8 Ottobre 2024
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Lo zaino di Gian (i grandi temi nell’opera di Gianantonio Valli) – Recensione di Fabio Calabrese

 

Il n. 81 della rivista “L’uomo libero” uscito nell’ottobre 2016 presenta delle caratteristiche insolite, infatti si tratta di un numero monografico dedicato a Gianantonio Valli. Valli, scomparso nel 2015, che è stato una delle firme più prestigiose della rivista, e – diciamolo pure – uno degli intellettuali, delle teste pensanti più lucide e interessanti dell’Area.

In quella circostanza, io scrissi e pubblicai su “Ereticamente” un articolo, Il passaggio del testimone, dove ricordavo assieme a Valli un altro “nostro” intellettuale scomparso all’incirca nello stesso periodo, Sergio Gozzoli, di cui forse molti di voi ricorderanno lo stupendo saggio L’incolmabile fossato, anch’esso pubblicato su “L’uomo libero” di cui Gozzoli è stato del pari collaboratore (e non sarebbe forse male che la rivista dedicasse una monografia pure a lui), un saggio dove si evidenziavano le differenze profonde, l’inconciliabilità di fondo che esistono fra la civiltà europea e la “cultura” americana, uno scritto su cui molti farebbero bene a riflettere, visto che a più di un quarto di secolo dalla scomparsa dell’Unione Sovietica ci sono ancora in ambienti che si presumono “nostri”, atteggiamenti di filo-americanismo e atlantismo che si ritiene l’Unione Sovietica e la minaccia comunista avrebbero giustificato.

Uomini come Gianantonio Valli e Sergio Gozzoli ci hanno lasciato un testimone particolarmente impegnativo e gravoso da portare, perché uomini di questa levatura non si improvvisano, tuttavia l’impegno a continuare la loro opera è forse il modo migliore di onorare la loro memoria.

Il titolo di questa monografia fa riferimento a un bel brano di Valli nel quale la nostra visione del mondo e il nostro bagaglio culturale sono paragonati a uno zaino che occorre portare attraverso un deserto, il deserto creato dalla sconfitta nella seconda guerra mondiale e dal trionfo dei miti fasulli della modernità, del progressismo, della democrazia che hanno avvelenato le coscienze dei più.

Nello zaino c’è quanto hai potuto salvare. C’è quello in cui credi, la tua vita. Che va portata al di là del deserto. Altri uomini, generazioni, individui sconosciuti, gente che mai vedrai, neppure i tuoi figli, verranno. La storia lo insegna, anime simili alla tua, segmenti su una stessa retta, fedeli agli stessi Dei. Ne nasceranno ancora. Ne sono sempre nati. Ciò che è certo, è che l’Estremo Conflitto fu disfatta totale. Totale per la generazione che lo ha combattuto, per i milioni di morti, i milioni di sopravvissuti e avviliti, per la nostra generazione, per quella dopo di noi. Catastrofi seguiranno fra qualche decennio, anarchia e rovine per altri decenni, crollo di ogni istituto civile. Ma qualcuno ci sarà. A raccogliere, ad aprire lo zaino…”.

Il primo degli scritti che compongono questo fascicolo e che s’intitola semplicemente Gianantonio, è di Mario Consoli che per molti anni è stato direttore della pubblicazione, e ha avuto con Valli un’intensa frequentazione e amicizia. È innanzi tutto il ricordo commosso di un amico e l’ammirazione per un uomo che univa un forte carattere a una straordinaria cultura, tuttavia non va letto soltanto in questa chiave, perché non vi manca un’importante analisi politica che poi è la base per comprendere tutto il resto.

Il potere finanziario internazionale – quello che oggi dirige tutto, condiziona governi, cultura e informazione, dirige economie e produzioni – nei secoli della sua implacabile scalata si è comprato tutto e tutti (…).

Tutti in vendita tranne i fascismi, che avevano intuito l’essenza dell’era che il mondo stava vivendo: l’assalto finale dei Signori del denaro al potere e la realizzazione di un governo mondialista.

A favorire il regno di usura una consistente parte d’Europa si era resa indisponibile. E allora, contro chi aveva l’ardire di cantare “Contro Giuda, contro l’oro, sarà il sangue a far la storia”, si scatenò la guerra. Un immane conflitto dove nulla fu risparmiato per battere chi aveva osato mettersi di traverso ad ostacolare il predominio e i progetti delle demoplutocrazie.

E lo scontro lo vinsero loro. E punirono i popoli che avevano dato corpo ai fascismi. E infierirono sugli sconfitti e sui loro figli. E una volta vinta la guerra delle armi, si proseguì distruggendo quella cultura, uno a uno quei valori, comprando, corrompendo e ricattando ogni forma di informazione. E si è inventato di tutto, e si è giunti perfino a fare delle leggi per proibire la libertà di ricerca storica (…).

Comprendere ciò che in effetti fu la vera causa del Secondo Conflitto Mondiale rappresenta l’unica chiave di lettura capace di chiarire sia gli avvenimenti precedenti che quelli successivi (…).

L’aver “compreso fino in fondo” è stato un privilegio per pochi e anche oggi nonostante il “senno di poi”, non siamo in molti ad aver raggiunto una soddisfacente consapevolezza storica; ad avere in tasca quella “chiave magica”.

Il secondo scritto del fascicolo è di Luca Leonello Rimbotti, che certamente conoscete come co-autore di Mistica Volkisch assieme a Silvano Lorenzoni e Federico Prati, è La razza come fondamento di identità, e tratta un argomento certamente delicato, il problema razziale e il pensiero di Valli a tale proposito.

Io vi ho fatto notare più volte che la parola “razzismo” ha subito negli ultimi decenni uno “strano” spostamento concettuale, passando dall’indicare l’affermazione di una razza sulle altre, alla semplice constatazione che le razze umane esistono. Al riguardo, sottolinea Rimbotti, Gianantonio Valli la pensava allo stesso modo, infatti quel che oggi le sedicenti democrazie combattono non è una qualsiasi forma di discriminazione, ma l’opposizione a un mondo totalmente meticciato:

La degenerazione di un popolo, la perdita della differenziazione così a fatica conquistata nel divenire storico, la discesa nel caos spirituale e nello smarrimento biologico, significano molto di più che la regressione biologica di quel popolo. Significano l’esaurirsi dell’uomo – di ogni uomo, bianco o nero, nomade o sedentario, primitivo o evoluto – il disfacimento di ogni civiltà, la morte di ogni sistema di valori, la scomparsa di ogni dio”.

Questo antirazzismo democratico si accompagna a un razzismo pratico messo in atto dalle tirannidi che si fanno chiamare democrazie, che colpisce coloro che hanno la disgrazia di essere bianchi di origine europea, che si vedono in casa propria discriminati a favore dell’ultimo immigrato, un razzismo che non si saprebbe se definire più violento od ottuso, ottuso – s’intende – a livello dei suoi esecutori fra cui spiccano le sinistre e le Chiese cristiane, perché a livello di chi muove i fili tenendosi ben nascosto dietro le quinte, corrisponde perfettamente agli intendimenti della tirannide mondialista che ha travolto i popoli europei nel secondo conflitto mondiale, e ormai si appresta al colpo finale contro di essi.

L’articolo di Pio De Martin La rivolta della ragione introduce un’altra tematica importante: la posizione di Gianantonio Valli nel dibattito sul revisionismo olocaustico. Bisogna notare che il presunto sterminio che si attribuisce ai nazionalsocialisti, di sei milioni di ebrei durante la seconda guerra mondiale, non è UN delitto sia pure atroce, ma il delitto dei delitti in base al quale un’intera categoria di pensiero e di realizzazioni politiche è discriminata e demonizzata (mentre a quanto pare le atrocità dei gulag staliniani non tolgono nulla alla bontà dell’ideale comunista, né i milioni di vittime dell’inquisizione tolgono nulla alla santità del cristianesimo, così come né lo sterminio dei nativi americani o i milioni di vittime dei bombardamenti sulle popolazioni civili durante la seconda guerra mondiale compresi due attacchi nucleari contro il Giappone, tolgono nulla alla bontà della democrazia “made in USA”).

Bene, tutti questi sono crimini “banali” e accostare a essi la presunta shoah è ritenuta appunto una “banalizzazione” anche quando, come nel caso delle vittime dello stalinismo, queste atrocità la superano di almeno un ordine di grandezza, perché la vera colpa attribuita ai nazionalsocialisti e indirettamente a tutti gli Europei che non l’hanno impedito, nonché ai loro figli e discendenti per omnia saecula, colpa inespiabile ed eterna, è il sacrilegio, l’aver alzato le mani sul “popolo santo”, il “popolo eletto”. Cosa oggi accettata anche da molti cristiani, lo stesso sacrificio di Cristo non è che una lontana prefigurazione dell’immolazione salvifica del popolo ebraico.

Gianantonio Valli coglie questo punto con grande chiarezza: la mitologia olocaustica è una religione, Holocaustica religio l’ha appunto definita in uno dei suoi scritti più importanti, una religione distorta destinata a soppiantare tutte le convinzioni, le credenze e i miti che l’hanno preceduta, una religione nella quale i deicidi siamo noi, e il cui scopo fondamentale è quello di ingenerare un senso di colpa capace di annientare le resistenze psicologiche alla distruzione dell’uomo europeo decretata dal potere mondialista.

Valli era un uomo di straordinaria cultura, che parlava od era capace di destreggiarsi in diverse lingue, questo gli ha permesso di evitare le obiezioni sotto le quali ricade spesso la pubblicistica revisionista, risalendo alle affermazioni di autori ebrei che non possono certo essere sospettati di antisemitismo. De Martin riporta questo esempio, le dichiarazioni dell’esperto ebreo Joseph G. Burg, rese al processo contro il revisionista Ernst Zundel. Burg visitò i campi di concentramento di Auschwitz e Majdanek subito dopo la loro “liberazione” da parte dei vincitori.

“[Nel 1945 le camere a gas ad Auschwitz] le ho cercate ma non trovai nulla (…). [A Majdanek ce n’erano per] uccidere pidocchi, pulci, ecc… Insetti che causavano epidemie (…). La storia delle gassazioni proviene da una mente malata”.

Questo detto non solo da un esperto in una sede processuale, ma soprattutto da una fonte ebraica!

Il quarto articolo che compone la monografia: Mito, storia, psicologia della visione del mondo ellenica di Sonia Michelacci, è sicuramente quello che affronta la tematica più impegnativa riguardo a Gianantonio Valli, tuttavia questa è proprio, per così dire, l’architrave della sua visione del mondo; infatti qui l’autrice si rifà a uno scritto probabilmente dei meno noti di Valli: Sentimento del fascismo, Ambiguità esistenziale e coerenza poetica di Cesare Pavese, dove però Valli, attraverso l’analisi di uno scritto di Pavese, i Dialoghi con Leucò, ci dà una chiave essenziale per la comprensione di tutta la sua problematica.

Può sembrare strano che Pavese, autore considerato un po’ il capofila del neorealismo marxista abbia dimostrato in quest’opera un interesse per il mondo classico, essa è comunque servita a Valli da spunto per una puntualizzazione del concetto di mito, utile a una rifondazione della paganitas su basi molto più serie di tanto neopaganesimo che vediamo in giro, a metà strada tra i film in costume e la New Age:

Il mito nella sua particolare espressione, diversa quanto ogni raggruppamento biologico sia diverso dall’altro, costituisce l’orizzonte che delimita l’anima collettiva di un popolo, la sua particolare modalità di afferrare il reale, la condizione vincolante per qualsivoglia interazione fra i diversi punti di vista (…) [allora] il mito non può essere falso, se permette di vivere e di espandersi, ma riflette una verità non di ordine logico o astrattamente speculativo, bensì una concreta verità esistenziale”.

Questa, e non è difficile vedere le affinità con quell’altro testo chiave che è Religiosità indoeuropea di Gunther, è – potremmo dire – la chiave di volta dell’intera concezione di Valli, perché il millenario conflitto fra mondo indoeuropeo in cui rientrano a pieno titolo il mondo ellenico e quello romano, e mondo semitico-mediorientale da cui derivano il cristianesimo e – tramite esso – le forme della sovversione moderna: democrazia, liberalismo, marxismo, non è solo il conflitto tra due grandi ceppi etnici, ma fra due concezioni irriducibili della vita, a loro volta incarnate in due ben distinti tipi umani: da una parte la realtà, l’uomo fisicamente e psichicamente integro (che potremmo anche chiamare “tradizionale”), l’uomo Indoeuropeo, dall’altra il regno, ossia da parte dell’uomo semitico, permanentemente in conflitto con se stesso, portatore di una natura lacerata, il tentativo, il miraggio, il progetto di un mondo a venire in una prospettiva messianico-escatologica in cui l’universo naturale e l’uomo indoeuropeo, l’uomo sano per il quale prova un odio istintivo, siano sottomessi e cancellati.

I portatori di questo progetto sono appunto coloro che in un’altra sua memorabile opera Valli ha definito I complici di Dio. Per gli islamici, il mondo non mussulmano è il Dar al Harb, la “casa della guerra”, cioè quella parte del mondo cui va portata guerra per imporle la sottomissione (che è precisamente il significato della parola Islam), ma i cristiani non hanno una prospettiva diversa, la prima invocazione del Padre nostro è circa un “Regno di Dio” a venire (e che il cristiano sia “spiritualmente semita” non lo diciamo né io né Valli, l’ha detto un papa, Pio XI). Si comprende bene allora che le ideologie rivoluzionarie democratiche e marxiste non sono altro che la versione laicizzata dello stesso sogno escatologico.

L’imposizione universale della democrazia, la rivoluzione mondiale preconizzata da Marx, e oggi, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, la globalizzazione e l’assoggettamento dell’universo mondo alle leggi usurarie del mercato, e infine la distruzione definitiva del nemico indoeuropeo mediante l’imposizione dell’immigrazione e del meticciato, rientrano nel medesimo progetto, perché se è vero che “i complici di Dio” non si fanno alcuno scrupolo a ricorrere a guerre e massacri, sono i responsabili delle maggiori atrocità della storia umana a cominciare dalle due guerre mondiali, la via da loro preferita è quella più subdola dell’infiltrazione, della conquista ideologica, del plagio delle coscienze, dell’alienazione dell’uomo indoeuropeo da se stesso.

Valli ha messo a epigrafe dei suoi libri una tabella che è una vera e propria tavola dei valori in cui sono indicate le differenti posizioni, le differenti concezioni, i differenti valori appunto, dell’uomo semita-sovversivo e dell’uomo indoeuropeo-tradizionale. La tabella è riportata nella bibliografia delle opere di Valli a cura di Fabrizio Fiorini che chiude il fascicolo. Scorrendola, vediamo:

Regno (in senso escatologico-millenaristico-rivoluzionario) contrapposto a Realtà. Divino personale contrapposto a Sacro impersonale. Monoteismo contrapposto a politeismo. Tempo lineare contrapposto a Tempo sferico [forse qui Valli avrebbe dovuto mettere “tempo circolare”]. Materialismo/idealismo, dualismo contrapposto a realismo, unità psicofisica (questo è un punto importante dove si percepisce chiaramente la distanza fra le concezioni semitiche-semitizzate, cristianesimo in primis, e quella indoeuropea: l’uomo indoeuropeo “naturalmente pagano” non percepisce “spirito” e “materia” come due entità separate e contrapposte, ma come l’aspetto interno e quello esterno di un’unica realtà naturale). Universalismo e proselitismo contrapposti a radicamento e rispetto (radicamento nella propria identità etnico-storica e rispetto di quelle altrui). Individualismo ed egualitarismo (liberalismo e marxismo) contrapposti a organicità e gerarchia. Pan-moralismo e umanitarismo contrapposti a virtù e forza. Provvidenzialismo, teologismo/escatologismo contrapposti a tragicità e destino. (Anche questo è un punto da sottolineare, l’uomo indoeuropeo non ha bisogno di una visione “provvidenziale” ma affronta a testa alta tutto quel che il fato può riservargli, prima che di visione del mondo, è una differenza di stile).

Una visione che non possiamo non riconoscere altro che “nostra”, esposta in maniera organica e coerente da parte di un intelletto di grande lucidità, a cui ben poco si potrebbe aggiungere.

L’unica cosa che mi sento di dire ancora al riguardo, è che, come avevo già espresso in Il passaggio del testimone, la memoria di uomini come Gianantonio Valli si onora in primo luogo proseguendo il loro impegno e la loro lotta.

 

“L’uomo libero”:

“L'uomo Libero” n. 81, ottobre 2016
“L’uomo Libero” n. 81, ottobre 2016

Lo zaino di Gian (i grandi temi nell’opera di Gianantonio Valli)

“L’uomo Libero” n. 81, ottobre 2016

Edizioni dell’Uomo libero

€. 12,00

 

 

4 Comments

  • Danilo Fabbroni 21 Dicembre 2016

    È proprio in quanto riteniamo l’arma della menzogna essere la ‘nuda proprietà’ attraverso cui si esercita eminentemente l’esercizio del potere posto dalle Oligarchie Iniziatiche che sentiamo il bisogno di sottolineare ancora una volta in questo testo il tema dell’impostura. Ci rendiamo sempre più conto che l’Impostura, la Menzogna, serve ed ha servito sotto ogni bandiera, sotto ogni vessillo, sotto ogni ideologia, sotto ogni tempo senza distinzioni di sorta con la nobile eccezione del ‘Verbo che si fece Carne’: di solo ‘Sì sì o no no’! Non si creda pertanto che queste armi di sterminio di massa, l’impostura e la menzogna, siano serve pedisseque solo in questi tempi certi di democrazie di paglia alias Oligarchie: anche i Totalitarismi ne usufruivano a piene mani essendo i Totalitarismi democrazie combattute con altri termini. Prova provata che il Fascismo ha esercitato l’arma della menzogna, dell’inganno come non mai, essendo intersecato intimamente da quel colluttorio sciacqua alito che tanto piace ai bidelli dello sciame ‘progressista’ – a partire dal ceppo di Giustizia e Libertà sin giù giù ai giorni nostri, i ‘repubblichini’ di “la Repubblica” e dintorni – : stiamo parlando tanto della Banca Commerciale Italiana e del suo mentore di allora, Giuseppe Toeplitz, quanto di Vittorio Cini e di Giuseppe Volpi di Misurata, tutti sodali del Fascismo. Cfr. Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella, Tangentopoli nera. Malaffare, corruzione e ricatti all’ombra del fascismo nelle carte segrete di Mussolini, Sperling & Kupfer, Milano 2016, pp. 16, 141. Curioso venire al corrente dal medesimo testo a pagina 30 che la claque del regime fascista annoverava pure un certo Carlo Feltrinelli che a quanto pare dalla pur copiosa messe di testi anti-fascisti piovuti sulla populace nel Dopoguerra a mo’ di lavaggio del cervello niente fa cenno o ad un caso di pura omonimia (ovviamente non si tratta di un omonimo) oppure se non fosse così, evidentemente si è preferito stendere il classico velo del silenzio su questa ‘scomoda fratellanza’ col Fascismo.

  • Danilo Fabbroni 21 Dicembre 2016

    È proprio in quanto riteniamo l’arma della menzogna essere la ‘nuda proprietà’ attraverso cui si esercita eminentemente l’esercizio del potere posto dalle Oligarchie Iniziatiche che sentiamo il bisogno di sottolineare ancora una volta in questo testo il tema dell’impostura. Ci rendiamo sempre più conto che l’Impostura, la Menzogna, serve ed ha servito sotto ogni bandiera, sotto ogni vessillo, sotto ogni ideologia, sotto ogni tempo senza distinzioni di sorta con la nobile eccezione del ‘Verbo che si fece Carne’: di solo ‘Sì sì o no no’! Non si creda pertanto che queste armi di sterminio di massa, l’impostura e la menzogna, siano serve pedisseque solo in questi tempi certi di democrazie di paglia alias Oligarchie: anche i Totalitarismi ne usufruivano a piene mani essendo i Totalitarismi democrazie combattute con altri termini. Prova provata che il Fascismo ha esercitato l’arma della menzogna, dell’inganno come non mai, essendo intersecato intimamente da quel colluttorio sciacqua alito che tanto piace ai bidelli dello sciame ‘progressista’ – a partire dal ceppo di Giustizia e Libertà sin giù giù ai giorni nostri, i ‘repubblichini’ di “la Repubblica” e dintorni – : stiamo parlando tanto della Banca Commerciale Italiana e del suo mentore di allora, Giuseppe Toeplitz, quanto di Vittorio Cini e di Giuseppe Volpi di Misurata, tutti sodali del Fascismo. Cfr. Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella, Tangentopoli nera. Malaffare, corruzione e ricatti all’ombra del fascismo nelle carte segrete di Mussolini, Sperling & Kupfer, Milano 2016, pp. 16, 141. Curioso venire al corrente dal medesimo testo a pagina 30 che la claque del regime fascista annoverava pure un certo Carlo Feltrinelli che a quanto pare dalla pur copiosa messe di testi anti-fascisti piovuti sulla populace nel Dopoguerra a mo’ di lavaggio del cervello niente fa cenno o ad un caso di pura omonimia (ovviamente non si tratta di un omonimo) oppure se non fosse così, evidentemente si è preferito stendere il classico velo del silenzio su questa ‘scomoda fratellanza’ col Fascismo.

  • Fabio Calabrese 21 Dicembre 2016

    I fascismi potranno aver avuto tanti torti, ma erano innegabilmente dalla parte giusta, contro la distruzione dell’Europa, e CONTRO LO STERMINIO DEI POPOLI EUROPEI che, rimasto in sospeso per sessant’anni a causa della Guerra Fredda, vediamo oggi entrare a pieno regime con la cosiddetta immigrazione, e il razzismo sfoggiato da capitalismo liberista e sinistra (con connivenza cattolica) contro i propri connazionali. A me questo pare estremamente chiaro, ma l’esperienza mi ha anche insegnato che finché qualcuno non riesce a schiodarsi dalla favola del “Verbo che si fece carne”, con quella persona c’è poco da discutere.

  • Fabio Calabrese 21 Dicembre 2016

    I fascismi potranno aver avuto tanti torti, ma erano innegabilmente dalla parte giusta, contro la distruzione dell’Europa, e CONTRO LO STERMINIO DEI POPOLI EUROPEI che, rimasto in sospeso per sessant’anni a causa della Guerra Fredda, vediamo oggi entrare a pieno regime con la cosiddetta immigrazione, e il razzismo sfoggiato da capitalismo liberista e sinistra (con connivenza cattolica) contro i propri connazionali. A me questo pare estremamente chiaro, ma l’esperienza mi ha anche insegnato che finché qualcuno non riesce a schiodarsi dalla favola del “Verbo che si fece carne”, con quella persona c’è poco da discutere.

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