Ho sentito l’altra sera su Rete 4, durante il solito talk show di Maurizio Belpietro, l’immarcescente Librandi apostrofare con arroganza ed una supponenza oltre ogni limite dei lavoratori di una delle tante, troppe, industrie, aziende ed attività lavorative oggidì in fase di dismissione e chiusura, causa la solita, eterna ed immutabile crisi economica.
Alle lagnanze di una lavoratrice che faceva presente come da mese e mesi non si vedessero né salari, né liquidazioni, né ammortizzatori sociali vari, il Librandi rispondeva che, anziché piangere e lagnarsi, era molto meglio che si rimboccassero le maniche ed andassero a cercar lavoro, magari andando a pulire quelle scale che Lui, da superman venuto dal nulla, aveva in gioventù pulito….
Ciò che in questo caso scandalizza, non è tanto la stupida arroganza della “boutade” in questione, una cosa che uno si aspetterebbe dalla mente annebbiata dall’alcool di qualche vecchio rincitrullito”bauscia” lombardo….No, quello che qui stupisce è che a parlare in questo modo sia un rappresentante delle istituzioni.
Oramai il Globalismo giuoca a carte scoperte: se prima certe cose erano sottintese ed appena sussurrate, se prima il potere politico possedeva ancora quel minimo di capacità di mediazione tra le istanze della società civile nel suo complesso e quelle dei Poteri Forti di Economia e Finanza, al fine di realizzare quel precario equilibrio che garantisse perlomeno l’integrità e la sopravvivenza di una comunità nazionale, ora non è più così. Siamo passati silenziosamente, inavvertitamente, alla fase di diretto predominio dei Poteri Forti, senza più alcuna mediazione della politica, ora ridotta ad un ruolo di notarile e supino asservimento ai desiderata di questi ultimi. E le conseguenze di quanto detto, sono ravvisabili in quanto accade attorno a noi e ci riguarda direttamente.
Cominciando, tanto per gradire, con un costo della vita qui arrivato a livelli insopportabili, con il gravare di tasse e gabelle che fanno schizzare la nostrana pressione fiscale al 60/70% del reddito di un cittadino. Si parla di riaggiusta menti, sconti ma, ciò che sembra si tolga, viene lestamente ripreso dall’altra parte. Senza parlare che, di fronte al crescere di un’invasione migratoria di elementi allogeni e sbandati dalle società del Terzo Mondo, tutta a detrimento dei diritti e del benessere dei nostrani lavoratori, il governo risponde ignorando la gravità e l’entità del problema, anzi, parlando a più riprese di un supposto “aiuto umanitario” elargito agli invasori, tramite esborsi di denaro pubblico.
Il tutto mentre si continua a stare accodati alla folle e criminale politica anglo americana di contrasto ad un fondamentale partner geo economico e politico, quale la Russia dovrebbe esser per noi, rimanendo accoccolati ad una suicida politica di inazione in contesti quali la Siria e la Libia, favorendo, de facto la crescita di quei movimenti cosiddetti “integralisti”, a conduzione anglo-saudi-americana, la cui esistenza serve a collocare in uno stato di continua tensione l’intero contesto mediterraneo, facendo passare sotto silenzio, ben più gravi malefatte, non senza favorire in modo esponenziale la crescita delle varie industrie degli armamenti con tutti i loro correlati.
Senza voler contare le pessime nuove su un clima globale, il cui deterioramento è unicamente dovuto alla voluta inazione dei vari governi, supinamente asserviti all’ingordigia di una Tecno Economia, oramai totalmente fuori controllo. E’ di questi giorni la notizia che, di fronte all’ennesimo, folle tentativo di imporre uno dei vari accordi economici cappio (TTPA…), il popolo della piccola Vallonia (una delle due regioni costituenti lo stato federale belga), sia sceso in piazza per gridare un chiaro e forte NO, ad un accordo giudicato folle e suicida per i locali lavoratori ed imprese.
Il tutto con grande costernazione dei baldracconi di Bruxelles che, ora si troveranno, finalmente, a dover fare i conti con una volontà popolare tutta controtendenza, rispetto alle loro liete previsioni. L’episodio che abbiamo ora citato, ci lascia capire che ancora uno spazio di azione ci può essere, eccome, se animato da una presa di coscienza e da una volontà, estesi ad una intera collettività nazionale. Il problema è che, contrariamente a quanto tende ad accadere in molte nazioni europee, in Italia siamo ancora al “Che fare?”, dal punto di vista dell’organizzazione e della messa a punto di una seria forza di opposizione. Questo perché, a parere di chi scrive, non si è ancora addivenuti a quel momento di chiarimento ideologico e programmatico che, per un qualsivoglia movimento politico, dovrebbe costituire la fase più importante, quell’evento “sine qua non”, non vi può essere un’azione politica coerente e, perciò stesso, portatore di concreti risultati politici, (chiaramente intesi nella loro accezione più positiva e costruttiva, sic!).
A questo riguardo, mi sovviene la appena passata stagione estiva che, sotto l’incalzare di una serie di eventi, a livello sia internazionale che nazionale (si pensi solamente al dibattito innestato dal prossimo Referendum Costituzionale…), ha, più che mai, rappresentato l’occasione per dar luogo ad una serie di accesi dibattiti da parte delle varie forze politiche presenti sullo scenario nazionale, sia antagoniste che non.
In uno di questi eventi, di matrice nazional rivoluzionaria, svoltosi nelle prossimità di quel di Catania, uno degli intervenuti ha voluto ribadire quanto detto, rilasciando successivamente un’intervista chiarificatoria presso una importante testata nazionale. L’essenza di questo intervento era incentrata sull’idea di un quasi-renziano “partito della nazione”, visto in un’ottica nazional popolare. Una istanza trasversalista, assolutamente legittima ma che, per come è stata formulata, a parere di chi scrive, manca di quella chiarificatoria incisività necessaria allo sviluppo di un discorso realmente alternativo all’attuale status di cose.
Questo nodo di Gordio, può essere sciolto solamente risalendo all’origine del problema, che risiede in quel processo di Globalizzazione che, nell’avviluppare ed omologare il mondo intero alle proprie coordinate Tecno Economiche, sta oggidì imprimendo a sé stesso una velocità sinora mai vista. La marxiana intuizione di un capitalismo che divora se stesso, trova oggi una reale concretizzazione nell’immagine di un modello economico iperliberista che, sempre più, vive di fasi alterne e contrastanti. A momenti di vistosa euforia dei mercati, fanno sempre più seguito violente ricadute.
A partire dal 1994, abbiamo visto succedersi almeno tre crisi economico finanziarie globali, l’ultima delle quali, quella determinata dalla bolla speculativa del 2008, a tutt’oggi ci ha lasciato in eredità un retaggio recessivo a livello globale. Ora pertanto, sic stantibus rebus, la questione non può più essere il confronto tra destra e sinistra o tra chi le riforme le vuole o meno o tra pseudo-pacifisti e guerrafondai d’accatto e via discorrendo, bensì tra chi è a favore della Globalizzazione e chi no, con tutte le ricadute che questo comporta. E, tanto per essere ripetitivamente chiari, se per Globalizzazione, al giorno d’oggi, noi intendiamo quel processo di assimilazione a livello globale dei parametri occidentali imperniati sul primato di quella perfetta interazione tra Tecnica ed Economia, assurta a livello di una forma di Monoteistico Pensiero Pensante, in grado di rispondere a tutte le istanze ed influenze esterne, annullandone la valenza, tramite un processo di continua auto contraddizione.
Questo pensiero trova le proprie origini nelle ricadute teologiche di quel Monoteismo che, nel corso del proprio secolare sviluppo, va facendosi, in base al principio “sicut in coelis sicut in terris”, unico modello di sviluppo, sociale, politico ed economico, trovando poi concreta attuazione nei vari modelli di sviluppo che andranno via via, nei secoli a venire, palesandosi, dalle aspirazioni universalistiche della Chiesa dell’Evo Medio, all’attuale universalismo mercificatore che parte dal modello illuminista e cartesiano ed arriva all’attuale fase di Turbo Capitalismo, oltretutto caratterizzato da un decisivo ed autodistruttivo deterioramento ambientale, a livello globale.
Ora, di fronte a tutto questo, occorre essere coerenti nel bene e nel male, parlando chiaro, portando alle conseguenze della più immediata quotidianità dell’agire politico, quelli che, a prima vista, potrebbero solo sembrare dei principi meramente astratti, cestinando definitivamente qualsiasi tentazione di compromesso o tendenza a vivacchiare bilanciandosi e non prendendo mai posizioni definitive. Non si può essere forza antagonista e di opposizione e non essere contro la Globalizzazione. E se è vero che Globalizzazione è uguale ad universalismo massificatore ed alienante, non si può non contrastare tutto questo nel concreto, non partendo dai suoi fondamenti socio economici, ovverosia quegli accordi globali che legano mani e piedi la volontà dei popoli.
Pertanto, per quanto riguarda noi Europei ed Italiani, iniziare subito da un NO deciso a Liberismo, a moneta comune (Euro), a Maastricht e Lisbona, a WTO, a Tpp, Tisa e Ttip, a Nato, a Migrantes/Invasori, nel modo più assoluto. Non è solo uno sterile e vuoto elenco di apodittiche e vuote negazioni, questo. Esso si sorregge su una sin troppo chiara base ideologica e programmatica, che trova il proprio momento fondante nella supremazia dell’Etica sulla Tecno Economia e sulla Religione stessa. Se la prima, qui assume la valenza di un mero strumento atto a realizzare la felicità di una Comunità, adattando i propri parametri alle circostanze richieste dal momento, non senza essere supportata e coadiuvata da una gentiliana “etica del lavoro”, imperniata sulla creatività dell’individuo e, pertanto, su un netto rifiuto del Liberismo ed una radicale critica del Capitalismo, i cui limiti sono, ad oggi, sempre più sotto gli occhi di tutti.
Stesso discorso vale per la seconda, ovverosia la sfera religiosa, che dovrebbe farsi momento agglutinante dei valori della Comunità, in quanto parte dello “ius publicum” e non corpo ad essa estraneo, così come ad oggi accade, con il calzante esempio della Chiesa Cattolica. E qui dovrebbe tornarci alla mente l’esempio della civiltà greco romana, in cui l’ambito religioso coincideva, attraverso precisi riferimenti mitopoietici (Roma fondata da Romolo, figlio di Marte, Atene posta sotto la protezione di Atena, etc.), con la sfera pubblica, senza alcuna disarmonia…A questo punto, o si sta da una parte o dall’altra, senza cincischiamenti o “moderatismi” di sorta. Ben venga chi apertamente ed in modo chiaro, si definirà liberale, borghese, filo capitalista e globalista. In questo, i Poteri Forti ed i loro rappresentanti “in terris” parlano sin troppo chiaro. E’ semmai da parte di quelle aree umane e politiche, che dovrebbero costituire l’opposizione che, come abbiamo detto, manca ancora quella chiarezza per andare avanti. Non ci può essere né moderazione, né mediazione, né accordo con il Sistema, ma un totale e chiaro rifiuto, costi quel che costi.
Ecco, Linea Dura, dovrebbe essere il “logo” da cui partire, in grado di collocare sotto un unico comun denominatore tutti coloro che abbiano le idee chiare, al di là delle singole provenienze umane e politiche. Un primo passo in direzione di quell’idea di sociologica “orizzontalità” dell’agire politico, coadiuvata da una pratica della democrazia diretta, coniugata in un ambito plebiscitario, per quanto riguarda unicamente le scelte di ambito strategico, di contro alle vecchie e datate strutture verticistiche di formazioni partitiche, che noi vediamo essere attraversate da sempre più profonde crisi sistemiche e d’identità.
UMBERTO BIANCHI
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