25 Ottobre 2024
Filosofia

Look and See[1] – Renato Padoan

Dove poteva essere andato a finire l’amico pittore scomparso!

La ricerca dell’amico pittore scomparso si configurava come una vera e propria persecuzione prosecuzione come si avrà modo di vedere.

L’amico suo letterato che si era dato cura di ricercarlo un giorno nel corso di una delle sue lezioni spettacolo si era munito di una sorta di bandiera composta da due fasce o bande di colore blu l’una e rossa quell’altra. Aveva invitato due dei suoi alunni discepoli presenti a sostenerla tesa per mostrarla agli astanti. Egli si muoveva davanti a questo drappo come un attore sulla scena e fattosi prestigiatore cominciò nei confronti del suo pubblico a prestigiare com’era solito dire l’intelligenza dei suoi spettatori studenti o forse meglio e indicando il drappo lo puntò distaccandosi dallo sfondo.

 

Ecco dinanzi a voi una superficie colorata di due colori soltanto che a prescindere da ogni ulteriore specificazione diremo di blu e di rosso.

Una parte è rossa e quell’altra è blu.

Mi direte ora di che colore è la parte che indico.”

Indicò la rossa e risposero in coro “Rossa”.

Indicò la blu e risposero in coro la “Blu”.

Ora toccherò punti diversi e di volta in volta mi direte qual’ è il colore dei punti che tocco.

Gli studenti risposero di volta in volta:

Blu … rosso …  rosso …  blu … blu … rosso … rosso … blu … blu … “

Andò avanti così per un po’ seguendo forse un suo ritmo interiore che andava conformandosi al coro divertito delle risposte.

Si arrestò quasi all’improvviso e facendosi serio disse:

Come potete ben vedere qui non ci sono che punti rossi e punti blu. Questa nostra bandiera non è che rossa e blu. È una bandiera rosso blu. Non ci sono altri colori che la distinguano al suo interno.

Osservatela ora per così dire da un altro punto di vista e ditemi se siete in grado di vedere e distinguere dove questo drappo è blu e dove è rosso.

È rossa da una parte e blu da quell’altra. Questo lo si vede benissimo e si vede benissimo il confine che separa e distingue le due parti.

Vi chiedo ora a proposito di questo confine, di questa linea tutt’altro che immaginaria e perciò ben visibile … vi chiedo quale sia il suo colore dal momento che questa bandiera non possiede che il blu e il rosso come suoi colori ed altri non ve ne sono a maculare la superficie distesa di questo fondale bandiera.

 

Sospesi e interdetti per l’inaspettato quesito posto loro i discepoli cominciarono a dividersi nelle risposte.

Alcuni azzardarono l’ipotesi che fosse di colore rosso blu per non essere né rossa né blu.

Altri risposero che non era colorata, ma se non fosse stata colorata sarebbe stata visibile?

Il nero lo si vede come il bianco.

Colui che vedesse tutto nero sarebbe altrettanto cieco di colui che vedesse tutto bianco.

Sono le differenze che si vedono e se non se ne vedono si è ciechi!

 

Quella divisione si vedeva come si vedevano i due colori.

Un daltonico soltanto non avrebbe potuto vedere quella linea divisiva ma non avrebbe certo mancato di vedere quell’unico colore che si distendeva sulla superficie di quel drappo steso.

Su che cosa, dunque, si fondava la visione distinta di quella linea di separazione se non era un colore?

 

Quel che si vede ribadì il l’amico filosofo dell’amico pittore scomparso è per l’appunto in questo caso una differenza e questa differenza ha preso la forma non già di una superficie cromata ma quello di una linea di confine.

Vi è un occhio che vede il distendersi del croma, che inumidisce e tampona regioni quasi adagiandovisi o timbrandole e vi è un occhio che percorre cammini sottili e che percepisce e memorizza tracciati proseguendo senza estendersi da una parte e dall’altra lungo un filo di traiettoria così sottile da essere una bava tesa che non accoglie colore.

L’esperienza del rosso e del blu non è come l’esperienza della frontiera che li divide.

Ambedue sono visti i territori del blu e del rosso come si vede il confine che li separa ma la visione dei territori è estesa mentre quella del confine è intesa, in tensione, intensa nel senso di soltanto tesa.

L’occhio che vede il confine si muove mentre l’occhio che vede il colore sta fermo.

L’occhio che scorge il punto si fissa, mentre l’occhio che vede la linea si muove o quanto meno si tende.

L’irriducibilità del moto alla stasi sembra essere un portato dell’evoluzione dell’apparato sensorio. Una rana che s’intronasse su di un cumulo di moscerini morti dei quali è voracissima morirebbe di fame perché l’occhio di una rana coglie il movimento soltanto dei moscerini che le svolazzano intorno e che inghiotte con la rapidità di una lingua saettante. I moscerini morti semplicemente non li vede giacenti e pertanto non può afferrarli e nutrirsene.

L’occhio che scorge i movimenti non è per così dire lo stesso occhio che si appaga dei colori di un quadro.

Le linee si muovono e decretano il movimento ed è questa la funzione del disegno.

Altra è la funzione del colore che pertiene al planarsi della superficie.

Per mezzo del disegno ci si addentra nel labirinto e se ne esce, ma sono le pareti che ci attraggono al suo interno e ci invitano a sostare affascinati nelle ombre delle sue sale e dei cunicoli forse per sempre.

Se col termine spazio s’insiste la distensione del croma e non già la sua perdita nella tensione in un cammino di proiezione allora si può ben dire che la scrittura è la perdita del colore mentre la pittura è lo smarrimento più completo del senso e con esso della direzione.

Nella lingua inglese una tale distinzione e separazione è possibile. Non così nell’italiano che ha il verbo vedere come dividere, divisione, vedovanza. In effetti due sono le forme della visione: una per così dire piatta, appiattita ed un’altra mobile, consecutiva.

Due sono infatti i verbi che traducono il nostro vedere sia pure che le radici dei due atti distaccati e separati come funzioni del sensorio si ritrovino nella comune originaria sorgente dell’antenato indoeuropeo, nelle profondità della lingua comune degli Arii.

Look[2] è il vedere per così dire locativo, fissante che perfora e colloca il visibile cui si oppone il to See che è il vedere consecutivo, conseguente, “secutivo” dalla stessa radice del latino sequor, secutus della traccia visiva.

Look e see si contrappongono come la stasi al moto, il colore al disegno, la pittura alla letteratura e al limite la scrittura, l’ideografia al limite sonoro della fonografia coranica, l’iconologia all’iconoclastia.

L’amico pittore si era perduto per aver varcato il confine della sua arte cercandone la ragione per ritrovarla ora nei meandri dell’invisibile di un discrimine. Ritrovare l’amico pittore scomparso sarebbe stata un’impresa quasi impossibile ma proprio questo sarebbe valsa la pena di tentare!

 

La radice indoeuropea aria lok si ritrova così nel Dictionnaire Hèritage du Sanskrit di Gérard Huet

 

[1]    È questo un capitolo tratto dall’inedito: “Il pittore scomparso” dell’autore di questa divagazione.

[2]    Look è come locus ed il cesso si definisce in tedesco con qualche ironica solennità locus necessitatis.

Il luogo è come un foro abitato nella continuità dello spazio teso. Esso è la fissità di uno stanziamento, la perforazione di un trapano, il centro di un bersaglio atteso.

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