Comincio la stesura di questo nuovo articolo alla fine di settembre. Certamente, voi lo leggerete più tardi, in dicembre presumibilmente. D’altra parte non so dirvi quando mi sarà possibile portarlo a termine. Come vi ho spiegato la volta scorsa, sembra che nuove informazioni sulla nostra eredità ancestrale si stiano sempre più rarefacendo. Al momento, questa serie di articoli non ne ha molto risentito, soprattutto perché c’è una “forbice” di arretrato che al presente viaggia sui tre mesi tra la stesura di questi articoli e il momento in cui compaiono sulle pagine di “Ereticamente”, ma se prosegue la tendenza attuale, mantenere una scadenza regolare diventerà sempre più difficile.
Una notevole eccezione in questo periodo è rappresentata da “Ancient Origins” che in una serie di articoli sta dedicando grande spazio alla mitologia greca e in misura minore quella norrena. Questo è certamente molto importante, perché la mitologia ci illumina sul pensiero, sulla visione del mondo dei nostri antenati, quanto i ritrovamenti archeologici ci illuminano sulla loro vita materiale.
A parte gli articoli che vi ho menzionato la volta scorsa, abbiamo un pezzo di Robbie Mitchell del 13 settembre che ci parla di Eros, il dio greco dell’amore, il 20 settembre è invece Khadija Taueef a raccontarci tutto su Hestia (Vesta per i latini), la dea del focolare. Il 23 settembre Mark Johnston ci racconta di Iperione, dio della luce solare, e qui ci rammenta un particolare interessante: Iperione era un titano. Qui occorre fare una piccola chiosa: sia la mitologia greca sia quella norrena pongono alle origini di tutto uno scontro di divinità: dei olimpici e titani nel caso ellenico, Asir e Vanir in quello nordico, ma in un caso e nell’altro non si tratta di uno scontro tra bene e male, a esso segue una, almeno parziale pacificazione e alcuni titani come alcuni Vanir vengono assunti nel pantheon vincente, Sempre alla stirpe dei titani apparteneva ad esempio Gea, dea della Terra, divenuta sposa di Crono e madre di Zeus.
Non poteva mancare un articolo dedicato al monte Olimpo, e infatti ci ha pensato Caleb Strom in un pezzo del 23 settembre che mette a confronto l’immagine mitica della sede degli dei con la realtà fisica e geologica di questa montagna che non sarà abitata da divinità, ma è pur sempre la più alta cima della Grecia.
Un certo spazio, tuttavia ce l’ha anche la mitologia norrena. Un articolo del 15 settembre di Mark Johnston ci parla dell’inquietante figura di Nidhogg, il drago infernale che nel Nastrond, il girone più profondo di Helhein, l’inferno norreno, banchetta con le anime di traditori e assassini, un ruolo e una posizione che ricordano quelle di Lucifero nell’Inferno dantesco.
Un tema senz’altro più piacevole è affrontato da Molly Dowdeswell che in un articolo del 17 settembre ci parla di Freya, la venere nordica, la dea della bellezza e dell’amore.
Accanto a questi excursus sulla mitologia, non manca qualche tema propriamente archeologico. Un articolo di Lex Leigh del 21 settembre ci parla della canoa Pesse. Quest’ultima è l’imbarcazione conosciuta più antica al mondo, scavata in un tronco di pino, fu ritrovata nel 1955 in Olanda, oggi è conservata al Drent Museum di Assen, si stima risalga all’età mesolitica e abbia circa 10.000 anni.
Parliamo di qualcosa temporalmente molto più vicino a noi. I nostri antenati non dobbiamo mai sottovalutarli, né credere di conoscere tutti i loro segreti tecnologici, in effetti non sappiamo come siano stati eretti Stonehenge e le Piramidi, e nemmeno come sia stata realizzata e posta in opera la cupola monolitica del mausoleo di Teodorico a Ravenna. Un articolo di Dhwty ci parla di una tecnologia romana perduta che oggi è semplicemente oggetto di congetture, quella del vetro flessibile. Tale segreto che pare i Romani conoscessero, fu occultato per volontà dell’imperatore Tiberio e oggi non siamo minimamente in grado di replicarlo.
Un articolo di Sahir del 21 settembre ci parla della vita quotidiana dei Vichinghi. Noi in genere ce li immaginiamo come pirati e razziatori, marinai e mercanti magari nella migliore delle ipotesi, ma la loro vita non si svolgeva interamente sul mare, le attività marinare e la pirateria non riguardavano che una piccola frazione della società vichinga, la maggior parte delle persone erano contadini e allevatori, e a quanto pare, anche ottimi cavalieri.
Recentemente, in contrasto con il vuoto di informazioni a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi, si è parlato con un certo spazio anche sui media ufficiali, della nave arcaica di Gela. Di che si tratta? E’ il relitto di una nave greca datato tra il VI e il V secolo avanti Cristo che è stato ritrovato nel 1988 nelle acque siciliane, e che pare essere la più antica imbarcazione conosciuta di questo tipo (anche se è un bel po’ più recente della canoa Pesse), ora, dopo 34 anni di studi e restauro conservativo, è esposta al pubblico nell’ambito della manifestazione indetta dalla regione Sicilia “Ulisse in Sicilia, il luoghi del mito”, e personalmente trovo molto piacevole il fatto che il luogo, nei pressi dell’antica Gela scelto per ospitare la manifestazione, si chiami, guarda un po’, Bosco Littorio.
Io vi ho espresso altre volte la mia opinione su Roberto Giacobbo, il conduttore delle trasmissioni “di misteri” Voyager in RAI e poi Freedom in Mediaset. Si tratta il più delle volte di programmi sensazionalistici concepiti per attirare facilmente l’attenzione di un pubblico di bocca buona, come giornalista e autore, Giacobbo si muove sulla stessa falsariga, ricordiamo che lo scorso decennio dedicò addirittura un libro alla “leggenda metropolitana” allora diffusa secondo la quale si attendava la fine del mondo per il 2012, cosa che non è palesemente avvenuta.
Tuttavia, proprio perché si prefigge di raccontare una versione dei fatti diversa da quella ufficiale, a volte dalle sue ricerche emergono cose interessanti: io l’ho talvolta citato, occorre muoversi con molta cautela e distinguere il grano dal loglio.
Freedom ha generato anche un’omonima rivista da edicola, e nel numero di ottobre 2022, che però è già presente in edicola a fine settembre, presenta allegato un libro dello stesso Giacobbo che è nientemeno che una Storia alternativa del mondo. Poiché una storia alternativa del mondo, seppure con la modestia dei miei mezzi, è anche quella che sto cercando di tracciare io, non potevo evitare di interessarmene.
Cominciamo però con il dare un’occhiata al numero della rivista, difatti anche qui gli argomenti storici non mancano, cominciando da un ampio articolo di Cinzia D. Leone su I vichinghi prima dei vichinghi.
Una cosa che non tutti sanno, è che quando si parla di vichinghi, non ci si riferisce all’intera remota storia norrena, ma a un periodo preciso, tra l’VIII e il XII secolo. La storia vichinga inizia “ufficialmente” l’8 giugno 793, quando gli uomini a bordo dei lunghi drakkar si spingono a saccheggiare l’abbazia irlandese di Lindisfarne, e prima di allora?
Su di loro, sul loro stile di vita, la loro tecnologia, ci apre uno squarcio il ritrovamento di due navi sepolte nell’isola estone di Saarema. Qui apro una piccola parentesi: proprio a Saarema, come vi ho raccontato la volta scorsa, secondo quanto riferisce un testo a più mani che ha fra i suoi autori Felice Vinci, in un’epoca molto più remota, la caduta di un meteorite ferroso avrebbe innescato l’inizio dell’Età del Ferro, evidentemente questa sperduta isola baltica ha avuto inaspettatamente un ruolo chiave nei destini del mondo.
L’articolo della Leone, davvero molto ampio, rievoca poi le gesta dei vichinghi, fino al 1066, quando con la battaglia di Stamford Bridge in cui i Sassoni inglesi respinsero il tentativo di invasione norvegese, l’epopea vichinga è considerata chiusa, e questo, a dire il vero mi ha lasciato perplesso, perché, se è vero che in questa battaglia il re sassone Harold sconfisse i norvegesi, subito dopo dovette fronteggiare i Normanni di Guglielmo il Conquistatore e fu sconfitto ad Hastings, e i normanni erano anch’essi di stirpe vichinga, seppure trapiantati su suolo francese.
Un altro articolo che ci parla dell’impatto (letteralmente!) che i meteoriti hanno avuto nella storia umana, è Le sacre pietre nere di Massimo Fraticelli. Poiché essi provengono dal cielo, sono stati visti come messaggeri delle divinità, e come tali venerati: ne abbiamo almeno due esempi eclatanti: il lapis niger nell’antica Roma, e la pietra nera della Mecca, tuttora al centro della venerazione dei mussulmani.
Un articolo di Luca Potenziani ci parla di un argomento che anch’io ho trattato più di una volta su queste pagine: Chi ha davvero scoperto l’America?. Sappiamo che non fu Cristoforo Colombo il primo europeo ad approdare nel Nuovo Mondo, che fu preceduto almeno dai vichinghi di Leif Erickson, ma ora anche questa attribuzione è messa in discussione, grazie al ritrovamento di un gladio romano a Oak Island in Nuova Scozia. Vi ripeto tuttavia l’opinione che ho più volte espresso al riguardo. Secondo me, il vero scopritore dell’America va in ogni caso considerato Colombo, perché, nonostante alcuni sporadici contatti, è solo dall’impresa del navigatore genovese che si stabilisce una reale interazione tra il Vecchio e il Nuovo Mondo, mentre fin allora le vicende umane si erano svolte in Eurasia-Africa e nelle Americhe come su due palcoscenici separati.
E veniamo finalmente a parlare del libro di Giacobbo. Come vi dicevo, sarà il caso di fare un’attenta selezione delle tematiche, come c’era da aspettarsi da una persona in stretti rapporti con l’archeologo mediatico Zachi Hawass, ad esempio, si dilunga sull’Egitto, mentre da parte mia non ho alcuna intenzione di contribuire all’egittomania imperante o alla sopravvalutazione dell’area mediorientale che, come vi ho spiegato molte volte, induce a sottovalutare la centralità della nostra civiltà europea, tuttavia diverse cose di questo testo non sono prive di interesse, ad esempio, alle pagine 69-76 troviamo esposta la teoria di Felice Vinci su Omero nel Baltico di cui vi ho ripetutamente parlato.
Fra le cose più vicine a noi di cui si parla, c’è un capitoletto dedicato ai Templari. Secondo un’ipotesi, i cavalieri del Tempio avrebbero perfino scoperto le Americhe, e Colombo sarebbe stato spinto nel suo viaggio da una mappa templare. Io non so una simile ipotesi quale fondamento abbia, di una cosa però sono assolutamente convinto, che erano innocenti delle accuse che portarono alla brutale soppressione dell’ordine, semplicemente avevano la colpa di essere creditori per ingenti somme del re di Francia Filippo il Bello, che pensò bene di estinguere i suoi debiti sopprimendo il creditore, e quindi ne seguì tutta la montatura che sappiamo.
Era questa l’opinione anche di Dante Alighieri:
“Veggio lo novo Pilato sì crudele che ciò [lo schiaffo di Anagni] nol sazia/ ma sanza decreto porta nel Tempio/le cupide vele”.
Cioè il re francese porta le cupide vele nel Tempio a guisa di un vascello saraceno venuto per predare e saccheggiare.
Riguardo a Dante, c’è un capitoletto a lui dedicato dove si riferisce la leggenda secondo cui il Poeta dopo la sua morte avrebbe rivelato in sogno al figlio Pietro dove si trovasse il manoscritto degli ultimi canti, ritenuti perduti, del Paradiso. Ricordo che io stesso, nella ricorrenza del settecento anni dalla morte del Poeta, ho dedicato una conferenza al festival celtico triestino Triskell, al Dante esoterico e misterioso, Un druido di nome Dante Alighieri, il cui testo trovate, suddiviso in due articoli sulla nostra “Ereticamente”.
Un altro capitolo è dedicato all’affascinante e misteriosa costruzione pugliese di Castel del Monte fatta edificare da Federico II, un castello la cui struttura, con la sua pianta perfettamente ottagonale, sembra riflettere più l’intento di tramandare un messaggio esoterico che esigenze difensive.
Anche a questo riguardo, permettetemi una piccola digressione, io, come vi ho raccontato più volte, ho origini pugliesi per parte di padre e toscane per la parte materna. La volta scorsa vi ho raccontato della mia visita al castello di Poppi, senza considerare che c’è un articolo, la settantaduesima parte de L’eredità degli antenati, che ho dedicato interamente alla mia eredità toscana. Questo non significa che io non abbia per la Puglia dei miei avi paterni, altrettanta considerazione e rispetto, semplicemente, vivendo a Trieste, per motivi logistici, ho avuto con essa contatti meno stretti. Questa è l’occasione buona per ricordare che il grande Federico II amava molto la Puglia, dove appunto ha fatto erigere Castel del Monte, e che fra gli appellativi coi quali è ricordato c’è anche puer Apuliae, “figlio della Puglia”, anche se in verità era nato a Jesi nelle Marche.
La Storia alternativa del mondo di Giacobbo si spinge fino ai nostri giorni, il che ci porta a un discorso piuttosto lontano dalla nostra eredità ancestrale. Nel 1983 un uomo, Stanislav Petrov, ha deciso il destino di tutti noi, era a capo di una postazione missilistica sovietica, quando i radar segnalarono un missile proveniente dagli Stati Uniti che si dirigeva verso il territorio russo. Ebbe solo pochi secondi per decidere che si trattava di un falso allarme e per non scatenare la rappresaglia. Non avesse preso la decisione giusta, oggi vivremmo in un apocalittico mondo post-nucleare, ammesso che fossimo ancora vivi. Siamo fuori dai nostri argomenti abituali, ma è una storia che vale la pena di ricordare, soprattutto oggi che, a causa del conflitto ucraino, si vuole demonizzare tutto quanto è russo.
Con un balzo considerevole all’indietro nel tempo, l’ultimo capitolo del libro ci riporta al lontano passato, ed espone una teoria che io stesso ho più volte commentato su queste pagine, che identifica l’Atlantide platonica con l’Irlanda. Se ricordate, ne abbiamo parlato più volte, quindi ora eviterò di ripetermi.
La conclusione del nostro discorso è esattamente quella della volta scorsa: se noi andiamo in questo periodo a esaminare le fonti ufficiali, il “mainstream” archeologico, sembra che il passato del nostro continente sia caduto in una sorta di cono d’ombra, da cui si salva, grazie ad “Ancient Origins” soltanto la mitologia greca, ma appena ci accostiamo a fonti un tantino eterodosse, le cose ci appaiono in una luce molto diversa. Le nostre radici sono là, e come direbbe Tolkien, sono profonde e non gelano.
NOTA: Nell’illustrazione, Echidna, la madre dei mostri. Questa immagine correda l’articolo del 24 settembre di Robbie Mitchell su “Ancient Origins”, ma si tratta di una delle statue della Villa dei Mostri di Bomarzo.