8 Ottobre 2024
Recensione

L’esperienza di un pellegrino convertito all’ortodossia – Rita Remagnino

Quali motivi spingono un cristiano nato cattolico a convertirsi all’ortodossia? Il filosofo Emanuele Franz lo spiega in un libro autobiografico fresco di stampa: “Voi siete uno. Diario di un pellegrino convertito all’ortodossia. Fra Monte Athos, Sinai e Samarcanda per l’Unità dei cristiani”. La formula scelta dall’autore, il diario di viaggio, si discosta dalla letteratura di genere (da Goethe a Chatwin) per dirigersi verso esperienze religiose vere e proprie quali ad esempio il battesimo, che a partire dal I secolo d.C. divenne una prassi consolidata tra le comunità giudeo-cristiane, o per meglio dire ebree giacché a quell’epoca l’aggettivo «cristiano» non esisteva.

L’istituzione del rito ruota attorno al movimento di Giovanni il Battezzatore, il quale predicava la remissione dei peccati attraverso un procedimento che si concludeva con l’immersione in acqua (baptismos). Non sfugge la potenza rivoluzionaria di questo atto rituale capace di creare spazi autonomi mantenendosi lontano dalle istituzioni. Attraverso il battesimo il neofita diventava giusto agli occhi di Dio e stabiliva con il divino un contatto diretto, intaccando così il prestigio della classe sacerdotale.

L’ascesi stava al centro del messaggio del Battezzatore, il quale, senza infrangere la legge mosaica, mise la purità del corpo in cima alla classifica dei requisiti richiesti per essere sottoposti alla legge Suprema. Sebbene non fosse meno dirompente l’affermazione secondo cui la «salvezza» si trovava fuori dal Tempio di Gerusalemme, ovvero nel fiume; un presupposto al quale l’inizio dell’attività di Gesù pare essere inscindibilmente connessa (Mc. 1, 9; Mt. 3, 13; Lc. 3, 21).

Proprio su questo punto Emanuele Franz dissente in quanto a suo modo di vedere il corpo è esso stesso Tempio, come già ha scritto in “Idea e Realtà. Il corpo come Tempio della sapienza“, prefazione di Angelo Tonelli (ed. Audax, 2018). Secondo Franz il corpo non può prescindere dalla relazione del vivente con il vivente, e dunque nella celebrazione del rito appare di fondamentale importanza. Con ammirazione egli osserva infatti le «evocazioni» religiose dei riti ortodossi con tanto di fedeli ispirati che pregano, s’inginocchiano sul pavimento, si struggono fino alle lacrime; poi esclama: “Che potenza la Chiesa ortodossa!” Critica invece le «rievocazioni storiche» consumate all’interno degli edifici di culto cattolici, meravigliose gallerie d’arte ricche di effigi che rappresentano il pallido ricordo di qualcosa di estinto.

A furia di «modernizzarsi», scrive Franz, il cristianesimo occidentale è diventato afono, non sa più cosa dire, mentre quello ortodosso parla incessantemente di cose vicine alle origini. Insegna inoltre a “chiedere perdono a chi ci ha insultati, offesi, derisi, inascoltati”, un atto di umiltà che “significa scorporarsi da se stessi, come il cercatore d’oro separa il metallo nobile dal fango.

In osservanza della procedura introdotta da Giovanni il Battezzatore il rito battesimale si celebrava anticamente nel periodo compreso tra Pasqua e Pentecoste (Tertulliano, De bapt. 19), una scelta che trovò d’accordo anche Agostino (Sermo 210, 1, 2). Non sfuggono gli stretti legami di questa celebrazione con le numerose tradizioni rituali eurasiatiche che ebbero il loro centro proprio nell’equinozio di primavera.

Deciso a voltare pagina, ricominciando daccapo a coltivare la sua fede, Emanuele Franz vorrebbe ricevere subito il battesimo ortodosso. Ma c’è un percorso da seguire, dei tempi da rispettare. Non si può. Prosegue quindi il cammino verso una tappa dall’alto valore simbolico: il Monte Athos, una Repubblica teocratica autonoma e indipendente, seppure formalmente annessa al Patriarcato di Costantinopoli, dove vivono circa duemila monaci distribuiti in venti monasteri collegati tra loro da mulattiere bianche.

Sulla penisola durante la Settimana Santa ortodossa il mondo sembra essersi fermato all’epoca della crisi iconoclasta che separò la Chiesa ortodossa da quella cattolica. Le cerimonie liturgiche scandiscono ogni ora del giorno, la preghiera è perpetua e il silenzio è rispettato nella consapevolezza che “il sacrificio è l’eliminazione dell’inessenziale”. Qui il socialismo cristiano e la filosofia dei Lumi non hanno mai davvero sfondato, né la luce piena del Sacro ha smesso di brillare. O, forse, non è neppure mai morta nello spirito dell’Occidente perché l’uomo totale non può essere desacralizzato, nonostante siano presenti sul suo cammino lunghi tratti di strada lastricata di «dotta ignoranza» in cui si manifesta appieno l’opacità di fondo della coscienza collettiva. Si tratta di intermezzi che ciclicamente si ripropongono, prima o poi però esauriscono la loro carica distruttiva e se ne vanno così come erano venuti.

Sul Monte Athos «ogni respiro è una preghiera», scrive Franz. E’ tuttavia probabile che la «montagna sacra» costellata di boschetti incantati sia stata un luogo speciale molto prima che sulla penisola sorgessero i monasteri cristiani e arrivassero i monaci. Nulla di strano se si considera l’antichissima consuetudine di sovrapporre una «nuova cosa sacra» ad una «vecchia cosa sacra» affinché la prima potesse assorbire sacralità dalla seconda diventando, se possibile, ancora più pura di quanto già non fosse l’altra. Una prassi seguita fino alle porte della modernità.

Alla vigilia del Natale Ortodosso il pellegrino torna in Serbia, dove, finalmente, nella chiesa di Sremska Mitrovica in cui Cirillo e Metodio iniziarono la loro opera di evangelizzazione, viene battezzato sotto la supervisione del diacono Aleksandar Ciganovič. Per sua stessa ammissione, non è mai stato così felice. Raggiunto dalla notizia del «vero battesimo» dell’amico italiano, Aleksandr Gel’evič Dugin si congratula con lui.

Il cammino prosegue accompagnato da un pensiero fisso: perché la cristianità continua ad essere divisa? Sono passati mille anni dal grande scisma, scrive Franz, ma ancora si stenta a riconoscere che Uno è il Maestro, il Cristo. Ed ecco che il libro tocca un tasto dolente, cioè l’antico conflitto risalente al IX secolo, quando la Chiesa Cattolica cominciò a dominare l’Europa centrale (Impero Romano d’Occidente) contro quello d’Oriente (Costantinopoli), e, in contrapposizione al Paganesimo di Slavi e Scandinavi. Com’è noto per i Romani il Papa di Roma è il capo della Chiesa Universale, mentre la dottrina Ortodossa lo ritiene soltanto un vescovo di uguale dignità ai vescovi di Antiochia, Alessandria, Costantinopoli e Gerusalemme. I guai iniziarono quando il titolo fu tradotto in latino e divenne “Patriarcha Universalis”, san Gregorio Magno papa di Roma credette che san Giovanni il Digiunatore patriarca di Costantinopoli volesse arrogarsi il primato nella Chiesa, così le incomprensioni si moltiplicarono.

Lasciando al lettore ogni riflessione sulle interessanti questioni di fede poste dall’Autore, ricordiamo solo il punto dottrinale sul quale ogni vero cristiano secondo Franz non dovrebbe avere dubbi: “La carne diventa storia con Cristo e la storia dell’uomo è salvezza e salvezza è Carità”. Senza il riconoscimento della presenza nell’uomo di “Dio che è Amore”, gli esseri umani non si presterebbero soccorso l’uno con l’altro ma ognuno penserebbe per sé. Guardato da questa prospettiva il sacrificio del Figlio di Dio non fu vano bensì necessario alla salvezza dell’umanità.

Dopo tante esperienze ed emozioni il filosofo-pellegrino si concede una breve pausa, prima di ripartire alla volta del Monte Sinai, conosciuto anche come Horeb, dove si trova uno dei più antichi monasteri cristiani del mondo, quello di Santa Caterina, forse costruito nel 328 d.C. da Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino. Il viaggio continua sulle montagne oggi militarizzate in cima alle quali Mosè ebbe la visione del roveto ardente e ricevette le tavole dei Dieci Comandamenti.

Inizia la scalata in solitaria di Franz sul Sinai, una risalita che in realtà sarebbe proibita, ma, com’è noto, gli stratagemmi che un autentico viaggiatore riesce ad escogitare per raggiungere la sua meta sono infiniti, e, incredibilmente, funzionano sempre. Valeva la pena di fare tanta fatica? Non era più comodo mettersi a leggere e studiare? La è sempre la stessa: il corpo. Si riesce a comprendere il valore di ciò che si ottiene solo mettendo alla prova il proprio corpo. Sarà infatti in uno stato di estrema sofferenza fisica, quasi sciamanica, che il filosofo-pellegrino avrà la sua grande illuminazione: “Dio parla ancora agli uomini”, e questa è senz’altro una buona notizia.

In una silenziosa atmosfera di risolutezza Franz s’inginocchia, bacia quel terreno ricco di Storia e significato, piange di gioia e umilmente chiede perdono a Dio. Scende superando una dozzina di controlli militari come se niente fosse. Plana in mezzo al deserto, e, finalmente, va a bussare alla porta del monastero di Santa Caterina che gli viene aperta previa esibizione del certificato di battesimo ortodosso ricevuto in Serbia.

Invece l’uomo-cyborg non potrà mai varcare nessuna soglia sacra, osserva l’Autore, essendo l’accesso all’Oltre consentito soltanto a quanti hanno conservato in se stessi la divinità che contraddistingue l’umano. Questa placenta energetica si trova nella carne, che è “il cardine della salvezza”, come scriveva Tertulliano in “De carne Cristi”. Soprattutto in un periodo di oscurità come l’attuale nessun cristiano dovrebbe dunque lasciare incustodito il Tempio dello Spirito, cioè il proprio corpo, la cui profanazione (tramite innesti di nanotecnologie o somministrazioni di farmaci genici capaci di alterare il Dna) corrisponde alla profanazione dell’essenza di ciascuno e preclude l’esperienza mistica.

Nel complesso questo piccolo libro pieno di cose da leggere è un testo da meditazione, o, se si preferisce, da comodino. Si tratta di uno scritto da assumere a piccole dosi che vanno lentamente assimilate e metabolizzate, anche perché le questioni che solleva non sono di poco conto. Dà comunque da pensare anche ai più scettici il fatto che, forse, dopo secoli di screzi e rivalità, la Fede (cattolica e ortodossa) andrebbe riunificata nel nome del Sacro perché in fondo “Tutto è uno. Uno è ognuno. Ogni cosa è Uno.

Attualmente l’ostacolo maggiore è rappresentato dal transumanesimo, indicato dall’Autore come la negazione dell’Uno. Chi ha voluto la divisione delle due Chiese, scrive, è il medesimo che ha lavorato sottotraccia per la divisione tra Corpo e Spirito, ovvero la separazione del mondo tra «eletti» e «uditori», o sottoposti, ed è ancora lo stesso che oggi sta progettando lo smembramento del corpo umano, ovvero la distruzione dello spirito.

Scontata a questo punto appare l’invettiva contro una società elitaria in cui il Bene e la Verità sono proprietà privata di una cerchia ristretta di auto-eletti, nonostante Cristo si sia sacrificato per Tutti e il suo messaggio sia accessibile a chiunque. Il viaggio si conclude in bellezza a Samarcanda, la città prima sogdiana e quindi tagika, dunque iranica e oggi uzbeka, dove si trovano la tomba di re David e il Mausoleo del profeta Daniele.

Quale miglior simbolo di buon auspicio per una società che si prospetta multipolare? Nel tempio del Fuoco di Panjakent il filosofo-pellegrino si rivolge direttamente ad Ahura Mazdā chiedendogli di guarire l’uomo dall’infezione della dualità e lasciarlo libero di correre verso l’Unità; ma non è il caso d’illudersi circa la possibilità che là dove ha fallito Alessandro il Grande (unire la sapienza d’Occidente a quella d’Oriente) riesca l’uomo contemporaneo che “è ancora un coagulo di frammenti senza unità sostanziale”.

Il libro termina con un’intuizione che suona come una premonizione. Nello sguardo pulito e genuino delle donne uzbeke a Emanuele Franz sembra di scorgere la rinascita del mondo, e, in effetti, ultimamente i capi di stato fanno gara a stringere accordi commerciali e politici con l’Uzbekistan, membro a pieno titolo dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai e grande produttore di gas, oro e uranio. Niente di più facile che la prossima umanità riprenda il cammino proprio là dove i nostri antenati Ari lo avevano lasciato, cioè dalla «strada del Pamir».

Ricercatrice indipendente, scrittrice e saggista, Rita Remagnino proviene da una formazione di indirizzo politico-internazionale e si dedica da tempo agli studi storici e tradizionali. Ha scritto per cataloghi d’arte contemporanea e curato la pubblicazione di varie antologie poetiche tra cui “Velari” (ed. Con-Tatto), “Rane”, “Meridiana”, “L’uomo il pesce e l’elefante” (ed. Quaderni di Correnti). E’ stata fondatrice e redattrice della rivista “Correnti”. Ha pubblicato la raccolta di fiabe e leggende “Avventure impossibili di spiriti e spiritelli della natura” e il testo multimediale “Circolazione” (ed. Quaderni di Correnti), la graphic novel “Visionaria” (eBook version), il saggio “Cronache della Peste Nera” (ed. Caffè Filosofico Crema), lo studio “Un laboratorio per la città” (ed. CremAscolta), la raccolta di haiku “Il taccuino del viandante” (tiratura numerata indipendente), il romanzo “Il viaggio di Emma” (Sefer Books). Ha vinto il Premio Divoc 2023 con il saggio “Il suicidio dell’Europa” (Audax Editrice). Altre pubblicazioni: "La vera Storia di Eva e il Serpente. Alle origini di un equivoco" (Audax Editrice, 2024). Attualmente è impegnata in ricerche di antropogeografia della preistoria e scienza della civiltà.

2 Comments

  • Francesco Maggi 22 Settembre 2023

    La fede è conoscenza del cuore e oltrepassa il potere della dimostrazione.
    (Khalil Gibran)
    Parto da qui, da questo bellissimo pensiero del poeta ( che incontra il mio totale consenso ) per affermare che in quanto tale ( la fede ) andrebbe riunificata non solo tra cattolici e ortodossi ma dovrebbe abbracciare tutti gli uomini del mondo. Storicamente questa considerazione è stata interpretata come ” necessità politica” e sostituendo al Cuore la Ragione in funzione di questa visione…con tutti i danni possibili che ciò ha procurato e che ancora procura.
    Personalmente sono un uomo religioso anche se in tutta onestà non so se definirmi Cristiano, almeno non nel senso comunemente attribuito alla ” categoria ” ( probabilmente se fossi nato in altri luoghi avrei assorbito altri elementi dottrinali ma ritrovandomi forse nella medesima situazione ). Ma non posso fare a meno di considerare l’azione rivoluzionaria, dirompente della figura del Cristo nella Storia.
    A lui il merito di aver riportato il Cuore al centro della Fede e indicando al Mondo intero che i mercanti vanno scacciati dal Tempio. Il Tempio, questo luogo che è dentro e fuori di noi ( ” solleva una pietra e lì mi troverai ” ).

    p.s. leggerò sicuramente il libro e come sempre la ringrazio per gli spunti che i suoi articoli offrono

  • Rita Remagnino 25 Settembre 2023

    Grazie Francesco.

    Al di là delle convinzioni di ciascuno, mi sembra del tutto condivisibile l’affermazione “non posso fare a meno di considerare l’azione rivoluzionaria, dirompente della figura del Cristo nella Storia”.

    Proprio per questo ritengo anacronistica la divisione tra le Chiese fondate da chi dice di credere nel suo (uno) messaggio.

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