8 Ottobre 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centoventinovesima parte – Fabio Calabrese

Passato il solstizio estivo, siamo già nella fase discendente dell’anno, anche se il calendario per una decina di giorni ci assicura che siamo ancora nel primo semestre. Un anno, questo 2023 che, per quanto riguarda la nostra eredità ancestrale, si sta rivelando ricco di scoperte a iosa, al punto che sebbene io abbia finora dedicato quasi esclusivamente a L’eredità degli antenati il mio spazio settimanale su “Ereticamente”, difficilmente potrete leggere questo articolo prima di settembre.

Ricominciamo, seguendo la prassi ormai consolidata, con il vedere cosa ha in serbo per noi in questo periodo “Ancient Origins”. Possiamo iniziare da un articolo di Nathan Falde del 21 giugno, proprio il giorno del solstizio, che ci racconta che nei Paesi Bassi, esattamente nei pressi di Tiel non lontano da Rotterdam, è stato ritrovato un santuario risalente a 4.000 anni fa, contenente tumuli funerari, fossati, cimiteri e percorsi fiancheggiati da pali di legno (dei pali suppongo saranno rimaste le buche), naturalmente qualcuno ha subito parlato di una Stonehenge dei Paesi Bassi.

Il 22 giugno Sahir ci parla di un altro ritrovamento sorprendente, nel sud della Spagna è stato trovato un frammento di anfora romana con incisi il settimo e l’ottavo verso delle Georgiche di Virgilio.

Lo stesso giorno un articolo di Robbie Mitchell ci porta a conoscere un altro aspetto del mondo romano, l’uso degli animali nei giochi gladiatorii: elefanti, leoni, pantere e altre belve esotiche provenienti dagli angoli più remoti dell’impero, servivano ad accrescere la spettacolarità delle manifestazioni circensi.

Il 25 abbiamo un articolo di Aleksa Vuckovic su Numa Pompilio, il secondo re di Roma. Per quanto si tratti di un personaggio leggendario della cui esistenza storica non si hanno prove certe, si sarebbe trattato di una figura chiave della storia romana, cui si devono le istituzioni dell’Urbe in campo religioso ma anche civile, con l’introduzione delle magistrature e del calendario di dodici mesi poi noto come giuliano.

Continuiamo con il mondo romano. Il 26 un articolo di Rebecca Batley ci porta a esplorare i resti di un’importante fortezza romana in Britannia, il forte di Richborough sorgeva sull’isola di Thanet, al largo della costa del Kent, separato dalla terraferma dal canale di Wantsum, ed è anche un’occasione per ri-raccontare la storia della conquista romana dell’Isola, iniziata con una spedizione di Giulio Cesare, poi ripresa con determinazione sotto Claudio.

Parlando del mondo romano, era difficile che non saltasse fuori qualcosa riguardo a Pompei dove le ricerche sulla città distrutta dall’eruzione del Vesuvio non si sono mai interrotte, e infatti un articolo di Ashey Cowie del 27 riporta una notizia che – a dire il vero – almeno qui da noi è rimbalzata su tutti i media: su di un affresco pompeiano è stato ritrovato qualcosa che sembra proprio l’immagine di una pizza. In realtà di una pizza non poteva trattarsi perché mancano la mozzarella e – ovviamente – il pomodoro, arrivato in Europa solo dopo la scoperta delle Americhe, è verosimilmente una focaccia con delle verdure poggiate sopra, ma potrebbe essere stata un’antenata della pizza. Questo Cowie non lo dice ma l’abbiamo saputo da altre fonti, non ha però impedito ai nostri pizzaioli di inventarsi la pizza “Pompei”.

Notiamo anche che, dopo aver creato una directory che raccoglie gli articoli sulla mitologia greca e una per quelli sulla mitologia norrena, “Ancient Origins” ne ha adesso create altre due, una sull’antica Roma – ed era ora – e una sull’antico Egitto, ma quest’ultima ci interessa di meno. Andare a cercare le nostre radici in Egitto, in Medio Oriente, fuori dall’Europa è una mania che non ha bisogno di essere incentivata, è anche troppo diffusa e ha un effetto fuorviante sulla ricerca storica.

Come vi ho raccontato la volta scorsa, sembra che articoli che riguardano il nostro campo d’interesse su “Ancient Pages” siano diventati rari, mentre ve ne sono molti che riguardano l’astronomia, l’informatica, la paleontologia. Tuttavia in questo periodo ne abbiamo almeno uno che riguarda la mitologia norrena, ci narra dell’epico viaggio degli dei Thor e Tyr per rubare il grande calderone usato per fare la birra di proprietà del gigante Hymir. Nel corso del viaggio, le due divinità si dedicano un po’ anche alla pesca e catturano il gigantesco serpente marino di Jormungand.

Sarà anche il caso di dare un’occhiata a cosa ci offrono in questo periodo i media generalisti che appaiono singolarmente affollati.

Cominciamo con un comunicato ANSA del 21 giugno che ci informa che a Trento è stata riaperta al pubblico la Villa di Orfeo, si tratta di una residenza gentilizia romana del primo secolo dopo Cristo, e  prende il nome dal grande mosaico policromo di Orfeo che decora il vano di rappresentanza.

Lo stesso comunicato presenta un link che rimanda a un video del 27 giugno sulla villa romana di Casignana (Reggio Calabria). Che i nostri antenati Romani abbiano coperto la Penisola da un capo all’altro di splendide residenze signorili, è cosa di cui non dubitavamo affatto.

“Leggo.it” del 25 giugno ci riferisce del ritrovamento sui fondali del lago di Nemi di una testa femminile marmorea di epoca romana, potrebbe trattarsi di una polena o di un ornamento di una delle navi di Caligola.

Il 26 “Il Mattino” riporta la notizia che domenica 2 luglio il parco archeologico di Pompei, la Reggia di Caserta e tutti i musei napoletani saranno visitabili gratuitamente.

Il 27 un articolo di Matteo Porfiri su “Il Resto del Carlino” ci informa che a Villa Pigna, frazione del comune di Folignano (Ascoli Piceno) durante i saggi per la realizzazione di un centro polifunzionale sono emersi resti di età preromana, verosimilmente riferibili all’antico popolo dei Piceni.

Nella stessa giornata, Tgcom24 riferisce dell’antenata della pizza ritrovata su un affresco pompeiano, ma poiché ve ne ho già parlato in riferimento ad “Ancient Origins”, ora prescindiamo.

Sempre il 27 un articolo di Francesco Baldi su “Il Messaggero” ci riferisce che giovedì 29 a Civita Castellana (Viterbo)  al Museo archeologico dell’Agro Falisco, a Forte Sangallo, saranno presentati i risultati della seconda campagna di scavo sul colle di Vignale. Il progetto Falerii Veteres del Dipartimento di Scienze dell’antichità dell’Università La Sapienza di Roma ha lo scopo di studiare l’antica cultura falisca dell’Età del Bronzo.

Proseguono intanto i lavori a Pompei. “Il Mattino” del 28 informa che dall’indomani, giovedì 29 giugno, sarà riaperto al pubblico il restaurato percorso delle botteghe artigiane.

Il 29 giugno un articolo di Cinzia Boccaccini su “Il Resto del Carlino” ci informa che la campagna di scavi condotta dall’Università Ca’ Foscari di Venezia nell’area di Comacchio (Ferrara) ha condotto alla scoperta di un pavimento a mosaico di età romana probabilmente risalente al primo secolo dopo Cristo nella zona Motta della Girata.

Un comunicato ANSA del 30 giugno ci riporta invece in Sicilia, precisamente nell’area archeologica di Segesta (Trapani) dove nella zona dell’Acropoli sud, sepolto per secoli sotto un leggero strato di terriccio e vegetazione, è tornato alla luce un altare presumibilmente di età ellenistica composto da due elementi litici.

Nella stessa giornata  si può segnalare la comparsa sul sito di “Hyperborea Veneta”, (hyperboreaveneta.wordpress.com)(veneta, ma evidentemente senza alcuna preclusione verso il resto della Penisola) di un articolo del nostro Auro Wild dedicato al complesso megalitico calabrese di Nardodipace (Vibo Valentia).

L’Italia è ricca di monumenti megalitici da un capo all’altro della Penisola, di cui perlopiù i nostri connazionali hanno scarsissima o nessuna conoscenza. L’avevo rilevato anch’io in particolare in una conferenza da me tenuta al festival celtico triestino Triskell nel 2019, L’Italia megalitica, il cui testo è poi apparso su “Ereticamente” suddiviso in tre articoli.

Un’associazione che porta il bel nome di “Eb-brezza estiva” ci annuncia che domenica 2 luglio alla Corte Benedettina di Correzzola (Padova) si terrà una nuova presentazione del libro di Elena Righetto Folklore e magia popolare nel Veneto. La locandina della manifestazione ci informa che la nostra brava  Elena Righetto è anche l’autrice di un Calendario tradizionale veneto pagano. Certo, parlare di magia e di paganesimo in una corte benedettina suona un po’ strano, ma in tempi di ecumenismo…

Io vi prego di scusarmi se non sono in grado di fornirvi la data precisa, ma – non so per quale motivo – l’articolo si è rivelato impossibile da scaricare. All’incirca in questo periodo è apparso su “Il Primato Nazionale” un articolo di Carlomanno Adinolfi dal titolo che più esplicito di così non si potrebbe: La teoria dell’origine africana dell’uomo continua a perdere pezzi. Non è altro che la pura e semplice verità, a ogni nuova scoperta sulle nostre origini, essa appare sempre più difficile da sostenere, e se non fosse sostenuta con sfacciata insistenza dal sistema mediatico e da quello “educativo” nonché dal boicottaggio sistematico dei lavori dei ricercatori che la contraddico, sarebbe stata abbandonata da un pezzo.

In realtà non si tratta di una teoria scientifica, ma di un costrutto ideologico imposto le cui ragioni sono creare un clima psicologico favorevole all’invasione che oggi subiamo dalla parte opposta del Mediterraneo, e, concedendo alla nostra specie non più di 50.000 anni dalla sua origine, negarle il tempo sufficiente per essersi differenziata in razze.

Ricordo che io stesso ho pubblicato un libro sull’argomento, Ma davvero veniamo dall’Africa? (edizioni Aurora Boreale).

Tutto ciò per quanto riguarda la pars destruens dell’articolo, ma c’è anche una pars construens che ora vorrei brevemente esaminare.

Premesso che tutto induce a pensare che la nostra specie abbia avuto origine non in Africa ma in Eurasia, noi sappiamo che qualche decina di migliaia di anni fa la specie umana era suddivisa nelle tre varietà di  Cro Magnon (sapiens sapiens da cui deriva la stragrande maggioranza del nostro patrimonio genetico, noi), Neanderthal e Denisova, varietà, non specie diverse come dimostra il fatto che si sono incrociate ripetutamente dando origine a una discendenza fertile. Delle tre, Adinolfi avanza l’ipotesi che Denisova sia quella ancestrale alle altre due.

A mio parere, si tratta di un’ipotesi che merita di essere presa in seria considerazione, ma non può essere provata, sia perché i fossili denisoviani di cui disponiamo sono veramente scarsi, sia  perché l’establishment “scientifico” boicotta le ricerche sull’origine della nostra specie che la pongono fuori dall’Africa.

Come sapete, come vi ho già raccontato, anche quest’anno in questo periodo ho tenuto due conferenze al festival celtico triestino Triskell, martedì 27 giugno La preistoria, i megaliti, i Celti e domenica 2 luglio Ritorno nel mondo dei megaliti, che è stata un aggiornamento con le nuove scoperte dell’argomento del megalitismo da me trattato negli anni scorsi, ma a differenza degli anni precedenti, ho deciso di non riportarne i testi su “Ereticamente” ma di darvene una sintesi nell’articolo Ex Oriente Lux, ma sarà poi vero?, trentacinquesima parte.

Il motivo di questa scelta non è difficile da capire: nel corso di quest’anno mi vedo costretto a concentrarmi soprattutto su L’eredità degli antenati perché le nuove informazioni emerse in questo periodo sulla nostra eredità ancestrale hanno assunto un ritmo davvero frenetico, e mi trovo nella necessità di non creare, o cercare di ridurre al minimo, uno scarto temporale troppo ampio fra gli eventi di cui vi parlo e la loro pubblicazione. Tanto per essere chiari, quest’articolo si riferisce all’ultima decade di giugno, ma voi lo leggerete in settembre.

Delle due conferenze, la seconda, Ritorno nel mondo dei megaliti, è quella che ho sunteggiato di più, pur avendo il testo più lungo, e c’è almeno un punto che ho omesso nell’articolo di sintesi, sul quale sarebbe opportuno tornare.

In Spagna nell’estate del 2020 a causa della siccità è riemerso dalle acque il sito megalitico di Guadalperal. Il sito è sommerso dalle acque di un bacino artificiale formatosi in seguito alla costruzione di una diga. Osservavo che l’energia elettrica e l’irrigazione, i motivi economici che ne hanno imposto la costruzione sono certamente importanti, ma gli Inglesi ci hanno ben dimostrato con Stonehenge come i monumenti preistorici possano anche avere una “resa” turistica.

In Francia sono finalmente arrivati nel 2019 i fondi per procedere allo scavo della tomba di una principessa individuata nel sito celtico di Vix nel 1953. 66 anni di attesa, un record, e certo non uno dei più brillanti.

Peggio, molto peggio è avvenuto in Gran Bretagna, nel Galles meridionale nei pressi di Swansea esisteva un tumulo dell’Età del Bronzo noto col nome gaelico di Tor Clawdd Mawr che è stato irreparabilmente devastato da un gruppo di giovinastri che l’hanno usato come pista per gare motociclistiche clandestine.

Noi abbiamo avuto ripetutamente sotto gli occhi episodi di incuria del nostro patrimonio storico-archeologico, ma se pensiamo che una simile incuria sia un’esclusiva italiana, ci sbagliamo di grosso.

Gente che ignora il proprio passato è destinata a non avere un futuro, specialmente se volta le spalle a una grande civiltà le cui radici, come nel caso di noi Europei affondano nel tempo ben indietro rispetto alla storia documentata.

Avrete presenti, io penso, le cose che ho scritto la volta scorsa in chiusura dell’articolo. A volte la connessione fra le vicende del passato e la nostra situazione attuale non è evidente e richiede un certo sforzo per essere esplicitata, altre volte invece lo è. Stavolta si può dire che i fatti parlano da soli. Non solo perché ho parlato prevalentemente di ricerche svolte in Italia, ma la stessa cosa emerge ad esempio in Spagna e in Gran Bretagna, per non parlare degli articoli di “Ancient Origins”. Il mondo romano è il grande protagonista, tanto per rispondere per le rime ai tanti maniaci dell’esotico.

Abbiamo poi l’articolo di Carlomanno Adinolfi che ci dimostra con chiarezza che le “teorie” africano-centriche sulle nostre origini non sono nulla di scientifico, ma solo fuffa ideologica, sostenuta per i motivi che ben sappiamo.

NOTA: Nell’illustrazione, ricostruzione della “Stonehenge dei Paesi Bassi” di Tiel (da “Ancient Origins”).

1 Comment

  • Michele Simola 6 Ottobre 2023

    Se non guardiamo alla nostra storia e dimentichiamo le nostre tradizini, siamo destinati ad essere cancellati come popolo e come nazione! Il non ricordare le proprie origini e la storia dei nostri antenati equivale a non avere nessuna connessione con il nostro passato e dimenticare ciò che abbiamo creato nei secoli, un popolo senza memoria è destinato a sparire dalla storia e dalla carta geografica. Ciò che Lei afferma a qualcuno può sembrare un’esagerazione, purtroppo è destinato a diventare una triste realtà: i nostri giovani oggi sconoscono quanto accaduto nell’ultimo secolo e, a parte la parola antifascismo, ripetuta ossessivamente dai “media” televisivi e della carta stampata, ripetuta nelle scuole di ogni ordine e grado, non capiscono e conosco gli eventi che hanno portato il nostro Paese alla I° e II° guerra mondiale. Se non conoscono la storia più prossima ai tempi che viviamo figuriamoci se possono conoscere la storia degli ultimi cinque millenni. La storia è distorta da una scuola che corre a sinistra e, che falsifica quanto è realmente accaduto pur di essere liberale, democratica e antifascista.
    La stessa mancanza di conoscenza storica è, a mio avviso, alla base dell’incuria delle nuove generazioni nei riguardi dell’immenso patrimonio archeologico posseduto dal nostro paese: non conoscendone la storia non riescono ad apprezzare le grandi opere costruite dai nostri progenitori. Altro fattore volto a sminuire la grandezza della civiltà romana è il volgere con insistenza lo sguardo ad oriente e meravigliarsi per ciò che hanno fatto egizi, sumeri etc, non ci si rende conto, in mala fede oserei dire, di quanto grande siano state le opere architettoniche,militari e civili edificate dall’ingegno dei cittadini della “grande Roma”, e che tutt’oggi si ergono funzionali e innovativi, pensiamo agli acquedotti romani, alle vie di comunicazione esistenti già duemila anni addietro. Volgere lo sguardo alle nostre origini remote e prossime, potrebbe forse renderci orgogliosi del nostro passato e nel contempo indicarci la strada maestra da seguire per un futuro migliore di quello che oggi viviamo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *