Riprendiamo il nostro cammino sulle tracce dell’eredità degli antenati con il mese di ottobre. Se la mia tabella di marcia non mi inganna, e non lo credo, questo articolo dovrebbe comparire sulle pagine di “Ereticamente” a novembre. La “forbice” tra il tempo degli eventi di cui vi parlo e il momento in cui i miei testi vi arrivano sulle nostre pagine elettroniche, si è ridotta a un solo mese, mentre in altri momenti era arrivata a sfiorare i cinque. Concentrare in questo 2023 la mia attività su “Ereticamente” quasi solo su queste tematiche, ha dato alla fine i suoi frutti. Spero, nell’immediato futuro, di parlarvene quasi in tempo reale, aumentando la credibilità di questa serie di articoli. Avrete anche notato che la centotrentaseiesima parte, quella che precede il presente articolo, è stata un po’ più ampia del solito, ma diciamo che qualche piccolo sforzo in più ne vale la pena.
Anche questa volta seguirò uno schema ormai consolidato, andando a esaminare cosa ci offrono prima i siti specializzati come “Ancient Origins”, poi quelli generalisti.
Ricominciamo appunto da “Ancient Origins” e da un articolo di Nathan Falde del 2 ottobre. Che cosa ne direste se vi capitasse di cercare con il metal detector un orecchino perso nel giardino di casa, e trovaste invece dei reperti di età medioevale? E’ quello che è successo a una coppia nell’isola norvegese di Jomfruland che ha riportato inaspettatamente alla luce reperti di età vichinga.
Se ve ne ricordate, ve ne ho parlato la volta scorsa, è un vero peccato che la passione per il metal detector sia meno diffusa da noi. Chissà cosa potrebbe saltare fuori. L’Italia è un Paese di antichissimo insediamento umano, e ogni volta che si scava per riparare una conduttura, ne esce una nuova scoperta archeologica.
E proprio in Italia torniamo con un articolo di Sahir del 3 ottobre. A Pompei, dove gli scavi per riportare alla luce l’antica città sommersa dall’eruzione del Vesuvio non si sono mai interrotti, lungo la via di Nola sono stati riportati alla luce miri con scritte riferentesi alla campagna elettorale di tale Aulo Rustio Vero.
Il giorno seguente, un articolo di Gary Manners ci porta a Stonehenge. Il più iconico monumento preistorico delle Isole Britanniche presenta ancora aspetti misteriosi, in particolare non si è riusciti a stabilire da dove provenga la pietra d’altare centrale. Se ricordate ve ne avevo parlato una delle volte scorse. Bene, ora il mistero è tutt’altro che risolto, e si ipotizza addirittura una provenienza dall’Inghilterra settentrionale, con tutti i problemi che avrebbe causato il trasporto dell’enorme monolito per centinaia di chilometri.
Il giorno 6 siamo nelle Americhe, con un articolo firmato solo “Ancient Origins”. Sembra che la presenza umana sul doppio continente sia molto più antica di quanto finora si pensasse (7.000 anni recita il titolo dell’articolo, ma si tratta chiaramente di una stima per difetto), infatti si pensava che essa risalisse a 12-15.000 anni fa, ma ora il ritrovamento di impronte umane fossili risalenti a 23.000 anni fa nel Nuovo Messico impone di spostarla parecchio all’indietro. Se ve ne ricordate, che la presenza umana nelle Americhe sia considerevolmente più antica di quanto finora ammesso, è un concetto che ho espresso nel mio libro Alla ricerca delle origini e varie volte negli articoli di questa serie.
Il 7 ottobre Nathan Falde ci porta nel sito di Las Capellanas nel sud ovest della Spagna dove è stata scoperta una stele funeraria che ha parecchio sconcertato gli archeologi. La persona raffigurata è un uomo, lo si vede dai lineamenti molto dettagliati e dai genitali riprodotti, e impugna due spade, ma ha un cappello e una collana di foggia femminile. Si vede che l’ambiguità sessuale non è solo cosa di oggi.
Il 9 ottobre non solo si parla dell’Italia, ma l’autrice, Maria Napoli, è palesemente di origine italiana. L’articolo parla di Paestum, l’antica Posidonia, e dei suoi templi, fra i più antichi e meglio conservati in stile dorico che ci siano pervenuti.
Il 10 passiamo in Spagna con Gary Manners. Nel sito neolitico lacustre di La Draga de Banyoles in Catalogna sono stati riportati alla luce i resti di capanne neolitiche risalenti a 7.300 anni fa.
Il giorno seguente, sempre con Manners, torniamo in Italia, egli infatti ci informa che nei sobborghi di Giugliano vicino a Napoli è stata scoperta una tomba di età romana con bellissimi affreschi intatti, fra cui un’immagine di Cerbero, il cane a tre teste guardiano dell’Ade.
Un articolo di Sahir del 12 ottobre ci parla di vichinghi. Questi guerrieri e pirati erano meno barbari di come ce li immaginiamo, erano in possesso di tecnologie avanzate per la loro epoca, e non solo riguardo alla navigazione. Da frammenti ritrovati in varie località della Scandinavia, si è potuto notare che adornavano le loro finestre con vetri colorati.
Un articolo di Nathan Falde del 13 ci porta invece nella preistoria remota. A Siegsdorf in Germania è stato ritrovato lo scheletro di un leone delle caverne risalente a 48.000 anni fa che presenta evidenti segni di macellazione. Gli uomini di Neanderthal, i soli ad abitare allora l’Europa, erano in grado di cacciare e uccidere anche i grandi predatori, una riprova in più del fatto che non si trattava di ominidi scimmieschi, ma di uomini come noi.
L’articolo di Johanna Gillian del 14 ci riporta in Italia nell’area vesuviana. La Villa dei Papiri di Ercolano ci ha restituito numerosi papiri carbonizzati la cui lettura è finora risultata impossibile, tuttavia ora sarà forse possibile leggerli grazie alla scansione laser e all’intelligenza artificiale, tuttavia si tratta di una ricerca che è appena all’inizio.
Vediamo ora cosa ci presenta in questo periodo “Ancient Pages”. Un articolo del 7 ottobre ci parla della tomba di un guerriero scita risalente a 2.500 anni fa, ritrovata in Bulgaria nel sito di Provadia-Solnitsata, dove è stato rinvenuto un singolare scettro d’osso. Si tratta di un ritrovamento importante perché, essendo gli Sciti un popolo nomade, gli oggetti appartenenti alla loro cultura sono rari.
Il 9 ottobre torniamo a parlare dell’uomo di Neanderthal. Secondo uno studio condotto da Francesco d’Errico, Karen Loise van Niekerk, Lila Geis e Christopher Stuart Henshilwood, dell’Università di Bergen in Norvegia e dell’Università del Witwatersrand (Wits) di Johannesburg in Sudafrica, nei siti neanderthaliani a partire da almeno 100.000 anni fa, si trovano conchiglie forate che erano usate con ogni probabilità come elementi di collane, e questo dimostra che gli uomini di Neanderthal avevano sia senso dell’identità personale, sia senso estetico.
Adesso non menzionerò un paio di articoli che ripetono le stesse tematiche che abbiamo visto riguardo ad “Ancient Origins”.
“ArcheoMedia” del 1 ottobre ci porta in Turchia. Qui, nel sito di Karahan Tepe, che sembra appartenere alla stessa epoca, attorno al 10.000 avanti Cristo e allo stesso orizzonte culturale di Gobeckli Tepe, sono venute alla luce la statua di un uomo molto realistico e con un fallo molto evidente, e la statua di un avvoltoio addossata a un muro.
Sarà opportuno ripetere lo stesso discorso che vi ho fatto riguardo a Gobeckli Tepe tempo addietro. Che questo santuario preistorico possa essere stato realizzato in un’epoca tuttora considerata paleolitica da cacciatori-raccoglitori nomadi che dovevano dedicare tutte le loro energie a procurarsi lo strettamente necessario per sopravvivere e che non potevano trattenersi a lungo nello stesso luogo, è semplicemente da escludere e, come diceva monsieur Dupin di Edgar Allan Poe, una volta escluso l’impossibile, quel che rimane, per quanto improbabile deve essere vero.
E’ un fatto ormai accertato che fino a 10.000 anni fa il Mar Nero non esisteva e che al suo posto c’era un lago di acqua dolce di dimensioni molto meno estese. Tutto fa pensare che sulle rive di quest’ultimo, in un’area che non ha senso considerare se asiatica o europea, sorgesse una cultura stanziale che aveva scoperto l’agricoltura e iniziato a dare vita a insediamenti stabili, e a cui siti come Gobeckli Tepe vanno probabilmente ricondotti, e l’inizio del neolitico andrebbe arretrato di almeno duemila anni.
Successivamente, a causa del crollo del ponte di terra del Bosforo, il lago e la regione circostante sarebbero stati invasi dalle acque del Mediterraneo creando il Mar Nero che conosciamo. Guarda caso, poiché non è pensabile che questo diluvio non abbia lasciato superstiti, sulle sponde del Mar Nero troviamo in Bulgaria l’avanzata cultura di Varna e in Ucraina la cultura Jamna o Jamnaia considerata la più antica cultura indoeuropea conosciuta. Questo spiegherebbe perché le ricerche dell’Urheimat indoeuropea non hanno avuto finora esito, essa oggi giace sotto le acque.
Tutto ciò contrasta in modo netto con il paradigma orientalista, non si potrebbe infatti parlare di una derivazione della civiltà europea dal Medio Oriente, ma semmai esse sarebbe stata sviluppata in modo parallelo dai superstiti che si diressero a nord-ovest e a sud-est.
Ora passiamo invece a vedere cosa ci riservano i media generalisti.
Cominciamo con un articolo di Enrico Barbetti su “Il Resto del Carlino” del 5 ottobre, che ci segnala che a Santa Maria Villiana, frazione del comune di Gaggio Montano (Bologna) gli archeologi dell’ateneo bolognese hanno portato alla luce i resti di un villaggio perduto della tarda Età del Bronzo, risalente ad almeno 3.000 anni fa. Sta affiorando un gran numero di reperti, per ora tutti da studiare.
Sempre “Il Resto del Carlino” del 5 ottobre ci riporta una notizia di tutt’altro genere. A Claterna, frazione del comune di Ozzano (Bologna) si è tenuta la Festa della Storia, una rievocazione storica che ha dato modo ai partecipanti di trascorrere una giornata insieme ai legionari di una legione romana del I secolo dopo Cristo, la XIII legio Gemina.
Ne ho parlato altre volte, queste rievocazioni sono uno strumento molto utile per trasmettere, soprattutto ai più giovani, il senso della storia. Siamo in un campo puramente divulgativo, ma ben venga!
Il quotidiano bolognese sembra che in questo periodo si stia impegnando molto nelle tematiche storiche e archeologiche, e infatti l’8 ottobre ci racconta di un singolare tour compiuto da tre forlivesi che quest’estate hanno percorso a piedi la lunghezza del Vallo di Adriano, tra Inghilterra e Scozia.
Il giorno 9 un articolo di Serena Polizzi su AGI.com ci parla della tomba scoperta a Giugliano (Napoli), di cui vi ho già detto relativamente all’articolo apparso su “Ancient Origins”, e aggiunge qualche particolare in più, così scopriamo che la tomba è stata scoperta nel corso di lavori di scavo per la rete idrica.
La stessa notizia è poi riportata da un articolo di Theo Farrat su Euronews il giorno 11.
“Il Mattino” del 13 ottobre ci riporta una notizia grande e importante ancorché attesa: la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico ha assegnato l’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” – giunto alla 9ª edizione alla scoperta dei bronzetti rinvenuti a San Casciano dei Bagni. Ricordiamo che il premio Khaled, assegnato da una giuria internazionale comprendente giurati tedeschi, svizzeri, inglesi e francesi, è una sorta di Oscar o di Nobel dell’archeologia, ed è la prima volta che viene assegnato a una scoperta avvenuta in Italia.
“The Daily Digest” del 14 ottobre riporta la notizia che frammenti di una mandibola rinvenuti in Cina e antichi di 300.000 anni “potrebbero riscrivere la storia dell’umanità”. In realtà si tratta del ritrovamento di Hualongdong di cui vi ho già parlato una delle volte precedenti. La cosa più notevole è forse che qui, ancora una volta si parla di “una specie umana precedentemente sconosciuta”. Siamo alle solite: archeologi, paleoantropologi e naturalmente divulgatori scientifici si inventano “altre” specie umane a getto continuo per mantenere la pretesa, sempre meno sostenibile che “la nostra” umanità sia quella che si suppone venuta dall’Africa attorno a 50-100.000 anni fa.
E’ una situazione che ricorda molto quella degli astronomi poco prima di Copernico, che erano costretti a equilibrismi pazzeschi per conciliare le loro scoperte con il geocentrismo che la Chiesa cattolica aveva assunto come dogma. Anche qui si cerca di non contraddire un dogma imposto per evidenti motivi politici, per cancellare il concetto di razza e favorire la sostituzione etnica che sta avvenendo in Europa.
Io direi che questa volta quasi non occorrerebbe, come sono solito fare alla conclusione di ciascuno di questi articoli, farvi un piccolo riepilogo che ne tocchi i punti nodali per mostrarvi come essi, lungi dal voler rappresentare un centone di tutte le scoperte archeologiche, sono o almeno ambiscono a essere momenti di una precisa battaglia politico-culturale.
Ancora una volta parliamo innanzi tutto del mondo romano. Certo, citando fonti italiane, il gioco sarebbe facile, ma quando è “Ancient Origins” a parlarci dei papiri di Ercolano, dei templi di Paestum, degli affreschi della tomba scoperta a Giugliano, la cosa cambia aspetto, e se poi aggiungiamo la circostanza di un importante riconoscimento internazionale come il premio Khaled assegnato ai bronzetti di San Casciano dei Bagni.
Noi Italiani siamo gli eredi più diretti della più grande civiltà del mondo antico, la cui impronta è ancora oggi determinante se possiamo parlare di un’unica civiltà europea. Il fatto che i nostri connazionali ne siano perlopiù così poco consapevoli e fieri, questo è uno dei frutti avvelenati della democrazia.
Poi, potrà sembrare paradossale che io citi le scoperte di Gobeckli Tepe e quelle recentissime di Kaharan Tepe, avvenute in Turchia, terra asiatica, come ennesima confutazione dell’ex Oriente lux, ma non dimentichiamo che prima della catastrofica inondazione che ha portato alla formazione del Mar Nero, questi siti facevano parte di un contesto che non si può propriamente considerare né asiatico né europeo, e che, se i superstiti di questa cultura che si sono spinti verso sud-est possono essere stati all’origine delle civiltà asiatiche e del Medio Oriente, quelli che invece sono saliti a nord-ovest, sono stati probabilmente i precursori degli Indoeuropei, e non è di un’influenza dell’Asia sull’Europa, ma semmai di uno sviluppo parallelo, che si può parlare.
Infine, last but not least, per quanto riguarda la preistoria remota, le nuove scoperte mettono sempre più in crisi l’Out Of Africa, o per essere più espliciti, ne dimostrano la falsità. Man mano che conosciamo sempre meglio l’uomo di Neanderthal, lo vediamo sempre più simile a noi, cacciare i leoni delle caverne e adornarsi con collane di conchiglie intuiamo fra lui e noi una differenza non di specie, ma al massimo di razza. Ma se la nostra specie abitava l’Europa già da centinaia di migliaia di anni, che senso ha sostenere che essa vi sarebbe giunta dall’Africa 50-100.000 anni fa? A questo si aggiungono i ritrovamenti cinesi di Hualongdong, sale sulle ferite degli africano-centrici. E’ più evidente che l’Out Of Africa è un dogma imposto per motivi politici.
E noi siamo qui a dimostrarne la falsità, agendo ereticamente, è ovvio.
NOTA: Nell’illustrazione, l’affresco raffigurante Cerbero rinvenuto nella tomba di Giugliano (Napoli).