, il panorama sembra di nuovo non offrire molto.

Tuttavia in questo periodo la ricerca italiana sembra fare onorevole eccezione, e a questo riguardo, comincio con il menzionarvi un articolo di Alessandro Imperiali (nomen est omen?) apparso su “Il Giornale” del 19 dicembre che ci parla di una ricerca che la Soprintendenza archeologica romana ha condotto, anche con l’impiego di robot filoguidati nell’antico sistema fognario sottostante il Colosseo. È stato rinvenuto un gran numero di reperti comprendente ossa di animali (leoni, orsi ma anche cani) verosimilmente impiegati nei combattimenti gladiatorii, resti di pasti, tessuti, abiti e ornamenti di scena, ma anche gioielli e monete di età imperiale.

In questo periodo, però, è soprattutto “ArcheoMedia” a informarci delle novità che riguardano l’archeologia italiana. Partiamo dalla notizia di un ritrovamento casuale che, riprendendolo da “StileArte”, “Archeomedia” riferisce in data 10 dicembre. Passeggiando in Aspromonte, nella vallata della fiumara La Verde, un escursionista calabrese che deve essere dotato davvero di un eccezionale colpo d’occhio, ha rinvenuto un’ascia preistorica che è stata datata alla media Età del Bronzo, al 1600-1500 avanti Cristo.

Più spesso la fortuna (la dea Fortuna per gli antichi romani) che non una ricerca deliberata sembra guidare le scoperte archeologiche. Secondo quanto riferisce un articolo del 17 dicembre, a Roma, nella zona del Municipio V, sotto il Parco Pubblico di Villa Gordiani gli scavi per la realizzazione di un’area fitness hanno fatto emergere un’ara funeraria di età imperiale (I – III secolo dopo Cristo). Lo stesso si può dire per la scoperta a Posillipo (Napoli) di un pavimento a mosaico rimasto finora nascosto nella villa appartenuta al commerciante e uomo politico Publio Vedio Pollione di età augustea, e amico di Augusto che lasciò erede delle sue proprietà.

Veramente, la nostra Penisola è un grande museo a cielo aperto, dove basta scavare un poco per veder emergere tesori archeologici inaspettati.

Un articolo del 19 dicembre ci racconta poi del progetto di valorizzazione della villa della Liberta Peticia rinvenuta a Staranzano (Gorizia).

E, in tema di mostre, di fondamentale importanza per avvicinare il grosso pubblico al nostro remoto passato, un articolo del 16 dicembre segnala che è visibile fino al 31 dicembre alla reggia di Portici (Napoli) la mostra Il legno che non bruciò a Ercolano, che espone mobili, utensili, porte, letti, oggetti lignei “miracolosamente” sopravvissuti all’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo, per un totale di oltre 120 oggetti in legno lavorato.

Abbiamo poi un articolo del 21 dicembre che segnala la mostra che si terrà a Ferrara dal 22 dicembre 2022 al 23 aprile 2023 sui ritrovamenti avvenuti nell’antica città etrusca di Spina, che si intitola Spina etrusca, un grande porto nel Mediterraneo.

Si può segnalare anche un articolo del 15 dicembre, Mare nostrum, i più importanti reperti bronzei affiorati dal Mediterraneo dal 500 a oggi, dove “ArcheoMedia” fa il punto sui rinvenimenti marittimi bronzei recuperati dalle acque del Mediterraneo, ed è una lista davvero lunga, considerato il fatto che fin dall’antichità il Mediterraneo è un mare che ha conosciuto un’intensa navigazione e non pochi naufragi.

C’è una lamentela da fare al riguardo, che nel caso di rinvenimenti subacquei, ancor più casuali di quelli terrestri, la scoperta ha regolarmente preceduto la ricerca, e di conseguenza il più delle volte il recupero è stato distruttivo per il contesto, facendo perdere informazioni preziose.

Tanto per non mostrarmi disinformato, vi do anche la notizia che, a quanto riferisce un comunicato ANSA del 21 dicembre, il giorno seguente, il 22 apre presso la Basilica Palladiana di Vicenza la mostra I creatori dell’Egitto eterno, scribi, artigiani e operai al servizio del faraone, ma si tratta di un argomento su cui preferisco non insistere. Come vi ho detto più volte, a mio parere la sopravvalutazione di tutto quanto è egizio, l’egittomania come l’ha definita qualcuno, e che rientra nel concetto più vasto di strabismo orientale ha portato il pubblico a una grave sottovalutazione delle nostre radici europee.

Vorrei ora passare ad affrontare brevemente un argomento del tutto diverso. Come sapete, in campo religioso l’Italia passa per un Paese quasi monoliticamente cattolico, anche se io ho sempre avuto l’impressione che il “nostro” cattolicesimo sia di fatto l’acquiescenza al potere anche politico che la Chiesa ha qui da noi e, salvo rari casi, non presenti il coinvolgimento profondo che sembra presentare ad esempio in Irlanda o in Polonia, comunque questo fa sì che le voci di dissenso, che pure ci sono, compresa la rinascita della religione gentile, non vengano prese troppo in considerazione.

Alla luce di ciò, non posso non menzionarvi con soddisfazione il fatto segnalatoci dal nostro Giuseppe Barbera, che in occasione del solstizio d’inverno, l’Associazione Pietas ha ricevuto gli auguri del gruppo gentile ellenico Tyrsos, auguri che sono anche un riconoscimento.

Dato il periodo natalizio, era impossibile che mancasse qualche recensione libraria (e, a mio parere, un libro è sempre il regalo più intelligente), e comincio proprio da una segnalazione ripresa da “ArcheoMedia”, il libro Gli animali e le offerte rituali nell’area santuariale sud di Pyrgi di Claudio Sorrentino. Questo testo, pubblicato postumo, è il frutto di decenni di scavi e ricerche dell’autore. Cosa dire, se non il fatto che contributi simili sono estremamente preziosi? Quella del mondo etrusco è una cultura affascinante che in realtà conosciamo abbastanza poco.

Un’altra recente uscita da segnalare è il libro Homo reloaded di Carlos Alberto Bisceglia, un testo che tratta una tematica importante, alla quale io stesso ho qui fatto riferimento più di una volta: Homo sapiens esiste da 200.000 anni (Bisceglia sostiene almeno da 200.000 anni), ma la storia documentata copre a stento gli ultimi cinque-sei millenni di questo periodo. Cosa è successo nell’enorme intervallo di tempo che chiamiamo preistoria?

L’autore concentra la sua attenzione in particolare sul periodo che va da 75.000 anni fa (comparsa dell’Homo sapiens sapiens in Europa) a 6.000 anni fa (inizio della storia documentata), da lui definito “il più burrascoso periodo di tempo della nostra storia”.

Io non so se tutte le sue argomentazioni siano da prendere alla lettera, ma perlomeno va in controtendenza rispetto al malvezzo imperante nei nostri testi storici, per i quali la preistoria è una breve introduzione sulla quale non è il caso di soffermarsi troppo, dopodiché si comincia con gli Egizi.

Poi, più che meritevole di una segnalazione, è Miti delle costellazioni a cura di Robin Hard pubblicato dalla Oxford University Press. Come sappiamo, le costellazioni furono fissate dagli antichi Greci identificando i vari oggetti celesti con figure della loro mitologia. Nel III secolo dopo Cristo Eratostene compilò un manuale di mitologia astrale oggi perduto. Questa traduzione riunisce i riassunti successivi del manuale perduto di Eratostene con una guida all’astronomia compilata da Igino, bibliotecario di Augusto, insieme al poema astronomico di Arato Phenomena.

Comprendere come gli antichi guardassero il cielo, è certamente un elemento molto importante per capire la loro mentalità.

Siamo giunti alla conclusione di un anno per certi versi intenso e travagliato. Non è possibile sapere cosa avrà in serbo il futuro ancora in grembo agli dei. Per quello che ci riguarda, la certezza maggiore è nel nostro impegno a continuare, finché ci sarà possibile a divulgare, difendere e diffondere la conoscenza della grandezza e dell’antichità dell’eredità che i nostri antenati ci hanno trasmesso.

NOTA: Nell’illustrazione, la Groenlandia come doveva apparire due milioni di anni fa in base alla ricostruzione del DNA ambientale, immagine tratta dall’articolo di Ashley Cowie dell’8 dicembre su “Ancient Origins”.

 

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