27 Giugno 2024
Fumetto d'Autore Storia

L’idea “fumetto” nella Storia: l’Arazzo di Bayeux e La Divina Commedia del Botticelli

Andando a indagare anche nei più seri, autorevoli e approfonditi volumi e articoli di critica sulla letteratura disegnata può capitare di inciampare in uno strano lemma, ovvero il neologismo “protofumetto”. Molto spesso la smodata passione per l’oggetto dei desideri degli estensori di tali dotti tomi porta loro a esagerare, tanto che viene incollata questa singolare “etichetta” su immagini, illustrazioni e dipinti – più o meno antichi – che con il fumetto ben poco hanno a che fare, nemmeno in fatto di progenitura! Prima di addentrarci nelle meraviglie dell’Arazzo di Bayeux e della Divina Commedia del Botticelli occorre dunque spendere e spargere un po’ di tempo e d’inchiostro per tentare di fare chiarezza…

Copertina originale di Understanding Comics (Scott McCloud, 1993)
Copertina originale di Understanding Comics (Scott McCloud, 1993)

1. Cos’è il “fumetto”?

Genova è un’idea, cantava Paolo Conte. Anche il fumetto è “un’idea”. Un’idea come un’altra, mapiù complessa di quanto si pensi…

a) Definire il “fumetto”

Nei precedenti articoli dedicati al fumetto apparsi qui su EreticaMente avevamo già fatto qualche accenno, diciamo “tecnico”. Troverete in Rete tantissime e straordinariamente dettagliate spiegazioni del termine “fumetto”, che si differenziano fra loro in maniera più o meno tangibile e ampia. Per quanto ci riguarda abbiamo sempre trovato la più calzante – seppur uno zinzino cerebrale – quella elaborata dall’artista Scott McCloud per il suo fondamentale e imprescindibile Understanding Comics (Tundra, 1993) – un saggio sul fumetto inteso come linguaggio realizzato usando come linguaggio… il fumetto stesso! McCloud ampliò la semplice definizione stilata tempo prima da Will Eisner (il creatore del detective The Spirit), per cui il fumetto era “arte sequenziale”, intendendo dire con tale espressione che ogni fumetto (per poter fregiarsi del titolo) doveva necessariamente sviluppare una storia – anche breve – narrandola con l’uso di immagini separate, disegnate o dipinte, messe una accanto all’altra. Eisner aveva infatti individuato due dei tratti (disegno e sequenzialità) essenziali per capire se stiamo godendoci un fumetto oppure leggendo o guardando qualcos’altro.

La definizione di “fumetto” secondo McCloud
La definizione di “fumetto” secondo McCloud

McCloud andò oltre, considerando il fumetto come illustrazioni e altre immagini giustapposte in sequenza deliberata, destinate a comunicare informazioni e/o produrre una risposta estetica nel lettore. Il fumetto si distingue da un disegno singolo perché è un vero e proprio linguaggio narrativo. Non è un “genere”, come spesso si legge sulla stampa non specializzata (e superficiale); e infatti, a fumetti si trovano campioni di tutti i generi letterari altrimenti fruibili, sotto forma di romanzo, spettacolo o pellicola cinematografica: giallo, avventura, western, orrore, fantascienza, fantasy, etc. Il fumetto, per esser definito tale, deve dunque raccontare una storia tramite una serie di quadretti (le cosiddette “vignette”) separati e contigui; questa serie può essere costituita da un minimo di due fino a un numero indefinito di vignette. Una vignetta singola, come possono essere quelle degli autori di satira politica che talvolta – pensiamo a Forattini, a Vauro o a Krancic… – usano la tecnica del fumetto, non può essere definita fumetto in senso proprio. Inoltre, per creare una “risposta” nel lettore, il fumetto deve raggiungerlo e perciò circolare – tramite stampa o, in anni recentissimi, tramite diffusione digitale. La riproduzione in più esemplari e la distribuzione (e in parte anche la serializzazione), per l’appunto, permettono di distinguere il fumetto da, per esempio, un quadro del pittore Roy Lichtenstein, che usava alcuni stilemi fumettistici per le sue celeberrime opere della pop art; in questo senso, paradossalmente, le tavole a fumetti che un editore deve ancora consegnare alla tipografia, ancora non sono propriamente “fumetto”. E – per assurdo – non è “fumetto” nemmeno quel fascicolo già stampato ma ancora non arrivato in edicola o in libreria per essere diffuso!

Differenza fra “arte del fumetto” e “arte dell'immagine” secondo McCloud
Differenza fra “arte del fumetto” e “arte dell’immagine” secondo McCloud

b) I codici del fumetto

Definire cosa sia “fumetto” è solo una base di partenza. Il fumetto – per esserlo davvero – deve completamente distaccarsi dagli altri linguaggi narrativi, utilizzando (almeno in parte) quei peculiari codici linguistici che contribuiscono a contraddistinguerlo dagli altri media. Per “codice” si intende qui un sistema organico di simboli e riferimenti che consentono la comunicazione: due interlocutori (nella fattispecie il realizzatore del fumetto – sceneggiatore e disegnatore – e il lettore) potranno capirsi fino in fondo solo se entrambi conoscono e condividono uno stesso identico codice. Come dire che capisco chi mi parla in italiano perché conosco l’italiano. All’opposto troviamo il cane e il gatto che, non solo non sanno un accidenti nulla di codici, ma nemmeno li condividono! Il cane scodinzola quando è contento, il felino quando è nervoso; il cane si avvicina fiducioso a un gatto scodinzolante… ricevendo in cambio un bel graffio sul tartufo!

Vediamo dunque alcuni dei principali codici fumettistici.

La “tavola” a fumetti è quel pezzo unico originale (per esempio, disegnato a china su cartoncino) uscito dallo studio dell’artista; questa, una volta stampata, diventerà solitamente una pagina di un albo; la tavola è formata da più “strisce” (a loro volta costituite da due o più vignette ciascuna); a volte la striscia è autonoma (nel caso, per esempio, del fumetto umoristico seriale, come le Sturmtruppen di Bonvi o la vastissima produzione americana delle strip giornaliere – quali Mandrake, Phantom, Flash Gordon, etc.). Gli intervalli temporali fra una vignetta e l’altra possono essere brevissimi oppure lunghissimi. Non sempre gli autori spiegano (tramite didascalie o semplicemente raccontando) cose è successo: spetta all’istinto, alla fantasia e all’intelligenza del lettore colmare tali “lacune”, vere e proprie ellissi temporali narrative.

L'ellisse temporale spiegata da McCloud
L’ellisse temporale spiegata da McCloud

La “gabbia” della tavola (o della striscia) è costituita da quegli elementi “architettonici” che permettono di separare senza ombra di dubbio una data vignetta dalle altre – successive o precedenti – permettendo così una giusta e ordinata lettura. Di solito le vignette sono riquadrate, ma a volte bastano anche spazi bianchi per isolarle. Alcuni fumettisti sono andati oltre, come il superbo Gianni De Luca – come vedremo meglio più avanti – che eliminava la gabbia e la vignetta, riproducendo molte volte il protagonista “in movimento” in una stessa tavola; la pagina fungeva perciò da sfondo fisso, da scenario teatrale (così nel suo Amleto): un’idea che, come spiegheremo dopo, aveva avuto addirittura il Botticelli, secoli prima!

La "gabbia" della tavola e l'ordine esatto di lettura delle "vignette" in Occidente
La “gabbia” della tavola e l’ordine esatto di lettura delle “vignette” in Occidente

La “nuvoletta” (o “fumetto” in senso stretto), permette ai personaggi di “far sentire la loro voce”; corrisponde alla “colonna sonora” del cinema e assume forme diverse a seconda del modo, del tono o del volume in cui le parole sono espresse. Per esempio, per comunicare il senso della parola urlata, la nuvoletta acquista contorni irregolari, a zig-zag, e più marcati. Quando il personaggio “pensa”, invece, la nuvoletta diventa una vera e propria… nuvola! Alcuni autori creano nuvolette ancor più fantasiose per comunicare al lettore sensazioni più profonde: in una celebre storia “alternativa” di Batman del 1996 (Dark Allegiances di Howard Chaykin) il vigilante mascherato parla tramite nuvolette squadrate con gli angoli retti, in quanto personaggio estremamente razionale; i “cattivi”, ugualmente razionali ma in senso distorto, parlano con nuvolette squadrate dagli angoli stondati; la supereroina Gatta, dalla carica fortemente erotica e dalla voce melliflua, parla addirittura soffiando nuvolette a forma di cuore; appare anche un inedito Hitler (in missione diplomatica negli USA!) e siccome non era possibile farlo parlare in tedesco, il Führer viene fatto parlare in inglese ma, nelle sue nuvolette, i caratteri sono… in stile gotico! Le potenzialità del fumetto sono davvero immense, come ben dimostra Chaykin.

Nel capolavoro di Chaykin i differenti personaggi vengono fatti “parlare” con tipi differenti di nuvoletta, a seconda della loro voce, del loro stato d'animo, del loro accento e del loro carattere!
Nel capolavoro di Chaykin i differenti personaggi vengono fatti “parlare” con tipi differenti di nuvoletta, a seconda della loro voce, del loro stato d’animo, del loro accento e del loro carattere!

La “pipetta” è quell’elemento grafico (solitamente una sorta di “V” come punta di freccia, o anche una semplicissima linea, o un fulmine se si grida, oppure una fila di “pallini” nel caso di pensiero) che permette di attribuire con certezza una data nuvoletta al “suo” padrone, facendo esattamente capire chi sta dicendo cosa (molto importante nel frequente caso in cui in una singola vignetta ci siano due o più personaggi che parlano contemporaneamente).

Vari tipi di “nuvoletta” e di “pipetta”
Vari tipi di “nuvoletta” e di “pipetta”

Le onomatopee, insieme ai dialoghi nelle nuvolette, completano la “colonna sonora” del fumetto, un mezzo di comunicazione che, come ben si comprende, spartisce tantissimi elementi con il cinema (altrettanto vasto potrebbe per esempio essere infatti il discorso sulle inquadrature). Stiamo parlando degli “effetti sonori”, anche questi più o meno rigidamente canonizzati, resi graficamente nella vignetta con lettere a carattere “di scatola”. Nel fumetto dei paesi “occidentali” (diciamo così per intenderci) vengono spesso usati verbi inglesi onomatopeici all’infinito senza il to. Ecco dunque BANG per lo sparo, BOOM per l’esplosione, CRASH per lo schianto, SPLASH per l’impatto con l’acqua, e via dicendo. L’immortale Jacovitti era invece celebre per le sue originalissime e italianissime onomatopee – come SPÙ per lo sputo!

Se nuvolette e onomatopee aggirano il naturale e ovvio “mutismo” del fumetto, le “linee cinetiche” contribuiscono a dare movimento a un mezzo di comunicazione di per sé statico: per esempio, poste dietro la schiena di Superman in volo o dietro una pallottola sparata da una rivoltella, tali linee rendono subito l’idea della velocità e della direzione. A volte gli autori usano altri artifici. Per far capire al lettore che il personaggio sta girando la testa di scatto, la testa stessa viene disegnata più volte su uno stesso collo, sfumando le posizioni intermedie e marcando quelle di partenza e di arrivo; l’effetto è precisamente quello che ottenevano i pittori futuristi, quando cercavano di riprodurre il moto nei loro quadri, sovrapponendo più posizioni successive di un soggetto in un’unica immagine; è c’è anche un po’ di cubismo, pensando ai celebri ritratti di Picasso, con i volti visti da più angolazioni simultaneamente.

I rumori nel fumetto: le onomatopee
I rumori nel fumetto: le onomatopee

Suoni, movimento… Il fumetto è anche in Odorama, come nel bizzarro film Polyester diretto da John Waters nel 1981, quando, in biglietteria veniva consegnata una scheda con zone da grattare seguendo le indicazioni proiettate sullo schermo e annusando gli stesi odori che venivano in quel momento emanati nella pellicola! Linee ondulate, per esempio, fuoriescono da un qualcosa che esala fetore, come spazzatura o… cadaveri in decomposizione (in una storia poliziesca)!

Completano il discorso dei codici fumettistici altri elementi grafici ideati per rappresentare soprattutto particolari sensazioni, stati d’animo o di coscienza. Abbiamo così le stelle e gli uccellini che volteggiano sulla testa del personaggio per raffigurare il dolore; le bollicine possono ricordare l’ubriachezza; le campane oppure un ghirigoro (modulo ideato dalla scuola franco-belga di Hergé, Jacobs e gli altri) possono significare stordimento; linee (come esclamativi senza il puntino) che irradiano dalla testa sullo stile di un’aureola comunicano sorpresa, stupore, paura; goccioline di sudore significano apprensione e timore, etc. E poi la visualizzazione delle metafore (ricordiamo ancora Jacovitti, e poi Mussino): capelli ritti in testa dal terrore, cappelli che saltano via dalla sorpresa, pelle che cambia colore a seconda del sentimento provato (verde di invidia, rosso di rabbia…), occhi fuori dalle orbite in caso di eccitazione erotica, e così via.

I codici fumettistici del manga giapponese si differenziano da quelli “occidentali”: il sangue dal naso (eccitazione sessuale) e la grafica diversa delle linee di espressione (dalla serie Dragonball)
I codici fumettistici del manga giapponese si differenziano da quelli “occidentali”: il sangue dal naso (eccitazione sessuale) e la grafica diversa delle linee di espressione (dalla serie Dragonball)

Non tutte le scuole nazionali usano però tutti gli stessi codici usati dagli “occidentali” – ovvero dalla scuola italiana, da quella franco-belga, da quella sudamericana, da quella inglese, da quella statunitense, etc. Paradigmatico il caso del Giappone, dove, nel cosiddetto manga, troviamo anche codici diversi dai “nostri”, tali da spiazzare il neofita (o il disinteressato). Alcuni rapidi esempi. Le linee di velocità vengono di preferenza piazzate come sfondo completo della vignetta dove c’è qualcosa in movimento e non solo dietro l’oggetto che si muove; il sangue dal naso, più o meno copioso, appare in caso di ardore sessuale; se invece dal naso esce una bolla come di sapone, il soggetto è immerso in un sonno profondo; etc.

Potremmo andare avanti all’infinito, ma ci fermiamo qua e riassumiamo: “fumetto” è una storia, brevissima o lunghissima, narrata tramite illustrazioni e altre immagini giustapposte in sequenza deliberata, destinate a comunicare informazioni e/o produrre una risposta estetica nel lettore (McCloud), usando elementi codificati, pensata per la stampa, la riproduzione in un numero più o meno alto di copie e la distribuzione. Uff…!

2. Quando nasce il fumetto?

Se per “fumetto” in senso proprio intendiamo quanto detto sopra è dunque molto più facile rispondere alla domanda sulla sua nascita. Ma anche qui gli “esperti” non sono tutti d’accordo… (e ti pareva?).

Il monumento che Ginevra ha dedicato al suo concittadino Rodolphe Töpffer
Il monumento che Ginevra ha dedicato al suo concittadino Rodolphe Töpffer

a) Il “caso” Töpffer

A complicare ulteriormente le cose ci si è messo, alla fine degli anni ’90, l’esperto e collezionista americano Robert Beerbohm, quando riscoprì (seguendo indizi e articoli giornalistici che risalivano indietro nel tempo fino agli inizi del secolo) un dimenticato fascicolo umoristico illustrato chiamato The Adventures of Obadiah Oldbuck (cioè Le avventure di Obadiah Oldbuck) uscito in America nel 1842 come supplemento del periodico Brother Jonathan. Si trattava dell’edizione pirata (!) di un’avventura umoristica realizzata in Europa dall’artista ginevrino Rodolphe Töpffer (1799 – 1846) nel 1827 e pubblicata in francese nel 1833 con il titolo di Histoire de monsieur Vieux Bois (ovvero Storia del Signor Vecchiobosco). E così dal 1999/2000 il primo fumetto è, per così dire,  “tornato in Europa dall’America”, diventando – per molti “fumettologi” – quell’antico, curioso componimento topfferiano. Tanto di cappello, sicuramente, per Töpffer e per le sue opere. Molte delle strutture della tavola e delle inquadrature della figura che verranno nei decenni successivi usate nel fumetto furono da lui sperimentate con largo anticipo sui tempi. Ed è anche presente la “sequenzialità” dei disegni nella narrazione, secondo la definizione di Eisner. Mancano però, nelle buffe storielle del disegnatore svizzero, i codici caratteristici che fanno del fumetto quello che è. Manca persino lo stesso “fumetto”, la nuvoletta. Al suo posto una didascalia descrittiva. Il Signor Vecchiobosco topfferiano è protagonista di una storia illustrata dove… ci sono solo le illustrazioni senza storia. Come in ogni fumetto che si rispetti, anche in Töpffer la parte grafica è preponderante, rispetto alla parte scritta, ma il “fumetto” è ben altro.

Una tavola di Obadiah Oldbuck (1842)
Una tavola di Obadiah Oldbuck (1842)

b) L’arrivo di Yellow Kid

Nel 1895, sull’inserto domenicale del giornale newyorkese The World del 5 maggio, apparve in quarta pagina un “vignettone” a colori intitolata At The Circus in Hogan’s Alley (in italiano Al circo nel vicolo di Hogan). Il disegnatore, che lavorava per il quotidiano di Joseph Pulitzer (uno dei magnati della carta stampata insieme a William Randoplh Hearst) come commentatore grafico di affari politici e sociali, era Richard Felton Outcault (1863 – 1928). In quello scorcio di Hogan’s Alley compariva per la prima volta, nell’angolo in basso a destra, un bambino scalzo e rasato (molto probabilmente per problemi di pediculosi), vestito soltanto con un camicione sporco oltre ogni dire. Quell’indumento sarebbe stato più tardi colorato di giallo e il ragazzino – eroe proletario del ghetto urbano – sarebbe uscito ben presto dall’anonimato e si sarebbe ulteriormente caratterizzato come personaggio principale della vera e propria prima serie a fumetti (appunto Hogan’s Alley), diventando Yellow Kid (il “monello in giallo”). Per questo “infante straccione” Outcault si ispirò alle foto scattate fra gli anni ’80 e ’90 del XIX secolo nei quartieri poveri da uno dei primi fotoreporter del mondo, il newyorkese Jacob Riis, specializzato in “tematiche sociali”.

La prima apparizione di Yellow Kid nel 1895
La prima apparizione di Yellow Kid nel 1895

In questo vignettone iniziale del 5 maggio 1895 il “fumetto” come tale è ancora assente, però. Outcault, continuando nei mesi successivi la sua epopea dei sobborghi (e trasferendosi armi e bagagli negli uffici del concorrente Hearst) inserirà e sperimenterà via via tutti i codici peculiari del fumetto, facendo faticosamente nascere, grazie anche alla serializzazione, un nuovo mezzo di comunicazione. Secondo il nostro – e non solo nostro – parere la prima storia (brevissima) a fumetti propriamente detta – con protagonista Yellow Kid – apparve il 25 ottobre 1896 sul New York Journal. Si intitolava The Yellow Kid and His New Phonograph (cioè Yellow Kid e il suo nuovo fonografo): una tavola con una gabbia suddivisa in cinque vignette consequenziali (separate da spazi bianchi), con l’uso sistematico delle nuvolette (parlano un pappagallo e lo stesso Yellow Kid). Questo è un punto fermo.

Yellow Kid e il primo, vero “fumetto” (1896)
Yellow Kid e il primo, vero “fumetto” (1896)

3. Scintille storiche dell’idea “fumetto”

Il punto fermo del 1896 è però soltanto un punto d’arrivo. Il fumetto – come abbiamo visto con Töpffer – non nasce dal nulla, ma è la conclusione di un continuo sperimentare di forme, tecniche, linguaggi, supporti, espedienti grafici… Questo meccanismo di associazione rapida parola/immagine per ottenere un sicuro responso e gradimento nel lettore fu inaugurato nel secolo XVII dagli illustratori (soprattutto inglesi) dei periodici umoristici, come il superbo James Gillray, che usavano continuamente la nuvoletta per far parlare le loro esilaranti caricature di governanti, borghesi, generali e regnanti. Nell’800 fu la rivista britannica Punch a portare avanti questo discorso che sarebbe poi stato ereditato (vedere a tal proposito i nostri due interventi sul settimanale La Tradotta) nei primi decenni del ‘900 dai “giornali di trincea” destinati alle truppe nazionali.

James Gillray, 1792
James Gillray, 1792

Nel ‘700 e nell’800 eravamo però testimoni di satira politica a vignetta unica con utilizzo della nuvoletta, non di “fumetto”, anche se c’erano casi limitati e particolari e curiose eccezioni (come nella tavola realizzata da un anonimo inglese fra il 1700 e il 1740, intitolata The Prodigall Son Sifted, ovvero Il Figliol Prodigo Setacciato, una storia raccontata in nove vignette con l’uso di nuvolette “moderne” – una storia però che rimase un caso isolato, non innescando una rivoluzione, come avrebbe poi fatto il lavoro di Outcault). Mancava sempre qualcosa, anche se erano comunque primi passi verso Yellow Kid. Ma nemmeno questi precursori pescavano nel niente.

James Gillray, 1796
James Gillray, 1796

Come ben spiega anche McCloud nel suo trattato, simili meccanismi di immagini messe in sequenza con un minimo ricorso alla parola scritta per narrare una storia o una serie di accadimenti erano state utilizzate in ogni parte del globo da secoli e secoli… addirittura da millenni. Le gesta dei Faraoni e del popolo Egizio raccontate tramite pitture murali con figure e geroglifici, certi manoscritti delle culture precolombiane, i polittici medievali sulle gesta dei Santi o sulla vita di Cristo, i pannelli in legno dipinti dei cantastorie, i codici miniati sui quali apparivano figure anche diaboliche che “parlavano” grazie a disegni di cartigli di pergamena che uscivano dalle loro bocche… Tutti espedienti per comunicare rapidamente e in forma condensata tanti concetti e cronache a una massa popolare quasi completamente analfabeta, seppur curiosa, o da “indottrinare”. (Uhm… non è che il fumetto sia cosa da analfabeti, però!)

Lo stretto legame fra la parola e l’immagine si perde nella notte dei tempi ed è quasi “genetico”: persino se prendiamo dall’alfabeto la lettera A (maiuscola) e la rovesciamo viene fuori un’immagine, e precisamente una testa di bue stilizzata (dal termine fenicio aleph, mediato a sua volta dalla tradizione egizia, per indicare il cornuto animale, termine da cui venne poi il nome stesso greco della lettera alpha)!

Anonimo inglese (prima metà del '700): Il Figliol Prodigo Setacciato
Anonimo inglese (prima metà del ‘700): Il Figliol Prodigo Setacciato

Abbiamo scelto, fra le migliaia di antenati di ciò che dal 1896 chiamiamo “fumetto”, due casi esemplari. Tentiamo dunque di “analizzare” con l’esperienza ultracentenaria di questo contemporaneo media un capolavoro di antica tappezzeria e un’interpretazione d’autore del parto d’ingegno dell’Alighieri.

a) L’arazzo normanno di Bayeux

Il primo modello di quello che qualcuno ancora oggi chiamerebbe “protofumetto” (e forse lo stesso Scott McCloud, che lo cita nel suo Understanding Comics del 1993), è il cosiddetto Arazzo di Bayeux (noto anche come Tappezzeria o Arazzo della Regina Matilda o ancora come Tela della Conquista), dal nome della cittadina francese dov’è conservato, a pochi chilometri a sud del Canale della Manica. In realtà non si tratta di un vero “arazzo”, ma di un tessuto ricamato, realizzato anonimamente nella seconda metà dell’XI secolo.È veramente imponente, composto da nove pezze di tela di lino, abbellite con lane di otto colori diversi, alte mezzo metro e cucite insieme, per una lunghezza totale di quasi 69 metri: sembra davvero una sorta di mastodontica, contemporanea “striscia a fumetti”!

La Tappezzeria racconta, in circa 60 scene ordinate cronologicamente secondo il senso di lettura, la conquista normanna dell’Inghilterra, culminata nella celebre Battaglia di Hastings del 14 ottobre 1066. Il Conquistatore era Guglielmo, Duca di Normandia. Sull’Arazzo compaiono 626 personaggi umani di ogni ruolo ed estrazione sociale, 202 fra cavalli e muli, 55 cani, 505 animali delle più diverse specie, 37 costruzioni, 41 navi e 49 alberi… per un totale di 1115 differenti figure; forse, in origine, visto che mancano alcune parti finali, il racconto della Tela si completava col Natale del 1066, quando Guglielmo il Conquistatore veniva incoronato Re d’Inghilterra.

Il testo della tela è sintetico e vergato in un latino semplice (ricordiamo l’esigenza di poter comunicare velocemente con un popolo scarsamente erudito) e abbastanza comprensibile anche per i non esperti. Eccolo qua di seguito nella sua completezza con annessa traduzione in italiano (i vari “quadri” sono separati da un trattino):

L'inizio dell'Arazzo...
L’inizio dell’Arazzo…

Eadward(us) rex (Re Edoardo) -Ubi Harold dux Anglorum et sui milites equitant ad Bosham (Dove Aroldo, duca degli Inglesi, cavalca verso Bosham con i suoi armigeri) – Ecclesia (Una chiesa) – Hic Harold mare navigavit (Qui Aroldo salpa per il mare) – Et velis vento plenis venit in terram Widonis comitis (E con le vele gonfiate dal vento naufraga sulle terre del conte Guido) – Harold (Aroldo) – Hic apprehendit Wido Harold(um) (Qui Guido si impadronisce di Aroldo) – Et duxit eum ad Belrem et ibi eum tonuit (E lo porta con sé a Beaurain, dove lo tiene costretto) – Ubi Harold et Wido parabolant (Qui Aroldo e Guido trattano) – Ubi nuntii Willelmi ducis venerunt ad Widonem – (Qui gli ambasciatori del duca Guglielmo si recano da Guido) – Turold (Turoldo) – Nuntii Willelmi (I messaggeri di Guglielmo) – Hic venit nuntius ad Wilgelmum ducem (Qui un messaggero va dal duca Guglielmo) – Hic Wido adduxit Haroldum ad Wilgelmum Normannorum ducem (Qui Guido conduce Aroldo dal Guglielmo, duca dei Normanni).Hic dux Wilgelm cum Haroldo venit ad palatium suum (Qui il duca Guglielmo, insieme ad Aroldo, si reca al suo palazzo) – Ubi unus clericus et Aelfgyva (Qui c’è un chierico ed Elfia) – Hic Willelm dux et exercitus eius venerunt ad Monte Michaelis (Qui il duca Guglielmo con il suo esercito arrivano a Mont-Saint-Michel) – Et hic transierunt flumen Cosnonis. Hic Harold dux trahebat eos de arena. (E qui attraversarono il fiume Couesnon. Qui il duca Aroldo li tira fuori dalle sabbie mobili) – Et venerunt ad Dol et Conan fuga vertit (E arrivarono a Dol e Conan fu costretto a fuggire) – Rednes (Rennes) – Hic milites Willelmi ducis pugnant contra Dinantes (Qui i soldati del duca Guglielmo combattono contro Dinan) – Et Cunan claves porrexit (E Conan consegnò le chiavi) – Hic Willelm dedit Aroldo arma (Qui Guglielmo cede le armi ad Aroldo) – Hic Willelm venit Bagias (Qui Guglielmo venne a Bayeux) – Ubi Harold sacramentum fecit Willelmi duci (Dove Aroldo giura nelle mani del duca Guglielmo) – Hic Harold dux reversus est ad Anglicam terram (Qui il duca Aroldo torna in Inghilterra) – Et venit ad Edwardum regem (E venne dal re Edoardo) – Hic portatur corpus Edwardi regis ad Ecclesiam Sancti Petri aposoli (Qui il corpo del re Edoardo viene portato alla Chiesa di S. Pietro apostolo) – Hic Eadwarus rex in lecto alloquitur fideles. Et hic defunctus est (Qui il re Edoardo, nel suo letto, si intrattiene con i suoi fedeli. E qui è defunto) – Hic dederunt Haroldum coronam (Qui hanno consegnato ad Aroldo la corona) – Hic residet Haroldum rex Anglorum (Qui governa Aroldo, re degli Inglesi) – Stigant archiepiscopus (L’arcivescovo Stigant) – Isti mirant stella (Questi ammirano una stella cometa) – Harold ( Aroldo ) –

L'apparizione della Cometa di Halley nell'Arazzo di Bayeux
L’apparizione della Cometa di Halley nell’Arazzo di Bayeux

Hic navis anglica venit in terram Willelmi duci (Qui una nave inglese approda sulle terre del duca Gugliemo) – Hic trahunt naves ad mare (Qui le navi sono trainate verso il mare) – Isti portant armas ad naves et hic trahunt carrum cum vino et armis (Questi portano le armi a bordo delle navi e qui tirano un carro pieno di vino e armi) – Hic Willelm dux in magno navigio transivit et venit ad Pevensae (Qui Guglielmo attraversa il mare su una grande nave e approda a Pevensey) – Hic exeunt caballi e navibus (Qui i cavalli escono fuori dalle navi) – Et hic milites festinaverunt Hestinga ut cibum raperuntur (Qui i soldati si affrettarono a raggiungere Hastings per procurarsi cibarie) – Hic est Werard (Questo è Wadard) – Hic coquitur caro et ministraverunt ministri (Qui si preparano le carni e i servitori si occuparono dei loro compiti) – Hic fecerunt prandium et hic episcopus cibum et potum benedicit (Qui preparano il pranzo e il vescovo benedice i cibi e le bevande) – Odo eps (Il vescovo Oddone) – Iste iussit ut foderetur castellum ad Hestenga castra (Questi ordina di edificare una fortificazione davanti all’accampamento di Hastings) – Hic nuntiatus est Willelm de Harold (Qui vengono portate a Guglielmo notizie di Aroldo) – Hic domus incenditur (Qui una casa viene incendiata) – Hic milites exierunt de Hestenga et venerunt ad proelium contra Haroldum regem (Qui i soldati uscirono da Hastings e andarono a combattere contro il re Aroldo) – Hic Willelm dux interrogat Vitale si vidisset exercitum Haroldi (Qui il duca Guglielmo chiede a Vitale se abbia visto l’esercito di Aroldo) – Iste nuntiat Haroldum regem de exercitu Willelmi ducis (Questo informa il re Aroldo dell’esercito del duca Guglielmo) – Hic Willelm dux alloquitur suis militibus ut preparent se viriliter et spaienter ad proelium contra Anglorum exercitum (Qui il duca Guglielmo arringa i suoi soldati perché si tengano pronti a combattere con coraggio e saggezza contro l’esercito degli Inglesi) – Hic ceciderunt Lewine et Gyrd fratres Haroldi regis (Qui soccombono Lewine e Gyrd, fratelli di re Aroldo) – Hic ceciderunt simul Angli et Franci in prelio (Qui muoiono negli scontri sia Inglesi che Francesi) – Hic Odo Eps. baculu tenens confortat (Qui il vescovo Oddone, reggendo il bastone del comando incita i giovani alla battaglia) – Hic est Willelm dux (Questo è il Duca Guglielmo) – Hic Franci pugnant, et ceciderunt quii erant cum Haroldo (Qui i Francesi combattono e muoino coloro che erano con Aroldo) – Hic Harold rex interfectus est (Qui viene ucciso il re Aroldo) – Et fuga verterunt Angli (Gli inglesi sono in fuga).

Scene di combattimento nella Tela della Conquista
Scene di combattimento nella Tela della Conquista

Come ogni fumetto che si rispetti (anche se qui ci situiamo quasi 1.000 anni prima di Yellow Kid), l’azione si dipana sulla Tappezzeria scena dopo scena, seguendo la “freccia del tempo”, con un senso di lettura “all’occidentale”, da sinistra verso destra. Tali scene, come moderne “vignette”, sono spesso divise l’una dall’altra in una sorta di “gabbia”, i cui elementi grafici sono costituiti da alberi o da costruzioni architettoniche. La didascalia (altro elemento comune nel fumetto), praticamente continua, accompagna il fruitore quasi per la quasi totlalità dei 70 metri della Tappezzeria, spiegando il significato delle situazioni sottostanti e fornendo i nomi dei personaggi principali. Lungo l’Arazzo corrono due cornici – una inferiore e una superiore – alte circa 10 cm ciascuna e ornate soprattutto con animali e motivi vegetali. Fra i momenti salienti quello che ancora oggi più riempie di meraviglia – più o meno a metà della Tela – è l’apparizione, nella cornice superiore, di una stella caudata, additata con stupore e sgomento reverenziale dai personaggi. Si tratta nientemeno che della Cometa di Halley, un celeberrimo vagabondo celeste, ricorrente e puntualissimo, del Sistema Solare. Quello raffigurato nell’Arazzo di Bayeux è il passaggio del marzo/aprile del 1066. Gli ignoti ricamatori della Tappezzeria interpretarono questa magica comparsata spaziale come un segno di sventura per re Aroldo, che era stato incoronato il 6 gennaio di quello stesso anno. Infatti, nelle scene seguenti, vediamo prima Aroldo che in un incubo sogna la flotta d’invasione normanna e poi Guglielmo che ordina di costruire le navi per occupare l’Inghilterra. Gli ultimi metri dell’Arazzo narrano la traversata della Manica e la successiva Battaglia di Hastings, per rappresentare la crudeltà della quale la cornice inferiore abbandona i suoi ornamenti floreali e faunistici colmandosi d’un tratto di tragici cadaveri nudi o semi-svestiti, smembrati e decapitati.

Movimento, azione e pathos a bizzeffe!

Come la Tela si presenta ai visitatori del Museo di Bayeux
Come la Tela si presenta ai visitatori del Museo di Bayeux

L’importanza della Tappezzeria di Bayeux trascende la pur importantissima trama degli eventi storici e della cronologia degli accadimenti, illustrando allo spettatore del millennio successivo il modus vivendi delle popolazioni (civili, nobili, ecclesiastici, militari…) dell’Europa centro-settentrionale in pieno Medioevo. Possiamo così renderci conto di come vestiva un re inglese dell’XI secolo – con una tunica calata fin sui piedi e con il “bastone del comando” fra le mani; vediamo il modo di cavalcare di quegli antichi popoli – con staffe, selle e briglie; entriamo in un sontuoso palazzo dove si sta celebrando un banchetto e osserviamo un personaggio dissetarsi con la birra, bevendola da un corno, mentre altri servono uccellagione allo spiedo; possiamo documentarci sulle antiche tecniche di navigazione, con navi monoalbero provviste di ancora. Si notano scene di caccia con il falco, quando ancora non esisteva l’uso di incappucciare questo orgoglioso uccello rapace; vediamo feroci molossi; abbiamo anche una scena funebre (la morte di Re Edoardo il Confessore, nobilitata dall’entrata in scena della Mano di Dio), con tanto di corpo infagottato e portantina sorretta a spalla da otto uomini. La salma del re viene condotta nella Cattedrale di Westminster, fresca di consacrazione: ciò si deduce dal fatto che un operaio sta sistemando una banderuola a forma di galletto in cima al campanile. L’Arazzo ci informa sul modo in cui i Normanni si prepararono all’attacco: prima venne abbattuto un certo numero di alberi, poi i tronchi vennero scortecciati e modellati per costruire le navi, quelle conosciutissime con le teste di drago a prua (e spesso anche a poppa). Prima di salpare le navi vennero rifornite di cibo e bevande, tra cui del buon vino; infine vennero stivati a bordo gli armamenti. La storia della Battaglia di Hastings è anche una storia di armi: spade e spadoni, lance corte e lunghe, flagelli, archi e frecce, faretre e scudi, pesantissime cotte di maglia di ferro (portate a bordo dei vascelli da coppie di uomini), elmi e speroni, bastoni e vessilli, asce e mannaie. In tutto questo gran macello Re Aroldo viene colpito mortalmente da una freccia che gli si va a infilare in un occhio.

L'Arazzo di Bayeux interpretato da Scott McCloud
L’Arazzo di Bayeux interpretato da Scott McCloud

Insomma, un capolavoro di cinematismo, questa antica Tela lontana progenitrice linguistica del fumetto, che comunica a chi ne prende visione, con l’immediatezza delle immagini e con semplici e sintetici riferimenti scritti, tutta una serie di momenti storici, concetti, nomi, informazioni, tecniche, usi e costumi – difficilmente mediabili in maniera altrettanto palese da una scultura, da un affresco o da un poema…

b) La Divina Commedia illustrata dal Botticelli

Fino alla fine dell’Ottocento l’incompiuta trascrizione in disegno operata negli ultimi anni del XV secolo dal fiorentino Sandro Botticelli (1445 – 1510) sulla Commedia del concittadino Dante Alighieri (1265 – 1321) era ben poco nota, in quanto la raccolta di fogli di pergamena su cui era stata realizzata si era dispersa e aveva viaggiato nei secoli per tutta Europa, fino a “condensarsi” fra la Città Eterna e la capitale germanica. Certo, la si conosceva… non fosse altro per il fatto che l’opera era già menzionata nelle Vite del Vasari della seconda metà del ‘500, nel testo delle quali si legge che, terminati a Roma gli affreschi per la Cappella Sistina, il Botticelli se ne tornò subitamente a Fiorenza, dove, per essere persona sofistica, comentò una parte di Dante; e figurò lo Inferno e lo mise in stampa, dietro il quale consumò di molto tempo, per il che non lavorando fu cagione di infiniti disordini alla vita sua.

Il ciclo consta oggi di 92 fogli, 85 dei quali sono raccolti nel Kulturforum Kupferstichkabinett di Berlino e gli altri 7 sono conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana a Roma: esistevano una decina di ulteriori pagine, oggi purtroppo finite chissà dove… Queste pergamene, alte circa 32,5 cm per 47,5 cm di larghezza (a parte una doppia, quella con Lucifero dalle tre teste che divora i traditori), presentano sul lato del pelo, con alcune eccezioni, il testo del poema dantesco vergato a mano dal copista Niccolò Mangona su quattro colonne.

Dante e Virgilio, nell'Inferno secondo Botticelli, si “spostano” su un sfondo fisso (Malebolge)
Dante e Virgilio, nell’Inferno secondo Botticelli, si “spostano” su un sfondo fisso (Malebolge)

Il primo a descrivere dettagliatamente il capolavoro in epoca moderna fu Gustav Waagen nel suo saggio Treasures of Art In Great Britain del 1854: in quel periodo le tavole erano infatti in Inghilterra. L’opera fu commissionata a Botticelli da Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, cugino di secondo grado del Magnifico, e negli anni numerose ipotesi sono state fatte su quale dovesse essere la reale funzione finale di tale ciclo dantesco; nel 1986 uscì per i tipi del Belser Verlag di Zurigo un’edizione in facsimile, Dantes Divina Commedia mit den Illustrationen von Sandro Botticelli, licenziando la quale il curatore Peter Dreyer ipotizzava così che i disegni dovessero servire alla pubblicazione di un innovativo codice illustrato (con le pagine che si aprono con una rotazione di 90° rispetto alla lettura tradizionale di un qualsiasi libro). Però accurate analisi successive sugli originali hanno evidenziato il fatto che i disegni botticelliani sono stati fatti prima del testo manoscritto del Mangona. Nella storia dei codici illustrati è sempre accaduto il contrario: prima lo scritto e dopo la parte illustrata, secondo le indicazioni del copista. Per questo motivo certi studiosi pensano che i disegni fossero preparatori a un ciclo di affreschi (per il Duomo di Firenze o per un luogo privato); altri – come l’esperto tedesco Hein-Th. Schulze Altcappenberg, che curò il catalogo dell’esposizione romana dell’opera, avvenuta presso le Scuderie Papali al Quirinale nell’autunno del 2000 – ritengono probabile un montaggio finale su tavole mobili per un lettura comune di questa incredibile Divina Commedia, in una sorta di ristretto “circolo culturale”.

I differenti espedienti grafico-narrativi usati da Botticelli per il Paradiso
I differenti espedienti grafico-narrativi usati da Botticelli per il Paradiso
Ancora Dante e Virgilio all'Inferno (con Farinata degli Uberti)
Ancora Dante e Virgilio all’Inferno (con Farinata degli Uberti)

Fra le altre ipotesi si suppone che i disegni fossero invece destinati alla stampa di uno o più “rotoli”, composti da numerose pagine legate insieme, da svolgere al momento della lettura: si ritornerebbe dunque all’idea di una narrazione per sequenza di immagini e parole ordinare cronologicamente, montate su una lunga striscia, proprio come all’epoca dell’Arazzo di Bayeux… Ma Botticelli, rispetto agli anonimi ricamatori normanni, ha “una marcia in più”! L’idea geniale del grande artefice della Primavera e della Nascita di Venere fu quella di pensare ogni singolo disegno come uno sfondo fisso su cui muovere i personaggi, inquadrandoli in più posizioni successive, per narrare così tutti gli accadimenti della Commedia e non solo i momenti salienti. Questo artificio è stato usato con particolare evidenza nel caso di Dante e del suo cicerone Virgilio all’Inferno e nel Purgatorio; in Paradiso, invece, l’Alighieri e Beatrice stanno quasi sempre al centro del foglio – come “motori immobili” – mentre i cieli e gli abitatori celesti sembrano ruotare intorno a loro.

Dante e Virgilio si arrampicano su Lucifero (che funge da “sfondo fisso”), inquadrati in diversi momenti cronologicamente e spazialmente separati
Dante e Virgilio si arrampicano su Lucifero (che funge da “sfondo fisso”), inquadrati in diversi momenti cronologicamente e spazialmente separati

E’ lo stesso identico meccanismo di comunicazione che avrebbe adottato nel ‘900 in ambito fumettistico il monumentale Gianni de Luca (1927 – 1991) con le sue colte riduzioni del teatro shakespeariano; nell’opera dell’artista calabrese la gabbia della tavola viene radicalmente modificata, eliminandone la struttura classica modulata per vignette e facendo camminare il protagonista (come, per esempio, Amleto) all’interno della pagina, cronologicamente secondo il senso di lettura, da sinistra verso destra; ogni singolo “fotogramma” è di per sé una vignetta; gli spazi bianchi fra due posizioni contigue del personaggio ricreano dunque una sorta di “gabbia” della tavola.

In Botticelli i personaggi animati su ogni singola pergamena si muovono nel tempo e nello spazio percorrendo sfondi prefissati – come può esserlo un Girone infernale. Rimanendo sempre nell’Inferno, a volte seguiamo Dante e Virgilio secondo il senso di lettura, altre volte la coppia di visitatori dell’Oltretomba va “al contrario”, da destra verso sinistra, come nel disegno relativo al Sesto Cerchio dove osserviamo il Sommo Poeta dialogare con Farinata degli Uberti. Per il verso “giusto” procedono poi l’Alighieri e il Mantovano nelle sei “scene” su unico fondale dedicate a Malebolge, ovvero l’Ottavo Cerchio, dove vengono puniti i fraudolenti.

Quasi 500 anni dopo il Botticelli il fumettista calabrese Gianni De Luca usa la stessa tecnica grafico-narrativa (da Amleto)
Quasi 500 anni dopo il Botticelli il fumettista calabrese Gianni De Luca usa la stessa tecnica grafico-narrativa (da Amleto)

Narrare con immagini e parole ordinate sequenzialmente secondo il senso di lettura e in ordine cronologico: in questo senso Botticelli anticipa uno dei possibili futuri della comunicazione – quello del fumetto.

Ma c’è dell’altro – e con ciò chiudiamo…

Considerando ogni singolo elemento (tavola e pergamena) da un punto di vista della cosmologia contemporanea – sia per quanto riguarda la nobile lezione botticelliana, sia per quanto attiene all’utilizzo di questa tecnica da parte di De Luca nel mass media fumetto – siamo di fronte a una (ovviamente inconsapevole) rappresentazione grafica di una “linea di universo” di un oggetto attraverso lo spaziotempo, ovvero la traiettoria di un corpo nella nostra realtà quadridimensionale. In ogni foglio, Dante insieme a Virgilio nella Commedia ripensata dal Botticelli e gli eroi di Shakespeare nell’invenzione di De Luca si muovono nello spazio perseverando nel tempo, generando una sorta di grafico vettoriale. Al cinema – e già sappiamo quanto vicini siano i due linguaggi cinematografico e fumettistico – tale concetto (ideato dal fisico lituano Hermann Minkowski) è bene rappresentato nel capolavoro di fantascienza-horror Donnie Darko, diretto da Richard Kelly nel 2001.

Romeo e Giulietta di De Luca
Romeo e Giulietta di De Luca

Francesco G. Manetti

Alcuni suggerimenti per approfondire:

Blackbeard, Bill (a cura di) – R. F. Outcault’s Yellow Kid (Kitchen Sink Press, 1995)

Manetti, Francesco – Un fumetto di 1000 anni fa: la Tappezzeria Normanna di Bayeux (su Collezionare n. 15 – Club del Collezionista, maggio 1990)

McCloud, Scott – Understanding Comics: the Invisible Art (Tundra, 1993)

Schulze Altcappenberg, Hein.-Th. – Sandro Botticelli pittore della Divina Commedia (Skira, 2000)

Töpffer; Rodolphe – The Adventures of Obadiah Oldbuck, the First American Comic Book (Edizioni Napoli Comicon, 2003)

4 Comments

  • giacinto reale 2 Ottobre 2014

    bell’ articolo illuminante ed interessante, per noi “che stiamo in fondo alla campagna” (Conte dixit) 🙂

  • giacinto reale 2 Ottobre 2014

    bell’ articolo illuminante ed interessante, per noi “che stiamo in fondo alla campagna” (Conte dixit) 🙂

  • Francesco Manetti 7 Ottobre 2014

    Grazie, Giacinto!

    Francesco

  • Francesco Manetti 7 Ottobre 2014

    Grazie, Giacinto!

    Francesco

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *