Giugno, siamo ormai prossimi al solstizio estivo e alla metà dell’anno nel momento in cui mi accingo nuovamente a stendere queste note, anche se voi probabilmente le leggerete molto più tardi. Come avete visto, c’è un tempo notevole fra il momento in cui le redigo e quello in cui le leggete, un tempo che sto cercando di comprimere dedicando esclusivamente a esse il mio spazio settimanale su “Ereticamente”, ma finora senza grandi risultati, infatti le novità che si affastellano sul nostro passato in questo periodo, sono davvero tante.
Come avete visto, le due parti precedenti, stese una di seguito all’altra, sono quasi parti di un’unica narrazione, infatti, se la centoventicinquesima parte era incentrata soprattutto su “Ancient Origins”, ho dedicato la successiva a raccontare cosa hanno da dirci sulla nostra eredità ancestrale i siti “minori” più o meno nello stesso periodo, e anche qui, le cose da dire sono state molte, soprattutto rifacendomi ad “ArcheoMedia”, che dedica spazio all’archeologia italiana, che ci si rivela sempre ricca di ricerche interessanti e di buona qualità.
Ora è il momento di riprendere il discorso, partendo proprio da “Ancient Origins” che nel frattempo ho “lasciato decantare”.
Tocca ricominciare da abbastanza indietro. Il 24 maggio troviamo un articolo di Jake Leigh-Howarth sui Goti. Questa popolazione, poi divisa nei due rami degli Ostrogoti (Goti orientali) e dei Visigoti (Goti occidentali) fu all’atto pratico la principale artefice delle invasioni barbariche. Le loro incursioni, poi trasformatesi in conquiste, cominciarono nel III secolo, approfittando della crisi in cui versava lo stato romano, il periodo dell’anarchia militare, nella quale lo stato era conteso da fazioni armate, e iniziarono proprio militando come mercenari dei vari, effimeri leader che si contendevano con le armi l’impero.
Lo stesso giorno, Nathan Falde ci porta invece in Grecia, precisamente a Thorikos nell’Attica. Qui gli archeologi dell’Università di Gottinga hanno individuato sepolta nel terreno, ma con la struttura ancora integra, nientemeno che una casa dell’Età del Ferro. In Grecia abbiamo ben documentato sia il periodo del bronzo miceneo, sia l’età classica, ma l’Età del Ferro, che corrisponde al cosiddetto medioevo ellenico, fra il crollo della civiltà micenea in conseguenza dell’invasione dorica e gli albori della civiltà classica, la conosciamo molto poco. Questo rende molto importante il ritrovamento, che però è solo l’inizio, infatti sarebbero emersi “anche alcuni reperti sorprendenti, tra cui tombe a cupola e i resti di un grande insediamento che avrebbe caratterizzato case, fabbriche, santuari religiosi, un teatro e un cimitero risalente al periodo miceneo dell’età del bronzo (1.700-1050 a. C)”.
Il 30 maggio però Robbie Mitchell ci riporta nella Penisola iberica con un articolo che ci parla del cromlech (cerchio di pietre) di Almendres vicino a Evora in Portogallo. Questo cromlech sarebbe di due millenni più antico di Stonehenge e presenterebbe già raffinati allineamenti astronomici.
Il 2 giugno con Nathan Falde andiamo in Inghilterra e, guarda un po’, nella piana di Salisbury non distante dal celeberrimo monumento neolitico di Stonehenge. Ci sarebbe da pensare che tutta la zona lì attorno sia stata ormai accuratamente setacciata, sì da non poter rivelare ancora nulla di importante, ebbene, a quanto pare non è così, perché Falde ci segnala la scoperta di un vasto cimitero (lui lo definisce “tentacolare”) caratterizzato da tombe a tumulo di forma circolare, risalenti a un periodo fra 4.000 e 3.500 anni fa.
Sempre il 2 giugno, Robbie Mitchell ci porta invece molto più vicino a noi, in Italia, precisamente ad Osimo (Ancona). Sotto la città si trova un labirinto di grotte di età medioevale che fu usato dai cavalieri templari. Peccato che per noi, e non certo per colpa dei suoi abitanti, il nome della città marchigiana si leghi soprattutto al ricordo del vergognoso trattato con cui la repubblica democratica e antifascista ha ceduto alla Jugoslavia la sovranità sulla Zona B dell’ex Territorio Libero di Trieste in cambio di nulla, dimostrando una volta di più che antifascista significa in sostanza anti-italiano.
Il 3 giugno andiamo in Svezia sempre seguendo Robbie Mitchell che ci parla della tomba mesolitica di Skateholm risalente a 9.000 anni or sono. Ve ne avevo parlato tempo fa, ma Mitchell aggiunge particolari sorprendenti: la defunta (era una donna) fu sepolta in modo inconsueto, seduta con le gambe incrociate, circondata da centinaia di ossa e denti di animali. Si pensa fosse una persona di rango, probabilmente una sciamana.
Il 4, a opera di M. R. Reese abbiamo un ritratto del più grande nemico di Roma del periodo repubblicano, il cartaginese Annibale, ovviamente.
Anche l’articolo di Robbie Mitchell del 5 tratta un tema che non ci è nuovo. Sappiamo della presenza vichinga in America quattro secoli prima di Colombo, e del fatto che qui i navigatori scandinavi si scontrarono con i nativi americani. Piuttosto, Mitchell sembra ignorare il fatto che diversi islandesi odierni hanno un DNA mitocondriale (che si eredita soltanto per via materna) tipicamente amerindio, sono discendenti da una o più donne native che seguirono i Vichinghi in Europa non sappiamo se come schiave o per scelta. Oltre alla guerra, Vichinghi e Nativi americani hanno fatto anche l’amore.
La notizia più importante del 5 maggio è però un’altra: il ritrovamento in Grecia a Megalopolis in una miniera di carbone, di attrezzi litici risalenti a 700.000 anni fa. Si, avete letto bene, la stessa età del teschio di Petralona attorno a cui la comunità “scientifica” internazionale ha steso un muro di gomma di silenzio, per non parlare del fatto che il professor Poulianos incaricato dal governo greco di studiarlo, e la moglie, dopo che ne ebbe rivelato la sorprendente antichità, scamparono per caso a un attentato i cui artefici sono rimasti ignoti. Queste scoperte, infatti, rappresentano la totale sconfessione dell’Out of Africa e indicano una genesi europea per la nostra specie.
Vediamo ora cosa ci offre in questo periodo “Ancient Pages”, e cominciamo da un articolo del 27 maggio su Cruithne che sarebbe stato il leggendario fondatore del regno dei Pitti, il bellicoso popolo scozzese che avrebbe costretto i Romani a rinunciare alla conquista della Scozia e a trincerarsi dietro il Vallo di Adriano. Costui sarebbe vissuto tra il 476 e il 442 avanti Cristo, e avrebbe avuto sette figli. Purtroppo leggendario perché la sua memoria è stata affidata a una lunga tradizione orale. Lo troviamo menzionato per la prima volta in un documento scritto nelle Cronache Pitte redatte tra il 1202 e il 1214.
Il 28 maggio abbiamo un articolo dedicato a un personaggio certamente ancor più leggendario, la fata Morgana. Ne abbiamo già parlato: inizialmente una figura divina o semidivina, custode dell’Amwin, l’aldilà celtico, è stata immiserita dalle tradizioni bardiche successive alla cristianizzazione fino a diventare con Crethien de Troyes, l’incestuosa sorellastra di Artù.
Un articolo del 3 giugno ci porta sul Baltico. Gli Jomsvikings sarebbero stati qualcosa di più di normali (e già temibili) guerrieri vichinghi, una fratellanza guerriera simile a un ordine cavalleresco di combattenti apprezzati e temuti, avrebbero avuto sede da qualche parte nel Baltico meridionale. Ora l’archeologo Wojciech Filipowiak dell’Accademia delle Scienze polacca l’avrebbe individuata sull’isola baltica di Wolin.
Passiamo a esaminare cosa ci offre in questo periodo “ArcheoMedia”. In tutta sincerità, la scorsa volta ho letteralmente “saccheggiato” le notizie di questo sito dedicato principalmente all’archeologia italiani, e mi aspettavo quindi che di novità da riferirvi adesso vene fossero ben poche, e invece mi sbagliavo. La ricerca italiana, in silenzio, lontano dai riflettori, continua il suo lavoro intenso e di buona qualità. L’ho detto la volta scorsa, ma mi pare giusto ripeterlo: noi Italiani siamo un popolo che si sottovaluta.
Partiamo di un articolo del 31 maggio che ci parla della scoperta fatta a Lucca, una scoperta che è stata sintetizzata da una conferenza tenuta dalla Soprintendenza Archeologica al Palazzo Ducale il 29 maggio: Nel corso di uno scavo per la ristrutturazione e il recupero di un edificio scolastico, sono emersi “una strada romana, una peschiera, un pozzo e ipogei sepolcrali”, tutti di epoca tardo-antica.
Nello stesso giorno è riportata la notizia del ritrovamento a Cassano allo Ionio (Cosenza) nel Parco Archeologico di Sibari, di una nuova tomba.
Parliamo ora di qualcosa che riguarda proprio la mia regione, il Friuli-Venezia Giulia. Vi avevo già dato a suo tempo la notizia della scoperta che il colle del castello di Udine non è, come si credeva, una formazione naturale, bensì una collina artificiale, un mound, il più vasto d’Europa, che supera in ampiezza anche quello notissimo inglese di Silbury Hill, che sarebbe stato realizzato durante l’Età del Bronzo tra 3.000 e 3.500 anni fa. Secondo quanto ci racconta un articolo del 4 giugno, ripreso dal “Messaggero Veneto”, la conferma è arrivata dal Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, e si prospetta una campagna di studi riguardo a questa testimonianza della nostra preistoria che rappresenta “un unicum in Europa”.
Non poteva mancare una puntata all’estero, precisamente in Francia con un articolo del 5 giugno, dove, a Sceaux-du-Gâtinais, dove in vista della costituzione di un futuro museo sul sito gallo-romano di Aquis Segeste, l’INRAP ha compiuto un’esplorazione preventiva.
“Aquis Segeste comprende il classico insieme di luoghi di culto e cultura gallo-romani incentrati su una sorgente: un santuario che ospita una sorgente sacra, bagni termali e un teatro. Questo sito particolarmente sviluppato comprende anche un isolato urbano, botteghe artigiane, una necropoli e un’area di culto e funeraria. Il tutto si sviluppa su 25 ettari, di cui 15 ettari di superficie urbanizzata”.
Sarà forse sorprendente, ma anche stavolta le notizie riguardanti la nostra tematica ancestrale che possiamo trovare sui siti generalisti, non sono poche.
Cominciamo a vedere un articolo de “Il Mattino” del 29 maggio. Dopo il ritrovamento, di cui vi ho parlato la volta scorsa, dei resti di due vittime dell’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo, a Pompei proseguono gli scavi nell’insula 10 della Legio IX. Sono emersi per ora i resti di altre tre vittime, due adulti e un bambino di 3-4 anni, e resti di muro con affreschi. Si stima che circa 22 ettari dell’antica città siano tuttora inesplorati.
Un comunicato ANSA del 30 maggio ci informa che ci sono novità in vista anche dalla Sardegna, infatti sta per partire una nuova campagna di scavi a Monte Prama, il sito che ci ha restituiti i famosi “giganti” che rappresentano il più antico esempio europeo di statuaria di grandi dimensioni, e siamo forse sulle tracce di una seconda necropoli.
Un altro comunicato ANSA del 31 maggio ci informa del ritrovamento nell’isola dalmata di Pago, oggi politicamente Croazia, del ritrovamento di un altare romano dedicato alle divinità egizie Iside, Serapide, Osiride e Anubi. Come sappiamo, nella tarda antichità, prima dell’avvento del cristianesimo, i culti egizi furono popolari nel mondo romano.
Io direi che qui non è il caso di abbassare la guardia. Ai Croati sappiamo che non basta avere scacciato con la seconda guerra mondiale la nostra gente da terre popolate da secoli da genti di etnia italiana e per secoli poste sotto il dominio della Serenissima repubblica di Venezia, ma pretendono di far passare per “arte croata” le chiese e i monumenti veneti della Dalmazia, dopo averci rubato il presente e il futuro, vogliono rubarci anche il passato, e sarebbero capacissimi di usare gli stessi metodi truffaldini anche con i monumenti romani. Da parte della repubblica democratica e antifascista che ci opprime da tre quarti di secolo, non possiamo aspettarci alcuna difesa di tutto quel che è italiano. Giusto all’inizio dell’articolo, ho ricordato la vergogna del trattato di Osimo.
Un altro comunicato ANSA sempre del 31 maggio ci informa che i bronzetti votivi di San Casciano dei Bagni sono finalisti alla nona edizione dell’International Archaeological Discovery Award, l’“oscar” dell’archeologia assegnato dalla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico. Non sappiamo se otterranno il riconoscimento, ma di certo sono la scoperta archeologica italiana più significativa del 2022.
“Notizie.it” del 1 giugno ci informa che fino al 18 giugno sono in mostra al Drugstore Museum di via Portuense, Roma i reperti rinvenuti negli scavi della Via Campana: ceramiche, un cippo con iscrizione, una testa femminile, un bronzo. Non c’è da stupirsene, Roma è praticamente un immenso museo a cielo aperto.
È invece “La Repubblica” del 3 giugno a raccontarci della mostra che si tiene presso la Prefettura di Barletta: “Frammenti del passato, il tesoro di Canosa”, con l’esposizione di 23 urne funerarie datate al III secolo avanti Cristo provenienti appunto da Canosa.
“Il Messaggero” del 4 giugno ci porta all’estero, precisamente in Svezia con un articolo di Laura Larcan. Qui, nel sito di Bohuslän nella Svezia occidentale i ricercatori hanno rinvenuto circa 40 petroglifi rupestri risalenti all’VIII secolo avanti Cristo, raffiguranti navi, persone e animali, soprattutto cavalli, ma soprattutto una raffigurazione lunga 11 metri di quella che sembra proprio una “lunga nave”, un drakkar vichingo, che sembra essere la più antica raffigurazione che si conosca di un’imbarcazione di questo tipo.
Martedì 6, sempre Laura Larcan su “Il Messaggero” ci racconta un’altra storia del Nord, quella della città tedesca di Rungholt che nel 1362 sarebbe stata inghiottita dalle acque del Mare del Nord, e per questo è considerata l’Atlantide tedesca. Ora gli archeologi ne avrebbero individuato i resti.
È di nuovo un comunicato ANSA del 5 giugno a informarci che sul litorale di Margherita di Savoia sono stati ritrovati dalla Guardia Costiera e consegnati alla Soprintendenza Archeologica di Foggia, pezzi di anfore antiche, prima che fossero asportati e immessi nel mercato illegale.
Sempre martedì 6, un articolo di Nello Ferrigno su “Il Mattino” ci informa che a Nocera Superiore i lavori di scavo per la costruzione della Casa delle Arti di via Marco Pittoni hanno portato alla luce un imponente muro che potrebbe essere stato parte della cinta difensiva dell’antica Nuceria.
La giornata del 6 giugno sembra proprio essere il giorno delle scoperte archeologiche, infatti un comunicato ANSA ci comunica la scoperta a Costa Rei nel comune di Muravera di un antico lastricato in pietra arenaria, verosimilmente i resti di un’opera portuale. Ma non basta, perché “Il Messaggero” ci informa che a Montenero Sabina (Rieti) sono ripresi gli scavi nel santuario della dea Vacuna.
Forse sarà meno necessario di altre volte cercare di concludere riassumendo il senso dell’articolo ed evidenziare il fatto che lo studio del passato mette in luce temi “caldi” e attuali. L’interesse crescente per il passato da parte dei media generalisti rimane un segnale difficile da decifrare, forse “qualcosa” ci invita a riappropriarci della nostra eredità, a non dimenticare chi siamo. Sia la scoperta di Pago, sia il riferimento a Osimo ci rimandano alla delicata situazione sul confine orientale e al repellente volto anti-italiano dell’antifascismo. Importantissima poi la scoperta greca di attrezzi litici di 700.000 anni fa. Se la ricerca “scientifica” fosse realmente un obiettivo confronto coi fatti, questa dovrebbe essere la definitiva campana a morte dell’Out of Africa, ma sappiamo che non sarà così, per quanto sempre più contraddetta da nuove scoperte, questa “teoria” continuerà a essere “la vulgata” ufficiale, il dogma sulle nostre origini per negare l’esistenza delle razze e creare un clima favorevole alla sostituzione etnica.
Cosa si deve pensare di una democrazia che ha bisogno della menzogna per sopravvivere?
NOTA: Nell’illustrazione, i sotterranei di Osimo (da “Ancient Origins”).