8 Ottobre 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centoundicesima parte – Fabio Calabrese

Temo che voi la leggerete molto più tardi, ma sono lieto di cominciare questo articolo, nella seconda decade di gennaio, con una notizia importante, una GRANDE notizia. Il nostro Michele Ruzzai, a cui andavano già accreditate alcune pubblicazioni all’estero, è sempre più internazionale, ed è internazionale anche “Ereticamente”, infatti l’11 gennaio ci ha comunicato che è stato pubblicato sulla rivista spagnola “Mos maiorum” (rivista di tradizione, postmodernità, filosofia e geopolitica) il suo articolo Algunas notas sobre el origen de las especies según el esoterismo, che però altro non è che la traduzione in lingua spagnola del suo Arvo e l’origine delle specie secondo l’esoterismo – una rilettura, pubblicato su “Ereticamente” il 23 febbraio 2019, quindi diciamolo, assieme al nostro amico che merita tutte le nostre congratulazioni, si situa a un livello internazionale anche “Ereticamente”.

Nella stessa data dell’11 gennaio, un comunicato ANSA ci parla di quella che a prima vista può sembrare davvero una stranezza che getta un singolare ponte tra paleoantropologia e astronomia, la “cometa dei Neanderthal”. Di che si tratta? Le comete, lo sappiamo, sono divise in periodiche, che sono in orbita attorno al Sole e fanno una comparsa in vicinanza della Terra a scadenza regolare – la più classica, la cometa di Halley – e non periodiche, che fanno una comparsa fuggevole prima di andare a perdersi nelle profondità dello spazio, anche se c’è il sospetto che le comete non periodiche siano tali perché le loro orbite attorno al Sole sono talmente ampie, che a memoria d’uomo non è stato dato di osservare due loro passaggi successivi, d’altra parte le stesse comete periodiche si presentano in vicinanza del nostro pianeta a scadenza di parecchi decenni o secoli.

“La cometa dei Neanderthal” che, ci dicono gli astronomi, raggiungerà la sua massima vicinanza e quindi visibilità tra la fine di gennaio e gli inizi di febbraio, è stata chiamata così perché il suo ultimo passaggio risale a 52.000 anni fa, quando il nostro pianeta, o perlomeno il nostro continente, erano abitati prevalentemente da Neanderthaliani.

Vi ho già fatto osservare altre volte che se noi dovessimo stendere una classifica delle regioni italiane in base all’interesse manifestato per il remoto passato, le radici profonde, il Veneto risulterebbe con ogni probabilità in testa. Ora ne abbiamo un’ulteriore conferma, anche se si tratta di un tassello. Venerdì 13 gennaio, Aurelio La Scala, coautore, come ricorderete, assieme ad Alessandro Marchesan dell’eccellente e voluminoso testo sui Celti di cui vi ho parlato alcune Eredità degli antenati or sono, ha postato in internet una breve recensione di un testo pubblicato dalla “Gazzetta di Venezia” ormai più di trent’anni fa, nel 1992, oggi introvabile, ma di cui è un peccato che si perda la memoria, Le armi dei Veneti primi di Moreno Sagramora. Ve ne riporto uno stralcio:

Volume ormai introvabile, meraviglioso documento sulle armi antiche rinvenute nel Triveneto, dall’Età del Bronzo a tutto il periodo paleoveneto, fino all’epoca altomedioevale.

Il libro si divide in capitoli separati per genere di arma, cronologia e aree geografiche, con numerosi disegni dei reperti ritrovati: asce, pugnali, spade, lance, elmi, corazze, ecc…, fino a parlare del guerriero veneto, alla sua iconografia attraverso bronzetti e lamine, infine, trattando i principali fatti d’arme con elenco delle più famose imprese belliche avvenute nei periodi trattati, con testimonianze dai maggiori autori delle fonti storiche”.

Vediamo cosa ci offre in questo periodo “Ancient Origins”, e comincio con il segnalarvi un articolo del 12 gennaio di Robbie Mitchell sui Magici, mitici elfi e nani della leggenda norrena. Noi, ci spiega l’autore, siamo abituati ad associare elfi e nani all’opera letteraria di John R. R. Tolkien, in particolare al Signore degli anelli, ma Tolkien non li ha inventati, bensì ha tratto ispirazione dalla leggenda nordica, in particolare dal Volospa, il poema norreno della creazione. Tolkien non ne menziona, ma nello stesso poema mitico hanno una posizione di rilievo anche i giganti, anzi il gigante Ymir è proprio l’essere primordiale da cui si originano il mondo e gli esseri viventi.

La tragedia del conflitto russo-ucraino ha perlomeno riacceso l’interesse su quella parte non troppo conosciuta del nostro mondo, e così un articolo di Jake Leigh-Howarth dell’11 gennaio ci porta sulle tracce di quella che potrebbe essere una perduta colonia anglosassone nell’Europa orientale. Nella Crimea nord-orientale si trova una città che porta il sorprendente nome di Londinia. Secondo alcuni, potrebbe trattarsi di un’antica colonia fondata da Sassoni fuggiti dall’Inghilterra, dopo che l’Isola nel 1066 fu invasa dai Normanni di Guglielmo il Conquistatore.

La maggior parte di ciò che sappiamo del mondo romano, della storia, della letteratura di Roma, ci viene dai codici trasmessici dagli amanuensi medioevali spesso attraverso parecchie successive ricopiature di testi. Bene, a quanto pare, qualcuno ha finalmente pensato a uno studio approfondito sulle fonti originali. In un articolo del 12 gennaio Ashley Cowie ci racconta che il Consiglio Europeo delle Ricerche ha varato il progetto PLATINUM che si prefigge uno studio approfondito dei papiri latini dal 1° all’8° secolo dopo Cristo.

Lasciamo adesso “Ancient Origins” e passiamo ad “ArcheoMedia”.

Naturalmente, dovevamo aspettarcelo. Come sapete, e come vi ho più volte evidenziato, la novità archeologica più importante del 2022 è consistita nel ritrovamento di bronzetti rimasti conservati nel fango della piscina votiva di San Casciano dei Bagni (Siena), novità archeologica più importante non solo a livello italiano. Ebbene, “ArcheoMedia” ci informa che il 25 e il 26 gennaio si terrà presso l’aula Magna Virginia Woolf dell’Università per Stranieri di Siena il convegno “Dentro il sacro, multiculturalismo e plurilinguismo nello scavo del Bagno Grande a San Casciano dei Bagni”.

Consentitemi una nota polemica, c’è veramente da chiedersi perché mai ogni volta che si parla del mondo romano e non lo si fa nei termini denigratori dei film hollywoodiani, Quo vadis e Ben Hur in testa, si deve sempre buttare in piatto la questione del multiculturalismo? Certo che la civiltà romana si è nutrita di diversi apporti (il mondo ellenico ha avuto, ad esempio un’influenza estremamente importante), ma nondimeno, almeno fino alla cristianizzazione ha sempre mantenuto la propria fisionomia originale. In questo, si confessa involontariamente di rileggerla coi paraocchi della cultura attuale, quella che ci è stata imposta a partire dal 1945, che è appunto una cultura patchwork, formata dalla giustapposizione di scarti.

Quando poi si parla di plurilinguismo si toccano davvero i vertici del ridicolo, forse che le statuette bronzee emerse dal fango della piscina di San Casciano dei Bagni, i ricercatori le hanno sentite parlare?

Ma prescindiamo e andiamo avanti a vedere cosa ci offre “ArcheoMedia” in questo periodo.

Sempre in tema del mondo romano, penso ricorderete che alcune Eredità degli antenati or sono era in corso a Pompei il restauro della Casa dei Vettii (famiglia di liberti arricchitisi con il commercio dei vini), di cui si prevedeva la riapertura al pubblico. Bene, un articolo del 12 gennaio ci informa che ora tale riapertura è avvenuta. Gioverà ricordare che tuttora il sito archeologico di Pompei è lontano dall’essere completamente dissepolto, tanto meno studiato, messo in sicurezza ed esposto al pubblico. Possiamo ancora aspettarci sorprese nei tempi a venire.

Un articolo del 13 gennaio ci informa che a Roma, nella sede di Palazzo Caffarelli dei Musei Capitolini, dal 13 gennaio al 24 settembre sarà esposta la mostra “Il racconto dell’archeologia, la Roma della repubblica”. Si tratta della seconda mostra organizzata dai Musei Capitolini sotto il titolo “Il racconto dell’archeologia”, la prima, “La Roma della monarchia”, si era tenuta nel 2018.

Un articolo del 12 gennaio ci ricorda che invece a Milano presso il Museo di Sant’Eustorgio e della Cappella Portinari, piazza Sant’Eustorgio 3, è in corso dal 12 ottobre 2022 la mostra di arte paleocristiana “L’orante, nel Tuo nome alzerò le mie mani”, che prende il nome, appunto, da un frammento di epigrafe noto come “l’orante” che riproduce un uomo con le braccia sollevate in quello che nell’antichità era un gesto di preghiera.

Il 13 gennaio abbiamo un articolo di Michele Zazzi sul “gruppo dell’aratore”, si tratta di un gruppo di bronzetti etruschi risalente al V secolo avanti Cristo raffigurante un uomo che guida un aratro cui sono aggiogati due buoi. Purtroppo non è possibile stabilirne l’esatta provenienza, perché il gruppo è stato ritrovato nel territorio di Arezzo nel XVII secolo, e allora si badava all’oggetto come “curiosità” da collezionare e non si dava importanza al contesto Il gruppo avrebbe fatto parte della collezione romana del celebre erudito gesuita Athanasius Kirker (collezione kirkeriana) prima di confluire nella disponibilità del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma. Stando a un disegno fatto all’epoca del ritrovamento, di esso avrebbe fatto parte anche una figura femminile oggi dispersa.

Rimanendo in tema etrusco o vicino agli Etruschi nell’Italia preromana, si può ricordare che sempre il giorno 13 gennaio in un documentario su RAI 5 si è parlato delle tavole eugubine. Di che si tratta?

Si tratta di sette tavole bronzee rinvenute nel 1444 nella zona di Gubbio (Perugia), entrate in possesso del comune di Gubbio nel 1456 e da allora conservate nel locale Palazzo dei Consoli, cinque sono scritte su entrambe le facce e due su una faccia sola, cinque di esse, verosimilmente le più antiche, sono scritte in un alfabeto simile a quello etrusco, o alfabeto etrusco adattato alla lingua umbra, le due più recenti in alfabeto latino, risalirebbero al terzo o secondo secolo avanti Cristo, ma sono tutte redatte in lingua umbra. Il contenuto è di carattere religioso, si tratta di una serie di prescrizioni rivolte a un collegio sacerdotale chiamato Fratres Atiedii.

Data l’epoca del ritrovamento, come riguardo al Gruppo dell’Aratore, non si è tenuto conto del contesto, e non se ne conosce il luogo esatto di provenienza. Nondimeno esse rappresentano la documentazione più importante di cui disponiamo della lingua umbra parlata in età preromana, oltre a evidenziare il ruolo degli Umbri come trait d’union fra il mondo etrusco e quello romano. Giacomo Devoto che le ha studiate a lungo, le ha definite “Il testo rituale più importante di tutta l’antichità classica”.

Si può dire che continui una tendenza che abbiamo già visto nell’ultimo periodo del 2022, mentre nei siti internazionali che si occupano di archeologia non si trova un gran che riguardo all’archeologia europea, a parte, ma è un discorso diverso, l’ampio spazio dato alla mitologia greca e norrena da “Ancient Origins”, mentre, ad esempio, “The Archaeology News Network” sembra letteralmente morto, (ma, come vediamo da “ArcheoMedia”, l’archeologia italiana fa ampiamente eccezione), troviamo una serie di informazioni nuove sulla nostra eredità ancestrale su di un sito “generalista” come MSN.com, e anche in questo caso, quella che viene evidenziata è soprattutto la nostra eredità romana.

Il 13 gennaio troviamo un articolo ripreso da FunWeek che ci parla della Bocca della Verità. Questo famoso mascherone oggi inserito nel pronao della chiesa di Santa Maria in Cosmedin, è stato reso celebre a livello internazionale dal film Vacanze romane con Gregory Peck e Audrey Hepburn, ma in origine si trattava semplicemente della lastra di chiusura di un condotto dove confluiva l’acqua piovana.

Roma, lo sappiamo, è un grande museo a cielo aperto dove si è con l’andare del tempo stratificata tantissima storia, al punto che non è praticamente possibile scavare una buca da qualche parte senza incappare in qualche sorpresa archeologica, e bene lo si è visto, ad esempio, quando si è deciso di realizzare la metropolitana romana.

Un articolo, anch’esso ripreso da FunWeek del 12 gennaio ci racconta la storia singolare della costruzione del Palazzetto della Rinascente di via del Tritone. Quando ci si è messi a scavare per realizzare le fondamenta di questo edificio, cosa è saltato fuori?

Al livello sotterraneo sono stati trovati 4000 mq di strutture come una domus del IV secolo d.C., alcune insulae del II secolo, un complesso termale ornato con pavimenti a mosaico, la Via Salaria Vetus e il celebre Acquedotto Vergine con 15 arcate perfettamente conservate sviluppate per una lunghezza di 60 metri”.

Se vi sembra poco! Quella che in qualsiasi altra parte del mondo sarebbe una scoperta archeologica grandiosa, a Roma è normale amministrazione!

Il 14 gennaio abbiamo un articolo ripreso da Starinsider che ci parla de I viaggi più sorprendenti dei vichinghi.

Sappiamo che a bordo dei loro drakkar che erano le navi ingegneristicamente meglio costruite del tempo, questi navigatori, partendo dalla Scandinavia hanno raggiunto le isole Ebridi, le Orcadi, l’Islanda, la Groenlandia e, la cosa è ormai certa il continente americano, Terranova dove realizzarono l’insediamento de L’Anse Aux Meadows. Una curiosità: probabilmente per evitare una annosa polemica al riguardo, le isole Faeroer hanno emesso una serie di francobolli che celebra la scoperta dell’America come una scoperta doppia, attribuita sia a Cristoforo Colombo sia al navigatore vichingo Leif Ericcson.

Questa Eredità degli antenati ha un retroscena abbastanza singolare: avevo appena terminato la stesura della centodecima parte quando mi è arrivata la notizia della pubblicazione all’estero dell’articolo di Michele Ruzzai. Che fare? Mi sembrava troppo importante per aggiungerla in poche righe al pezzo già scritto, meglio farne il punto di attacco di un nuovo articolo che però non sapevo quando sarei riuscito a completare.

A togliermi dall’imbarazzo è subito arrivato un profluvio di nuove informazioni che, come potete vedere, sono perlopiù concentrate nelle due giornate di giovedì 12 e venerdì 13 gennaio (a proposito, chi l’ha detto che venerdì 13 debba essere un giorno sfortunato?) Non è la prima volta che ho l’impressione che qualche dio delle coincidenze faccia gli straordinari per darmi una mano.

Se ricordate, poi, la scorsa volta vi ho fatto la lamentela che, condizionato come sempre dal materiale disponibile, ne era uscito un articolo troppo “piano”, tutto basato su fonti ufficiali, infatti lo scopo di questa serie non è quello di farvi un resoconto di tutto quanto accade in campo archeologico, infatti, quello che realmente interessa è evidenziare la nostra eredità italiana ed europea, la cui consapevolezza è un fatto politico, e certo non è il caso di nascondere il taglio politico di “Ereticamente”.

Bene, stavolta le cose vanno in maniera diversa. Per prima cosa, posso menzionare il fatto che sia Michele Ruzzai, sia Aurelio La Scala rientrano in quel filone di interpretazione della nostra cultura che possiamo chiamare tradizionale, poi il fatto che il prossimo convegno senese sui ritrovamenti di San Casciano dei Bagni mi ha dato l’occasione di polemizzare con quel preteso multiculturalismo che ormai cercano di ficcare dappertutto.

Infine, in un momento in cui l’archeologia internazionale sembra nuovamente mostrare un certo ristagno, si evidenzia la buona qualità della ricerca italiana, certamente connessa al fatto che abbiamo alle spalle un patrimonio storico e culturale enorme non sempre apprezzato come dovrebbe essere. Peccato che questo avvenga in un Paese che sembra maggiormente interessato al Grande Fratello e al festival di San Remo.

 

NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra la rivista spagnola Mos Maiorum che contiene l’articolo di Michele Ruzzai, al centro, il libro Le armi dei Veneti primi di Moreno Sagramora, a sinistra, manifesto del convegno “Dentro il sacro”.

 

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