Ricominciamo il nostro viaggio nell’eredità degli antenati, e sembra proprio che si tratti di una questione che, per quante nuove conoscenze si accumulino, per quanti dibattiti e controversie si possano tenere sull’argomento, la questione non si possa mai esaurire.
Ripartiamo da piuttosto indietro, il web, lo sapete, è un mare magnum ben difficile da scandagliare, e non sempre si riescono a trovare e segnalarvi le notizie importanti con la dovuta tempistica, e tanto meno in tempo reale. Ancora una volta, come mi è capitato di fare con la prima parte di questa nuova rubrica, ma mi auguro che la cosa rimanga un’eccezione, mi tocca aggiornarvi con notizie importanti che riguardano la prima parte dell’anno, di questo 2019 che sembra essere inesauribilmente ricco di sorprese e che mi erano in prima battuta sfuggite.
Io mi auguro che mi scuserete se purtroppo sono in grado di darvi soltanto adesso una notizia importante già apparsa in gennaio.
Il 23 gennaio “The Scientist” ha pubblicato un articolo di Diana Kwon che fa il punto sugli studi sul DNA antico condotti da diversi team di ricercatori, e i risultati che stanno emergendo negli ultimi tempi sono davvero sorprendenti.
Come dovrebbe essere ormai noto, gli Europei moderni hanno nel loro patrimonio genetico del DNA proveniente dall’uomo di Neanderthal in una proporzione che varia dal 2 al 4%. La stessa percentuale si riscontra negli asiatici, che in più conservano nel loro DNA in una proporzione che sembra arrivare fino al 6% le tracce genetiche di un altro antico uomo, l’uomo di Denisova, Invece nessuna traccia di DNA neanderthaliano è presente nei neri subsahariani.
Io non so se vi è mai capitata un’esperienza di formulare un’ipotesi ardita, di quelle su cui magari siete i primi ad avere delle perplessità, poi accade qualcosa o venite a conoscenza di un fatto nuovo, e vi viene voglia di battervi la mano sulla fronte ed esclamare: “Perbacco, ma allora avevo ragione!” Ebbene, questo è proprio quel che è successo a me.
Altrettanto notoriamente, nel corso del tempo Europei e Asiatici hanno dato luogo a culture e civiltà più o meno ricche e progredite, mentre i neri al di sotto del Sahara sono rimasti adagiati in un eterno paleolitico fino all’arrivo nelle loro terre dei colonizzatori europei, e d’altra parte costoro dimostrano di essere al disotto di Europei e Asiatici di qualcosa come 30 – 35 punti in termini di media di Q. I. A me è venuto spontaneo porre in relazione quel “guizzo” in più che Europei e Asiatici possiedono rispetto ai neri con la nostra eredità neanderthaliana, anche sapendo che l’uomo di Neanderthal, lungi dall’essere la creatura scimmiesca e brutale che è stata a lungo descritta sulla base di ricostruzioni errate, era un essere umano molto simile a noi, che ha dimostrato una notevole ingegnosità nel sopravvivere nel difficile clima dell’età glaciale, e anche la capacità di produrre manifestazioni artistiche.
Bene, si pensava che questa eredità neanderthaliana ci fosse derivata da antichi accoppiamenti tra Neanderthal e Sapiens del tipo Cro Magnon, e che poi nelle popolazioni miste che ne erano derivate, i geni neanderthaliani siano stati progressivamente eliminati perché meno vantaggiosi dal punto di vista evolutivo, fino a ridursi alla proporzione attuale.
Le ricerche paleogenetiche citate da Diana Kwon dimostrano che le cose non stanno affatto così: negli ultimi 45.000 anni la proporzione di geni neanderthaliani nelle popolazioni europee è rimasta stabile. Sapete cosa significa questo? Che questi geni sono entrati in combinazioni funzionali utili alla sopravvivenza con quelli propri degli uomini di Cro Magnon, creando quel mix da cui noi tutti discendiamo, Quanto alla loro scarsa entità quantitativa, essa non sembra dipendere da alcun processo di selezione darwiniano, ma unicamente dal fatto che le popolazioni di Neanderthal erano numericamente molto piccole rispetto ai Cro Magnon.
Sarà il caso di fare una digressione che apparentemente ci porta molto lontani dalla nostra tematica. Come certamente sapete, quest’anno ricorrono i cinquant’anni dell’impresa lunare. Mi è stato regalato e attualmente sto leggendo First Man di James R. Hansen, la biografia autorizzata di Neil Armstrong. Bene, una considerazione salta agli occhi: gli astronauti dei progetti Mercury, Gemini e Apollo furono scelti attraverso un’accurata selezione, ma certamente non una selezione di tipo coscientemente e deliberatamente razziale.
La prestanza fisica era solo una delle qualità richieste. Occorreva una competenza in ingegneria aeronautica, esperienza come pilota di una molteplicità di velivoli, dai jet supersonici agli elicotteri, la capacità di prendere rapidamente decisioni in situazioni critiche. Risultato? Tra gli astronauti dei progetti Mercury, Gemini e Apollo, non si trovava un nero a cercarlo col lanternino. Non solo, ma la stragrande maggioranza di costoro proveniva da piccole cittadine rurali, cioè, guarda caso, l’ambiente meno esposto al meticciato di tutti gli Stati Uniti.
Naturalmente siamo consapevoli di riferirci a un arco temporale molto vasto che va dalle remote origini della nostra specie a poco prima degli inizi della storia documentata. In questo ampio arco di tempo, abbiamo visto che ci sono soprattutto due questioni fondamentali, e due menzogne “di stato”, della cosiddetta scienza ufficiale da respingere: l’Out of Africa senza dubbio, ma anche l’ex Oriente lux, la pretesa, la fiaba riportata praticamente da tutti i testi che si occupano delle origini della civiltà, che essa sarebbe nata in Medio Oriente, nella cosiddetta Mezzaluna Fertile, e che l’Europa non vi avrebbe avuto alcun ruolo, se non quello di una ricezione passiva. E’ dunque con piacere che si può ora segnalare qualcosa che va esattamente nella direzione opposta.
Il 28 maggio “Conoscere la storia” ha pubblicato un articolo a firma di Antonio Landini su Quelle enigmatiche megalopoli vecchie di seimila anni nel cuore dell’Europa. Si tratta della cosiddetta cultura di Cucuteni-Trypillian diffusa in età preistorica sulle sponde del Mar Nero in quelli che oggi sono territori facenti parte di Romania, Moldavia e Ucraina.
Si tratterebbe dei resti di decine di abitati risalenti, secondo le datazioni al radiocarbonio, a un periodo compreso tra il 3.000 e il 4.000 avanti Cristo, il che li renderebbe all’incirca contemporanei dei più antichi insediamenti sumerici conosciuti, ma, ed è un ma di estrema importanza, testimoniano una densità abitativa che all’epoca è assolutamente sconosciuta in Medio Oriente, al punto che, riferito a questi tempi remoti, il termine megalopoli non è un’esagerazione. Ad esempio a Talianki in Ucraina sono stati ritrovati i resti di 2700 abitazioni che coprono un’area di 450 ettari, e si stima ospitassero una popolazione attorno ai 21.000 abitanti. A Maydanets, sempre in Ucraina, si stima vi fossero 3000 abitazioni e una popolazione di 29.000 persone. 15.000 sarebbero stati invece gli abitanti di Nebelikova, ma l’abitato si estendeva su 300 ettari.
A me pare che questa cultura si presenta come “enigmatica” perché non è mai stata adeguatamente studiata e soprattutto perché l’archeologia ufficiale, quella le cui interpretazioni del nostro passato finiscono sui libri di testo e condizionano un po’ tutti, non riesce a schiodarsi dalla fissazione mediorientale. Il Medio Oriente deve comunque avere la priorità, tutto deve partire dai Sumeri, anche se si stanno accumulando prove sempre più numerose, e oserei dire schiaccianti, che le cose non stanno affatto così, e che la nostra civiltà è nata in Europa.
La semplice verità è che tutto quello che rimane fuori da una presunta linea di diffusione della civiltà che andrebbe dal Medio Oriente all’Europa attraverso Sumeri, Egizi, Babilonesi, Fenici, Ebrei, Persiani rimane una specie di terra di nessuno dove gli archeologi evitano di indagare e su cui i testi storici non riportano assolutamente nulla, hic sunt leones.
Occorre invece segnalare per il 15 aprile un fatto non grave ma gravissimo. In questa data, infatti, time.com, non un foglio qualsiasi ma la versione on line della autorevole rivista “Time” ha pubblicato un articolo di Doroty Kim il cui contenuto sarebbe da definire delirante, se non facesse parte di un piano ben congegnato.
Secondo l’autrice, sulla quale davvero ci piacerebbe avere qualche informazione in più, i vichinghi indoeuropei biondi e nordici sarebbero un mito creato ad hoc dai suprematisti bianchi, e sarebbe ora di ristabilire quella che secondo lei è la verità, cioè che i vichinghi erano multietnici e multirazziali.
Saremmo tentati di pensare a un delirio allo stato puro, anche se inesplicabilmente avallato da una pubblicazione prestigiosa come “Time”, ma il discorso è senz’altro più complesso. Vediamo prima di tutto su cosa costei appoggia la sua convinzione del carattere multietnico e multirazziale dei vichinghi. Testimonianze? Descrizioni? Ritrovamenti archeologici? Per nulla! Perché impicciarsi di simili cose che sono perfettamente inutili o fuorvianti quando si dispone della “scienza” della democrazia?
Il “ragionamento” se proprio vogliamo chiamarlo così, è tanto dogmatico quanto capzioso: il carattere ariano-nordico degli antichi popoli germanici e dei vichinghi è stato sostenuto dai nazionalsocialisti, e poiché l’hanno sostenuto loro che sono il male assoluto, la cosa deve di necessità essere un falso, nonostante le imponenti evidenze a suo sostegno e l’assenza di prove in senso contrario. L’autrice collega poi la persuasione del carattere europeo e bianco dei vichinghi ai gruppi pagani e neopagani (c’è forse qualcosa di male nel non credere nella favola di Betlemme? La libertà religiosa non esiste più?) e all’azione di alcuni terroristi come l’eclatante strage di Christ Church (e le azioni dei terroristi islamici o la lunga scia di sangue e violenze protrattasi fino al XVIII secolo con cui la dottrina del Discorso della Montagna è stata imposta all’Europa, non dimostrano nulla?). Infine, se la prende persino con la serie televisiva Vikings, colpevole di non mettere in scena nessun vichingo di colore.
Decidete voi stessi. Io vi allego due immagini, entrambe tratte da Vikipedia che certamente per queste cose è una fonte non sospetta: una miniatura del XI secolo che riproduce una flottiglia di navi vichinghe e una scena del celebre arazzo di Bayeux dove è descritta la conquista normanna dell’Inghilterra. Ditemi quante facce di colore vedete.
Si sarebbe tentati di sorridere di una simile assurdità, ma sarebbe probabilmente un errore. Io penso, infatti, che essa si inserisca in un piano preciso di falsificazione della storia che vediamo in opera da tempo. Non solo è ormai impossibile vedere una qualsiasi pubblicità televisiva in cui non compaia una famiglia o un gruppo di ragazzi multietnico, ma abbiamo già visto innumerevoli fiction cinematografiche e televisive dove personaggi della storia europea sono impersonati da attori di colore (l’ultimo – per ora – a essere “colorizzato” in questa maniera infame è stato Niccolò Machiavelli). L’intento è quello di creare una persuasione semi-conscia che le società multietniche, invece di un’aberrazione attuale, siano qualcosa di “normale” e “sempre esistito”, contando anche sul fatto che, grazie alla progressiva e probabilmente programmata degenerazione del sistema scolastico, la gente, e soprattutto i più giovani, sono tremendamente ignoranti in fatto di storia.
Nello stesso tempo, abbiamo visto, chi non si piega all’imposizione multietnica o – santa ingenuità – semplicemente non ne tiene conto, è ferocemente attaccato e boicottato, come è successo ad esempio, l’abbiamo visto recentemente in una delle ultime Ahnenerbe casalinga, agli organizzatori di una mostra a Parigi su Tutankhamon, “colpevoli” di presentare il faraone come effettivamente era, cioè “troppo bianco”. Non essendo riuscita a far proibire la mostra, l’associazione degli africani in Francia l’ha boicottata con i propri attivisti che bloccavano gli accessi, e inalberavano cartelli con scritte fra cui “Il vostro DNA è criminale”. Capite cosa significa? Per noi l’odio razziale è un crimine, mentre a loro è largamente concesso.
Come aveva spiegato George Orwell, ciò di cui nessuno è a conoscenza, all’atto pratico non esiste, e il fatto da far cadere nel dimenticatoio è che la nostra civiltà è per intero la creazione dell’Europa bianca e unirazziale come è stata sino a pochissimo tempo fa.
Ora, a quanto pare, siamo arrivati a un ulteriore passo in avanti, diventa chiaro il disegno di imporre come “verità ufficiale” una visione della storia falsata in senso multirazziale, non è più una cosa suggerita affidandola alla persuasione mediatica, ma diventa “verità storica” proclamata e sicuramente fra non molto tempo imposta, come avviene già oggi per i dogmi dell’Out of Africa, dell’inesistenza delle razze umane, dell’Ex Oriente lux.
Sarebbe senz’altro esatto ma ancora incompleto definire la democrazia come quel regime dove è proibito pensare liberamente, dovremmo ancora aggiungere che questa proibizione è finalizzata a diminuire le resistenze alla sostituzione etnica, obiettivo a cui “i padroni del vapore” tengono molto, perché l’uomo europeo è intelligente, consapevole dei propri diritti, non si lascia sfruttare facilmente, meglio allora sostituirlo con più manipolabili masse allogene.
Noi, a nostra volta, dobbiamo essere consapevoli che se ci battiamo per la verità, non è soltanto per un astratto desiderio di conoscenza, ma per difendere il futuro dei nostri figli e discendenti.
NOTA: Nelle illustrazioni, particolare dell’arazzo di Bayeux e una miniatura del XI secolo raffigurante una flotta vichinga.
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