Spero non ti dispiaccia esser chiamata Litzy, un nomignolo carino come un cartone animato, mi pare azzeccato visto che talvolta il tuo salottino pare la succursale dello Zecchino d’oro e Piccole storie, dipende dai livelli di buonismo che via via la regia vuol vendere all’italica massa assisa sui divani. Però non è tutto qui, ci mancherebbe: sappiamo che sei europea, ecumenica, internazionale, spalancata al mondo e all’accoglienza degli altri, dunque dei migranti; e del resto gli italiani, a meno non siano iscritti alla parrocchia arcobalena, non li sopporti, e c’è da dire che in specie quelli senza soldi, senza casa, senza lavoro e con un diavolo per capello potrebbero facilmente non sopportare te, cara Litzy, non sai quanta gente c’è in giro a cui stai cordialmente sul duodeno, e a cui non interessa nulla dei patentini di bontà che distribuisci in giro come le madri badesse una volta distribuivano i santini ai pargoli preferiti.
Mettiamo chi si è suicidato perché condannato a risarcire un mascalzone entrato in casa sua minacciando a mano armata i figli e la moglie, e dunque, terrorizzato e temendo il peggio, ha sparato per legittima difesa. Ma a te ‘sta roba qua sta sul groppone ci scommetto, è cronaca spicciola che scotta, e tu sei ben lontana dall’ustionarti, tu ci tieni alla tua preservazione televisiva nel siparietto dove hai mano libera proprio per sparare le cartucce che spari, tra cui la sviolinata a papa Francesco, il quale se non ha mai più rimesso piede in Argentina un motivo forse, dico forse, ci sarà.
Se ne vadano tutti in Ungheria questi italiani, disse un alto rappresentante dello Stato anni fa a chi osava insorgere contro l’invasione dei migranti. Una vieta parola che tu, accogliente come sei, avrai usato giusto alla scuola dell’obbligo riferita ad Attila e agli Unni, che comunque si fermarono molto prima di Roma ed anzi tornarono indietro.
Per quanto ti agiti, talvolta strepitando con voce stridula che verrebbe da tapparsi le orecchie, credimi non sei diversa dalla massa su cui vorresti ergerti, bensì sei scontata, un avamposto scenico del mansueto gregge televisivo da addomesticare al nuovo decalogo, il quale ride o si commuove, dipende dalla ricetta, alle tue schizzate, alle tue tirate d’orecchi, al tuo fare petulante e comandino a metà strada fra una caposala anni sessanta, coi pazienti allettati bisognosi delle medicine segnate tutte su di un elenco, e una zitella degli stessi anni, e tu non sei zitella lo so, epperò certe volte anche non volendo…
Così carina e pepatina potresti fare tenerezza se non fosse che quel tuo repertorio frizzante tende all’acido più che all’amore che pur spruzzi a destra e a manca, tant’è che pare tu ce l’abbia seriamente con qualcuno che magari butteresti giù dalla finestra a calci in culo. Con chi ce l’hai, a parte Mastro Salvini e tutta a destra da te paragonata a un gabinetto pubblico? Con i soldati della prima guerra mondiale? Con quelli della seconda? Con i Savoia tuoi corregionali? Con Cesare Battisti e Damiano Chiesa, ammesso tu li conosca? E perché te la prendi con Elon Musk e i suoi razzi? T’impicci pure d’astronautica? Vuoi per caso andare nella Silicon Valley a distribuire rabbuffi e patenti di buona condotta anche lì? No, che purtroppo ti tocca rimanere con quel presentatore dal sorrisetto perenne stampato sulla faccia che pare una statua, un’erma attaccata alla sedia anche se a volte si alza, cerca di cambiare espressione e fa una mossa, ma, spente le luci, forse si porta la sedia direttamente incollata a casa.
Ce ne sarebbero di letterine da scrivere agli italiani vittime di ingiustizie, soperchierie e brutali aggressioni in questa fosca tempesta scatenata tra gli arcobaleni, a cui tu invece dispensi le rampognette della nuova morale: chi non ama come ami tu, chi non accoglie come accogli tu, chi non è al passo coi tempi come sei tu, chi ha il torto di accorgersi della mafia nigeriana come invece non te ne accorgi tu, o dei capotreni e di non so quant’altri finiti all’ospedale, ma non è roba per la tua claque. E poi, guai a chi si permette di non sapere che la famiglia è laddove c’è l’amore come sai bene solo tu, tu sei un’esperta, sai che cos’è l’amore, e dire che schiere di alte menti nei secoli non l’han capito, a me sovviene giusto Eugene O’Neill il quale mostrò in una sua opera teatrale che non si sa proprio che cosa è, l’amore, specie quello familiare, i diretti interessati essendone più vittime che artefici, tant’è che poi si accapigliano, recriminano e addirittura vorrebbero fuggire, ma alla fine rimangono lì, a far la pace e rimediare, risolvere mille guai e solidarizzare, proprio come in quel dramma, con il padre e la madre figure chiave, non un optional.
Da non so quanti anni che anche Giobbe si stancherebbe, puntuale come un metronomo tu segni tutt’altro che “il tempo che fa” perché se lo segnassi per davvero ti butterebbero fuori dalla televisione, dove invece si possono buttare nel cesso i combattenti delle nostre guerre e passarla liscia, e comunque il tempo è vario e variabile e tu sei sempre la stessa. Perfino a scuola vanno avanti col programma, ma tu no, e pretendi pure d’insegnarlo.
Ti avevo visto anni fa far le pulizie in uno spot pubblicitario, e mi ero detta “oh ma che simpatica donnina con lo spolverino in mano!”. Una volta si diceva massaia, ma è roba vecchia. E, circa lo stare al passo coi tempi, io, poiché diffido di questi tempi e soprattutto di chi li muove, peggio ancora di chi li asseconda, diffido anche di te che di questi tempi mi pari una delle facce meglio riuscite, e dunque mi scuserai se non ti seguo e non t’ho mai seguito, anzi scusami se ti ho scritto, ma l’ho fatto perché non voglio ritrovarmi con il rimorso di non averlo fatto, non perché tu sia minimamente importante o lo sia io, ma perchè troppo importanti sono coloro che tu hai futilmente offeso.
Maria Cipriano
PS: vista la tua epistolomanìa, se vuoi ti spedisco a casa l’elenco delle nostre Vittorie (scusa la maiuscola): è un po’ lungo, e, stante che in certe sconfitte ci può essere più dignità e valore che nelle vittorie ottenute radendo al suolo città intere, ribatteresti che Francesco Gonzaga e Andrea Mantegna il quale eternò in un celebre dipinto la vittoria del 1495 contro i francesi, non erano italiani, e magari diresti pure, visto che l’hai già detto, che non abbiamo vinto nemmeno la Guerra del ‘15-‘18 né quella contro i Turchi nel 1912.
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