9 Ottobre 2024
Tradizione

L’OTTUPLICE SENTIERO: dalla formulazione del Buddha Sakyamuni alla rielaborazione di Rudolf Steiner- 1^ Parte – Stefano Arcella

LE ORGINI DELLA PRATICA

Per comprendere le radici della pratica steineriana che s’intitola “Per i giorni della settimana” (1), occorre partire dall’insegnamento del Buddha Sakyamuni.

“… Quindi inizia la terza veglia e Siddharta rivolge l’animo all’estinzione delle manìe che condizionano la vita degli uomini, deducendone il metodo che conduce alla loro estinzione.

Queste sono le Quattro Nobili Verità (ārya-satyāni, ārya saccāni) che sono: la realtà del mondo è essenzialmente dolore (duhka, dukkha), dolore consistente nella nascita, malattia e morte, unione con ciò che disgusta, separazione da ciò che si ama, nella limitazione nel tempo di tutti i beni acquistati; l’origine (samudaya) del dolore è la sete(trsnā, tanhā), l’appetito dei godimenti, il desiderio di esistere o di non esistere; l’«arresto» (nirodha) della sete generatrice delle rinascite, che è l’estinzione (nirvāna, nibbāna); la via che conduce all’estinzione del dolore (dukkha-nirodha-gāmini-pratipād) che è la legge (Dharma), la quale si articola nell’Ottuplice Sentiero (astanga-marga, atthaginka magga), cioè nei seguenti orientamenti: retta visione … ; retta rappresentazione concettuale…; retta parola…; retta attività…; retto metodo di vita…; retta applicazione…; retta presenza di spirito…; retta maniera di meditare….” (2).

A ben vedere, l’Ottuplice Sentiero è uno sviluppo dell’insegnamento di Zarathustra: Retto Pensiero, Retta Parola, Retta Azione. L’Ottuplice Sentiero è l’articolazione concreta del Dharma, la “Legge” nel senso di “legge interiore”, ossia la Via che conduce all’estinzione della manìa, della “sete”, dell’appetito dei godimenti. Steiner riprende questo insegnamento e, con una peculiarità metodologica tipica della scienza dello spirito antroposofica, lo cala e lo radica nel tempo, nella storia, nella vita quotidiana della modernità occidentale, quindi nei giorni della settimana.

«L’uomo deve attendere con particolare cura ai processi animici, i quali di solito sono superficialmente abbandonati a se stessi. Vi sono otto di questi processi. E’ raccomandabile procedere all’esercizio di un solo processo per volta, per esempio, per otto o quattordici giorni, poi prendere un secondo processo, eccetera, e poi ricominciare tutto daccapo. L’esercizio numero otto può venire esercitato giornalmente. Procedendo in tal modo si progredisce animicamente e si giunge ad ottenere la conoscenza di se stessi. Dopo un certo tempo forse, iniziando con il sabato, si può giornalmente proporsi un esercizio insieme all’ottavo per cinque minuti, così che si giunga a poter eseguire ogni giorno il relativo esercizio. Allora al sabato si farà l’esercizio del pensiero, di domenica sul giudizio, lunedì sul parlare, martedì sull’azione, mercoledì sul modo di agire eccetera» (3).

Steiner distingue due fasi di questa pratica; nella prima, si dedica una settimana (o anche due) ad ogni esercizio specifico, mentre l’esercizio che egli chiama «ricapitolazione» può essere praticato giornalmente. Trattandosi di “sette rettitudini” o sette virtù (più la pratica dell’ottava che è giornaliera), occorrono almeno sette settimane per praticare tutti gli esercizi che qui di seguito verranno illustrati. In una seconda fase, più avanzata, si può procedere a praticare ogni esercizio nel relativo giorno. E’ un modo di praticare fondato su un principio di gradualità ed anche di calma assimilazione; occorre cioè darsi il tempo e la calma di interiorizzare una determinata rettitudine.

VIGILE ATTENZIONE AI PROPRI PENSIERI

«SABATO: prestare vigile attenzione alle proprie rappresentazioni (pensieri). Pensare solamente cose di reale importanza. A poco a poco imparare a separare nei propri pensieri l’essenziale dal non essenziale, l’eterno dal perituro, la verità dalla semplice opinione. Ascoltando i discorsi degli altri uomini, tentare di far tacere la propria interiorità, evitando ogni approvazione ed in special modo ogni giudizio contrario (criticare o rifiutare). Rinunciare ai propri giudizi, sia nei pensieri che nei sentimenti. Questa è la cosiddetta “giusta opinione”» (4).

La pratica delle “otto virtù” inizia il sabato, giorno di Saturno, dio dell’età dell’oro ma anche dio del tempo (Chronos). E’ il giorno della settimana che per molti è libero dal lavoro o quantomeno semilavorativo e quindi semifestivo. In linea potenziale, si ha più tempo da dedicare a se stessi e a riconsiderare i propri fondamenti di vita. E’ in questo giorno che Steiner inserisce la vigile attenzione alle proprie rappresentazioni (pensieri), imparando a distinguere, gradualmente, l’essenziale dal non essenziale, l’eterno dal perituro, la verità dalla semplice opinione. Ciò implica l’osservazione attenta e distaccata dei propri pensieri, delle proprie rappresentazioni del mondo, quindi la pratica di un preciso stato meditativo in cui, in posizione di “presenza”(= l’essere “qui e ora” con tutto se stessi, svincolandosi sia dai pensieri del passato che dalle preoccupazioni contingenti per il futuro) si osservano i pensieri come si possono osservare gli attori su un palcoscenico quando si va a teatro. C’è un io osservante ed un io osservato e ciò crea una DISTANZA INTERIORE e quindi un distacco rispetto ai propri pensieri, in uno stato di concentrazione intensa che, con l’esercizio, diviene un costante modo di essere e di porsi, un vero e proprio stile di vita che permea e informa di sé tutto il vivere quotidiano. Trattasi, quindi, di una pratica unitiva in cui non c’è più un dualismo fra “seduta formale della pratica” e vita quotidiana; la pratica spirituale è tutt’uno con la vita e la vita è la pratica.

Orbene tale pratica si connette strettamente alla “pratica della calma” illustrata da Steiner ne L’Iniziazione (5): osservare se stessi come se si osservasse un altro, con la calma obiettività di un critico. Osservarsi, ponendosi al di fuori di se stessi, disidentificandosi rispetto ai pensieri e alle azioni, esaminando con lucida chiarezza i propri comportamenti. Altra connessione la si può cogliere con l’esame retrospettivo serale della giornata, osservandola a ritroso, dai momenti più recenti della giornata fino a quelli del primo mattino precedente, in una direzione contraria a quella del tempo, preparandosi, così, alle esperienze del post-mortem nelle quali, come insegnato nei Libri dei Morti di varie tradizioni (dal Tibet all’antico Egitto), si osservano e si rivivono a ritroso le esperienza della propria vita terrestre. Nel caso specifico della pratica del sabato, l’attenzione riguarda più strettamente i pensieri, imparando a separare ciò che è davvero importante per la propria elevazione spirituale dal frastuono dei pensieri disordinati che risentono dell’influenza dell’ambiente e della vita quotidiana. Pertanto, è una purificazione e liberazione dalla “morte interiore” costituita dall’essere agiti, risucchiati, dal consueto e caotico flusso disordinato dei pensieri, in cui si smarrisce la “presenza” e il contatto vivo e consapevole con se stessi. E’ un ritorno al ricordo di sé, al contatto con sé, quindi alla centratura interiore. E’ un risalire a ritroso la “corrente del fiume”, come la ciotola di Siddharta, dopo l’intuizione della Via Mediana e l’abbandono dell’ascesi mortificatoria.

LA PRATICA DEL PESCATORE

Una particolare meditazione che può essere opportunamente inserita in questa giornata è la “pratica del pescatore”: osservare i propri pensieri, con la stessa attitudine di calma osservazione con cui il pescatore, nell’atto di pescare, osserva il lago (o il mare) sia quando l’acqua è calma, sia quando “i pesci saltano dall’acqua”. I pesci che saltano dall’acqua sono i nostri pensieri; l’acqua calma sono gli intervalli vuoti quando non affiorano pensieri, gli intervalli fra un pensiero e l’altro (6). Si mantiene desta la presenza non solo di fronte ai pensieri, ma anche di fronte agli spazi vuoti, in una calma contemplazione. Quel vuoto è la segreta sorgente di energia mentale da cui scaturiscono i pensieri, ma non si deve pensare neppure a ciò; occorre, semplicemente, osservare, in uno stato di “vacuità-chiarezza”. Si è sgombri dai pensieri e, al tempo stesso, coscienti e presenti a se stessi. Quando si osservano i pensieri che affiorano, questi, non essendo più nutriti dal nostro attaccamento ad essi, si autodissolvono e la mente torna limpida, come un cielo sereno dopo che le nubi si sono dissolte (7).

FAR TACERE L’EGO

Altro aspetto importante della pratica, nella formulazioni di Steiner, concerne il far tacere la propria mente dualistica nel colloquio con gli altri, evitando sia le approvazioni che le disapprovazioni e i rifiuti. Ciò significa dominare lo “spirito di avversione”, la manìa della contrapposizione in cui si afferma l’ego profano. Esercitarsi ad ascoltare, immedesimarsi nel senso di ciò che gli altri stanno dicendo, anche se magari parlano e agiscono sotto l’impulso dell’astrale inferiore, della brama, della cupidigia, dell’egoismo. In questo caso, si coglie l’occasione per osservare, contemplativamente, le forze che agiscono i nostri interlocutori, senza far intervenire il giudizio del pensiero dialettico e verboso, manovrato, a sua volta, dall’egoità. Osservare tante cose, tanti aspetti, tante sfumature sottili: s’impara molto dall’ascolto attento e con mente limpida.

LA RETTA DECISIONE

DOMENICA: decidersi persino nelle azioni insignificanti soltanto dopo averle completamente motivate mediante la riflessione. Tener lontano dall’anima ogni agire non compenetrato di pensiero, ogni azione priva d’importanza. Per ogni azione avere dei motivi ben fondati. E si deve assolutamente tralasciare ciò che non è sorretto da alcun fondamento pienamente motivato.  Se si è certi della giustezza di una calma decisione, allora si deve essere saldi anche nell’interiore fermezza. Questo è il cosiddetto “giusto giudizio”, che non dipende né da simpatia, né da antipatìa” (8).

Si tratta di un approccio volto a liberare il pensiero da ogni influsso degli strati inferiori della psiche (agitazione, ira, orgoglio, spirito di avversione e abitudini errate). Assumere la propria decisione con un pensiero libero, limpido, cosciente, in cui si riafferma la sovranità dell’Io, il sovrano interiore, il principio cosciente di cui è veicolo il pensiero concentrato e consapevole, mentre l’ego – la personalità esteriore, frutto delle influenze ambientali e degli automatismi – rientra nella sfera dell’”astrale inferiore”, che comprende gli strati inferiori della psiche. Qui si può ricordare il concetto stoico dell’Egemonikón, l’egemonico, il sovrano interiore, di cui parla il filosofo-imperatore Marco Aurelio nei suoi “Ricordi” (9) e anche quel che dice Seneca nel “De ira” (10), in cui raccomanda di “prendere tempo” nell’agire, quando si avverte in sé uno stato d’ira; darsi il tempo per ritrovare la calma interiore e non solo quella apparente, esteriore, evitando sempre di agire sotto l’impulso dell’ira. La retta decisione non significa, però, essere titubanti o esitanti e indecisi. Una volta che la decisione di una determinata azione è stata completamente motivata mediante un pensiero concentrato, attento e consapevole, occorre essere saldi nell’interiore fermezza. Essendo convinti di una giusta decisione, è bene agire con ferma determinazione. In caso contrario, infatti, si agisce in modo contrastante rispetto a quel che si è pensato di fare e si crea una scissione interiore fra pensiero e volontà. Da notare l’espressione di Steiner “calma decisione”; la decisione di una qualunque azione, anche minima, deve essere assunta in uno stato di calma interiore, poiché la fretta, l’inquietudine, l’irruenza, sono cattive consigliere. Si tratta, in definitiva, di trovare e realizzare la Via Mediana, il “giusto mezzo” fra la fretta (ossia uno stato di agitazione) e la titubanza, l’indecisione, altri aspetti della passività e quindi dell’ “astrale inferiore”. Tal esercizio presuppone e comprende in sé quella vigile attenzione ai propri pensieri, che si é esaminata nel commento alla pratica del “retto pensiero”, fondamento della retta decisione.

Note:

1 – R.Steiner,” Per i giorni della settimana”, in Guida per una disciplina esoterica. Dai contenuti della “Scuola Esoterica”, trad .italiana a cura di Alberto Calò e Marco Allasia sull’edizione tedesca della Rudolf Steiner Verlag, Dornach, 1993, O.O. n. 245.
2 – P.Filippani Ronconi, Le Vie del Buddhismo, Basaia, Roma, 1986, pp.25-26. Ai fini della pratica interiore, è importante la lettura meditativa del Canone Buddhsita. (a cura e con introduzione di P.Filippani Ronconi), voll. I-II, Utet, Torino, 1986.
3 – R. Steiner, Guida per una disciplina esoterica, cit., pag.19.
4 – R. Steiner, Guida per una disciplina esoterica, cit., pag.19.
5 – R. Steiner, L’Iniziazione, Ed. Antroposofica, Milano, 2008, pag.24.
6 – N.Norbu, Lo specchio.Un consiglio sulla presenza della consapevolezza, Shang Shung Edizioni, Arcidosso (Grosseto), 1989.
7 – N.Norbu, Il cristallo e la via della Luce. Sutra, Tantra e Dzogh-Chen, Ubaldini, Roma, 1986, pp.58-117.
8 – (R Steiner, Guida per una disciplina esoterica, cit., p.19.
9 – Marco Aurelio, Ricordi, BUR, Milano, 1993, con introduzione di Max Pohlenz,
10 – L. A.Seneca, L’ira, BUR, Milano, 2010.

Stefano Arcella

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