Impadronirsi delle donne del nemico è stato sempre, in tutta la storia della specie umana, il segno e il simbolo della vittoria finale.
Al di là di qualsiasi differenza di epoca, di religione, di cultura, la donna è un “valore” percepito da tutti i maschi come tale, il primo segno, la prima ricchezza e al tempo stesso la prima “proprietà” su cui i maschi stabiliscono i confini della loro identità, riconoscono le discendenze biologiche, razziali, tribali, familiari. Sono le leggi della natura che guidano la specie umana, come ogni altra specie, verso il mantenimento e la prosecuzione della specie stessa e, perciò, la tutela dell’elemento femminile nei differenti gruppi tribali. Nell’uomo civilizzato, poi, questo compito di protezione passa attraverso gli istituti sociali dettati di volta in volta dalle diverse creazioni legislative dovute all’istinto, alla razionalità, alla capacità logica, alla memoria, agli affetti, alle esigenze sociali.
Oggi, però, in Europa, questo impianto fondamentale di identità e stabilità sociale rischia di essere negato e stravolto dall’azione di quelle fortissime élite detentrici del potere che, alla fine della seconda guerra mondiale, hanno progettato la distruzione degli Stati nazionali e il mescolamento delle etnie, avendo come meta l’assimilazione e l’uguaglianza di tutti i popoli, di tutte le strutture sociali, di tutte le religioni e compiere, così, il passo fondamentale per giungere a un governo mondiale.
Con perfido cinismo è stato dato il via al programma di distruzione della civiltà europea per mezzo dell’invasione di popoli totalmente diversi, africani e mediorientali. In Italia abbiamo assistito all’arrivo di migliaia di clandestini in cerca di fortuna, che sono immediatamente divenuti elemento di disgregazione sociale e che la sinistra ha arruolato nelle proprie file, riconoscendo loro vantaggi e agevolazioni in danno dei cittadini, scardinando ulteriormente lo stato del welfare italiano, avvalendosi della concorrenza al ribasso sulle condizioni di lavoro, assecondando la promiscuità e l’illegalità nelle collocazioni, assicurando tutele e accordando riconoscimenti non dovuti a usi e costumi anche se contrastanti con le nostre regole.
Era prevedibile che culture tribali ritenessero certe conquiste un loro diritto, certe concessioni una manifestazione di debolezza, certe libertà un invito all’abuso e, sentendosi al riparo da conseguenze, abbiano messo in atto una progressiva espugnazione del territorio e, infine, siano ricorse all’arma primordiale, quella che tutti i maschi hanno sempre adoperato sul nemico vinto: il possesso delle donne.
Le reazioni delle nostre istituzioni sono state quasi inesistenti. Non si è sentita la voce del Papa, sempre troppo loquace in altre occasioni, né dei rappresentanti istituzionali, tutti sempre schierati dalla parte degli immigrati, soprattutto se questi sono dei musulmani. Anche le donne hanno parlato poco, le organizzazioni femministe, sempre aggressive in tema di istanze femminili, hanno reagito poco e senza la determinazione che un simile argomento avrebbe dovuto suscitare. Una malintesa accoglienza e un nefasto ideologismo hanno prevalso sulla tutela delle donne e sulla condanna di spregevoli episodi di violenza. Un’Italia refugees friendly, tutta buonismo politicamente corretto e mielosa accoglienza, difronte a episodi come quello di Rimini – in cui un branco di immigrati ha violentato una giovane turista polacca, causandole lesioni che le hanno reso necessaria esami più approfonditi – ha reagito con uno spregevole distacco, adducendo improponibili scusanti, invocando paragoni con le presunte violenze, peraltro inesistenti, commesse dagli italiani nelle colonie durante il Fascismo ovvero con gli stupri attualmente attribuibili ai nostri connazionali.
Ebbene, anche abbassandosi alla ripugnante logica di certi raffronti, si può facilmente osservare che la percentuale di stupri degli allogeni è di 4 su 10, quando gli stranieri sono solo 8% della popolazione, ovvero 0.8 su 10 il che, come statistica composta e come tasso criminogeno, rileva che l’8% della popolazione compie il 39% dei reati. Il 92% della popolazione il restante 61%. Dai dati ufficiali del Viminale riferiti agli anni 2010-2014, quindi, statistiche alla mano, si ricava che gli immigrati commettono stupri 12 volte in più degli italiani!
E se questo non bastasse, va considerato il maggior impatto emotivo, il senso di insicurezza e la riprovazione che una violenza commessa da uno straniero suscita, giustamente, nella comunità che lo accoglie e gli offre protezione.
Invece, la bomba demografica, lasciata affluire, anzi incoraggiata, dagli esponenti scellerati di quella subcultura cristiano-marxista che si nutre coi concetti di pace, non-violenza, rinuncia a una politica di potenza, fine di tutte le gerarchie in politica, omosessualità, accoglienza, contaminazione multietnica e jus soli, sta producendo l’arrivo di centinaia di migliaia di giovani maschi di tipo arabo e africano in calore e determina, nei fatti, una vera e propria alterazione negli equilibri con la popolazione italiana, inquina il rapporto tra i sessi e costituisce la premessa per la progressiva sostituzione etnica nel Paese.
Un Paese anestetizzato da una propaganda asfissiante e ipocrita, che si indigna per la riproduzione di un manifesto di Boccasile che lanciava l’allarme per i crimini dei “liberatori”, ma finge di ignorare che le violenze da loro commesse, iniziate in Sicilia e terminate alle porte di Firenze, possono essere quantificate con certezza con un minimo di 60.000 donne stuprate, ognuna, quasi sempre da più uomini.
Rifiutando di controllare il flusso di migranti, la élite mondialista che ci governa sta uccidendo l’Italia. Vengono impedite le manifestazioni contrarie di chi resiste all’invasione e ne denuncia le disastrose conseguenze, per dare spazio al multiculturalismo auspicato da intellettuali da vip-lounge aeroportuale, una casta fuori dal mondo che vive di cieca autoreferenzialità, ma che pretende di imporre attraverso i media la visione stucchevole e falsa di un idillio buonista e cosmopolita
Disoccupazione diffusa, specie tra i giovani, povertà infantile, povertà senile, un tasso di natalità a livelli irrisori; ma come si può in questo stato mettere al mondo un figlio? Corriamo verso l’abisso, ma non ci è dato avvedercene perché in televisione non ci fanno vedere questo abisso. No, affatto, loro cucinano.
Enrico Marino
Fonte foto: Corsera
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