Anche quest’anno il 25 aprile è passato col suo strascico di celebrazioni miserabili e bugiarde. Celebrazioni sempre più di facciata e sempre più grottesche da quando sono diventate terreno di scontro interno e di polemiche feroci nel fronte degli altri, con reciproche scomuniche, invettive e aggressioni anche fisiche, sfociate alla fine nella aperta contrapposizione e nella organizzazione di manifestazioni separate. Del resto questa ricorrenza rappresenta sempre meno, se mai lo è stata, una festa di popolo o una festività unificante, ma è sempre più distante ed estranea allo spirito della gente comune e alla comprensione e alla conoscenza delle generazioni più giovani, ragione per cui, se non fosse ogni anno pompata con ossessiva faziosità dal potere, passerebbe del tutto inosservata nella coscienza collettiva. Solo un certo “antifascismo” si risveglia ogni anno in questa data per riaffermare caparbiamente la propria posizione lacerante e, anzi, quanto più ci si allontana nel tempo dall’epoca dei fatti tanto più l’ipocrisia e la sopraffazione, che ne accompagnano la rievocazione, divengono rancorose e vigliacche.
Tutte le centrali del potere, gli intellettuali e i media, si mobilitano per esaltare l’artificioso simulacro di una liberazione, mai avvenuta, che ha coinciso con la sottomissione del Paese a eserciti stranieri, che vi si sono aperta la strada con bombardamenti terroristici, stupri di massa e l’umiliazione di un popolo e di uno Stato divenuti sudditi e colonia degli invasori. La democrazia ottenuta a prezzo del tradimento e della vergogna s’è trasformata, nel tempo, in qualcosa di sempre più retorico e distante dalla realtà, è divenuta puro rito e formalità, smentita da una politica che non corrisponde alle scelte del popolo ma che si impone con arroganza, manipolando le regole, che non opera per il bene comune e ignora i bisogni veri e i problemi dei cittadini. Ma, se si può cedere alla forza e subire l’arbitrio, non per questo ci si arrende o si accettano lezioni. Ci vogliono estranei e reietti, ma non ci avranno mai domati né sottomessi. Non ci vedranno rinnegare né scusarci, perché eravamo nel giusto e respingiamo con sdegno il loro giudizio.
Coloro che esaltano la liberazione dalla dittatura sono gli stessi che sfornano leggi sempre più repressive, che chiedono sempre nuove censure, che vogliono vietare convegni, manifestazioni e persino onoranze funebri ai loro avversari, che impongono la loro lettura degli eventi e la loro propaganda nelle scuole e in ogni dove, che non tollerano il dissenso e perseguitano la stessa manifestazione di un pensiero alternativo con una protervia arrogante e provocatoria. A parti inverse, adottano gli stessi metodi repressivi di cui accusano il fascismo d’aver fatto uso a suo tempo, con l’aggravante data dalla disgustosa ipocrisia di volersi definire democratici. La loro democrazia ha lasciato morire impuniti decine di giovani assassinati negli anni di piombo. Oggi sta devastando un intero popolo, attuando una sostituzione etnica tra le più spregevoli e criminali, dietro il paravento di un umanitarismo ipocrita e viscido. Vi consideriamo nemici mortali e irriducibili. Continuate a celebrare, ma presto o tardi la festa finirà.
Enrico Marino
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