8 Ottobre 2024
Cultura

L’eroe umiliato dalla donna: l’umiliazione di Galvano nel ciclo cavalleresco del Graal

Questo scritto vuole proporsi come un breve approfondimento sul tema, già affrontato, dell’umiliazione come pratica religiosa ¹ e in particolare nel ciclo cavalleresco. Avevamo già visto, nel caso di Lancillotto e Ginevra ², sullo sfondo dell’amor cortese, quanto il rapporto fra il cavaliere e la sua dama fosse un rapporto di sudditanza e adorazione, nel quale la dama profitta del ruolo che le compete per trasformare il suo amante in un giocattolo. Scopo di questo approfondimento è mostrare come simile relazione non solo non sia affatto una eccezione limitata a un caso isolato, come può essere quello di Lancillotto, quanto che l’eroe umiliato dalla donna è condizione comune, e, si potrebbe dire, necessaria al rafforzamento delle virtù morali del cavaliere stesso. Pazienza, altruismo, sopportazione, carità per gli indifesi, sprezzo del pericolo, sopportazione dell’ingiuria, appaiono come virtù morali tipiche dell’eroe che sono alimentate dall’umiliazione stessa subita per mano della donna amata, o questo, perlomeno, è quello che i grandi scrittori del ciclo cavalleresco hanno voluto dirci. Lungi dal sorprendersi di questo, lo storico delle religioni sa che si tratta di uno schema secolare, come prima del Graal, nel mondo greco ad esempio, il virile Eracle veniva umiliato e deriso dalla regina della Lidia Onfale, allo stesso modo l’eroe del Graal è l’uomo che si fa deridere e umiliare dalla donna, a prova della foggia del suo carattere e valore.

Messer Galvano, ci racconta Chrétien de Troyes (1135-1190 ca) ne La storia del Graal, viene ripetutamente umiliato da una fanciulla orgogliosa. Il cavaliere si impegna a prendersi cura di una ragazza a seguito di una promessa, quando questa, capito che poteva manipolarlo a proprio piacimento, si prende gioco di lui.

“E Messer Galvano si china per darle il mantello che stava in terra e porlo sulle sue spalle; e la damigella lo guarda, che era svelta e non si vergognava di dire cattiverie a un cavaliere: «Vassallo»” gli fa. Non ho proprio nessuna voglia di lasciarmi servire da te, perché non hai le mani abbastanza pulite per tenere una cosa che io possa indossare o mettermi in testa. Devi proprio tenere in mano quello che deve toccare i miei occhi, la mia bocca, la mia fronte o il mio viso? Non piaccia al Figlio di Dio che mai mi venga voglia di accettare il tuo servizio».
Così la fanciulla è salita a cavallo, si è messa il velo e il mantello e disse: «Cavaliere, ora andate pure dove volete, vi seguirò da qualsiasi parte andiate fino a che non vi vedrò umiliare. E sarà oggi, se a Dio piace». E Messer Galvano tace, che non le risponde neanche una parola. Sale a cavallo pieno di vergogna”.
(Chrétien de Troyes, «La storia del Graal» pag. 159)

Poco dopo viene tradito dallo stesso cavaliere che Galvano aveva promesso di curare, perde il suo cavallo e in cambio ne ottiene un ronzino, che è costretto a cavalcare, un’onta profonda per un cavaliere. La reazione della fanciulla a questo episodio non tarda a mancare:
“La fanciulla orgogliosa se la ride e dice a Messer Galvano: «Vassallo, vassallo, cosa farete? È un vero piacere ora seguirvi e un vero divertimento! E peccato che il ronzino che avete preso allo scudiero non sia una giumenta! Mi piacerebbe, sapete, che per voi sarebbe ancora più umiliante»”

E continua:
“«Ah! Ah! Certo ora le cose vanno proprio bene» fa la fanciulla piena dì scherno (…) sembrate proprio un cavaliere di quelli che si fanno un dovere di accompagnare le fanciulle! Prima di tutto ora voglio divertirmi ad assistere alle vostre disgrazie. Coraggio, dateci dentro con gli speroni, mettete alla prova il vostro ronzino, non perdetevi d’animo, che è davvero rapido e veloce. Io vi verrò dietro. Il patto è che non vi lascerò fintanto che non vi veda svergognato. Sono sicura che non mi deluderete.»”
(Chrétien de Troyes, «La storia del Graal» pag. 164)
Arrivati a un lago, dall’altro lato si ergeva un castello con 500 dame e damigelle affacciate alle finestre che miravano i giardini, Galvano e la sua fanciulla scorgono una barca sulla riva del lago. Alle spalle arriva un avversario di Galvano a cavallo, ma Galvano si rifiuta di scappare. Ecco quindi che “La damigella, che aveva in corpo un cuore velenoso” gli dice: “che begli assalti farete davanti alle fanciulle dall’altra parte del fiume eleganti e belle affacciate alle finestre! Per voi sono contente di essere là e per voi ci sono venute: e ben presto avranno di che rallegrarsi quando vi vedranno finire per terra!” augurandogli di essere deriso davanti a 500 ragazze.

L’umiliazione di Galvano non è presente solo in Chrétien de Troyes ma assume un connotato simbolico anche nel Parzival di Wolfram von Eschenbach (1170-1220 ca) quando, al capitolo X, l’eroe viene insultato dalla dama che lo deride, nonostante questo la sottomissione di Galvano è tanto grande quanto il suo eroismo. “Mi sembrate un idiota” gli dice la dama,
“Ma lui, tutto desideroso d’amore, replicò: «Resterò al vostro servizio che ne ricavi felicità o disgrazie, poiché l’amore che provo per voi mi ordina di restare ai vostri ordini, che sia a cavallo o a piedi!». Senza avere ripensamenti, la dama lo usa come un giocattolo. “La dama, intanto, se la rideva di gusto per tutte quelle pene e quei fastidi che riusciva ad infliggergli.” scrive Eschenbach.
La scena è la medesima, Galvano è costretto a cavalcare un ronzino fra le risa della fanciulla orgogliosa, che qui si chiama Orgeluse de Logrois, e Galvano, innamorato perso di lei, che acconsente a consegnare tutto sé stesso alla Dea alla quale si è votato. Le dice:
“Voi devastate ciò che vi appartiene. Se mai ho goduto della libertà, considerate che adesso, invece, appartengo a voi: voi sola mi pare ne abbiate legittimo diritto! E chiamatemi cavaliere oppure servo, garzone o anche villano!” («Parzival» cap. X, pag. 1449)
Galvano si consegna totalmente alla donna che ama, e questa gli garantisce che la via non sarà quella dell’onore ma quella dell’annientamento e del disonore:
“Mi avete messo sotto chiave! Ora se volete scioglietemi, oppure tenetemi in catene: qualunque cosa facciate mi troverete d’accordo. Lei disse: «E allora forza, portatemi via con voi: se volete ottenere il trionfo dell’amore che perseguite proprio insieme a me, ve ne dovrete rammaricare e vergognare! Se avete bisogno di onori lasciate stare! Se avete desiderio del mio amore, il vostro amore e la vostra felicità saranno annientati e, se mi condurrete via di qui, vi toccheranno grandi preoccupazioni!». («Parzival» cap. X, pag. 1442)

Galvano, irremovibile, si dice disposto a servirla a qualsiasi costo, ben pagando qualsiasi prezzo. E la dama, divertita, lo insulta:
“«Siate ben venuto, papero: se insistete a offrirmi i vostri servigi, nessun uomo è mai stato altrettanto sciocco. Sarebbe meglio che ve ne guardaste bene!» («Parzival» cap. X, pag. 1445)
“Ve l’ho già detto molte volte che qui otterrete solo mortificazioni.” Gli rammenta.

L’amore come adorazione e disparità è elemento tipico dell’amor cortese in cui la dama viene idealizzata al sommo grado e il cavaliere ridotto al vassallo, ma la vicenda di Galvano è il culmine estetico della consegna di sé stessi ad una donna Dea che ci assorbe ogni dignità e pudore. Il perché di tutto questo ce lo dice Eschenbach quando scrive:
“Nessuno deve ridere del fatto che un uomo tanto battagliero subisse la disfatta da una donna! Accidenti, che può mai essere? È donna Passione che mostra la sua furia all’uomo che si è assicurato la gloria trovandolo pronto a combattere senza darsi per vinto”.
(«Parzival» cap. XII, pag. 1482)
La “Passione” dell’amore quindi, è annullamento dell’io attraverso la mortificazione per generare un Eroe che combatte senza mai darsi sconfitto.
Questa Passione è Potenza del femminile che disarma, contro la quale non vale scudo, verso il quale occorre solo l’abbandono totale, il rilascio di ogni difesa, l’essere inermi, umiliati, mortificati, separati, cioè, dalla propria parte mortale, per riscoprire quella parte che non muore, quella che l’eroe riscopre nella gloria, perché quando umiliato viene glorificato e il processo passa attraverso un Femminile sacro che disarma, annienta, umilia e deride.

“Come riuscite, signora Passione, ad annientare i sensi di un uomo, l’animo fiero, pieno di coraggio? Dobbiamo riconoscere senza alcuna riserva quanto siete potente” («Parzival» cap. VI, pag. 1316)

Galvano ovvero sia Sir Gawain, tutt’altro che essere personaggio marginale o secondario del ciclo arturiano, è uno fra i più valorosi cavalieri della tavola rotonda nonché al centro di prove leggendarie sul valore come la nota vicenda con il cavaliere verde, in cui si distingue per la sua probità.
Eppure si abbandona a una adorazione senza eguali verso la donna che ama e questa diventa per lui Dea terribile che lo mortifica e lo spoglia di ogni orgoglio e reputazione, di ogni amor proprio e vanagloria. Il femminile qui assurge a nuda veritas di fronte all’ambizione del cavaliere, quest’ultimo non può né potrà mai raggiungere il Santo Graal, il vaso sacro, senza prima essersi umiliato, senza prima essersi fatto deridere dall’amata, perché giungere al Graal significa aver superato vanagloria e amor proprio; processo mistico, questo, oserei dire alchemico, che la grande letteratura del ciclo cavalleresco ha voluto tramandare.

Emanuele Franz
24 aprile 2023

Note:

¹
https://www.ereticamente.net/2017/07/lumiliazione-come-pratica-religiosa-emanuele-franz.html#:~:text=La%20pratica%20mistica%20dell%27umiliazione,né%20umiliazione%2C%20ovvero%20lo%20Spirito.

²
https://www.ereticamente.net/2019/07/sottomissione-alla-donna-e-ideale-cavalleresco-emanuele-franz.html#:~:text=L%27uomo%20è%20sempre%20inferiore,adorazione%20di%20fronte%20a%20lei.

Bibliografia di riferimento:
Il Graal. I testi che hanno fondato la leggenda. A cura di Mariantonia Liborio. Mondadori Editore, i Meridiani 2000;

Parzifal. Di Wolfram von Eschenbach. A cura di Giuseppe Bianchessi. UTET 1957.

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