di Franca Poli
Qualche tempo fa, declinando gentilmente un invito a una serata “solo donne” per festeggiare l’8 marzo, ho discusso con una mia paesana che incarna i principi del movimento femminista degli anni 70. L’anziana “giovane” se potesse, (è l’artrosi a impedirglielo) andrebbe ancora in giro con le braccia alzate e le dita chiuse a forma di triangolo, urlando slogan ben noti inneggianti il dito…Mi ci arrabbiai perché questi stereotipi nulla hanno a che vedere coi vari movimenti femministi storici. Detesto pensare che la lotta per l’emancipazione della donna si riduca a festeggiare l’8 marzo in qualche locale di dubbio gusto, sbracciandosi e applaudendo allo spogliarello di giovani uomini muscolosi e depilati. Coerentemente con quanto ho sempre sostenuto e per come, di conseguenza mi sono comportata, io incarno per molti versi la donna “tipo”, che a volte fa ridere e sorridere il genere maschile. Sono emotiva, mi commuovo per un film romantico, adoro le chiacchiere fra donne, mi piacciono le scarpe, mi emoziona ricevere fiori in regalo, mi aspetto che il mio cavaliere mi ceda il passo e mi apra la portiera dell’auto, mi intenerisco se trovo un cucciolo per strada, non so parcheggiare bene e non ho mai cambiato una ruota alla macchina. Eppure ogni giorno combatto per la mia libertà, per la mia indipendenza, per il riconoscimento al lavoro che svolgo in casa e fuori, per difendere il mio orgoglio di madre, di donna, ogni santo giorno è una battaglia, non abbasso mai la guardia e se qualche volta cado è per lasciarmi scavalcare senza dolore e se qualche volta piango è per ricordare a me stessa che la vergogna più grande è per chi si è sentito forte alzando la voce, cercando di prevaricarmi. Io alzo le spalle e vado avanti per la mia strada. Questo è sempre stato il mio modo di essere “femminista” Questo credo significhi essere donna indipendentemente dall’ideologia politica.
Nel corso degli anni, con l’avvento della televisione commerciale si è assistito a un radicale cambiamento dei costumi. Oggi viviamo in una realtà che è sempre costretta a confrontarsi anche con ciò che si trova a migliaia di chilometri di distanza e che viene a influire sulla nostra vita per effetto delle interconnessioni che si sono create tra le differenti parti del mondo. Assistiamo quindi ad una circolazione sempre più veloce di mezzi, cose, persone, e di informazioni e immagini, attraverso i media. La questione dell’uso del proprio corpo da parte della donna ha sicuramente ottenuto una maggiore attenzione con una televisione che esiste e sopravvive grazie alla pubblicità e agli incassi da questa derivanti. Ed ecco che, strumentalizzato da questi nuovi e incalzanti mezzi, il pubblico si trasforma e il pensionato incurante della sua incipiente calvizie, facendosi coccolare dalle immagini di ragazze discinte che gli si rivolgono condiscendenti , rinvigorito, si sente un giovane play boy, così come la casalinga frustrata si dimena ai ritmi di samba con l’ancheggiante ballerino cubano e i ragazzi si rincretiniscono seguendo le epopee di “veline “ e calciatori sperando in un roseo futuro come il loro, invece di pensare al proprio e coltivare sani ideali. E’ dunque vero che “La televisione commerciale è nata e si è affermata essenzialmente a scapito dell’ immagine femminile”, come ha avuto occasione di ribadire Daniela Brancati, ex direttore del Tg3? Tutto il fervore che si è scatenato intorno a questo argomento nell’ultimo periodo è dovuto a un totale cambiamento di vedute delle donne di sinistra o più semplicemente è l’ennesimo attacco personale a Berlusconi colpevole di aver importato la mercificazione mediatica del corpo femminile con i suoi format televisivi così americaneggianti? Tale cambiamento di posizioni dunque mi ha lasciato stupita e più ancora l’atteggiamento puritano della Boldrini che nell’ ultima sortita ha espresso il suo plauso alle decisione della RAI di non trasmettere il concorso di Miss Italia in televisione. Dopo le mie personali riflessioni ritengo che la nostra “amata presidente della camera” come si dice al mio paese, sia “fuori come un balcone”.
Ha sproloquiato sull’ abuso nei media del corpo femminile e ci dipinge come povere donne vittime della società dei consumi, costrette a girare indossando pantaloncini corti, magliette attillate, anziché comodi e confortevoli burka. Ma non è lei stessa figlia di quella generazione di femministe di cui sopra, che ha richiesto a gran voce libertà sessuale e libero arbitrio nell’uso del proprio corpo? A questo punto mi chiedo come mai la sedicente sinistra progressista non trovi nulla da ridire su tali affermazioni e mi meraviglia che l’associazione delle femministe italiane non protesti per “l’oscurantismo anacronistico”( di cui è stata sempre tacciata la destra reazionaria) che la presidente continua a sbandierare, quando per decenni ci hanno “tartassato” (per non dire peggio) con le lotte per la liberazione della donna, l’8 marzo e tutte le loro menate varie, mentre chi non si era schierato con i movimenti di sinistra cantava “ma è un canto brasileiro”, sostenendo controcorrente, il ruolo fondamentale della donna nella società come moglie e come madre.
Si noti bene dunque, che io non sono un’amante dei concorsi di bellezza, né tanto meno una propugnatrice degli stereotipi di donna immagine, ma queste esternazioni, queste tardive battaglie per cercare di ridare alla donna il suo ruolo e la sua dignità, mi insospettiscono perché per natura diffido dei parolai e sommando questa uscita della Boldrini, alle sue precedenti continue campagne pro-immigrati , mi chiedo se in fondo sia una lotta personale, non verso una comunicazione violenta e sessista, bensì l’ennesimo modo per andare incontro ai diritti degli immigrati e non urtare la loro sensibilità, offendendo la religione mussulmana con tali vergognosi spettacoli da noi italiani istituiti fin dagli albori della televisione e anche prima se si pensa che il primo concorso, antesignano di quello attuale, risale al 1939. Un altro colpo di spugna che si vuole dare ai nostri costumi, alle nostre tradizioni, ma questa è tutta un’altra storia.