24 Giugno 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centotrentacinquesima parte – Fabio Calabrese

Ricominciamo da settembre il nostro cammino sulle tracce della nostra eredità ancestrale, un settembre che ci si annuncia insolitamente caldo, e non soltanto da un punto di vista meteorologico.

Come al solito, comincio col dare un’occhiata ad “Ancient Origins”, sito, come ormai sapete, ricco di informazioni sul nostro passato, e qui troviamo subito una notizia di quelle che se non fossero politicamente “scomode”, avrebbe fatto il giro dei media specializzati e non, e ricevuto ben altra risonanza.

Un articolo di Nathan Falde del 4 settembre ci racconta che recentemente ricercatori canadesi dell’Università di Toronto hanno analizzato un teschio “ominide” risalente a 8,7 milioni di anni fa rinvenuto a Çankırı, nella Turchia centrale nel 2015, e sono giunti alla conclusione che questo fossile, già classificato come Anadoluvius turkae presenta caratteristiche “sorprendentemente umane” e potrebbe essere un antenato degli uomini moderni.

Naturalmente, l’articolo di Falde si tiene sull’ipotetico e si spinge a ipotizzare “un’altra” (l’ennesima) umanità, pur di non contraddire il dogma dell’Out Of Africa, ma noi sappiamo che quest’ultimo non è una teoria scientifica, bensì un’ubbia imposta per motivi ideologici per favorire l’accoglioneria verso i clandestini, il meticciato e la sostituzione etnica, e inevitabilmente diventa più difficile da sostenere a ogni nuovo ritrovamento. Le prove contro di essa sono ormai schiaccianti.

Sempre il 4 settembre abbiamo un articolo di Lynda Telford sulle donne e la famiglia nell’antica Roma. Matrone, plebee o prostitute che fossero, le donne erano sempre soggette all’autorità maschile. Il paterfamilias esercitava un’autorità analoga sui figli. Le uniche donne che disponevano di uno ius sui, erano le vestali, ma non ve n’erano mai più di sei per volta, scelte fin da bambine fra le famiglie più nobili.

Le adozioni erano rare, e avvenivano in genere fra rami della stessa famiglia. Con il loro spirito pragmatico, i Romani preferivano non adottare bambini, ma adolescenti, di cui era già chiaro cosa sarebbero diventati da adulti.

Un articolo di Ashley Cowie del 5 settembre ci porta nell’isola scozzese di Arran, dove gli archeologi hanno iniziato a esplorare un enorme cursus, cioè un percorso cerimoniale neolitico risalente tra il 4000 e il 3000 avanti Cristo. Il cursus, straordinariamente ben conservato, misura circa 1,1 chilometri [0,69 miglia] di lunghezza, e si trova a Drumadoon, vicino ai cerchi di pietre neolitiche di Machrie Moor.

Con Dhwty il 7 settembre andiamo in Grecia, ma stavolta non si tratta della Grecia classica bensì di qualcosa di molto più antico. La grotta di Teopetra nella Tessaglia centrale è stata abitata da esseri umani già 130.000 anni fa (e già questo dato mi sembra scarsamente compatibile con l’Out Of Africa che vorrebbe la nostra specie uscita dal Continente Nero attorno a 100 – 50.000 anni fa), fino alla fine dell’età neolitica, ma è stata occasionalmente usata come stazzo fino ai nostri giorni, ma la cosa più sorprendente è che alla sua imboccatura sono stati individuati nel 2010 i resti di un muro di pietra risalente a  23.000 anni fa, che dovrebbe essere la più antica struttura artificiale nota in Grecia e forse nel mondo.

L’8 settembre cambiamo completamente ambiente e andiamo in Norvegia con Sahir, con un articolo che ci racconta che sull’isola norvegese di Rennesøy è stato scoperto un impressionante tesoro di oggetti d’oro antichi, del peso di oltre 100 grammi. Il nascondiglio include nove ciondoli o medaglioni d’oro simili a monete, con rari simboli di cavalli, dieci perline d’oro e tre anelli d’oro. La scoperta, definita il ritrovamento del secolo, è stata fatta da un metal detectorist dilettante.

Il 10 andiamo in Inghilterra con Aleksa Vuckovic a conoscere la Sweet Track del Somerset, scoperta durante lavori di scavo nel 1970, si tratta di un’ingegnosa strada lignea di età neolitica, risalente a 6000 anni fa che attraversa una torbiera. Essa ci dimostra una volta di più che gli Europei preistorici avevano già sviluppato notevoli abilità ingegneristiche.

In questo periodo sembra che sia soprattutto la preistoria a tenere banco. Il 12 Nathan Falde ci racconta che in una grotta della Spagna orientale è stata rinvenuta la più grande collezione di arte rupestre conosciuta, risalente a 24.000 anni fa. La scoperta di dozzine di immagini di animali e figure geometriche rinvenute sulle pareti della grotta di Cova Dones nella provincia di Valencia, è stata fatta da un team di archeologi delle Università di Saragozza e Alicante.

Vediamo, sempre in questo periodo, cosa ci offre “Ancient Pages”. Rimaniamo per ora in Spagna da cui ci arriva un’altra notizia sorprendente raccontata in un articolo dell’11 settembre: nel sito archeologico di La Cabañeta in riva al fiume Ebro, gli archeologi dell’Università di Saragozza hanno portato alla luce i resti di una città romana del I secolo avanti Cristo, al cui centro si trova un’enorme piazza. Dovrebbe trattarsi di Castra Aelia, distrutta durante la guerra di Sertorio.

Era un po’ di tempo che non capitava di parlare di mitologia. Adesso ce ne dà l’occasione un articolo di A. Sutherland del 13 settembre dedicato a una delle figure più inquietanti della mitologia greca, la maga Circe, dotata di grandi poteri come quello di mutare gli uomini in animali, di cambiare forma lei stessa, poteri quasi divini, e considerata da alcuni autori classici una sorta di divinità minore.

Il 15 settembre una notizia che viene dalla Svizzera, nella regione boscosa dell’Äbnetwald nel cantone di Zurigo sono stati rinvenuti resti di mura romane e di un edificio di grandi dimensioni che gli archeologi stanno ora studiando per capire se si trattasse di un tempio, di un edificio civile o altro.

La zona è di elevato interesse archeologico, infatti, precisa l’articolo:

Negli ultimi decenni sono stati messi al sicuro nelle immediate vicinanze preziosi reperti archeologici, come i resti di un insediamento della media età del bronzo, tombe della tarda età del bronzo e numerose monete di epoca celtica”.

Un’altra notizia sempre il giorno 15 ci viene dall’Inghilterra, dove gli archeologi del Canterbury Archaeological Trust (CAT) hanno portato alla luce un mausoleo situato in un recinto murato e scavato lungo quella che un tempo era la strada principale tra Londra e i porti romani di Richborough e Dover, ma la cosa spettacolare è il ritrovamento nel mausoleo di una statua perfettamente conservata del dio marino Tritone.

Vediamo ora cosa ci riservano in questo periodo i media generalisti che, come abbiamo visto, a partire dagli ultimi mesi dell’anno scorso hanno cominciato a dedicare all’archeologia e al nostro passato uno spazio fin allora inedito.

Cominciamo con una notizia de “Il Resto del Carlino” del 1 settembre, vi cito letteralmente il titolo dell’articolo di Matteo Bondi: Il museo archeologico riapre le porte ai piccoli. Si tratta di questo: a Forlimpopoli il Museo archeologico Tobia Aldini dedica nel mese di settembre ogni sabato quattro laboratori ai ragazzi delle scuole e alle loro famiglie per conoscere l’antichità e il medioevo. Un’iniziativa a mio parere ottima, tanto più precocemente si destano certe passioni, meglio è.

Sempre “Il Resto del Carlino” il 6 settembre ci informa che a Bologna sono intanto ripresi gli scavi al castello degli Agolanti, nelle cui fondamenta sono stati rinvenuti i resti di una villa romana e reperti di età compresa tra il II secolo avanti Cristo e il IV secolo dopo Cristo.

Come ho già fatto altre volte, non sarà il caso di disdegnare nemmeno siti di natura pubblicitaria, quando toccano le questioni che ci interessano, così non sarà fuori luogo menzionare il fatto che “Voloscontato” del 7 settembre ospita un articolo di Alessia Bertinoro dedicato alla necropoli etrusca delle Caldane che si trova vicino a Castel Viscardo in provincia di Orvieto. Qui si trova una serie di tombe a camera che hanno restituito “ceramiche, affreschi, suppellettili e specchi con rappresentazioni mitologiche”, risalenti al VI secolo avanti Cristo. Questo materiale ora si trova perlopiù al Museo Etnografico del Cotto di Castel Viscardo.

Una notizia che non mancherà di sorprendere ci viene da un articolo di Gianni Bonali su “Il Resto del Carlino” dell’8 settembre. Nella grotta di Pietra Sant’Angelo, nel cuore del Parco del Pollino, in Calabria, è stata rinvenuta nel 2019 la sepoltura di un individuo vissuto circa 6mila anni fa, durante il Neolitico. Ora apprendiamo che i resti di questa persona – l’articolo parla di mummia, quindi suppongo che si sia conservato qualcosa di più dello scheletro – sono stati sottoposti a indagine microscopica e di tomografia computerizzata effettuate presso l’unità operativa di radiologia dell’Ospedale Morgagni-Pierantoni di Forlì. Un Oetzi dell’Italia meridionale? Forse è un po’ presto per dirlo.

Noi tutti conosciamo i nomi di Pompei ed Ercolano, località travolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo, e i cui resti rappresentano oggi un patrimonio archeologico di primaria importanza. È forse meno noto che c’è stata un’altra località, Stabia, investita dalla medesima eruzione.

“La Repubblica” del 10 settembre ci parla proprio di Stabia. Qui, infatti, i lavori per il raddoppio della ferrovia circumvesuviana hanno riportato e continuano a riportare alla luce un gran numero di reperti di età romana sepolti dall’eruzione. Cito direttamente dall’articolo:

Più si avanza più riappaiono pezzi dell’antica città. Da mesi riaffiorano reperti delle ville volute dai nobili romani in posizione panoramica, fino all’ultima scoperta di antiche mura lungo il percorso della galleria”.

Lo stesso tipo di considerazioni che vi ho fatto per un sito pubblicitario come “Voloscontato” vale anche per i gruppi facebook, cioè, teniamo conto dell’importanza dell’argomento piuttosto che dell’autorevolezza della fonte, a prescindere dal fatto che abbiamo visto in tempi non remoti che fonti in passato autorevoli come “Nature” sono oggi diventati corifei di falsità come l’africanizzazione di Inglesi, Etruschi, addirittura Vichinghi allo scopo nemmeno tanto celato di favorire  la sostituzione etnica.

Per quanto riguarda i gruppi facebook, gli amici di “Ereticamente” mi hanno raccomandato cautela, visto che, oltre ad arrivare a un numero trascurabile di utenti, in passato hanno dimostrato tutt’altro che gratitudine per la cassa di risonanza loro offerta dalla nostra pubblicazione, ma in questo caso, trattandosi di MANvantara del nostro Michele Ruzzai, andiamo sul sicuro.

Dunque, non vi stupirete di trovare su MANvantara un link all’articolo di “Saturnia Tellus” sull’uomo di Grimaldi di cui vi ho parlato la volta scorsa, anche perché ve l’ho postato io in data 11 settembre, salvo poi accorgermi che un altro utente aveva fatto la stessa cosa il giorno prima.

Quello che importa, tuttavia, non è ciò che io o chiunque altro possiamo postare su un gruppo facebook, ma ribadire il concetto che l’africanizzazione che è stata fatta dell’uomo di Grimaldi è una falsificazione, come quella dell’uomo di Cheddar, come tutte le “teorie” africano-centriche che non rispondono a nessuna logica scientifica, ma hanno lo scopo di disarmarci psicologicamente di fronte all’invasione che stiamo subendo e alla sostituzione etnica.

Il 15 settembre “Il Messaggero” ci parla della scoperta di un nuovo tipo di sepoltura rappresentato da due tombe ritrovate nella necropoli etrusca del Vallone a Montecchio (Terni):

Si tratta di due tombe a fossa scavate nell’argilla, con una copertura realizzata con lastre di travertino. Le fosse poco profonde contenevano un ricco corredo”.

Prima di congedarmi, vorrei ricordarvi una volta di più che lo scopo di questa serie di articoli non è quella di redigere un centone di tutte le scoperte archeologiche e paleoantropologiche, ma di cogliere le implicazioni anche politiche in senso lato che derivano dalla consapevolezza della nostra eredità ancestrale. Sono consapevole di ripetere cose che ho già detto le volte scorse, ma sarà bene rimarcarle.

Per quanto riguarda l’età antica, vediamo una volta di più che Roma rimane l’indiscussa protagonista dell’orizzonte storico, non si tratta solo dell’archeologia italiana per cui la cosa sarebbe ovvia, ma ci sono gli articoli sul mondo romano di “Ancient Origins” e i ritrovamenti spagnoli di cui ci ha parlato “Ancient Pages”. Per dirla tutta, quella romana è stata la più grande civiltà del mondo antico, e, ancora oggi, se possiamo parlare di una civiltà europea sostanzialmente unitaria, questo si deve all’impronta romana.

Io mi stupisco sempre del fatto che i nostri connazionali, che ne sono gli eredi più diretti, ne siano così poco consapevoli e così poco fieri.

Se ci spostiamo a tempi più remoti, alla preistoria, di cui questa volta mi sono occupato con una certa ampiezza, vediamo ancora meglio che la questione delle nostre origini, lungi dall’essere trattata con quello spirito oggettivo che dovrebbe caratterizzare la ricerca scientifica, è più che mai un campo di battaglia. A cominciare dall’ “ominide stranamente umano” che probabilmente non era altro che un Homo ritrovato in Turchia, passando per il lungo insediamento nella grotta greca di Teopetra, assai poco compatibile con la cronologia delle presunte origini africane, tornando infine sul fatto che la presunta africanità dell’uomo di Grimaldi si rivela niente altro che un falso, capiamo sempre meglio che l’Out Of Africa non è niente di più che una fola che vogliono darci a bere per farci digerire la sostituzione etnica.

E a questo punto bisogna interrogarsi sempre più attentamente su di una “scienza” che non è nulla di oggettivo, ma uno strumento di manovre ideologiche.

NOTA: Nell’illustrazione, pietre erette nell’isola scozzese di Arran (da “Ancient Origins”).

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