9 Ottobre 2024
Musica

L’opera di Marius Schneider – Paolo Galiano

Gli Atti del convegno su Marius Schneider promosso da Simmetria nel 2017 e pubblicati recentemente nel secondo Almanacco Scientifico della casa editrice, offrono una completa interpretazione dell’opera di colui che è considerato tra i più importanti etnomusicologi del XX secolo, dove il termine “etnomusicologo” è usato per semplicità, essendo i suoi lavori difficilmente costringibili in una precisa ed univoca “casella accademica”. I relatori del Convegno hanno saputo mettere nella dovuta luce quelle che sono le principali caratteristiche del pensiero di Schneider, riassunte ed analizzate dal prof. Colimberti nello scritto che apre la raccolta degli Atti. Per lungo tempo l’opera di Schneider è stata (volutamente) ignorata dalla cultura ufficiale in Italia, essendo accusato di riassumere tutti i luoghi comuni di una presunta “etnomusicologia oscurantista”, ovvero “lo spiritualismo anti-illuministico, la metafisica pan-filosofica, il sincretismo esoterico, l’irrazionalismo mistico” (1) (proprio le qualità, sotto altro nome, che secondo noi dovrebbero costituire la base di un vero approccio ad una conoscenza scientifica).

Come si legge nella presentazione di Quirino Principe a Il significato della musica di Schneider (2): “Schneider era un mito presso i rari uomini di cultura abituati a incamminarsi in direzioni diverse da quelle imposte dall’industria culturale, d

alle parole d’ordine ideologiche, da una professione intellettuale ridotta a mestiere e a bassa politica, com’era”, e sottolineiamo noi com’è tutt’ora, “quella delle università e dei conservatori di musica”. A fondamento dell’opera schneideriana si pone la riscoperta del rapporto tra musica, rito e mito a partire dall’indagine su musiche e culture primitive, in cui si dimostra la presenza del ruolo del ritmo, del suono e del simbolo nella costituzione della realtà come struttura armonica: “Nei tempi primitivi la musica è sempre rituale, i modi musicali sono emblemi non solo della gamma dei sentimenti, ma dei miti che li esprimono, ed essi a loro volta sono rappresentati da certi simboli: come non supporre che questa associazione possa rappresentare anche una modalità di trascrizione musicale?” (3). Da qui il naturale riconoscimento del rapporto tra musica e architettura, che della musica e del mito ne è la figurazione materiale tridimensionale. Il più noto dei lavori di Schneider ad un pubblico non specialistico è l’indimenticabile Pietre che cantano (4), che a chi iniziava negli anni ’70 gli studi tradizionali aprì gli occhi su di una dimensione allora sconosciuta dell’unità tra il ritmo che si ascolta e la sua concretizzazione che è visibile.

La musica è quindi atto conoscitivo e creativo, è la “musica delle sfere”, o, se si vuole andare su riferimenti più accessibili ai non specialisti, è il canto degli Ainur nel Silmarillion di Tolkien, pubblicato dopo la morte dell’autore avvenuta nel 1973 ma già presente nel coro degli Angeli del poco conosciuto libro di Marco Rangoni su Costantino Cattoi pubblicato nel 1939 (5), dove gli angeli cantano la “canzone dell’ordine” che è “l’ordine eterno di Dio, perché la sua luce è canto”. Dalla riflessione sull’elemento costitutivo più semplice di ogni “musica”, il “suono”, prende origine quella che la prof.ssa Marchianò chiama la “cosmoantropogonia di Schneider”, al cui centro è la Parola creatrice, in sanscrito Vāc: “I ritmi acustici, aconcettuali e invisibili della Parola creatrice scandiscono l’impulso che funge da denominatore comune di tutte le cose coordinabili simbolicamente, al modo in cui (scrive Schneider) ‘il mondo del suono luminoso contiene tutte le situazioni suscettibili di diventare realtà nel nostro mondo concreto’. Apprendiamo che il pre-suono (Urton) si manifesta come il rimbombo d’una campana o d’un litofono, ma ‘né la campana né la rupe esistono in concreto. Infatti il mondo primordiale precede la condizione che nella terza fase della cosmogonia produrrà i suoni’”.

Vāc, la Parola primordiale a cui Filippani Ronconi ha dedicato un breve ma fondamentale saggio (6), è la Parola luminosa, che, dice sempre la Marchianò, “i testi brahmanici designano per figuras come tuono, stella canora, aurora risonante”, così come la descriveva Leonardi (7) nel suo L’origine dell’uomo del 1937: “Una luce sonora o un suono lucente, che fu il primo grido, la parola luminosa, il fuoco celeste di Prometeo, il Vello d’oro che andavano a cercare gli Argonauti… Che cosa può essere un fuoco celeste sonoro, un velo lucente accompagnato da un rumore? Niente altro che una grandiosa, inimmaginabile aurora boreale”, per cui “è assai verosimile che un’aurora polare abbia aperto la scena della vita sulla terra” (8). Con una complicata serie di passaggi (che qui non riportiamo) Leonardi identifica il Primo Suono con la parola YAU, che è figura di Janus-Diaus e corrisponde allo YAW che nella Gnosi identifica la Divinità suprema, ma anche ad AU – AUM – OM, il mantra supremo (9), e allo IAU – IAHVÈ biblico. In questo modo, Leonardi fa derivare la Parola con la quale l’uomo indica la Divinità suprema con il “suono luminoso” della prima luce sulla terra. Il ritmo della musica che si esprime nella parola ritmica, di cui la danza, nelle sue forme tradizionali, ne è la manifestazione fisica, applicato al micro-macrocosmo che è l’essere umano conduce alla conclusione per così dire “pratica” o meglio “applicativa” dell’intervento di Lanzi negli Atti del convegno: “penetrando un pochino nei ritmi armonici e a volte polifonici del respiro o del battito cardiaco e abbandonando le nostre costanti pretese ermeneutiche e classificatorie, potremmo riscoprire quella stessa danza e quella stessa musica che deve solo essere ascoltata, danzata ed eseguita da ognuno di noi nella consapevolezza di essere contemporaneamente esecutori, danzatori e, possibilmente, direttori d’orchestra”.

Note:

1 F. Guizzi in Don Dore e la organologia italiana, reperibile sul sito dell’Università di Torino iris.unito.it.
2 Q. Principe in M. Schneider Il significato della musica, SE, Milano 2007.
3 E. Zolla Pietre che cantano, in Elémire Zolla, Gli arcani del potere, Elzeviri 1960-2000, introduzione a cura di G. Marchianò, pp. 182-186.
4 La ricerca sulle “pietre che cantano” si è estesa anche all’Italia ed i risultati per quanto riguarda alcune chiese della regione campana sono stati pubblicati in A. Ianniello Pietre che cantano. Suoni e sculture nelle nostre chiese, Vozza editore 2007.
5 M. E. Rangoni Missione di Roma, Istituto Editoriale Cisalpino, Milano-Varese 1939. Le pagine scritte da Rangoni risentono di una particolare impostazione spirituale dell’autore, ma non per questo sono meno interessanti
6 P. Filippani Ronconi Vāc, la Parola primordiale – Quattro saggi sui Tantra, ed. Il Pungitopo, Marina di Patti (ME) 1987.
7 Rimandiamo a P. Galiano Roma prima di Roma, ed. Simmetria, Roma 2016 (II edizione).
8 E. Leonardi L’origine dell’uomo, Varese 1937, pp. 343 – 344 (da leggere con le dovute precauzioni considerate le inclinazioni personali dell’autore).
9 P. Filippani Ronconi Upanishad, UTET, Torino 1974 sub voce: AUM è “la sillaba sacra in tutte le diverse varietà della tradizione religiosa indiana… simboleggia l’essenza mistica dell’universo e l’insieme dei quattro stati di coscienza”. Essa è “tutto ciò che è, ciò che è esistito, ciò che esiste e ciò che esisterà” (Mandukya-upanishad).

 

Paolo Galiano

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