Clamorose rivelazioni dal memoriale del Capitano Neri:
ennesimo falso o documento agghiacciante?
L’11 Ottobre dello scorso anno alcune testate giornalistiche hanno lanciato la notizia del ritrovamento di un memoriale inedito sugli ultimi giorni di Mussolini. Un memoriale elaborato niente meno che dal famoso Capitano Neri, ossia Luigi Canali, uno dei maggiori protagonisti della Resistenza in quelle zone, poi assassinato dai suoi stessi compagni il 7 Maggio 1945.
L’annuncio è stato dato dal regista Mario Altieri che ha dichiarato di aver ricevuto questo documento in eredità dalla nonna Antonietta Neri, abitante a Soccavo, un quartiere di Napoli, nel Febbraio 2012. Dopo dieci anni e la consulenza di alcuni storici, Altieri ha deciso di rendere pubblico questo memoriale attraverso la pubblicazione di un libro: L’altra storia. Il memoriale del mistero (Book Sprint Edizioni).
La notizia, che sulle prime aveva suscitato qualche interesse, anche a causa della mancanza di anticipazioni che avrebbero fatto capire di cosa si trattasse, si è subito inabissata. Quello che si presentava come uno dei più clamorosi colpi di scena sul mistero della morte del Duce, improvvisamente, è scomparso dalle cronache. Dopo l’annuncio della pubblicazione del libro e nessuna vera anticipazione sul suo contenuto, l’interesse mediatico è rientrato completamente. Come se nessuno, dopo aver diffuso la notizia, avesse avuto la voglia di leggere il volume. Come se ci fosse stato un ordine dall’alto che ha imposto a tutti il silenzio. Molto strano.
Certo, ormai – dopo decenni di clamorose testimonianze, subito smentite da altre testimonianze, dopo che gli stessi dongologi hanno più volte cambiato la propria ricostruzione dei fatti – il mistero della morte del Duce non interessa più a nessuno. Se non a quei pochi che a quel passato ancora guardano con ammirazione o curiosità. Un senso di stanchezza ha pervaso un po’ tutti. Gli Italiani, in generale, hanno voltato le spalle alla propria storia. Troppe responsabilità, troppi doveri. Tanto, anche se si scoprisse come morì Mussolini nei dettagli, con tanto di filmato, a chi interesserebbe? Magari qualche attenzione morbosa da parte delle famose trasmissioni di cronaca nera che tanto vanno tra il pubblico, ma niente più. L’antifascismo al potere, il sistema ciellenista al potere, sia di destra che di sinistra, riderebbe davanti alle novità storiografiche. Il “male assoluto” rimarrà per sempre il “male assoluto”. Nessun documento, nessuna clamorosa scoperta storica, potrà mai intaccare questo dogma, accettato come tale dalla sinistra quanto dalla destra.
Anche noi, in verità, dopo l’annuncio del ritrovamento, ci siamo totalmente disinteressati della faccenda. Il fatto che non fosse stato argomentato il contenuto del memoriale ci ha indotto a pensare alla solita “sola”. Ossia, alla sequela di false novità alle quali il mistero della morte di Mussolini ci ha abituato, con testimonianze e memoriali che si contraddicono tra loro più volte, falsi o verosimili, dove la realtà dell’accaduto rimane sempre sullo sfondo, nascosta da una sequela di omissioni e fantasiose ricostruzioni tali da creare una vera e propria “selva oscura”, nella quale il lettore si smarrisce e non capisce più nulla. Anche noi, quindi, abbiamo cancellato dai nostri pensieri questo ritrovamento e ci siamo dedicati ad altro, stanchi di brancolare nel buio di testimoni più o meno attendibili che smentiscono tutti i precedenti, che a loro volta sono smentiti da altri, ecc.
Facciamo un solo esempio, proprio mentre stavamo per scrivere queste righe, il sito Dagospia.com ha rilanciato la notizia – della quale, guarda caso, si era persa memoria – secondo la quale Mussolini sarebbe stato ucciso in casa De Maria dal Comandante “Riccardo” Alfredo Mordini (quello che giunse da Milano per compire la missione di morte affidatagli dal PCI): il Duce si sarebbe opposto ad una violenza su Claretta Petacci e nella colluttazione rimase ucciso: “La dinamica mai chiarita emerge però da uno scritto risalente al 2002 firmato dal Generale Ambrogio Viviani, per 36 anni nell’Esercito ed ex parlamentare del Partito Radicale”. Infine, il Duce, morto o moribondo?, sarebbe stato portato davanti a Villa Belmonte dove sarebbe stata inscenata la finta fucilazione ed ammazzata Claretta Petacci…
Per decenni la morte di Mussolini ha fatto versare fiumi di inchiostro e nessuno è mai riuscito a ricostruire nei dettagli cosa avvenne. Certo, alcuni hanno intuito che c’era qualcosa che non andava nella ricostruzione ufficiale, ma cosa? Mancando documenti idonei – solo una ripresa cinematografica, a questo punto, avrebbe potuto chiarire gli eventi – si è provato ad incollare i “pezzi” di questa storia con la logica, con alcuni testimoni che dicevano di aver visto, di aver saputo, anche se probabilmente non avevano visto e non avevano saputo nulla. O forse sì. Insomma, si è usciti fuori dalla storia vera propria – che è e deve rimanere una scienza – per entrare nell’appassionante filone delle inchieste giornalistiche, dove tutto si può dire e nulla v’è di certo. Non possiamo non citare in questo contesto l’enorme lavoro condotto da Franco Bandini prima e da Giorgio Pisanò poi. Entrambi avevano capito che probabilmente la vulgata comunista aveva falsificato gli eventi, ma non avevano prove per dimostrarlo, né potevano sapere cosa fosse stato falsato e cosa no. Partendo però dall’assunto della manipolazione della storia, cercarono in tutti i modi di ricostruire cosa potesse essere realmente avvenuto. Anche commettendo evidenti forzature. Il fatto che si attaccasse il PCI e la Resistenza fece sì che Bandini prima e Pisanò poi fossero proclamati i “nuovi eroi”, indipendentemente da quello che avevano scritto e che pochi, data la complessità degli eventi, avrebbero potuto confutare.
Non siamo dei dongologi – lo abbiamo più volte affermato – e, quindi, non ci permettiamo di entrare nella “selva oscura” delle ipotesi, ma anche in questo caso, dobbiamo evidenziarlo, la fede politica l’ha fatta da padrona: i comunisti hanno sempre accettato la versione del PCI; i fascisti hanno sempre accettato la tesi di Pisanò. Uno a uno, palla al centro. Poi, negli anni si sono sommate varie perizie – che si smentiscono a vicenda –; una molteplicità di attori presenti ai fatti, da Luigi Longo agli Agenti britannici… no, erano Statunitensi secondo altri; insomma un ginepraio dal quale nessuno può uscire.
Chi ha cercato di porre un freno a tutte queste ricostruzioni di comodo o palesemente falsate, frutto di ricordi fallaci, di malafede, di protagonismi, di speculazioni politiche, è stato Pierangelo Pavesi che, nel 2019, ha dato alle stampe il volume Sparami al petto! Dove, come, quando morì Mussolini (Ritter Edizioni), nel quale ha allineato ed esaminato criticamente tutte le testimonianze sulla morte del Duce diffuse in questi decenni. Il libro, “spietato”, è stato accolto freddamente. Del resto, il mistero, il colpo di scena, attirano di più della banalità della realtà dei fatti. Pavesi, dopo aver attentamente vagliato le numerose testimonianze, dopo averle confrontate e studiate nei dettagli, dopo averle approfondite una per una, è giunto alla conclusione che, effettivamente, la versione fornita dal PCI sembra quella che, grosso modo, si avvicina di più a quello che dovrebbe essere accaduto quel 28 Aprile 1945. Di là delle evidenti forzature compiute da Bandini e Pisanò, di là delle palesi falsità delle altre ricostruzioni, Pavesi pone a cardine delle sue deduzioni il rapporto segreto compilato dal Aldo Lampredi nel 1972 e la testimonianza di Giovanni Battista Geninazza, l’autista che portò sul luogo dell’esecuzione (Villa Belmonte) Mussolini e la Petacci. Secondo Pavesi, entrambi non avrebbero avuto la necessità di mentire. Il primo perché elaborò una relazione interna per il PCI non destinata alla diffusione; il secondo perché non facente parte di nessun schieramento politico, “catapultato” sulla scena del crimine casualmente in quanto precettato dai partigiani.
Ovviamente, se si accetta la versione ufficiale del PCI, nessun mistero viene risolto… e si ritorna al punto di partenza. In quella “selva oscura” di dubbi e perplessità nella quale ci si smarrisce. In poche parole: non esiste nessuna chiara testimonianza che demolisce la versione ufficiale e tutte le ipotesi alternative – sebbene affascinanti, sebbene possibili – hanno il drammatico limite di fondarsi su delle problematiche versioni personali e, come dice un proverbio russo, nulla è più falso di un testimone oculare.
Anche noi, alla fine, abbiamo abbandonato il campo, certamente con tutti i nostri dubbi, con le nostre personali riflessioni, ma abbiamo ceduto, stanchi dell’impari lotta. Poi, improvvisamente, il noto studioso Massimo Lucioli – il primo ad aver condotto uno studio sulle marocchinate e, ultimamente, autore di un eccezionale volume sui crimini dei “liberatori” in Germania – ci ha inviato alcune pagine del dimenticato – da noi – memoriale del Capitano Neri del quale, come dicevamo, nell’Ottobre 2022 vi era stato un gran parlare, prima di essere improvvisamente “infoibato”. La lettura di alcune righe di questo documento ci ha fatto letteralmente sobbalzare dalla sedia. Non credevamo ai nostri occhi. Possibile che il famoso Comandante partigiano avesse scritto quelle cose?
Se il documento fosse autentico si tratterebbe della prima e più importante ricostruzione della morte di Mussolini, scritta pochi giorni dopo gli eventi e, soprattutto, conclusa alla vigilia dell’assassinio per mano del PCI del Capitano Neri (7 Maggio 1945).
Abbiamo subito contatto Massimo Lucioli per avere tutta la documentazione in suo possesso. La lettura, diciamo subito, ci ha sconvolto. Luigi Canali, in pochi giorni, scrisse quello che anni dopo Bandini e Pisanò, ma anche altri, ipotizzarono! Prima di tutto si afferma che il Duce venne venduto ai partigiani dal Cap. Fallmeyer in cambio della libera uscita da Dongo della colonna tedesca e come, già da allora, il PCI mise mano alla storia per ricostruirla secondo le proprie necessità politiche, inventando di sana pianta episodi mai verificatesi. Viene altresì confermata l’esistenza dei carteggi, tra cui quello scandalistico su Umberto di Savoia e, soprattutto, quello con Churchill.
Non siamo dei dongologi e, quindi, non possiamo entrare nei dettagli di quanto scritto dal Capitano Neri, ma il fatto che egli citi nel gruppo che si recò ad assassinare Mussolini la presenza di tre sconosciuti che parlavano la lingua inglese – tra cui uno in possesso di macchina fotografica – è quanto meno clamoroso. Secondo la ricostruzione, il Duce venne ucciso davanti alla stalla di Casa De Maria, mentre la Petacci veniva violentata – e oltraggiata in un modo che non abbiamo nemmeno il coraggio di scrivere – al cospetto della partigiana Gianna (compagna del Canali stesso, anche lei poi ammazzata dai suoi compagni). La Petacci, dopo la morte di Mussolini, sarebbe stata finita davanti al cancello di Villa Belmonte, chiarendo finalmente il perché della “doppia fucilazione” adombrata da alcuni studiosi che non capivano come fosse stato possibile uccidere il Duce a casa De Maria e poi fucilarlo a Villa Belmonte. In realtà, qui venne ammazzata solo la Petacci. E il mistero viene risolto.
La lettura del memoriale di Capitano Neri, essenzialmente, fa venire in mente ciò che Bandini e Pisanò avevano scritto, magari forzando la mano in alcuni passaggi, e ciò è la cosa che più lascia di stucco.
Adesso la palla dovrebbe passare ai dongologi che, incredibilmente, dopo aver versato fiumi di inchiostro sulla vicenda, seguendo le più disparate quanto inverosimili piste, da Ottobre tacciono. Come è possibile?
Ai posteri l’ardua sentenza. Vi terremo aggiornati.
Pietro Cappellari
(“L’Ultima Crociata”, a. LXXIII, n. 5, Luglio-Agosto 2023)
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