11 Ottobre 2024
Attualità Magistratura

Massimo Ursino e i pilastri della società – Roberto Pecchioli

Secondo le maestrine dalla penna rossa sempre pronte ad impartire lezioni, nonché il vasto pubblico dei civili, democratici, riflessivi e progressisti le sentenza non si criticano. Se ne può solo prendere atto in religioso silenzio, come gli arcani responsi della Bocca della Verità.

E invece no. Noi osiamo affermare che la sentenza del Gip di Palermo che ha mandato liberi, con divieto di dimora e obbligo di firma, due dei presunti autori del bestiale agguato al dirigente di Forza Nuova Massimo Ursino è sbagliata. Errata e per di più diseducativa. I pilastri della società, tutti i Tartufi d’Italia – la maggioranza di un popolo in catalessi, i sinceri democratici con emiplegia mentale (lato sinistro) la penseranno diversamente. Su di loro, pilastri di sabbia di una società decomposta, pronunciò parole definitive Henrik Ibsen in una memorabile piéce teatrale. Lo stesso titolo ha un polemico quadro espressionista di George Grosz.

Non apparteniamo a FN né siamo elettori del movimento di Roberto Fiore, ma il troppo, come si dice, stroppia. Sappiamo che quando la politica entra dalla porta la giustizia esce dalla finestra; ci è nota anche la vecchia battuta di Giolitti secondo cui la legge per gli amici si interpreta e per i nemici si applica. Ma non è questo il punto, maestri cantori della legalità con obbligo di svolta a sinistra. Non è neppure il caso di prendersela con il giudice. Il Gip palermitano ha ritenuto che i “ragazzi” (la qualifica di ragazzi, per i centri sociali, è a vita) non avessero intenzioni omicide. Calzavano scarpe da tennis, perbacco, in più si sono filmati! Dunque sono “soltanto” lesioni gravissime, reato per il quale non è obbligatorio il carcere. E’ il libero convincimento di un pilastro del sistema, perfettamente dentro la vigente legalità.

Con altrettanta libertà di giudizio ci sentiamo, umili cittadini di serie C, di dissentire. Innanzitutto, non osiamo immaginare che cosa sarebbe accaduto se Ursino fosse l’aggressore e i “ragazzi” gli aggrediti. Un’ondata di sdegno avrebbe pervaso lo Stivale; quanti pilastri della società a dito alzato, sopracciglia corrugate a trasmettere indignazione contro il giudice, losco fascista di complemento. Il massacro sarebbe stato totale, da Mattarella sino ai vuotacestini del palazzo municipale palermitano. Giustificato, peraltro, dall’oggettiva gravità dei fatti. Ma Ursino, pieno di tatuaggi sospetti, è politicamente dalla parte del torto; un giovane incaprettato, per sottolinearne la riduzione allo stato animale, la sproporzione numerica, la botte, la beffa infame del filmato. Nulla di tanto grave: Ursino è il perfetto rappresentante dei cattivi, no dei pessimi, anzi delle non-persone.

Per questo, non è neppure ipotizzabile l’apologia di reato per i gentiluomini (elettori di Leoluca Orlando Cascio?) che hanno sfilato esibendo nastri del tipo di quelli utilizzati per legare Ursino, in esaltazione del gesto dei loro compagni. E’ invece apologia del fascismo levare il braccio in un saluto: questo esigono i pilastri della società. Il lato più devastante della vicenda è il messaggio che viene lanciato dalla più alta delle tribune, il palazzo di giustizia. Legare, imbavagliare, massacrare di botte un essere umano costa due giorni di carcere, poi si vedrà.

Ripetiamo, il giudice ha solo esercitato la discrezionalità che la legge gli riconosce, derubricando il reato e poi applicando la misura che ritiene più appropriata tra quelle previste. Sta tutto scritto, nero su bianco, nel codice di procedura. Destra e sinistra, pilastri del sistema politico, così hanno voluto.

Per questo omicidi stradali in stato di ubriachezza o drogati attendono sereni gli eventi a casa propria, rapinatori, ladri e spacciatori non vengono neppure più denunciati, migliaia di persone, stranieri e connazionali, preferiscono la malavita al lavoro. Fanno bene, si guadagna molto e si rischia pochissimo. Anche gli omicidi riescono in genere a cavarsela espiando pene assai inferiori a quelle irrogate dal tribunale. Numerosi condannati in via definitiva girano per le città continuando a delinquere in quanto è lentissima l’esecuzione delle sentenze.

In compenso, se fischiettate Faccetta Nera rischiate grosso, insigni docenti di libertà e democrazia ripetono che nell’anno di grazia 2018 il fascismo non è un’idea, magari pessima e anacronistica, ma un crimine. In questo baccanale di inversione di principi e realtà, nessuno pensa ai problemi quotidiani di “questo paese”, come lo chiamano loro. O forse i problemi sono scomparsi: merito di sindaci come Orlando che hanno reso le città autentici paradisi. Per questo imputano ad alcuni italiani diabolici il delitto di esistere. Massimo Ursino è uno di quelli. Pensi ai fatti suoi e non gli succederà più nulla.

Il presidente del Consiglio Gentiloni nel corso di una manifestazione – l’Italia è l’unico Stato in cui il governo sfila in piazza anziché lavorare per i concittadini – ha ammonito a non prestare fede a chi semina odio. Ben detto: per un attimo ci siamo illusi che alludesse alla sua parte politica e, naturalmente, ai pilastri della società.

ROBERTO PECCHIOLI

2 Comments

  • DAmod1 1 Marzo 2018

    Le sentenze sono al servizio della carriera. Interesse senza conflitto. E questa legge non s’ha da fare. Saluti.-

  • DAmod1 1 Marzo 2018

    Le sentenze sono al servizio della carriera. Interesse senza conflitto. E questa legge non s’ha da fare. Saluti.-

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