Riprendiamo il nostro cammino sulle tracce della nostra eredità ancestrale dalla metà di settembre. Fra pochi giorni è l’equinozio di autunno, ma per ora le temperature si mantengono decisamente estive. Riscaldamento climatico? Per dirvela tutta, ho smesso di angosciarmi a questo proposito. Dato che a causa della sostituzione etnica non saranno i nostri figli e nipoti a ereditare questo pianeta, ma quelli di qualcun altro, importa poco in quali condizioni lo lasceremo.
Ma veniamo a noi, anche questa volta seguirò un percorso ormai consolidato, cominciando da “Ancient Origins”, il sito irlandese che, come abbiamo visto più volte, è forse la fonte maggiormente informata riguardo al nostro passato.
Cominciamo con un articolo di Ashley Cowie del 19 settembre che ci parla di un’antica imbarcazione, una canoa recuperata nel 2021 in Svizzera dal limo del fondo delle acque del lago di Neuchâtel. Esaminata al radiocarbonio, è risultata risalire a tra il 750 e il 520 avanti Cristo.
Sempre il giorno 19 Sahir ci parla del vetro romano, dotato della proprietà che rimane ancora misteriosa e che oggi non riusciamo a riprodurre, di cambiare colore secondo l’angolazione con la quale viene illuminato. Se ve ne ricordate, ve ne ho già parlato altre volte. Oggi l’unico capolavoro pervenutoci intatto di questa antica arte vetraria è la Coppa di Licurgo, conservata al British Museum di Londra.
Sorprendentemente, il giorno dopo, il 20 Sahir ci parla di una tecnologia di tutt’altro genere. Nella grotta di Los Marmoles nel sud della Spagna gli archeologi hanno rinvenuto delle sepolture che coprono un arco di tempo molto ampio, dal V al II millennio avanti Cristo. Alcuni dei resti umani in esse contenuti sono stati modificati come attrezzi, una tibia sembra essere stata trasformata in un arnese da scavo e una volta cranica in una coppa.
Il 21 Ashley Cowie ci racconta del ritrovamento di due spade romane avvenuto nel distretto inglese di Costwords ad opera di un appassionato dilettante munito di metal detector. Queste due armi non sono gladi ma spatae, del tipo di origine gallica con il quale i Romani sostituirono il gladio classico. In Inghilterra la ricerca con il metal detector è una forma diffusa di archeologia dilettante che ha permesso numerose scoperte. Peccato che da noi non sia altrettanto diffusa. E si che nel nostro suolo di cose ce ne sarebbero!
Il 23 Robbie Mitchell si occupa della figura mitologica della sfinge. Solitamente la associamo agli Egizi, ma sono ben presenti anche nella mitologia greca, basti pensare per tutti al mito di Edipo. Queste figure dal volto di donna e il corpo di leone, spesso alate, venivano spesso incise sulle pietre tombali, come spiriti guardiani che dovevano custodire il riposo del defunto.
Il 25 Sahir ci informa del ritrovamento di gioielli e materiale per il trucco di età romana nella città turca di Aizanoi, nella provincia di Kutahya, già nota per un tempio di Zeus.
Sempre Sahir ci informa il 27 di un singolare ritrovamento avvenuto in Norvegia, cinque lamine d’oro di dimensioni minuscole ma con una sorprendente ricchezza di dettagli risalenti a 1400 anni fa, che pare appartenessero al tesoro di un tempio pagano, ritrovate sul ciglio della strada.
Di poco più recente, lo stesso giorno, un articolo non firmato ci informa del ritrovamento in Germania, della sepoltura di un guerriero franco di epoca merovingia, del VII secolo. Accanto ai resti dell’uomo è emersa una lunga spada perfettamente conservata.
Vediamo adesso cosa ci presenta nello stesso periodo “Ancient Pages”. Quest’ultimo, l’abbiamo visto bene la volta scorsa, si presenta come un sito che può fare una decisa concorrenza ad “Ancient Origins”, oltre a presentare un ricco campionario di articoli di paleontologia, fisica, astronomia, tutte cose interessantissime per carità, ma che escono dal nostro campo.
Avrete notato che il più delle volte non vi ho menzionato il nome dell’estensore degli articoli presenti su questo sito, e il motivo è semplice, nella maggior parte dei casi si tratta sempre di Jan Bartek, che ne è il curatore, nei casi diversi ve l’ho riportato. E’ dunque in buona parte una one man’s band. Giudicate voi se questo è un pregio o un difetto.
Va da sé che alcuni articoli come quello sul ritrovamento della canoa avvenuto in Svizzera o quello della sepoltura del guerriero carolingio rinvenuta in Germania, trattano gli stessi argomenti di “Ancient Origins”, è ovvio, i fatti sono quelli, e non mi ripeterò, ma c’è anche dell’altro.
Cominciamo con un articolo, stavolta firmato da un collaboratore, Eddie Gonzales jr. del 18 settembre. Ricercatori dell’Università dello Yorkshire, studiando campioni geologici provenienti dall’estuario del fiume Ythan in Scozia, hanno scoperto che un’ampia area delle Isole Britanniche e dell’Europa settentrionale, attorno a 8.000 anni fa è stata vittima di un brusco abbassamento delle temperature, a sua volta causato dallo scioglimento della calotta glaciale dovuto all’innalzamento globale delle temperature. Anche il riscaldamento climatico di cui oggi si discute tanto, potrebbe procedere “a macchia di leopardo”, ad esempio, la temuta interruzione della Corrente del Golfo potrebbe far crollare le temperature in Europa.
Sempre il 18 settembre, un articolo di A. Sutherland ci parla delle misteriose “pietre solari” di cui i Vichinghi si servivano per orientarsi nella navigazione, a quanto pare erano oggetti assolutamente reali, si sarebbe trattato di cristalli di mica che polarizzavano la luce, e quindi permettevano di individuare la posizione del sole anche quando era nascosto dalle nubi.
Il 22 è Jan Bartek a riferirci una scoperta sorprendente. Dallo studio delle tavolette ittite conservate in quello che era l’archivio reale di Boğazköy-Hattusha nella attuale Turchia centro-settentrionale, ne è emersa una contenente una lingua finora sconosciuta che nello stesso documento è chiamata Kalašma, e, ci è riferito, era parlata nella parte nord-occidentale dell’impero ittita. Per ora, si è riusciti a stabilire solo che si tratta di una lingua indoeuropea.
Noi solitamente ci immaginiamo gli uomini dell’Età della Pietra come ricoperti di pelli di animale tenute assieme più o meno rozzamente perché incapaci di produrre tessuti. Questa immagine è probabilmente vera per il paleolitico, ma non lo è per il neolitico, che rientra pur sempre nell’Età della Pietra. E’ vero però che un materiale come il tessuto molto difficilmente si conserva per migliaia di anni, eppure qualcosa c’è.
In un articolo del 24 settembre “Ancient Pages” ci dà la notizia del ritrovamento da parte di archeologi subacquei – quindi suppongo avvenuto in mare – a La Marotta vicino a Roma, di quattro frammenti di tessuto di età neolitica risalenti a più di 8.000 anni fa.
Un articolo sempre del 24 ci racconta una storia davvero singolare: nel 1986 il Museo Archeologico della Catalogna di Barcellona ricevette in dono una scatola dal ricercatore dilettante Miguel Aznar, che fu messa da parte e dimenticata fino al 2020. Finalmente aperta, è risultata contenere ossa di neanderthaliani risalenti a circa 50.000 anni fa e provenienti dalla grotta di Cova Simanya che si trova appena fuori Barcellona. Le ossa risultano appartenere ad almeno tre individui, un adulto, probabilmente una donna, un adolescente di 12-13 anni e un bambino di 7-8 anni. Adesso i ricercatori sperano che queste ossa aiutino a far luce sulla storia dei neanderthaliani spagnoli. La Spagna, lo sappiamo, è stato l’ultimo rifugio degli uomini di Neanderthal prima della loro scomparsa.
L’articolo del 25 settembre dirà poco a chi è “addentro alle secrete cose”, ma costituisce uno di quei ripassi d’informazioni sempre utili oggi che la conoscenza della storia sembra sempre più essere diventata patrimonio di una ristretta élite intellettuale, infatti ci parla della più antica civiltà europea, la civiltà minoica, sorta sull’isola di Creta nell’Età del Bronzo e, come ci dimostrano i suoi stupendi affreschi, già giunta a un livello notevole di raffinatezza.
Il 27 settembre parliamo di mitologia norrena. Delle figure poco conosciute del pantheon scandinavo sono le Disir, spiriti femminili che erano ritenute annunciatrici di guerra e morte, ma che potevano anche assumere un ruolo benevolo diventando divinità protettrici.
Un articolo del 29 settembre si occupa della questione del rapporto fra le donne e il vino nell’antica Roma. In età repubblicana il vino era proibito alle donne, perché l’ubriachezza era considerata causa di lussuria, e le donne che ne bevevano potevano andare incontro a punizioni crudeli. Una rara eccezione era rappresentata dalla festa della Bona Dea, una divinità che aveva un culto tipicamente femminile, e allora erano consentite abbondanti libagioni rituali. In età imperiale, questo divieto si attenuò alquanto e, ad esempio Livia moglie di Augusto attribuiva la sua longevità al consumo di vino istriano.
Vediamo ora cosa ci offrono in questo periodo i media generalisti. Diciamo pure che dopo la scoperta dei bronzetti di San Casciano dei Bagni, abbiamo assistito a un rinato interesse per le tematiche archeologiche che non sembra per ora attenuarsi.
Cominciamo da un articolo di Riccardo Caponnetti su “La Repubblica” del 16 settembre che ci informa del ritrovamento, anche in questo caso grazie a lavori fognari, del ritrovamento dei resti di una villa e reperti del VI secolo al Foro Italico a Roma. Praticamente, la nostra capitale è un enorme museo. Dove si scava, si trova.
Il giorno seguente RAInews24 ci informa di un nuovo ritrovamento avvenuto in Sicilia. Un’equipe di studenti dell’Università romana di Tor Vergata ha portato alla luce nel Parco Archeologico di Lentini (Siracusa) i resti di un tempio greco del tipo arcaico, a cella, senza colonne, alcune latomie e i resti di un edificio, forse una chiesa, di età medioevale.
Lo sapevate che gli antichi Romani avevano già realizzato dei “frigoriferi” capaci di conservare gli alimenti a bassa temperatura? E’ quanto ci racconta “La Repubblica” del 18 settembre. Nell’antica fortificazione di Novae vicino all’odierna città di Svishtov in Bulgaria, che faceva parte del limes danubiano, è stato ritrovato un “frigorifero” in uso ai legionari, una cella in ceramica avvolta da un tubo di piombo che la collegava all’acqua fredda del Danubio. Non smettiamo di stupirci per l’ingegnosità di questi nostri antenati.
Torniamo in Italia e facciamo un balzo nella preistoria, nel paleolitico. “Il Corriere Adriatico” del 19 settembre ci informa che a San Severino Marche (Macerata) ricercatori del Cnrs francese, il Centre National de la Recherche Scientifique e dell’Università di Ferrara hanno portato alla luce centinaia di lame e schegge prodotte dagli uomini paleolitici utilizzando la selce locale nota come scaglia rossa. Alcuni di questi reperti potrebbero risalire all’uomo di Neanderthal.
Un comunicato ANSA del 22 settembre ci informa che a Caltagirone (Catania) sono stati riportati alla luce i resti di una capanna dell’Età del Bronzo, risalenti alla fra la fine del secondo e l’inizio del primo millennio avanti Cristo.
“Starinsider” del 23 ci pone una questione intrigante: Nell’antica Roma esistevano donne gladiatrici? Ebbene, pare proprio di si, anche se erano una netta minoranza rispetto ai colleghi uomini. Le prove di ciò sono un editto di Settimio Severo che proibì alle donne di combattere nell’arena, il che vuol dire che fin allora avveniva, i resti cremati di un bacino femminile rinvenuti in una sepoltura gladiatoria, un bassorilievo ritrovato ad Alicarnasso che le raffigurerebbe, una satira di Giovenale che motteggia una di queste donne combattenti.
Il giorno 24 un articolo di Luca Telli su “Il Messaggero” ci racconta che è stato avviato un progetto del CNR per studiare l’antica città di Bisenzio, oggi disabitata, e amministrativamente frazione di Capodimonte sul lago di Bolsena (Viterbo), se ne studieranno topografia, insediamenti, aree sepolcrali.
Lo stesso giorno, un articolo di Valerio Franzoni su “Il Resto del Carlino” ci informa che i nuovi ritrovamenti nel sito archeologico di Spina nel comune di Comacchio (Ferrara) – se ricordate, ve ne ho parlato le volte scorse – sono ora aperti al pubblico e visitabili.
Sempre il 24, proprio una giornata piena, un comunicato ANSA ci informa che sui fondali antistanti l’isola di Ventotene, i sommozzatori della Guardia di Finanza hanno recuperato un’anfora romana del tipo in uso nel II e I secolo avanti Cristo e un pesante manufatto tufaceo di forma cilindrica.
Un altro comunicato ANSA del 26 ci parla del ritrovamento nel sito di Tuscolo, nel cuore dei Castelli Romani, di una statua femminile purtroppo acefala, in marmo pario, che lo stesso comunicato definisce “di straordinaria bellezza”.
Il 28 un altro comunicato ANSA ci porta in Sicilia, precisamente nel comune di Vallelunga Pratameno (Caltanissetta). Qui i lavori per il raddoppio della linea ferroviaria Catania-Palermo avevano fatto emergere reperti di età romana, ora, ulteriori scavi ne hanno portato alla luce altri di età ellenistica, precisamente “Una statuetta in terracotta raffigurante una figura femminile velata con indosso una tunica (chitone) e un mantello (himation); coppette, piatti a vernice nera, una lucerna, unguentari in terracotta e qualche moneta”.
Rimaniamo in Sicilia. Un articolo di Erica Vailati del 30 settembre su “L’Avvenire” ci informa che la rimozione del pavimento ligneo della cattedrale di Siracusa ha portato alla scoperta, o meglio alla riscoperta del basamento dell’antico tempio greco sopra cui la chiesa è stata edificata. La cosa non sorprende, con la cristianizzazione sappiamo che spesso i templi pagani sono stati trasformati in chiese, oppure chiese cristiane sono state edificate dove un tempo essi sorgevano.
Sempre il 30, un comunicato AGI.com ci informa che nella grotta spagnola di Cueva de los Murcielagos in Andalusia è stata ritrovata quella che sembrerebbe essere la calzatura più antica d’Europa, un sandalo fatto con erbe intrecciate risalente a 8.000 anni fa.
Prima di congedarmi, vorrei esporvi alcune considerazioni. Questa ricerca sulle orme dei nostri antenati è un po’ come una caccia ai funghi, si può essere attenti a esaminare le tracce del passato, ma ciò che si trova dipende da un elemento in gran parte casuale. Gli amici di “Ereticamente” mi hanno assicurato del suo valore a prescindere per rimpolpare l’aspetto culturale, spesso esangue della nostra area politica, ma resta il fatto che a volte si è fortunati e capita ad esempio qualche bel ritrovamento preistorico che ci dimostra una volta di più la falsità dell’Out Of Africa e della visione africano-centrica che cercano di imporci, e ci ricorda una volta di più che l’interpretazione del nostro passato, lungi dall’essere scientificamente neutra, è oggi più che mai terreno di uno scontro politico-culturale, di Weltanschauung, potremmo dire. Altre volte si è meno fortunati e ne esce un articolo “piano” e meno discosto dai canoni dell’ideologia ufficiale come è stato sinora questo, il che lascia francamente insoddisfatti.
Per fortuna, proprio mentre mi accingo alla chiusura del pezzo, scopro e vi posso segnalare tre eventi “nostri” che ribaltano la situazione.
Il primo è un articolo comparso sul sito di “Hyperborea Veneta” in data 22 settembre sulla necropoli veneta protostorica di Mel (Belluno). Forse, più che l’articolo in sé è importante la nota del curatore del sito, Auro Wild, che ci racconta che esso è finalmente tornato in attività dopo un blocco di due mesi causato da algoritmi fallaci. “Hyperborea Veneta” non si occupa apertamente di politica. Evidentemente, certe posizioni danno fastidio a chi controlla i media, anche a livello culturale.
Il secondo: un comunicato del 27 settembre di “Pagine filosofali” del nostro Luca Valentini, sito parallelo a “Ereticamente”, ci informa che domenica 1 ottobre si terrà on line sui canali Youtube, Facebook e Telegram il simposio “Urheimat” sulla visione del mondo, il mito ed il Sacro nella tradizione indoeuropea. E’ quasi superfluo sottolineare che anche qui siamo in netta controtendenza rispetto alla narrazione dominante che vorrebbe imporci di cercare le nostre radici in tutt’altri luoghi che nel mondo indoeuropeo.
Infine, il 20 settembre il nostro Michele Ruzzai con la pubblicazione su “Ereticamente” della ventottesima parte, ha concluso il suo impegnativo lavoro Strade del nord che espone la dottrina tradizionale sulle nostre origini, dopo di che, ha messo a disposizione di chiunque lo desideri una versione PDF. Devo dire la verità, ciò che mi ha maggiormente colpito di questo testo che ben meriterebbe una pubblicazione cartacea da parte di un editore professionale, è l’imponente bibliografia di autori tradizionali e non, che basta a dimostrare come la tesi contraria, quella africano-centrica è ben lungi dall’essere così solida come vorrebbero farci credere.
La battaglia sulle nostre origini e quindi, in ultima analisi, sul significato della nostra stessa esistenza nel mondo, è in pieno svolgimento, e di certo noi non ci tireremo indietro.
NOTA: Nell’illustrazione, donne minoiche da un affresco di Cnosso (da “Ancient Pages”).
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