21 giugno. Inizio la stesura di questo nuovo articolo proprio il giorno del solstizio, siamo alla metà dell’anno che inizia la sua fase discendente, un momento come sappiamo molto significativo per tutti i popoli antichi, anche se la mia tabella di marcia mi avverte implacabile che voi potrete leggere questo articolo solo a settembre.
Nel frattempo, qui a Trieste si terrà come ogni anno il festival celtico Triskell, ed è previsto che io vi tenga un paio di conferenze come gli anni scorsi, e che avranno come oggetto come al solito la nostra eredità ancestrale. Per scaramanzia non vi anticipo nulla, ma vi relazionerò al riguardo a tempo debito.
Ricominciamo da “Ancient Origins”, il sito irlandese che è forse il più ricco d’Europa riguardo alle novità archeologiche, che ultimamente ho alquanto trascurato, vista la valanga di novità provenienti dalla nostra Penisola con cui mi sono cimentato la volta scorsa.
Avendolo trascurato per diverso tempo, ora tocca ricominciare da piuttosto indietro, da un paio di settimane or sono. L’8 giugno un articolo di Nathan Falde ci parla di una inconsueta usanza funeraria romana: i corpi dei defunti venivano ricoperti da una soluzione liquida di gesso che indurendosi ne ha perfettamente conservato i calchi. In particolare, gli archeologi dell’Università di York hanno esaminato una sepoltura conservata nella Britannia romana del IV secolo che ha rivelato i resti di un uomo, di una donna, di un bambino. Forse un’antica tragedia familiare.
Il 9 giugno Sahir ci porta invece in Danimarca, a Randers, dove, rimuovendo il pavimento di casa, una giovane coppia ha scoperto un grosso monolito con iscrizioni runiche.
Sempre lui ci porta poi in Grecia, dove a Vryokastro sull’isola di Kythnos, nell’area di due piccoli templi sono state rinvenute oltre 2.000 figurine di argilla, probabilmente ex voto.
Con Robbie Mitchell il 10 andiamo invece in Scozia. Avete mai sentito parlare dei brochs? Sono torri circolari dell’Età del Ferro costruite con pietre a secco, analoghe ai nuraghi sardi. Mitchell ci porta poi in Danimarca, dove nel villaggio di Vindelev due ricercatori dilettanti muniti di metal detector hanno rinvenuto oltre venti manufatti d’oro del peso complessivo di quasi un chilo, comprendente medaglioni romani, gioielli con iscrizioni runiche, monete.
L’11 giugno è sempre Mitchell a riportarci in Scozia, precisamente nelle grotte di Wemyss, qui si trova un’importante collezione di bassorilievi pittici, ancora non interamente compresi dagli archeologi, ma che rappresentano una delle poche chiavi che abbiamo per la comprensione dei Pitti, questo antico popolo per tanti aspetti misterioso.
Il giorno 14 Willem McLoud tratta un tema che dovrebbe essere familiare a quanti fra noi Italiani si interessano del nostro remoto passato: gli Shardana, costoro erano uno dei Popoli del Mare giunti in Egitto come pirati. Insediativi, finirono per fornire un corpo d’élite dell’esercito egiziano, la guardia del corpo del faraone, ed evitarono la cattura di Ramses II da parte degli Ittiti durante la battaglia di Kadesh. Svariati indizi, non solo l’assonanza del nome, suggeriscono che si trattasse proprio dei Sardi dell’età nuragica.
Lo stesso giorno abbiamo un nuovo articolo di Robbie Mitchell e uno di Sahir. Quello di Mitchell è una lamentela su di un fenomeno del quale ho già avuto modo di parlarvi: le isole Orcadi con il loro immenso patrimonio archeologico neolitico sono oggi gravemente minacciate dall’erosione marina. Sahir ci parla invece di un mausoleo di età romana quasi intatto, “completamente unico” che è stato rinvenuto a Londra, vicino al celebre London Bridge.
Il 16 giugno un articolo di Tony Sullivan ci porta a esplorare un capitolo poco noto della storia inglese: la storia dei re anglosassoni. Dopo aver invaso la Britannia, gli anglosassoni vi costituirono un dominio prima frazionato in sette regni (Eptarchia), poi man mano unificato. Il periodo anglosassone finì bruscamente nel 1066 quando con la battaglia di Hastings i Normanni di Guglielmo il Conquistatore si impadronirono del trono inglese. Oggi la monarchia britannica fa risalire a Guglielmo le sue origini, e i re anglosassoni sono caduti in uno strano cono d’ombra.
Il 19 abbiamo un articolo di Aleksa Vuckovic dedicato a Cleopatra Selene, figlia di Cleopatra e Marco Antonio. Dopo la battaglia di Azio, Ottaviano fece eliminare i figli maschi dell’ultima regina egizia, in particolare Cesarione che, in quanto figlio di Cesare avrebbe avuto titoli per contestargli il principato, ma la femmina ebbe un destino diverso, infatti, quando fu abbastanza grande fu data un sposa a Giuba di Mauretania, uno dei più fidati alleati di Roma, divenendo anch’essa come la madre, regina di uno stato africano.
La giornata del 21 giugno, il giorno del solstizio, non poteva non essere speciale, e infatti abbiamo un articolo di Robbie Mitchell che rievoca la tragedia dei cavalieri templari, e uno di Sahir che ci porta a Roma, sui luoghi dell’assassinio di Cesare.
Fa poi piacere segnalare che fra le letture consigliate da “Ancient Origins”, troviamo finalmente un testo di un autore italiano, e non poteva essere altro che Omero nel Baltico del nostro Felice Vinci, ovviamente nell’edizione in lingua inglese.
Vediamo cosa ci offre in questo periodo “ArcheoMedia”, che come al solito fa il punto sull’archeologia italiana che non cessa di sorprenderci sia per quantità sia per qualità.
Cominciamo da piuttosto indietro, un articolo di A. Ciavula del 13 giugno. Il rinvenimento di resti umani in una grotta non sembrerebbe nulla di eccezionale, se si prescinde dal fatto che quelli rinvenuti nella grotta di Papasidero (Cosenza) sono resti di uomini paleolitici vissuti 24.000 anni fa, il cui studio ci aiuterà a comprendere sempre meglio la preistoria italiana.
Un articolo del 15 giugno ci racconta poi che a Cancello ed Arnone (sempre Cosenza), lavori di scavo per l’installazione di pannelli fotovoltaici dell’ENEL hanno portato alla luce i resti di una villa romana rustica (cioè un’azienda agricola).
Proseguiamo con un articolo del 17 giugno, che è la recensione del libro (ma dire libro è riduttivo, in realtà si tratta di due grossi volumi) Archeologia Picena a cura di Nicoletta Frappiccini e Alessandro Naso per le edizioni Quasar. Si tratta degli atti del Convegno Internazionale tenutosi sull’argomento, e nelle sue complessive 800 pagine raccoglie gli interventi, 48, di specialisti di livello internazionale. Se risaliamo alle origini della nostra storia, troviamo non soltanto Romani, Etruschi, Celti, ma numerosi popoli che chiamiamo genericamente italici, che hanno contribuito a formare una cultura unica al mondo.
Il giorno 20 “ArcheoMedia” riporta un comunicato della Soprintendenza archeologica di Roma che informa che è stata riaperta al pubblico l’Area Sacra di Torre Argentina, anche con la realizzazione di un percorso con pannelli tattili per soggetti non vedenti e ipovedenti.
Vediamo adesso cosa offrono in questo periodo i media generalisti, e devo dire sorprende che le cose siano veramente tante.
“La Repubblica” del 12 giugno riporta la notizia che sono proseguite le ricerche nella necropoli di Torre Guaceto nel brindisino, quest’ultima è stata un luogo di sepoltura dall’Età del Bronzo (VIII secolo avanti Cristo) all’epoca medioevale. Ultimamente sono state scoperte altre venti tombe e urne cinerarie, portando il totale a oltre cinquanta.
Sempre il 12 giugno, un comunicato ANSA ci informa che i resti di un insediamento romano sono emersi a Fezzano in provincia di La Spezia durante gli scavi per la realizzazione di un campo da calcio.
Il giorno 14 un altro comunicato ANSA ci apre uno squarcio davvero singolare sulla preistoria più remota. Secondo una ricerca internazionale coordinata dall’Istituto italiano di preistoria e protostoria che ha coinvolto i ricercatori delle Università di Genova, Firenze, Siena, Bologna e Montreal (Canada), la macinazione dei cereali e la produzione di farine alimentari avrebbe preceduto di almeno 20.000 anni la scoperta dell’agricoltura, è quanto è stato possibile desumere dallo studio di due piccole macine risalenti a 43 e 39.000 anni fa ritrovate nella grotta dei Balzi Rossi (Imperia) e nella Grotta di Castelcivita, ai piedi del Massiccio degli Alburni (Salerno). Il reperto ligure è stato rinvenuto nei livelli musteriani, apparteneva cioè all’uomo di Neanderthal.
Un altro comunicato ANSA del giorno 15 ci riporta molto più vicino ai nostri tempi, anche se siamo pur sempre nell’antichità: nelle acque antistanti Marsala hanno preso il via i lavori per il recupero del relitto di una nave romana del IV secolo dopo Cristo individuato nel 2020.
Continuiamo a rimanere nelle acque del Mediterraneo, infatti “La Repubblica” del 14 ci informa che è in corso a Taranto nella sede della Soprintendenza Nazionale per il patrimonio culturale e subacqueo, una mostra dei reperti ritrovati durante i lavori per l’installazione del gasdotto Tap tra le coste albanesi e quelle salentine adriatiche, a circa 780 metri di profondità. Si tratta prevalentemente di anfore che trasportavano il carico di due navi greche risalenti all’VIII secolo avanti Cristo, che testimoniano l’intensità dei commerci già allora esistenti fra le due sponde dell’Adriatico.
Sempre il giorno 15, “Il Resto del Carlino” ci informa che a Imola sabato 17 nell’ambito delle Giornate Europee dell’Archeologia sarà aperto al pubblico il deposito archeologico dei musei imolesi nel complesso del Sante Zennaro.
Il 16 invece un articolo di Laura Larcan su “Il Messaggero” ci porta all’estero, precisamente a Londra e riporta la notizia dei singolari ritrovamenti avvenuti nell’area di London Bridge, ma dato che ve ne ho parlato la volta scorsa, ora non mi ripeto.
Sempre il 16, un articolo di Paolo Boccacci su “La Repubblica” ci racconta che a Roma nell’area dei Fori Imperiali proseguono gli scavi, ed ecco quanto finora emerso secondo il racconto dell’archeologo Riccardo Santangeli Valenzani:
“Una necropoli e una domus del VI secolo a.C, poi la parte che resta del tempio di Venere Genitrice , le colonne del Portico Orientale simmetrico a quello che si vede dalla parte opposta del Foro e già venuto alla luce, forse resti della pavimentazione mai trovata. Ma anche, risalendo in su, le vigne e le case medievali”.
Stavolta ho fatto il contrario rispetto ai ritrovamenti inglesi di London Bridge, ossia ho omesso la notizia riportata anche da “Ancient Origins” e da “ArcheoMedia” per parlarvene invece in riferimento al sito generalista. Il 19 sempre Laura Larcan su “Il Messaggero” ci porta di nuovo all’estero, stavolta in Germania. Da un tumulo di 3.500 anni fa è venuta alla luce una spada di bronzo riccamente lavorata e ancora così lucente da sembrare di nuova fattura, è successo in Baviera, nel sito di Donau-Ries a Nördlingen, tra Norimberga e Stoccarda. L’arma certamente apparteneva a un personaggio di rango con cui è stata sepolta, forse un principe guerriero.
Siamo ormai a ridosso del solstizio estivo, e qualcuno ha pensato di celebrare degnamente questo momento dell’anno. In particolare “Il Messaggero” del 20 giugno ci racconta che nell’area archeologica di Ocriculum (Otricoli, provincia di Terni) stanno per rivivere i fasti di un municipio romano dal 23 al 25 giugno, sono previste conferenze e iniziative culturali, ma non solo:
“Durante la tre giorni ci saranno tanti altri appuntamenti con scene di vita quotidiana, esercitazione di legionari, danzatrici e musici, vigiles, magister, navicularia e le due tabernae con le specialità della cucina Romana”.
Giungiamo al 21 giugno, il giorno del solstizio e, tanto per gradire, su “Il Mattino” un articolo di Antonio Cangiano ci da la notizia del ritrovamento di una probabile tomba romana nel corso di lavori sulla sede stradale a Soccavo (Napoli). Tuttavia questo pare solo l’antipasto di una giornata davvero intensa.
Un comunicato ANSA ci informa del ritrovamento di nuovi reperti nella necropoli etrusca di Crocifisso del Tufo di Orvieto. Sono stati ritrovati infatti una dozzina tra buccheri e pezzi di antichi calici in ferro, nel corso dei lavori di restauro di una tomba. La stessa notizia è poi riportata anche da “La Nazione”.
“La Repubblica” invece ci racconta del ritrovamento di una tomba etrusca con una camera dipinta nella necropoli di Pontecagnano (Salerno) che ha già restituito numerose sepolture dall’Età del Ferro al periodo romano imperiale.
La notizia più sorprendente viene però da “Plos One” e ci porta all’estero: nelle grotte francesi della Dordogna sono state scoperte incisioni rupestri risalenti a 75.000 anni fa che non possono essere opera che dell’uomo di Neanderthal.
A volte si è fortunati, altre volte meno. Io non mi stanco di ribadire che lo scopo di questa serie di articoli non è quella di fare una rassegna di tutto il panorama archeologico, ma di inserire la consapevolezza del nostro passato nell’ambito di una precisa visione del mondo – diciamolo pure – politica. La volta scorsa ho avuto fortuna. Sia il riferimento alla scoperta di resti romani nell’isola dalmata di Pago, sia quello alla città di Osimo riguardo al quale era impossibile non menzionare il vergognoso trattato, ci hanno messo davanti con chiarezza solare il fatto che antifascismo significa in sostanza anti-italianità, e non parliamo del fatto che il ritrovamento in Grecia di attrezzi litici risalenti a 700.000 anni fa, smonta definitivamente l’Out of Africa e la rivela per quello che è, una favola immigrazionista.
Stavolta la cosa è meno evidente, è un articolo “piano” basato su fonti ufficiali, ma ci sono alcuni particolari che ora vi vorrei rimarcare. Innanzi tutto, e lo abbiamo visto più di una volta, la singolare concentrazione di eventi che si verifica in alcuni momenti dell’anno: il solstizio d’estate ma anche (guarda un po’) il 21 aprile. Se qualcuno volesse pensare che un qualche tipo di entità stia cercando, attraverso ciò, di trasmetterci dei messaggi, io non sono in grado di smentirlo.
Per nulla dire del fatto che mai come questa volta si evidenzia l’importanza della nostra eredità romana, etrusca, italica a dispetto di quanti vanno a cercare le nostre radici in terre esotiche.
Non mancano un paio di tuffi nella preistoria profonda. L’uomo di Neanderthal, abbiamo visto, macinava cereali e incideva figure sulle pareti delle caverne, fra lui e noi possiamo pensare a una differenza non di specie ma semmai (parola che terrorizza i buoni democratici) di razza. Ma se la nostra specie era già presente nel nostro continente da centinaia di migliaia di anni, che senso ha la fola africano-centrica dell’uscita dal continente nero attorno ai 50.000 anni fa? Nessuno, a parte gli effetti propagandistici.
NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra un broch scozzese, al centro l’edizione in lingua inglese di Omero nel Baltico di Felice Vinci (da “Ancient Origins”), a destra Archeologia Picena a cura di Nicoletta Frappiccini e Alessandro Naso (da “ArcheoMedia”).