L’imbarazzante ministro della Difesa Roberta Pinotti ha fatto l’infelice affermazione per cui “quelli di Isis sono fascisti perché pensano che chi è diverso da loro deve essere schiacciato”. E’ disgustoso il solo pensiero che siamo nelle mani di ministri come la Pinotti che in un momento in cui servirebbe serietà e chiarezza di linguaggio e di scelte, si slancia in questo parallelismo ridicolo e ignorante della storia, pensando in tal modo di assolvere se stessa e il suo governo dalle gravi responsabilità che sta collezionando in sede interna e internazionale
Ormai le parole vengono usurpate e abusate senza ritegno, ma soprattutto la viltà e l’ipocrisia di non chiamare i fenomeni con il loro vero nome, sono alcune delle cause che portano ad affermazioni miserabili come quella della Pinotti. Il timore di parlare con chiarezza di “terrorismo islamico”, di un problema interno all’Islam, porta a prendere a prestito termini storici che nulla hanno a che vedere con la realtà, mimando il frasario ignorante dei centri sociali. Ma se è pur vero che ormai le parole sono usate a vanvera, che il linguaggio è completamente usurato e ovunque impera la demagogia delle chiacchiere, segno della decadenza dell’Occidente e della sua miseria culturale, è anche vero che in questo disgraziato Paese, ormai a distanza di quasi 100 anni dalla fondazione dei Fasci di combattimento, sopravvive incredibilmente un antifascismo rancido e antistorico.
Un antifascismo che è tanto più rabbioso e livoroso in quanto vive di infamità e luoghi comuni e si manifesta con una smania di sopraffazione innata, ma oltre misura in rapporto al tempo trascorso.
La propaganda e le mistificazioni sparse a piene mani negli ultimi 70 anni hanno fatto crescere generazioni di ignoranti che non sanno del passato niente altro che quella “verità” inventata e imposta dai servi di coloro che oggi dominano con la dittatura della finanza; generazioni che ignorano i massacri collettivi e individuali perpetrati a guerra finita contro soldati disarmati e contro civili, uomini, donne e ragazzini, decine di migliaia di morti, in un delirio di sopraffazione e vendetta – storicamente accertato – che non ha eguali in tutta la nostra storia unitaria, una primavera di sangue nascosta dal silenzio e dalla complicità delle Istituzioni; non sanno che l’Italia è una colonia sottomessa, con 113 basi militari statunitensi e decine di bombe atomiche di proprietà Usa stoccate nel nord Italia; non sanno cosa fecero i “Liberatori” nel nostro Paese né che tra loro c’erano anche i marocchini inquadrati nel “Corpo di spedizione francese in Italia”; non sanno di quella mattina del 19 luglio 1943 quando venne distrutto il quartiere di San Lorenzo a Roma, allorché più di 520 bombardieri americani sganciarono più di mille tonnellate di bombe sulla capitale e circa tremila civili vennero uccisi e almeno diecimila feriti; credono di essere stati liberati ma non si rendono conto che i liberatori sono peggiori degli altri, che sono gli unici nella storia, ad aver usato bombe atomiche (nonostante il Giappone fosse già sconfitto), che sono quelli che – col pretesto della democrazia – creano guerre in tutto il mondo per preservare il loro dominio globale, rovesciando governi legittimi, spesso per depredarne le risorse naturali, che sono tra i peggiori per quanto riguarda i diritti umani ma si permettono di sentenziare e di giudicare l’operato degli altri.
Ora finalmente siamo liberi. Liberi di avere un paese dove tutto è stato malamente privatizzato; liberi di avere milioni di italiani sulla soglia di povertà; liberi di sottostare a un’imposizione fiscale del 60% per non avere nulla in cambio, ma per salvare la banca del padre di una ministra; liberi di avere una moneta privata, emessa da banche private, caricata di un interesse privato deciso da agenzie di rating private al servizio delle stesse banche; liberi di avere i figli disoccupati; liberi ma sottoposti a un’entità astratta e indifferente come l’UE, guidata da burocrati che pretendono sacrifici, che impongono rigidi parametri economici e chiedono tagli salariali, precarietà e riduzione delle tutele del lavoro.
La favola di un’Europa nata male e unita solo da una moneta comune rappresenta, invece, la reale dimensione di una sudditanza voluta e nella quale siamo stati ridotti da scelte solo apparentemente tecniche che, in realtà, sottintendono precise strategie politiche perché, imbrigliando gli Stati entro le gabbie del Fiscal Compact o del pareggio di bilancio, impediscono ogni scelta in campo economico finanziario, impongono la libera circolazione di merci, capitali e persone, impoveriscono interi strati sociali ma obbligano ad accogliere e mantenere extracomunitari.
Non vi è dubbio che viviamo una realtà paradossale. Nel nome della libertà e del libero mercato c’è stata imposta la globalizzazione e ora non possiamo decidere sulle nostre politiche nazionali, abbiamo svenduto la nostra sovranità, non possiamo emettere moneta ma dobbiamo prenderla in prestito, siamo assoggettati da norme e trattati che ci impediscono di scegliere, decretare, determinare qualsiasi cosa senza la supervisione di organismi non eletti e banche, non possiamo pianificare nemmeno le più elementari strategie economiche e politiche ma, anzi, siamo obbligati ad applicare assurde sanzioni commerciali nei confronti della Russia che ci stanno mettendo in ginocchio, siamo costretti a farci carico delle conseguenze di azioni scellerate che hanno ridotto la Siria, l’Iraq, l’Afghanistan, la Libia e lo Yemen, a focolai di terrorismo, morte e distruzione e, infine, sempre in nome della libertà, entro il 2015 dovremo accettare a scatola chiusa che sia siglato l’accordo TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), l’accordo commerciale tra UE e USA per il “libero scambio”.
Ignazio Silone scriveva che “non vi è peggior schiavitù di quella che s’ignora”.
Tanto più si conferma attuale quella frase allorché ci si confronta con le reazioni isteriche dei sostenitori del NWO quando si contesta loro tutto questo.
Criticare questa Europa, rifiutare l’immigrazione, tutelare le proprie tradizioni, rivendicare la propria identità, difendere la famiglia, contestare la Nato, opporsi alle politiche neoliberiste e al potere della finanza, riaffermare la centralità dell’uomo e del lavoro contro il mondialismo, l’usura e la desertificazione etica e sociale, battersi per la salvaguardia del proprio popolo e dell’interesse nazionale viene immediatamente tacciato di razzismo, omofobia, xenofobia e fascismo.
Il fascismo, in particolare, è ovunque: nella commemorazione dei propri caduti, in un saluto romano, in un canto o nello sventolio di una bandiera, in un concerto rock o in un raduno politico congressuale, nella difesa del matrimonio, in una manifestazione di quartiere o nella raccolta di firme per una mozione, nella visita di controllo a un campo di zingari come nella richiesta di protezione contro i rischi dell’immigrazione incontrollata.
A ogni iniziativa presa in nome della Nazione corrisponde una protesta “democratica” e una contro-manifestazione, un proclama e una mobilitazione, un presidio antifà e la richiesta di un divieto. L’antifascismo è militante, aggressivo, violento, ma è “democratico e costituzionale”, perciò è tollerato, coperto non perseguito. Anche i giudici sono democratici. La retorica e la faziosità vetero partigiana sono la medaglietta di latta che ci si appunta sul petto in occasione delle spaghettate antifasciste organizzate il 25 aprile dall’Anpi, un’associazione comunista sostenuta dai lauti finanziamenti dello Stato. Le leggi repressive s’invocano sempre più spesso e si fanno sempre più intolleranti, anche verso la semplice manifestazione di dissenso o di pensiero non conforme. Le leggi Scelba e Mancino non sono considerate più sufficienti e allora si introducono nuovi divieti e nuove aggravanti, si prevede il nuovo reato di negazionismo e si chiede sempre più la repressione di ogni atto etichettato come apologia del fascismo. In nome della democrazia, si comprimono sempre più gli spazi di libertà e di esercizio democratico.
Ma perché questo lugubre revanscismo, dopo 70 anni di “democrazia” imperante?
Perché in tantissimi italiani cresce il disgusto e la rabbia vedendo che la democrazia ha tradito le sue promesse e viene usata solo per coprire meschinità e nefandezze.
Un tempo, nel breve volgere di un ventennio, presa in mano un’Italia lacerata da crisi economica e politica e insanguinata da criminali tentativi di trasformarla in un soviet, il Fascismo ha segnato le sue realizzazioni con pietre miliari imponenti: strade, autostrade, ferrovie, canali di irrigazione, Parchi naturali, centrali elettriche, scuole, stadi, aeroporti, porti, igiene sociale, ospedali, sanatori, bonifiche, industrie, commercio, espansione economica, sconfitta della Mafia, lotta contro la malaria, battaglia del grano, edificazione di intere città (Littoria, Sabaudia, Pontinia, Guidonia), restaurazione di Roma e del suo patrimonio archeologico, Carta del Lavoro, IRI, collaborazione di classe, corporazioni, Dopolavoro, Assistenza sociale, Opera Maternità e Infanzia, Carta della Scuola, Enciclopedia, Accademia, Codici mussoliniani, Patto del Laterano, Conciliazione, pacificazione della Libia, marina mercantile, marina da guerra, aeronautica, conquista dell’Abissinia.
Tutto ciò che ha fatto il Fascismo è consegnato alla storia. E niente riuscirà a cancellare queste prove sorprendenti di una volontà indomabile di creatività e di ricostruzione.
Questi sono fatti per cui ogni antifascista che si dichiari semplicemente tale, ovvero contro tutte quelle realizzazioni, non può che essere considerato al pari di chi si dichiari idiota. Si può essere contro l’istituzione del sabato festivo per i lavoratori, con conseguente riduzione delle ore lavorative settimanali da 48 a 40? Si può essere contro l’istituzione del sistema pensionistico? Si può essere contro la bonifica di paludi malsane e pericolose? Si può essere contro l’economia dell’unico Paese che (insieme alla Germania Nazionalsocialista) seppe uscire dalla crisi del 1929?
A confronto con quelle realizzazioni, per quanto ancora possa sovrastare la verità con la propaganda, il Potere è consapevole di aver fallito e, tanto più oggi, mentre si addensano venti di guerra e pericoli ai confini del Paese, appare privo di una forza interiore che sappia fornire risposte all’altezza delle sfide epocali che ci sovrastano.
La rimozione di ogni tradizione europea, di ogni valore identitario, di ogni slancio eroico e vitalistico, irriducibili al pacifismo e all’egualitarismo predicati per anni, ha restituito generazioni di imbelli, incerti e inconsistenti che non si riconoscono in un qualsiasi Inno nazionale ma piuttosto in “Imagine” di John Lennon, la canzonetta che tratteggia come aspirazione l’archetipo esistenziale di un’umanità amorfa e annebbiata dai fumi degli stupefacenti, immersa in un mondo privo di ogni ragione e di ogni stimolo che valgano un impegno, un sacrificio o una scelta di coraggio (Immagina non esista paradiso … nessun inferno sotto noi, sopra solo cielo… Immagina che tutta la gente viva solo per l’oggi …Immagina non ci siano nazioni… Niente per cui uccidere e morire …E nessuna religione …Immagina tutta la gente che vive in pace …ecc).
L’alchimia con la quale siamo mantenuti in questo stato di inconsapevolezza e di torpore viene riassunta da quello che diceva Orwell “Chi controlla il passato controlla il futuro” e per questo il potere vuole demonizzare e oscurare quel passato, vuole che resti nell’ombra e che sia repressa ogni adesione ad esso, perché solo così facendo il Potere può restare tale e soggiogare ogni risveglio dello spirito e ogni rinascita della Nazione.
Per quanto ci riguarda, rimaniamo fedeli ad un’Idea che riteniamo matrice di dignità nazionale e di giustizia sociale, nel segno di una diversità antropologica con i liberatori (interni e stranieri) che ci induce a continuare nella nostra lotta contro la melma democratica che ha trasformato una Nazione in una espressione economica al guinzaglio dell’usura internazionale.
Sempre irriducibili, con l’orgoglio di continuare quella battaglia del sangue contro l’oro e con la certezza che anche la passata sconfitta, con Onore, rappresenta per noi il riferimento ideale a cui attingere forza e sostegno per il futuro.
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