(NRIE 31; TLE, TETC 719; ET, Pa 4.2 – rec)
PREMESSA
Il «fegato di Piacenza» è un modellino in bronzo di un fegato di ovino, trovato nel 1877 propriamente a Gossolengo, in provincia di Piacenza. Esso è molto importante sia dal punto di vista della religione degli Etruschi, sia da quello della loro lingua. Infatti porta inciso in lingua etrusca e dentro apposite 40 caselle, il nome di alcune decine di dèi e di semidei o “teonimi” e doveva avere, rispetto alla «disciplina etrusca» e, più di preciso, alla aruspicina od epatoscopia, la finalità di sussidio mnemonico ad uso dell’aruspice e di sussidio didattico a vantaggio dei discepoli-apprendisti. Questo modellino bronzeo di fegato trova riscontro in altri trovati in Etruria ma fatti di terracotta, del tutto simili, a quelli trovati, in numero di circa 30, nella lontana Babilonia. E questa notevole corrispondenza costituisce evidentemente una importante conferma dell’origine medio-orientale degli Etruschi.
Intanto c’è da premettere che come documento linguistico il fegato di Piacenza appartiene al periodo del neo-etrusco, cioè, storicamente, al periodo ellenistico, tra i secoli IV e I avanti Cristo, come è chiaramente dimostrato anche dalla lunga serie di dèi e semidei greci che vi risultano incisi accanto a quelli propriamente etruschi.
È poi da precisare che, allineati e separati l’uno dall’altro, come sono, in altrettante caselle, i nomi degli dèi e dei semidei non offrono propriamente un “contesto linguistico”, per cui ai fini della “traduzione” di ciascuno non è possibile trarre lumi dal nome di un altro vicino oppure lontano. In altre parole dico che noi non abbiamo di fronte delle “frasi”, ma abbiamo solamente la serie di una quarantina di nomi isolati l’uno dall’altro, i quali per ciò stesso non presentano alcuna connessione morfo-sintattica fra loro e quindi nessuna possibilità di reciproca interpretazione propriamente linguistica. L’unico appiglio contestuale propriamente linguistico è costituito dalla circostanza che, quando non sono abbreviati – anche in modi differenti -, i nomi degli dèi e dei semidei risultano in caso genitivo. E si intravede facilmente che questo genitivo è da interpretarsi come effetto di una sottintesa formula di questo tipo: «casa (o casella) di …».
C’è poi da osservare che, per mancanza di spazio nelle rispettive caselle, quasi tutti i teonimi risultano abbreviati; e noi questa abbreviazione l’abbiamo ricostruita con l’uso tradizionale delle parentesi tonde.
Constata dunque, purtroppo, la mancanza di un vero e proprio “contesto linguistico”, per fortuna ne abbiamo un altro, un “contesto culturale” e più precisamente un “contesto religioso e mitologico”, che invece noi moderni conosciamo quasi alla perfezione, in quanto presenta sia divinità etrusche da noi sicuramente conosciute per altra via, sia dèi e semidei greci, da noi conosciuti molto bene e da lungo tempo. Questo “contesto culturale” ci consente in una certa misura di andare dall’uno all’altro dio o semidio, che ovviamente si richiamano fra loro con sufficiente verosimiglianza e con discreto grado di probabilità. Ad es., se noi interpretiamo che il nome TVNΘsignifichi«Tindaro», padre dei Dioscuri,siamo spinti a intendere che LETA e LEΘAindichino «Leda», madre dei Dioscuri; ed ovviamente l’interpretazione di questi due teonimi conferma quella del primo.
C’è poi da osservare che i nomi degli dèi e dei semidei più importanti risultano in più caselle, mentre alcune caselle comprendono più nomi di dèi o di semidei. I semidei sono quasi tutti di origine greca, ma la effettiva valenza religiosa che essi avranno assunto tra gli Etruschi nella loro pratica della aruspicina a noi adesso sfugge completamente.
Delle pubblicazioni recenti, quelle che trattano in maniera più ampia e approfondita il nostro argomento sono l’opera di A. J. Pfiffig, Religio Etrusca (Graz, 1975, pagg. 121-127 e passim) e quella del sottoscritto M. Pittau, Testi Etruschi tradotti e commentati – con vocabolario (Roma 1990, Bulzoni Editore, sigla TETC, num. 719). È poi da precisare che la lettura di alcuni nomi incisi sul fegato è stata corretta nel 1981 da A. Maggiani, nella rivista «Studi Etruschi» (49, pgg. 263-267); del quale è pure l’articolo dedicato all’argomento nel Dizionario della Civiltà Etrusca, a cura di M. Cristofani (Firenze, 1985, pgg. 219-220).
Testo e traduzione
[caselle o siti]
lato A
1 TIN(S) CILEN(SL) «(di) Tinia (di) Notturno»
2 TIN(S) ΘVF(LΘAS) «(di) Tinia (di) Thufultha»
3 TINS Θ(VFLΘAS) NE(ΘUNSL) «di Tinia (di) Thufultha (di) Nettuno»
4 UNI(AL) MAE(S) «(di) Giunone (di) Maia» (?)
5 TECVM(-) «(del) Protettore» (?)
6 LVSL «del Liberatore» o «dell’Ambiguo» (?)
7 NEΘ(UNSL) «(di) Nettuno»
8 CAΘ(AS) «(di) Catha»
9 FUFLUNS(L) «(di) Libero o Bacco»
10 SELVA(NSL) «(di) Silvano»
11 LEΘNS(L) «del Lethe»
12 TLUSCV(-) «(dell’) Inferno» (?)
13 CELS «del Cielo o Urano»
14 CVL(SANSL) ALP(NU-) «(di) Giano (di) Grazia»
15 VETISL «di Vedio o Veiove»
16 CILENSL «di Notturno» (?)
17 TUR(NS) (17) «(di) Turan o Venere».
18 LEΘN(SL) «del Lethe» (?)
19 LASL «della Lasa»
20 TINS ΘVF(LΘAS) «di Tinia (di) Thufultha»
21 ΘVFLΘAS «di Thufultha»
22 TINS Θ(VFLΘAS) NEΘ(UNSL) «di Tinia (di) Thufultha (di) Nettuno»
23 CAΘA(S) «(di) Catha»
24 FUFLU(N)S(L) «(di) Libero o Bacco»
25 TVNΘ(LES) «(di) Tindaro» (?)
26 MARISL LAR(ANS) «di Maris (di) Laran o Marte»
27 LETA(MSL)«(di) Leda» (?)
28 NEΘ(UNSL) «(di) Nettuno»
29 HERC(LES) «(di) Ercole»
30 MARI(SL) «(di) Maris»
31 SELVA(NSL) «(di) Silvano»
32 LEΘA(MSL) «(di) Leda» (?)
33 TLUSC(V-) «(dell’) Inferno» (?)
34 LVSL VELX(ANAS) «del Liberatore (di) Vulcano»
35 SAT(U)R(N)ES «(di) Saturno»
36 CILEN(SL) «(di) Notturno» (?)
37 LEΘAM(SL) «(di) Leda» (?)
38 METLVMΘ «nella federazione o nella città-stato»
39 MAR(ISL) «(di) Maris»
40 TLUSC(V-) «(dell’) Inferno» (?)
lato B
1 USILS «del Sole»
2 TIV(R)S «della Luna»
LESSICO E COMMENTO
ALP(NU-) (14) «(di) Grazia» abbreviazione di ALP(A)NU, nome di una delle Lase, accompagnatrici di TURAN «Venere», probabilmente le “Grazie” (DETR 40).
CAΘ (8) abbreviazione di CAΘA(S).
CAΘA(S) (23) «di Catha» è la divinità femminile del sole, che Marziano Capella chiama filia Solis (TLE, TETC 131, 190, 373, 622, 823) (A. Maggiani e E. Simon, op. cit.).
CELS (13) «del Cielo o Urano». L’iscr. MI CELŚ ATIAL CELΘI va tradotta «io (sono) della Madre del Cielo (Urania), (che sta) in cielo» (incisa su 5 statuette bronzee di offerenti) (TLE, TETC 625).
CILENSL, CILEN(SL) (1, 16, 36) «di Notturno» (lat. Nocturnus «Dio della Notte»), con una corrispondenza suggerita dalla sequenza delle divinità indicata da Marziano Capella (cfr. A. Maggiani e E. Simon, Il pensiero scientifico e religioso, in M. Cristofani, Gli Etruschi ecc., pgg.139-141).
CVL(SANSL) (14) «(di) Giano», abbreviazione del nome del dio bifronte CULSANS, che era analogo al lat. Ianus (TLE, TETC 640).
FUFLUNS(L), FUFLU(N)S(L) (9, 24) «(di) Libero o Bacco», dio del vino (TLE 336).
HERC(LES) (29) «(di) Ercole».
LAR(ANS) (26) «(di) Laran o Marte», dio etrusco della guerra (Ta S.10; Vs S.14, 16; AV S.5; Po S.1; Cl S.13; OI S.60-63, 68). Vedi LARANS, LARUNS.
LASL (19) «della Lasa, genitivo di LASA, che era il nome di divinità femminili di ordine inferiore, accompagnatrici di altre superiori.
LETA(MSL), LEΘA(MSL), LEΘAM(SL) (27, 32, 37) «(di) Leda» (?), moglie di Tindaro e madre dei Dioscuri, dal greco Lédan, in accusativo (il caso più frequente) (GTLE 161). Vedi LEΘAMSUL.
LEΘNS(L), LEΘN(SL) (11, 18) «(del) Lethe» (?), dal greco Lēthēn «fiume infernale dell’oblio e quindi regno dei morti» (in accusativo, il caso più frequente); da questo vocabolo etrusco probabilmente è derivato il lat. let(h)um «morte», il quale finora era di origine incerta (DELL, DICLE, LIOE 47).
LVSL (6, 34) «del Liberatore» o «dell’Ambiguo» (?) potrebbe corrispondere al greco Lysios «il Solutore, il Liberatore», che era un epiteto di Dioniso/Bacco (in genitivo). In subordine si potrebbe richiamare il greco Loxías «l’Ambiguo», epiteto di Apollo, che veniva denominato in questo modo per le risposte ambigue dei suoi oracoli. Se questa seconda interpretazione fosse esatta, verrebbe tolta l’incongruenza costituita dall’assenza, nel testo del fegato, di un dio tanto importante come era Apollo, sicuramente conosciuto dagli Etruschi, come dimostrano anche numerosi testi scritti, che registrano il suo nome come APULU od APLU.
MAE(S) (4) «(di) Maia» (?), che era la madre di Mercurio e una delle Pleiadi.
MAR, MARI (30, 39) abbreviazione di MARISL.
MARISL (26) «di Maris», dio probabilmente uguale al greco Érhos «Amore, Cupido» (in genitivo) (DETR 271).
METLVMΘ (38) «nella federazione o nella città-stato» (in locativo) (TLE, TETC 99, 131).
NE, NEΘ (3, 7, 22, 28) abbreviazione di NEΘUNS «Nettuno».
SAT(U)R(N)ES (35) «di Saturno» (in genitivo).
SELVA(NSL) (10, 31) «(di) Silvano» (TLE, TETC 504, 559, 641, 696; LELN 233).
TECVM(-) (5) «(del) Protettore» (?) è un dio finora sconosciuto, che è nominato anche nel Liber linteus (XII 5) come TECUM; ma potrebbe essere un epiteto di Tinia “protettore”, da connettere coi lat. tegere, tegumentum (?).
ΘUFLΘAS (21) «di Thufultha» (dio dell’inferno, Satana); è al genitivo.
ΘVF (2, 3, 20, 22) abbreviazione di ΘVFLΘAS.
TINS, TIN(S) (1, 2, 3) «(di) Tin(i)a» (in genitivo), che era la suprema divinità maschile degli Etruschi, corrispondente a Iupiter dei Latini ed a Zeus dei Greci (TLE, TETC 290, 608, 657).
TIV(R)S (B 2) «della Luna» (TLE, TETC 181, 718, 748), da confrontare con l’ittito tine «luna e mese» e col lat. Diana «Luna» (DELL; LEGL 73, 98; DETR 403). È da precisare che questo vocabolo risulta inciso nella parte posteriore del fegato. Vedi TIUR; cfr. USILS.
TLUSCV(-), TLUSC(V-) (12, 33, 40) «(dell’) Inferno» (?), abbreviazione di ΘLUPCVA «gli Inferi, i Morti» (?).
TUR(NS) (17) «(di) Turan o Venere».
TVNΘ(LES) (25) «(di) Tindaro», che era il padre dei Dioscuri. Vedi TUNTLE(S).
UNI(AL) (4) «(di) Giunone».
USILS (B 1) «del Sole» (in genitivo). È da precisare che anche questo vocabolo risulta inciso nella parte posteriore del fegato. Vedi TIV(R)S.
VELX(ANAS) (34) «(di) Vulcano».
VETISL (15) significato certo «di Vedio o Veiove» (in genitivo) = lat. Vedius, Vediovis, Veiovis divinità infernale (A. Maggiani e E. Simon, op. cit.). ***
***Estratto migliorato dall’opera di Massimo Pittau, I grandi testi della Lingua Etrusca – tradotti e commentati, Sassari 2011, Carlo Delfino editore.