A vederlo, Aleksandr Dugin dà l’impressione di un personaggio eccentrico. La barba fluente, il vestirsi semplice, conferiscono al personaggio un’aria quasi ieratica, lontana dalle cose mondane, impressione questa repentinamente contraddetta da un’eloquenza ed una preparazione, veramente fuori dal comune. Dugin è filosofo, analista, studioso di geopolitica, ma anche e soprattutto, il simbolo di un radicale cambiamento di paradigma di pensiero, che sta lentamente prendendo piede tra quelle coscienze occidentali che, intorpidite da decenni e decenni di narrazione liberal-progressista, ora stanno cominciando a guardarsi attorno. In un mondo in cui, a farla oramai da padrone è l’ideologia della “liquidità”. In un mondo oramai privo di appigli ideali, che non siano gli stanchi e consunti leit motiv del “politically correct”, Aleksandr Dughin sembra dar voce all’insoddisfazione ed alla inquietudine che attraversa le coscienze occidentali.
Anzitutto Dugin, attraverso la sua “Quarta Teoria, dà voce a quell’idea di “superamento” di quegli schemi ideologici che, durante il 19° ed il 20° secolo l’hanno fatta da padrone. Liberalismo, Marxismo e Fascismo, a sua detta, sono oramai obsoleti e vanno tutti superati nel nome di un pensiero che, facendo dell’heideggeriano “Dasein/Esserci”, una universale compresenza dell’idea e dell’individuo, a livello universale, cerca, in qualche maniera, di trovare una prima risposta a quella principiale questione filosofica, rappresentata dalla divaricazione ontologica tra Immanenza e Trascendenza. Popolo ed Idea in Dugin convivono, alimentati da quella “Tradizione” che, dell’Idea altri non è che una modalità espressiva, profondamente legata e connessa all’archetipo vitale di un Popolo. Quanto, appunto, Dugin va espletando nel definire la Russia quale “continente dell’anima”, legando, in tal modo, il suo pensiero filosofico alla geopolitica e conferendo, a sua volta a questa, una valenza profondamente spirituale, quasi a voler dare un primo e concreto impianto sistemico a quella “geofilosofia”, tanto cara ad autori anche nostrani, come Cacciari.
A farla da padrone, in Dugin, è quell’idea di Eurasia, di “Kontinentalblok”, che in autori come Trubeckoj, Gumilev ed altri ancora, ebbe i propri più significativi rappresentanti. La Russia, da soggetto geopolitico emarginato, da secoli di attivismo occidentale, ritorna qui ad essere motore del mondo, nel ruolo ispiratore di un blocco “imperiale”, all’interno del quale andrebbe incluso anche quell’Europa Latino-Germanica, qui identificata in un ruolo neutro, rispetto invece all’avversione ed alla diffidenza verso l’asse “atlantico”, Gran Bretagna-Usa. Il collasso, la lenta autoimplosione del sistema sovietico imperniato sul bolscevismo di Lenin e su un imperialismo di matrice tutta materialista, conducono ad una riflessione e ad una rivisitazione del ruolo di una Russia, non più simbolo di un ottuso e sclerotizzato apparato burocratico-militare, oramai privo di quegli slanci ideali che avevano attraversato la versione leninista del marxismo, ma ora assurta a ruolo di “Santa” Russia, in grado di fronteggiare e contrapporre un titanico blocco continentale all’egemonia mercantilista Usa. Ed in questo contesto il bolscevismo assume una connotazione “nazionalitaria” (nazional-bolscevismo) facendo esso direttamente richiamo a quell’idea comunitaria che, attraverso l’arcaica istituzione della “obscina-comunità” , andò poi concretizzandosi nel movimento populista di fine ‘800 del “narodnicestvo”. Un comunismo qui visto come espressione dell’anima popolare, ma sorretto da una visione del mondo tradizionale, elitarista e disegualitaria nella propria essenza.
Una concezione ciclica che vede nel presente periodo, un momento di forte attesa ed aspettativa per l’avvento di uno Stato Imperiale imperniato su quella Tradizione, di cui autori come Evola, Guenon, Eliade ed altri ancora, hanno diffusamente trattato. Una Tradizione alla quale Dugin, associa a pieno titolo, la religione cristiano-ortodossa (nella sua versione più “eretica” ed anti istituzionale, sic!), che del nuovo Stato imperiale diviene controparte e paredra attiva, nell’ambito di una rinnovata idea di sumfonia, ovvero di piena osmosi e tensione etica tra Impero ed “Ecclesia”, tanto cara al mondo bizantino. Un mondo imperiale e “multipolare” dunque, quello preconizzato da Dugin, in cui una forte autorità centrale sappia convivere con le tradizioni dei singoli popoli e degli stati nazionali e perciò stesso contrapposto al liberalismo globalista.
Nel suo prospettarsi, dunque, il pensiero di Dugin sembra essere il collettore di tante, differenti istanze. Nazional Bolscevismo, patriottismo, ideocrazia, demotia/democrazia “diretta”, “obscina”, ortodossia, da russe e slavofile della prima ora, sembrano assurgere a parole d’ordine generali, nell’ambito della lotta senza quartiere al Globalismo di matrice liberal capitalista. Un percorso sicuramente valido ed interessante, ma ancora irto di difficoltà sia dal punto di vista pratico che, da quello più eminentemente teoretico.
Anzitutto, ad oggi manca ancora una Europa in grado di recepire ed analizzare la prospettiva eurasista. Anzi. L’odierna Europetta occidentale, malata di ipocrita solidarismo e buonismo d’accatto, verso la Russia sinora ha mandato unicamente sanzioni, in nome di un vergognoso asservimento ai diktat globalisti Usa. Secondo poi, i movimenti identitari europei sono ancora ben lungi dal coalizzarsi attivamente, nel nome di una comune visione geostrategica e spirituale. Manca ancora un dibattito sulla forma –stato di una nuova Europa, sull’armonizzazione delle differenze e sui localismi.
Dal punto di vista teoretico, nulla da ridire sulla visione del Dugin che oltre a guardare alle dottrine cicliche hindu, fattosi interprete di una nuova forma di emenazionismo neoplatonico, ha elaborato sviluppato una forma di “noologia” /ovverosia di riflessione su quel “Nous”/ “Logos”, mente intellettiva cosmica, a cui, in questo contesto Dugin dà una particolare interpretazione di tipo tripartito. Si parte dal Logos Apollineo corrispondente al Cielo, all’Essere ed al platonico mondo delle idee, per arrivare al Logos Dionisiaco quale intermediario tra Cielo e Terra ed espressione archetipa di quel “Dasein/Esserci” che porta in Terra la dimensione iperurania. Per ultimo, il Logos di Cibele, la Madre Terra, simbolo di una informe e caotica materialità, entro la quale il Logos celeste va ad incarnarsi … A detta di Dughin ogni popolo è la peculiare risultante della combinazione di queste tre forme del Logos, in base ad una infinita serie di combinazioni. Ogni popolo segue, pertanto la propria “noologia” e l’attuale fase liberal capitalista è la più pregante espressione del Logfos materico della Grande Madre che, tutto vuole a sé inglobare, nel nome di un informe ordine globale.
Ad onor del vero i richiami gnostico-platonici di Dughin se, da un lato, costituiscono sicuramente un interessante tentativo di utilizzare e rielaborare le categorie del pensiero tradizionale in direzione delle tematiche della Modernità, dall’altro ci pongono nuovamente di fronte al rischio da queste categorie rappresentato; ovverosia da quella tendenza all’astrattizzazione che traspone il mondo delle idee, il Logos e lo stesso Essere in una dimensione di eterea ed abissale distanza dalla dimensione terrena. La qual cosa si è puntualmente verificata nella lunga storia del pensiero occidentale, dall’Ellenismo in poi, con i risultati cheb tutti conosciamo ed abbiamo davanti ai nostri occhi…Una problematica questa a cui, come abbiamo già avuto modo di vedere, Dugin cerca di porre rimedio con il “Dasrein” ma che, a ben vedere, potrebbe lasciare aperti molti interrogativi.
Di fronte all’inesorabile avanzata a livello planetario del Nuovo Ordine Globale, imperniato sulla perfetta sintesi Tecno-Economica, l’unica risposta sta nella creazione di una nuova sintesi di pensiero fondata sulla perfetta osmosi tra Essere e Divenire o tra Immanenza e Trascendenza. Una sintesi che, non da ora, si è cercato di realizzare, sia con le narrazioni Ideologiche del novecento che con i vari tentativi di rifondazione e riadattamento dell’intero corpus metafisico e dottrinario d’Occidente (e d’Oriente…) al nuovo scenario. Si va dai vari ambiti della Teosofia, al Tradizionalismo dei Guenon e degli Evola, dallo stesso ambito eterodosso della psicologia analitica di Jung ed altri ancora, sino ai tentativi dei giorni nostri, di cui quello “eurasista” di Aleksandr Dugin, rappresenta forse uno tra i più completi ed organici attualmente in circolo. Ma c’è ancora molto da fare. Non sarà questo o quel particolare modello ideologico proposti qui e lì, quali antidoti, a mettere in crisi il mostro Globale, ma il significato di quei vari percorsi spirituali, quel costante irrompere dell’irrazionale, sotto qualunque forma o parvenza, nell’algido grigiore Post Moderno. Lo ripetiamo. E’ quella continua volontà di intraprendere nuovi percorsi, che metterà con le pive nel sacco il Nuovo Ordine Globale e non certo gli sterili e rinsecchiti tradizionalismi di maniera, accompagnati dal coretto dei rimpianti per il bel mondo che fu. Di questo statene pur certi. Rimane, comunque, il vivo interesse per un percorso, di cui, noi tutti, auspichiamo nuovi e fecondi sviluppi.
Umberto Bianchi
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