Margarete Riemschneider (1899-1985) durante la lunga carriera ha affrontato il vasto studio della storia delle religioni utilizzando il metodo comparativo applicato all’interpretazione delle saghe presenti nella cultura celtica, etrusca, ittita. Notevole è stata la puntuale partecipazione alla rivista Conoscenza Religiosa, diretta da Elémire Zolla. Su questo quadrimestrale nel corso degli anni, sono apparsi numerosi saggi brevi di vario interesse***. Nel definire il rapporto tra civiltà telluriche (costituite da contadini/sedentari a conduzione matriarcale) e civiltà astrali (formate da cacciatori/nomadi a indirizzo patriarcale) l’autrice tedesca non ha disdegnato avventurarsi nel singolare approccio ai riti infantili (settimana, saltarello, palline) che, insieme ai giochi da tavola, d’azzardo (dadi, carte, tarocchi) l’hanno indotta a considerare il collegamento ideale esistente tra le facezie dell’homo ludens e la genesi del mondo. Il ricreato microcosmo, programmato dal giocatore, continua inconsciamente l’opera intrapresa dal demiurgo all’inizio dei tempi. Il parallelo è colto, in base alla legge omeopatica di similarità, nell’istante stesso che ha dato origine alla creazione (Riti e giochi nel mondo antico -1991).
– Partendo dal principio che “in una metropoli moderna i giardinieri dell’anima sono ben più necessari degli spazi verdi” la storica tedesca svolge con dedizione e intelligenza il tema della continuità dei miti. Compaiono nei suoi lavori le modalità attraverso le quali dalla religione celtica deriva il romanzo medioevale, costituito dalle leggende del sacro Graal e dai racconti di re Artù (Miti cristiani e miti pagani – 1973). Per i Celti le consuetudini devozionali tributate agli dei della terra e il rispetto religioso riservato alla vegetazione rappresentano caratteristiche significative. L’esame della Riemschneider prosegue senza tralasciare nella sua completezza l’osservazione delle attitudini abitudinarie quali: il sistema economico, la divisione sociale, la decorazione e il vestiario. Non mancano osservazioni sulla riconosciuta dinamicità nel sapersi espandere su vasti territori. L’impetuosa imprevedibilità e l’esuberanza etnica, quali sintomi caratteriali, sono gli elementi che hanno concorso alla formazione dell’identità distintiva di questo popolo (La religione dei Celti, 1979).
Nel saggio “Studi etruschi”(1983) la Riemschneider prende in esame le analogie esistenti tra i Geni dei Romani, gli Esseri alati degli Ittiti e le Lasa etrusche. Queste ultime in qualità di alate presenze, messaggere, intermediarie tra uomo e divinità, si interpongono servendo, danzando e suonando ai banchetti funebri. Tra questi soggetti le diversità vengono rilevate da alcune spie comportamentali che delineano, con immediatezza, il quadro rispondente al contesto quotidiano vissuto presso gli etruschi. Le ragazze raggiungono la maturità a 14 anni. Mentre la donna greca vive in casa, quella etrusca “esce spesso”, partecipa ai banchetti adagiandosi sotto il mantello del marito, né gli sguardi indiscreti degli uomini la fanno arrossire. Gli Etruschi muovono alla conquista celebrando i trionfi sulle pietre dei sepolcri. Ma nell’arte funebre non compaiono i bambini. L’assenza dell’età infantile nella sfera cultuale segna il differente raffronto con quella romana (es. Ara Pacis). Non conoscono il culto dei sacri Lari e passata una generazione quella successiva cessa il rapporto con i trapassati; non avvertono doveri verso le generazioni future ma solo l’impegno nei confronti dei coetanei. Prediligono la carpenteria e nonostante la vicinanza di Carrara non utilizzano il marmo ma l’elemento fittile. Tale promiscuità del “Vivere coi morti” (1981) parte dal presupposto che “Quanto meno si teme la vita dopo la morte, tanto meno si ha paura dei defunti”. Nelle raffigurazioni sepolcrali è effigiato lo scorrere dell’esistenza. Compaiono oggetti e personaggi familiari, il defunto è circondato da tutto ciò che lo occupava con piacere: la scacchiera con le pedine, gli strumenti musicali, le vettovaglie, l’accetta per il legno, gli amici viventi e gli animali domestici. Il mondo dei morti si congiunge a quello dei vivi e i vivi continuano a mantenere rapporti con i morti.
– “Il mondo degli Hittiti”, oggi introvabile, uscito nel lontano 1957 per la collana “Le grandi Civiltà del passato” curate dal Prof. Giuseppe Furlani procura all’autrice un meritato successo e la fa conoscere ai lettori italiani. L’intento editoriale è quello di portare al vasto pubblico qualificate ricerche corredate da una ricca documentazione fotografica. Fino ad allora era invalso il pregiudizio secondo cui la stirpe ittita a differenza di Persiani, Sumeri, Egizi, Persiani ecc. sarebbe stata solo imitatrice della civiltà mesopotamica e priva di una propria identità creativa atta ad influenze le genti del Mediterraneo. Gli Ittiti sono stati il primo dei grandi popoli di origine indoeuropea che nel cammino della storia, dopo aver costituito un impero, hanno lasciato affascinanti testimonianze: resti di città regali, insigni santuari, ciclopici bassorilievi scolpiti sulle rupi desertiche dell’Anatolia. Dopo le sorprendenti scoperte archeologiche del secolo scorso e i progressi della filologia è tornata alla luce la memoria di questa antichissima civiltà che nel II millenni a.C., emigrata dal Nord e proveniente dall’Oriente, si stanzia in Asia Minore all’interno della penisola.
I capitoli del libro svelano il quadro complesso della loro vicenda e comprendono: la struttura sociale, l’amministrazione della giustizia,la vita quotidiana, il mondo degli dei e la religione, l’’arte plastica, l’architettura e la letteratura. La scrupolosa indagine, si distingue per originalità in quanto sa dare risposte che affrontano temi di stretta natura antropologica. Come parlavano e scrivevano? Da dove provenivano? Quali erano gli ornamenti, l’abbigliamento, l’aspetto fisico e le attitudini? Cosa distingueva l’hittitismo di questi Indoeuropei dalle altre genti dell’Asia Minore?
La Riemschneider da risposta a tutte queste domande ripercorrendo i tortuosi confini della storia. Si sofferma considerando l’adozione dei geroglifici già in uso fin dal IV millennio e non nati con l’impiego della scrittura cuneiforme. La rettitudine e la fermezza differenzia gli Etei dai Greci. Le doti caratteriali delle donne sono la pudicità e la riservatezza nell’uso dei monili e delle acconciature. Gli uomini di struttura solida e muscolosa esibiscono lunghe e aristocratiche chiome, indossano vesti con maniche corte, proprie degli indoari. Hanno il senso delle forme, della naturalezza, del gigantesco che non scade mai nell’artificioso. In primo piano mettono il sentimento e la cordialità, sono soldati, abituati alla lotta, alla caccia, alla ferrea disciplina, possiedono un rigido senso giuridico, sono privi di quella crudeltà che rende terribili le cronache delle guerre assire. Tali prerogative hanno permesso “il successo e la conquista quando erano in molti ma saranno causa di rovina e della scomparsa quando assorbiti da una popolazione straniera si ridurranno in pochi”.
*** Gli argomenti trattati da Margarete Riemschneider in Conoscenza Religiosa riguardano:
SIMBOLISMO
I tarocchi (1974), Che cos’è una piramide (1978), Currus Navalis (1979), Il rosone gotico (1979), L’asino e la rosa (1980), Dalla pigna al gonnellino scozzese (1980), I maiali ballerini (1980), Il telaio come strumento oracolare (1983).
STORIA DELLE RELIGIONI
Parallelo tra Dante e Mani (1973), La dea del giunco e della canna (1977) Gemelli dualismi e polarità nelle religioni (1977), Daniele nella fossa dei leoni (1977), Gabriele e la caccia all’unicorno (1978), I santi dei leoni (1979), I campi elisi di Arles (1979), Dei pagani in vesti cristiane (1979), I Druidi (1980), Il chiodo di Norcia (1981), Il vaso delle Danaidi (1981), Vivere coi morti (1981), Saturnalia (1981, 1982).
LA COSMOLOGIA
Le costellazioni (1973), La paura del circolo della morte nell’astrologia e nell’alchimia (1974)), Finis terrae (1980), I pianeti (1983), Lo zodiaco e l’alfabeto (1983).