8 Ottobre 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centoventitreesima parte —  Fabio Calabrese

el momento in cui riprendo la stesura di questa ennesima esplorazione dell’eredità degli antenati, la conclusione di aprile non è molto lontana, anzi, per essere precisi, siamo proprio all’alba del 25, e riprendo il nostro cammino sulle antiche tracce proprio per distogliere gli occhi da questa celebrazione ridicola in cui si festeggia come se fosse stata una vittoria, la nostra sconfitta nella seconda guerra mondiale, attirandoci con ogni probabilità, il sarcasmo dietro le spalle del mondo intero.

La mia tabella di marcia mi avverte tuttavia che questo nuovo articolo non potrà giungere sulle pagine di “Ereticamente” prima di agosto. Pazienza, è una cosa a cui ormai dovremmo aver fatto l’abitudine.
In compenso, credo di poter dare una risposta a una domanda che mi stavo ponendo da diverso tempo: a cosa si deve l’improvviso risveglio di interesse per il nostro passato che dagli ultimi mesi del 2022 a ora, all’incirca dalla scoperta dei bronzetti di San Casciano dei Bagni, si sta manifestando sui media generalisti, di solito finora dediti a tutt’altri argomenti?
Ebbene, sospetto che una rinnovata convinzione nell’intelligenza del grosso pubblico c’entri poco, sono piuttosto proprio la concentrazione e l’entità di questi ritrovamenti a imporre questo “nuovo corso”, e tanto per confermare la tendenza, a tutto quello che abbiamo già visto, ultimamente per tacere (momentaneamente) del resto, ci sono quanto meno da segnalare la scoperta dei fregi di un prezioso tempietto a Paestum e un’antichissima strada di origine preromana riemersa a Segesta, è come se, in uno dei momenti più bui della nostra storia, in cui il declino demografico e l’invasione extracomunitaria ci minacciano sempre più di sostituzione etnica, qualche spirito indigete volesse aprirci gli occhi mettendoci a confronto con la grandezza del nostro passato.
Forse quelle che hanno destato maggiore scalpore, o quanto meno hanno avuto una maggiore eco in in internet, riproposte da numerosi post, sono state le scoperte avvenute a Paestum, la nota località archeologica in provincia di Salerno. Vi riporto uno stralcio del post di Tgcom24 del 15 aprile:
“Straordinarie notizie dal Parco Archeologico di Paestum e Velia. Grandi le sorprese, infatti, dai lavori per riportare alla luce il tempio greco rinvenuto nel 2019 lungo le mura ovest della città antica. E queste numerose scoperte stanno cambiando la storia conosciuta dell’antica Poseidonia grazie al tempio dorico con il basamento in pietra e la cella che ospitava la statua della divinità, le decorazioni in terracotta dipinta del tetto con i gocciolatoi a forma di leone, una straordinaria gorgone, una commovente Afrodite. Ma anche sette stupefacenti teste di toro, l’altare con la pietra scanalata per raccogliere i liquidi dei sacrifici e centinaia di ex voto tra cui spiccano le immagini di Eros a cavallo di un delfino”.
Un’altra importante località sede, come Paestum di un importante parco archeologico, è Segesta in provincia di Trapani e, sempre il 15 aprile abbiamo anche qui la notizia di un importante ritrovamento: nel corso di una campagna di scavi condotta dall’Università di Ginevra è emersa una strada lastricata risalente al II secolo avanti Cristo. Non è sicuro se si tratti di una strada romana o sia opera degli Elimi che abitavano la zona prima del dominio romano. La notizia è riferita in un articolo di Fabio Greco su AGI.com.
Un comunicato ANSA del 17 aprile ci informa che a Roma la statua di Ercole emersa al Parco Scott durante i lavori per la realizzazione della linea C della metropolitana che hanno portato a riscoprire il primo miglio dell’Appia antica, è stata restaurata, ed è imminente la sua esposizione al pubblico.
Un altro comunicato ANSA sempre del 17 aprile, intanto ci informa di un nuovo stanziamento di fondi allo scopo di completare lo scavo del reperto riemerso a Fano (Pesaro Urbino) che potrebbe essere la basilica progettata da Vitruvio.
Si tratta di una notizia di cui vi ho già parlato, ma menzioniamo il fatto che AdnKronos ci torna sopra il 18 aprile, la scoperta in Francia, precisamente a La-Chapelle-des-Fugeretz in Bretagna dei resti di un tempio romano dedicato a Marte.
Ma con la Francia non abbiamo proprio ancora finito, difatti il 19 aprile è di nuovo l’ANSA a informarci che proprio nel cuore di Parigi i lavori per l’ampliamento della metropolitana hanno portato alla luce una vasta necropoli gallo-romana. Si ritene che in età antica Parigi non fosse un centro particolarmente importante (Lutetia, “la fangosa”), ora l’estensione della necropoli porterà probabilmente a una revisione di questa idea.
Tuttavia, torniamo ora in Italia con una notizia che lo stesso 19 aprile ci da AdnKronos: noi sappiamo che la nostra Penisola è una terra di antichissima civilizzazione, tuttavia la ricerca è molto spesso ostacolata proprio dal fatto che gli insediamenti antichi hanno sovrapposti a essi quelli moderni, il che testimonia una sostanziale continuità, ma occulta, rende difficilmente raggiungibili le tracce del passato. Bene, forse ora il problema potrà essere risolto grazie a una nuova tecnica, la radiografia muonica, che è stata sviluppata dai fisici per studiare la materia oscura, ma può ugualmente essere applicata per penetrare nel sottosuolo senza scavare. I ricercatori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) hanno provato ad applicarla al sottosuolo di Napoli e hanno scoperto una camera sepolcrale finora sconosciuta sotto il rione Sanità, ma questo probabilmente è solo l’inizio di qualcosa che potrebbe rivoluzionare del tutto la ricerca archeologica.
Rimaniamo a Napoli ma andiamo in Norvegia: il paradosso si spiega perché venerdì 21 un articolo su “Il Mattino” di Mariagiovanna Capone ci racconta di una scoperta piuttosto singolare avvenuta nella località norvegese di Valdres. Qui una signora, Grete Margot Sorum, ripulendo il seminterrato di una casa appartenuta ai suoi genitori, ha rinvenuto quello che a prima vista non sembrava essere altro che un mucchio di ferraglia, ma si è scoperto essere un “tesoretto” di barre, “lingotti” di ferro vichinghi di età altomedioevale.
E’ un fatto davvero singolare, ma il 21 aprile è, come sappiamo, la data che si associa tradizionalmente alla fondazione di Roma (anche se nessun cronista del tempo l’ha registrato), e in coincidenza con questo evento abbiamo una singolare concentrazione di notizie riguardanti la nostra eredità ancestrale, e anche l’anno scorso era avvenuta la stessa cosa, davvero è come se qualche spirito o divinità indigete volesse richiamarci a quelle che sono le nostre origini.
Sempre venerdì 21 “Quotidiano.net” ci racconta la storia di un vaso greco, una kylix, una coppa da vino, che è stato ricomposto al Metropolitan Museum di New York dopo che i suoi frammenti vi sono arrivati nel corso di sedici anni per svariate vie, compreso il mercato illegale delle opere d’arte, disgraziatamente sempre prospero.
Naturalmente il 21 aprile non si poteva non parlare di Roma e, tanto per cominciare l’ha fatto “Funweek” con un servizio dedicato alla villa dei Quintili, che si trova sulla Via Appia Antica ed è il più vasto complesso residenziale pervenutoci dall’antica Roma, che comprende un teatro, un circo e un’enoteca. In quest’ultima erano installate fontane che davano vino, si trattava, come lo definisce il servizio, di una vera e propria “città in miniatura”.
Sempre “Funweek” si sofferma su uno dei più noti e monumentali edifici dell’antichità romana, il Pantheon, e il particolare effetto di luce che si verifica al mezzogiorno di ogni 21 aprile in coincidenza con il “compleanno” della Città Eterna, quando un raggio di sole proveniente dall’ “oculus” viene a colpire esattamente la porta bronzea dell’ingresso. Tutto ciò non può essere il frutto di un semplice caso, ma del frutto di una raffinata conoscenza astronomica e di un calcolo complesso che ha presieduto all’edificazione del monumento.
Sappiamo, ne ho parlato più volte anch’io, che i monumenti megalitici dell’area celtica, Stonehenge e Newgrange, ma non solo, presentano precisi allineamenti con i solstizi, frutto di conoscenza astronomica e perizia ingegneristica. Beh, a quanto pare, i Romani non erano da meno.
Domenica 23 torniamo a Napoli. Di questi tempi, “Il Mattino” sembra interessarsi singolarmente all’archeologia vichinga, infatti abbiamo un articolo che ci segnala il ritrovamento in Danimarca, a Hobro nello Jutland settentrionale, vicino alla fortezza di Frykat fatta erigere da Harald Bluetooth, del ritrovamento in un campo di grano, di un tesoro di circa 300 monete d’argento di almeno 1000 anni or sono, fatto da una ragazza (di cui non è detto il nome) munita di metal detector.
L’articolo spiega che ritrovamenti di questo genere non sono infrequenti, infatti era convinzione degli antichi vichinghi che ciò che seppellivano nel terreno, l’avrebbero ritrovato dopo la morte.
Sempre domenica 23 in articolo di Settimo Baisi su “Il resto dei Carlino” ci informa che nel comune di Castelnovo de’ Monti (Reggio Emilia), in località della Pietra di Bismantova è stato aperto al pubblico il Parco Archeologico di Campo Pianelli. Quest’ultimo presenterà ai visitatori, sulla base di ritrovamenti avvenuti nella provincia di Reggio Emilia, uno spaccato della vita nell’Età del Bronzo.
Lunedì 24 possiamo citare una fonte abbastanza insolita per le tematiche archeologiche, un articolo apparso su “Blocco studentesco”. A Cirò Marina (Crotone) si trovano i resti di un tempio di Apollo. Secondo una leggenda, esso sarebbe stato fatto costruire da un eroe omerico, Filottete, arciere dall’abilità leggendaria, e qui il corpo dell’eroe sarebbe stato sepolto dopo che egli sarebbe caduto in uno scontro tra i coloni greci di Sibari e i nativi Italici. L’articolo spazia molto sulla leggenda di Filottete.
Io non mi sentirei di mettere la mano sul fuoco che qualcuno dei combattenti della guerra di Troia abbia effettivamente partecipato alla colonizzazione della Magna Grecia, anche perché leggende di questo genere fanno presto a fiorire, ma quanto meno non si può non condividere l’assunto di fondo dell’articolo che la Magna Grecia ha creato un legame profondo fra il mondo ellenico e l’Italia.
Sempre lunedì 24 abbiamo su “Il Mattino” un articolo di Mariagiovanna Capone che ci porta stavolta in Spagna. Parliamo della civiltà di Tartesso sviluppatasi nella Spagna meridionale. Di essa sappiamo in realtà molto poco, e questo rende eccezionale la scoperta di coi ci riferisce l’autrice:
“Incredibile scoperta durante uno scavo nel sito tartessico di Casas del Turuñuelo nella provincia di Badajoz. Gli archeologi del Consiglio Nazionale delle Ricerche spagnolo (CSIS) hanno portato alla luce i resti di cinque rilievi figurati del V secolo a.C., le prime rappresentazioni umane appartenenti all’antico popolo di Tartesso (VIII-IV secolo a.C.)”.
Forse non servirebbe nemmeno dirlo, ma poiché Tartesso si trovava nell’estremità meridionale della Penisola iberica, a occidente di Gibilterra, quindi oltre le Colonne d’Ercole, molti autori l’hanno identificata con l’Atlantide platonica.
Segnalo un nuovo incontro con la dottoressa Elena Righetto, incontro-presentazione del suo libro Folklore e magia popolare del Veneto, sempre presso lo Studio Olistico “Luce e Armonia” di Fossò (Venezia) sabato 29 aprile. L’interesse per le tradizioni popolari, una volta di più, segnala che, nonostante tutto, le nostre radici sono ben vive.
Prima di concludere la parte davvero maggioritaria di questo articolo dedicata ai media generalisti, un’osservazione: come sapete, come annunciato con gran fragore da tutti i media, sabato 6 maggio è prevista l’incoronazione di Carlo III a re d’Inghilterra, evento che nel momento in cui scrivo è ancora futuro, ma nel momento in cui leggerete il presente articolo sarà certamente avvenuto.
Vorrei farvi notare che quell’uomo ha su quel trono all’incirca gli stessi diritti che potrebbe vantare qualsiasi persona europea, compresi voi e io, la sua “legittimità”, infatti deriva da una DOPPIA USURPAZIONE, la prima nel 1066 quando Guglielmo di Normandia sottrasse il trono inglese al re sassone Harold II, la seconda nel 1688, quando Guglielmo d’Orange lo sottrasse a Giacomo II. Il trono e la corona di “Albione rapace” rimangono un bottino di ladri.
Passo a darvi una notizia della quale avrei fatto volentieri a meno, e ve la do nei termini più sintetici possibile, perché è giocoforza non mostrarsi disinformati. A Venezia, a palazzo Zaguri si tiene la mostra “Tutankhamon Exibition” che pare essere la più ampia esposizione tenuta in Europa di reperti della tomba del “faraone bambino”, inaugurata l’anno scorso in coincidenza con il centenario del rinvenimento della stessa, avvenuto il 4 novembre 1922.
La mostra si sarebbe dovuta concludere adesso, vale a dire aprile 2023, ma l’azienda organizzatrice, Italmostre, comunica che, a causa del successo di pubblico, si è deciso di prorogarla fino a data da destinarsi.
Di per sé la conoscenza di qualsiasi argomento non andrebbe disprezzata, ma è evidente che Egitto e Medio Oriente continuano a essere oggetto di un’enorme sopravvalutazione che porta a minimizzare o a ignorare le nostre più autentiche radici europee. Questo vale tanto per il sistema mediatico, quanto per quello educativo: si potrebbe arrivare a una laurea in storia senza aver mai sentito nominare i grandi complessi megalitici che dominano l’Europa da un capo all’altro, in compenso, per quanto riguarda l’Egitto, il Medio Oriente, la Palestina da cui sono venuti la bibbia e il cristianesimo, li si vuole spacciare a tutti i costi come “le nostre radici”.
Come avete potuto vedere, questa Eredità degli antenati ha assunto un andamento insolito, nel senso che la presenza di informazioni, che è strettamente legata ai ritrovamenti, sulla nostra eredità ancestrale, sui siti generalisti, si è rivelata di tanta e tale ampiezza da non lasciare praticamente spazio all’informazione sui siti specializzati nelle tematiche archeologiche che però, con un palleggio davvero singolare, sembra che in questo periodo non offrano molto. Anch’io, come Italmostre, sono costretto a rimandare a data da destinarsi, ma vi assicuro che non andremo tanto in là.
Di mezzo c’è probabilmente la ricorrenza del 21 aprile, il richiamo “magico” alle nostre più antiche e autentiche tradizioni, e, diciamolo pure, un invito al risveglio.

NOTA: Nell’illustrazione, l’immagine del Pantheon che compare nel servizio di “Funweek” del 21 aprile.

 

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