17 Luglio 2024
Bardeche Controstoria Europa Francia

Maurice Bardeche: un fascista per l’Europa


“Je suis un écrivain fasciste….Je crois que je suis devenu fasciste après la guerre…”

di Alfonso de Filippi
 


Ho già scritto che Maurice Bardèche è sempre stato un autore molto caro a chi scrive fin dalla sua prima lettura, se non erro negli anni 60, di “Che cosa è il Fascismo?” opera certamente più “letteraria”che “politica” tuttavia ricca di ottimi spunti. Ad esempio ricordo ancora una volta il bellissimo passo: La mistica dei movimenti fascisti prende nome da questo riecheggiare delle grida di guerra, le quali sonnecchiano in fondo a noi; essa è anche questo istinto oscuro per cui tutto potrebbe essere diverso al lume di altre verità e di altri dei; dei dimenticati di empi lontani, di serpenti piumati scolpiti su antichi muri” (pag. 94) che mi fece sorgere dubbi sulla conciliabilità del Fascismo come fenomeno europeo con la religione venuta a dominare in Occidente (1)

Nel Bardèche, cognato del poeta martire Robert Brasillach si poteva vedere allora uno dei superstiti di quella fioritura intellettuale che aveva caratterizzato il “campo fascista” francese negli anni precedenti la seconda guerra mondiale e il periodo stesso del conflitto.(2): nel loro libro “Les Fascismes français 1923-1963”(Ed du Seuil, Paris, 1963) lo definivano “il più fascista dei francesi.”
Che il Bardèche sia ancora ricordato in Francia lo testimoniano due libri usciti negli ultimi tempi: il primo è “Bardèche Qui suis-je” di Francis Bergeron edito nel 2012 da Pardes, l’altro è opera di Georges Feltin Tracol “Maurice Bardèche et l’Europe” (sottotitolato “Son combat pour une Europe <nationale, libérée et indépendante>”) pubblicato nell’Aprile di quest’anno da Synthèse nationale.
Iniziamo dal volume del Bergeron, esso traccia dapprima un profilo della vita del Nostro: i primi studi, l’amicizia con Robert Brasillach con cui scrisse una <Histoire du Cinéma> e una <Histoire de la guerre d’Espagne> e di cui sposò la sorella .Suzanne.
Nonostante tale strettissima amicizia il Bardèche mantenne politicamente un profilo molto più basso del cognato sia negli anni che precedettero il Conflitto Mondiale, sia in quelli dell’occupazione, del Regime di Vichy, del Collaborazionismo e della cosiddetta <liberazione>. Il che non gli risparmiò l’essere imprigionato nel fatale 1945. 
Il Bardèche collaborò comunque, negli anni 30, al foglio giovanile monarchico <L’Etudiant Français> e al famoso periodico <Je Suis Partout> dichiaratamente fascista. A convincere il Nostro a militare nelle file fasciste fu l’esecuzione, dopo uno dei tanti processi farsa, del Brasillach, fucilato il 6 Febbraio 1945. Sicuramente il peggior momento per passare al <Fascismo>!
Nel1941Maurice Bardèche si era laureato con una tesi su Balzac e nel resto della sua vita ebbe a scrivere numerosi saggi oltre che sul Balzac, su Stendhal, Proust, Flaubert, Celine e Bloy. Egli stesso si rese sempre conto che le sue posizioni politiche, mai rinnegate, impedivano che venisse il suo valore come storico della letteratura francese. Un esempio per tutti.
L’attività storico politica del Nostro iniziò, naturalmente, con la difesa di quelli che Paul Serant avrebbe chiamato “i vinti della liberazione” e così uscirono “Lettre a F. Mauriac”, “Nuremberg ou la terre promise” e “Nuremberg II ou les faux-monnayeurs(se ne vedano le edizioni in italiano delle edizioni Effepi di Genova) con gli immancabili conseguenti traversie giudiziarie e il conseguente soggiorno a spese dello Stato nelle galere francesi!
Scrive il Bergeron (pag.58) “Maurice Bardèche, dopo la pubblicazione del suo <Nuremberg> e soprattutto dopo il suo imprigionamento per delitto d’opinione, è l’intellettuale fascista più noto in Francia e senza dubbio nel mondo, se si mettono da parte le vecchie glorie del periodo pre bellico, ridotte alla clandestinità (Alphonse de Chateaubriant), all’esilio (Jacques Ploncard d’Assac, Marc Augier, Bernard Faÿ).o languenti in prigione (Lucien Rebatet, P.A. Costeau, Jacques Benoist-Méchin), o anche in manicomi (il norvegese Knut Hamsum,l’americano Ezra Pound)”. Bella lista di ingegni, ma ci possiamo chiedere se non ci fosse qualche nome italiano da aggiungervi!
Nel 1950 si svolge a Roma, anche grazie al Bardèche, un convegno dei movimenti nazionali europei organizzato dal Movimento Sociale Italiano, qui si decise di tenere l’anno seguente un altro convegno, più “decisivo!” a Malmoe in Svezia.

Così nella città svedese i delegati di vari movimenti europei dettero vita al Mouvement Social Européen tra i cui dirigenti si contarono il tedesco Priester, lo svedese Engdahl e lo stesso Bardèche.
Riprendiamo dal Bergeron “Le basi del MSE riposano su un <manifesto sociale> che rifiuta <la dittatura burocratica> e contesta le leggi del mercato, ma soprattutto su di un <manifesto d’azione>, a carattere geopolitico, molto innovativo…Il MSE auspica in effetti,  un’Europa unita (escludente peraltro l’Inghilterra). Tale Europa unita resterebbe certo legata tramite accordi di difesa alla Gran Bretagna e anche agli USA, Ma il MSE rifiuta la Nato e l’integrazione militare in un complesso dominato dagli USA. Curiosamente saranno simili le posizioni golliste, combattute, negli anni 60, tanto dall’estrema destra quanto dai centristi e dal partito socialista.”.
Nell’ambito dell’iniziativa nata a Malmoe, il nostro lanciò una rivista mensile <Défense de l’Occident>(3) dapprima essa si voleva l’organo del movimento europeo, poi con l’esaurirsi di tale iniziativa che era nata in vista di possibili elezioni europee divenne uno strumento (o meglio un’arma) di lotta culturale. Un altro libro del Nostro <L’Oeuf de Christophe Colomb> (edito in Italia da Longanesi) che si presentava come una lettera diretta a un senatore americano si situa anch’esso sulla linea delle decisioni prese in Svezia.
Inoltre il Bardèche tentò di riunire i vari gruppuscoli neofascisti che erano sorti in Francia e qui ebbe dapprima a collaborare, poi a scontrarsi con il razzista Rene Binet, uomo di grandi qualità, ma desideroso di porsi alla guida del campo neo fascista francese, dinanzi al suo attivismo il Bardèche che rimase sempre soprattutto un intellettuale decise di ritirarsi, il Binet lo sostituì e, sotto la sua direzione, i movimenti che avevano tentato di allearsi sotto l’egida del MSE tornarono a dividersi.
In ogni caso il Bardèche continuò a pubblicare ancora per molti anni, fino al 1982 <Défense de l’Occident> a cui si affiancò la casa editrice Les Sept Couleurs (dal titolo di un romanzo del Brasillach)
Citiamo ancora dal Begeron (pag.66) “La rivista contava tra i suoi collaboratori elementi assai ben informati sulla questione algerina, questione che venne alla ribalta il 1 Novembre 1954, sei mesi dopo Diem Bien Phu, per concludersi nel 1963 con l’attentato del Petit Clamart, la morte del Colonnello Jean Bastien –Thiry e la fine della coraggiosa avventura dell’OAS. La posizione di Défense de l’Occident era alquanto particolare nell’ambito delle pubblicazioni della destra nazionale. Come Benoist Mechin e pochi altri, Bardèche aveva stretto un fruttuoso dialogo con i nazionalisti arabi, per esempio con l’intellettuale egiziano Mohamed Selim al Higazi .Mentre l’estrema destra francese se la prendeva con l’Egitto di Nasser, e sosteneva incondizi
onatamente israele visto come il Davide della bibbia di fronte al Golia del panarabismo, Bardèche pur lottando per la difesa dell’Algeria Francese, faceva saltare i limiti  della visione geopolitica dell’area
” Quando il De Gaulle ritornò al potere, il Nostro tentò di mettere in guardia i <nazionali> francesi dal porsi al seguito dell’ex capo Della Francia <libera>
Tra i collaboratori a Défense possiamo qui ricordare Alain de Benoist, Abel Bonnard, Henry Coston, Pierre-Antoine Cousteau, Leon Degrelle, F. Duprat, Per Engdahl, Julius Evola, Pierre Hofstetter, Jean Mabire, J.Ploncard d’Assac, Paul Rassinier, Lucien Rebatet, Saint Loup, Saint Paulien, Horia Sima, Dominique Venner e via elencando.
Si legge alla pag.108 del libro del Bergeron “Quasi tutti gli intellettuali di destra o di estrema destra, attivi nel periodo dal  dicembre 1952 al novembre 1982, hanno collaborato a Défense de l’Occident. Tuttavia molto pochi lo fecero regolarmente. Molte delle loro collaborazioni si ebbero in occasione di numeri speciali come quello dedicato a Robert Brasillach.”
Il Bergeron riporta poi un’intervista da lui fatta al Bardèche e pubblicata su settimanale di’opposizione nazionale <Rivarol> del 5 Aprile 1979 ne riporto alcuni passi:
L’Europa che si va costruendo non ha molto a che vedere con la mia concezione dell’<Europa cittadella>, totalmente indipendente, quale io la auspicavo nel 1950. In quell’epoca le forze economiche delle nazioni europee riunite superava di molto quelle dell’URSS, Il che oggi non è più vero. D’altra parte noi abbiamo perso la nostra indipendenza energetica. Questa carta potrebbe ancora venire giocata se l’Europa fosse capace di capire che gli Stati arabi sono destinati a essere i nostri partenari privilegiati. E’una semplice questione geografica: noi siamo vicini prossimi e siamo complementari. Essi hanno bisogno della nostra tecnologia; noi abbiamo bisogno del loro petrolio. L’alleanza con gli arabi costituirebbe l’asse essenziale di una possibile politica di indipendenza dell’Europa. Israele non serve all’Europa né sul piano economico, né su quello strategico come eventuale testa di ponte occidentale: il bacino mediterraneo è troppo piccolo per essere l’eventuale teatro di una nuova guerra mondiale; le grandi battaglie potrebbero invece svolgersi nell’Oceano Pacifico a causa delle materie prime e delle rotte strategiche
Puro buonsenso alieno dall’eccessivo filo arabismo (o filo islamismo) che ha accecato, in Italia, alcune componenti del <campo nazionale>!
E ancora: “Ci vorrà ancora molto tempo prima che l’Europa si ritrovi, che essa cessi di essere una civilizzazione del denaro per tornare a essere una civiltà d’elite. Correttezza,  rigore morale, fede, questi valori difettano ora crudelmente ai paesi europei. I veri Europei dovrebbero mettersi alla ricerca di un terzo tipo di civiltà, di una civiltà dei doveri, dei valori morali, dove la gerarchia non sarebbe più quella basata sul denaro. Ma codesto riarmo mortale dell’Europa non sarà frutto di un miracolo. Esso ha per condizione necessaria il riarmo morale di ciascuna delle nazioni europee. L’Europa sarà quella che noi la faremo. Un insieme di stati deboli non darà vita che a un’Europa debole. Non bisogna che l’Europa sia un quadro allargato della nostra impotenza e della nostra decadenza. Non vi sarà un miracolo. Ogni paese deve prendere coscienza delle condizioni dell’avvenire europeo. Forse la crisi economica potrà aiutarci a farlo prima di quanto si possa credere.
Salvo l’ottimismo finale, sono parole da ben meditare oggi quando l’Europa <costruita> da banche e mercanti appare sempre più fallimentare e i popoli europei si avviano sempre più velocemente verso l’estinzione a favore di quelli allogeni.   
L’altro libro di cui qui voglio parlare è quello di Georges Feltin–Tracol <Bardèche et l’Europe> anche questo inizia con la necessaria premessa (pag 7) “L’Europa di Bardèche …non è l’Europa dei nani di Bruxelles; l’Europa di Bardèche è semplicemente l’Europa che noi sogniamo.” Si inizia con un accenno ai fermenti europeistici presenti nella Germania nazional socialista e specialmente nell’armata europea delle Waffen SS. Poi, passata la tempesta della cosiddetta <liberazione> (pag.20) “Dopo aver scartato l’idea di una <Europa terza forza>, gli Stati Uniti incoraggiavano l’Ovest europeo ad accordarsi sotto l’ombrello di una comune direzione atlantica. Il Bardèche non accettava codesta intromissione statunitense nella questione europea…Benché nazionalista, egli indovinava la potenzialità rivoluzionaria dell’unità europea di fronte  al mondo nato a Potsdam. Gli pareva, poi, che i <maledetti>, ex collaborazionisti, o ex combattenti sul fronte orientale, difendevano una tematica anti-comunista, anti-americana e filo europea” E qui un primo accenno ad un fatto su cui si ritornerà dopo: l’incontro con Francis Parker Yockey.
Segue un riepilogo delle tesi esposte in “L’Oeuf de Christophe Colomb”, qui il Bardèche individua il nemico dell’Europa: è il cosiddetto <antifascismo>, un’arma mortale forgiata nella Russia sovietica, grazie ad essa l’accusa di <fascismo> viene scagliata contro ogni fermento positivo per la rinascita dell’Europa. Oggi sappiamo che l’ accusa di <fascismo> non viene più utilizzata per favorire il comunismo (ingloriosamente finito) ma a favore di qualcosa di ben peggio: tutte le tendenze che portano all’ estinzione dei popoli bianchi (E non solo quelli dell’Europa, in fondo anche i <bianchi> Usa possono ormai venire contati tra gli sconfitti della II Guerra mondiale) e alla loro sostituzione da parte delle razze di colore. Possiamo dire che Evola era troppo ottimista a considerare il culmine della sovversione nell’avvento della razza dei <sudra>, al di sotto di questa si profila, infatti, l’avvento  di una umanità ridotta ad una putrescente massa di bastardi senza razza, senza patria e senza fede.
L’Europa è in primo luogo per il Bardèche un insieme difensivo interno ed esterno. Il mondo è cambiato e supremazia bianca appartiene al passato. Bisogna in ogni caso affrontare la sfida per la sopravvivenza. Per affrontare questa sfida bisogna dunque sbarazzarsi dell’<antifascismo>. “Portare l’antifascismo dal piano nazionale a quello europeo vuol dire ampliare al piano continentale le cause della debolezza e della rovina, vuol dire condannare  a morte l’Europa che vogliamo creare”(pag.31)
Inoltre (pag.32) come riassume il Feltin Tracol : “In nome dell’antifascismo elevato al rango di riferimento supremo, la società mercantile dell’indistinto promuove il femminismo, le attitudini sessuali <minoritarie>,  l’aborto e l’eutanasia, e condanna quelle <sensibilità fascistoidi> che sarebbero la volontà politica, la famiglia, l’autorità degli insegnanti, il voto scolastico, la cortesia, e i modi appropriati.
E giungiamo all’esperienza di Malmoe, alla base dell’ideologia del costituendo Movimento Sociale Europeo (pag.38) vi fu il pensiero di Per Engdahl “Una sorta di corporativismo nazionale che riprendeva ..in generale le idee di Benito Mussolini al momento della sua scesa al potere. Per il reso, i partecipanti al convegno auspicavano tutti l’edificazione di Stati nazionalisti al contempo forti e tolleranti, che rifiutassero i sistemi di governo imposti dall’ideologia democratica, e che si dessero per obiettivo la costituzione di un’Europa unita capace di opporsi sia al comunismo che al mercantilismo europeo ……Tutto ciò prese forma in un incisivo manifesto in 10 punti. Oltre ad un anti comunismo virulento e la richiesta di una Rivoluzione Culturale europea, si chiedeva l’elezione diretta dei capi di governo, il controllo a livello continentale dei prezzi e dei salari, l’edificazione di uno Stato corporativo e pianificatore, la difesa dei produttori, la promozione di un’Europa sociale forte e l’integrazione nell’ambito di un Impero europeo dei popoli coloniali che avessero raggiunto un certo grado di sviluppo culturale ed economico.”
Citiamo direttamente “1) In conseguenza delle due guerre mondiali, l’Europa divisa è caduta in uno stato di dipendenza verso le due potenze dominatrici,gli USA e l’URSS. L’attuale dipendenza dell’Europa occidentale nei riguardi degli Stati Uniti non garantisce né la sicurezza degli Stati europei né quella degli stessi USA. Un raggruppamento delle forze europee farebbe al contrario di questi paesi un fattore importante  della politica mondiale. Il M.S.E. afferma dunque il principio fondamentale dell’indipendenza europea. Codesta indipendenza implica che l’Europa non appartiene né al blocco democratico né a quello sovietico e che essa sceglierà da sola il proprio regime politico. Questa nozione dell’indipendenza europea non ha alcun rapporto con la cosiddetta posizione <neutralista>. Essa implica un’Europa fortemente armata.
2) Nell’attuale stato di impotenza dei governi europei, il MSE non può fare a meno di esprimere il voto di poter vedere costituirsi una Germania nazionale e armata nel quadro di un’Europa nazionale e armata- IL M.S.E. non considera il Patto Atlantico quale è ora strutturato, come uno strumento efficace per la difesa dell’Europa. Esso vuole
un’Europa unita con un esercito europeo sotto un comando europeo, e un sistema di alleanze tra le nazioni  europee
”.
Qualche lettore potrebbe pensare che ingloriosamente crollato il sistema del socialismo reale, tali posizioni siano ormai datate: non lo sono a parere di chi scrive, per ciò che riguarda i rapporti con gli Stati Uniti e d’altra parte, a tanti anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, lo studio stesso dei <neofascismi> potrebbe apparire oltre che estremamente interessante anche <utile> in quanto fonte di programmi, intuizioni, sensazioni se non altro, applicabili ancora, mutatis mutandis ai nostri anni e forse anche ancor più a quelli in cui stiamo entrando.
Il M.S.E. evitò di prendere posizioni precise riguardo ai problemi razziali pur auspicando che ogni razza potesse venire reintegrata nel suo territorio storico. Tale moderazione provocò il dissenso di alcuni tra cui il francese R.Binet e lo svizzero G.Amaudruz che nel settembre 1951 diedero vita a Zurigo  al Nouvel Ordre Européen.
Da parte sua il Movimento Sociale Europeo sopravvisse per vari anni, la sua “commissione di studi” tornò a riunirsi dieci volte tra il 1951 e il 1954, a Malmoe, Parigi l’Aia, Madrid, due volte in Italia e  quattro in Germania. E’veramente da rammaricarsi che non si sia ancora fatta la storia di tutti i tentativi di formare la e le cosiddette “internazionali nere”, si può essere certi che vi sarebbe molto da imparare da codesti sforzi, dalle loro elaborazioni dottrinali e dai loro stessi fallimenti.
Oggi noi siamo ancora in attesa di costituzione di una <internazionale dei difensori dell’Europa> che raggruppi le restanti forze che vogliano ancora battersi contro la putrefazione finale della civilizzazione occidentale e l’invasione del nostro continente da parte delle razze di colore.
Cogliamo qualche altra riflessione dal libro del Feltin-Tracol: (Pag.49 ) “..Bardèche preconizza il superamento dello stato nazionale a vantaggio di un insieme continentale, protettore delle varie nazioni. La sua posizione si distingue sia da quella di altri europeisti. All’Europa sovrannazionale anonima, all’Europa  etnoregionalista,   alla visione del suo amico Jean Mabire,regionalista normanno e europeista convinto,il Bardèche  oppone quella di una Europa nata dagli Stati, ma da Stati nazionali o nazionalisti
In effetti non si potrebbe non riconoscere, per quello che ne so, una certa vaghezza nella visione di taluni che preconizzano una <Europa dalle cento bandiere>, d’altra parte,  forse il Bardèche, erede in un certo senso del nazionalismo giacobino puntava troppo sul fattore <Stato>, che scrive avrebbe piuttosto auspicato un <Imperium Europa> (per usare la felice espressione di Norman Lowell) nel cui ambito,una volta costituito ed edificato,si sarebbe potuto vedere quali suddivisioni riconoscere e quali autonomie concedere loro.
Scrive il Feltin-Tracol (pag.51) riportando parole del Bardèche che “In effetti, sono gli uomini gelosi della loro indipendenza nazionale, noti nel passato per il loro nazionalismo intransigente che sono diventati nei loro rispettivi paesi, i sostenitori più attivi e decisi dell’unità europea . il compito dei partiti nazionali europei è il più sacro di tutti: si tratta di  salvare non solo le nostre libertà, ma la nostra stessa esistenza <per compiere il più grave e ultimo di tutti i doveri, quello di salvare la razza>
E Continua “Col passare del tempo, Bardèche auspica un nazionalismo europeo post nazionalista, come una nuova versione di un fascismo rettificato.” In quanto (pag.53) “Il sogno delle potenze fasciste del periodo precedente alla guerra  di costituire un Impero europeo, sia stato o no sincero, è oggi una necessità grave e pressante.” Comunque L’Europa ha bisogno di una nuova <mistica> (pag.52-53) E’grazie ad una mistica  europea che i nazionalismi storici potranno superare  e regolare le loro vecchie rivalità ed è sempre grazie a tale mistica, che si propagherà in tutte le società capaci di riceverla una visione innovatrice nazional europea. Chi dice mistica dice monaci militanti> e Bardèche difende implicitamente l’idea di una elite transnazionale selezionata e pronta ad agire per la comune unità. I suoi modelli potrebbero essere la Guardia Di Ferro rumena e la Falange spagnola. La presenza di tale elite suppone anche l’avere un’ idea precisa di quale dovrebbe essere l’Europa liberata.
Vediamo qualche punto a questo proposito (Pag.58). innanzi tutto l’Europa preconizzata dal Bardèche  si sarebbe fondata sulla riconciliazione definitiva tra Francia e Germania, il che comporterebbe il mettere nel dimenticatoio parte della storia delle due nazioni e dell’Europa stessa.(pag.60) Il che comporterebbe anche, osservo, che si ristabilisca la verità storica sulla Seconda Guerra Mondiale e gli eventi ad essa collegati.
L’Europa auspicata dovrebbe essere innanzi tutto <corazzata>. Corazzata non solo contro nemici esterni, ma anche contro le infiltrazioni estranee di ogni tipo; allora ciò si riferiva alla possibilità di guerra tra i due blocchi. Ora osserva il Feltin-Tracol (pag.66) “..ciò resta attuale a proposito dell’immigrazione massiccia di popolamento che costituisce de facto una quinta colonna destabilizzante manipolata a profitto degli Statti Uniti, di israele, del Qatar o dell’Arabia Saudita.” (Si spera a questo punto che anche i più accaniti antisionisti abbiano capito che anche l’Islam è, di fatto, un nemico dell’Europa!)
Un’ Europa che voglia essere indipendente deve esserlo anche sul piano ideologico, creare una <via> propria, allora distinta dalle ideologie si cui si basavano le due superpotenze, ora necessita una scelta ideologica diversa da quella su cui si fonda la <Nuova Cartagine> d’oltre atlantico. (5)
Una Europa forte, dicevamo, anche in senso militare anzi “militaristico” in quanto pag. 69 “il militarismo non è una malattia dello Stato, ma ne è la forma essenziale. Uno Stato è innanzi tutto un esercito e i primi servitori dello Stato, come ben si sapeva ai tempi delle vecchie monarchie, sono quelli che portano la spada.
Sul piano economico, il  Feltin Tracol (pag.81) ricorda “Bardèche respinge  il primato dell’economia. Questa deve sottomettersi alla politica.Da qui il rigetto del liberismo, visto come origine della più parte dei mali che affliggono la nostra società (pag.84) in favore di un <economia organica>
Infine dal punto di vista del Bardèche l’Europa unita dovrebbe essere la culla di una nuova civiltà. Rifacendosi al libro Sparte et les Sudistes “ Il Feltin-Tracol scrive (Pag.97) “La civiltà euro-fascista del Bardèche non è una caserma a dimensioni continentali. Difendendo il modo di vita sudista egli spera di attenuare l’aspetto soldatesco del suo progetto e favorire una migliore tranquillità di vita, sbarazzata dall’ansia del profitto, dalla competizione, del ritmo sfrenato di lavoro .” Noi oggi possiamo chiederci se per tentare di rimediare alla degenerazione dell’Occidente non sarebbero  necessari lunghi periodi  <di caserma> e di quella “dura”…!
Infine, un ultimo capitolo parla dell’importanza del Bardèche nella evoluzione in senso “europeo” del campo nazionale francese passando per un’ esperienza di cui si è qui già parlato quella di “Europe Action” una rivista le cui tematiche andrebbero senz’altro prese di nuovo in considerazione
Chi scrive è convinto che dalle opere del Bardèche ci sia ancor oggi molto da attingere per tracciare i tratti fondamentali di quel <Fascismo dorico> che alcuni di noi vagheggiano. Da questo punto di vista si è salutata con soddisfazione la ristampa da parte delle edizioni di AR, con il suggestivo titolo di “Fascisti si nasce” di “Sparta e i Sudisti”, l’editore vi ha preposto una prefazione “L’Idea di Sparta” da cui cito (pag.12) “Appunto perché discende da canoni congeniti nella natura etnica spartana,che prevedono una ripulsa o quanto meno un profondo disprezzo della morale ordinaria, l’etica aumana di Sparta giunge assai lontano, più lontano di quanto s’immagini. Chi fondi il proprio codice sull’onore non ammette regole estranee ad esso. Per lui, conta poco la qualifica giuridica degli atti -ovvero, che un comportamento sia denominato lecito o un altro illecito-, non conta nulla il giudizio(di consenso o di riprovazione)di chi non abbia il privilegio di essere suo par.” E poi “Le diverse  versioni del Sudismo offerte dalla storia si fondano tutte sul riconoscimento dell’ineguaglianza tra gli uomini, nonché sul rispetto dell’ordinamento delle caste, la cui Funzione è, appunto,di affermare e confermare tale ineguaglianza.
Andiamo verso tempi sempre più duri, abbiamo bisogno di idee chiare e…dure.
Voglio concludere con qualche riga sui rapporti tra il Bardèche e un  altro autore per chi scrive  fondamentale Francis Parker Yockey: nel suo autobiografico Suzanne
et les taudis “del 1957 il Bardèche dava una narrazione un poco comica, ripresa poi in brevemente da F.Duprat nel suo “Les Mouvements d’Extreme Droite en France depuis 1944” Albatros, Paris, 1972 pagg.22-23 di un incontro da lui organizzato tra Yockey e Rene Binet, incontro nel corso del quale  i due si disputarono vigorosamentente  il ruolo di guida di una più o meno fantomatica “internazionale (Cfr anche Kevin Coogan “Dreamer of the Day- F.P.Yockey and the post war fascist International”Autonomedia, USA, 1999, pagg.214-215)
In “ I Fascismi sconosciuti” (Ciarrapico, Roma, s.i.d., pag.154 leggiamo “Tra i fascisti americani.. non ci sono stati grandi dottrinari o grandi capi intellettuali. La scomparsa prematura di Yockey, autore di <Imperium>, sotto il nome di Ulick Varange ha lasciato un vuoto che non è stato colmato. <Imperium> contiene un certo numero di idee interessanti, espresse troppo sistematicamente e che manifestano un assoluto settarismo intellettuale che limita certamente la postata di questo libro di valore. Tuttavia sul piano ideologico è uno dei contributi più notevoli del fascismo americano del dopoguerra.”. A dire il vero, il sottoscritto non conosce altri “contributi” intellettuali del “fascismo” americano che possano stare alla pari di <Imperium>.
Infine nel suo Souvenirs (Buchet/Castel, Paris,1993) Il Bardèche ritornava su Yockey pag.252 dichiarandosi “pentito” di averne parlato “con leggerezza” nel libro precedente. Raccontando che l’americano era andato da lui portando dei documenti che gettavano muova luce sui processi contro i “criminali di guerra” nazional socialisti, “Egli aveva scritto un’opera in due volumi intitolata<Imperium> che era apparsa a Londra nel 1948 stampata dalla Victoria Press. Si trattava di una critica delle ideologie del XX secolo e di una esposizione di quello che l’autore definiva “Vitalismo Culturale>….Il suo libro corrispondeva alle idee che avevo  sviluppato  bel mio libro sul processo di Norimberga dando  ad esse maggiore estensione e unità e io l’avevo trovato tanto interessante da iniziarne una traduzione, Yockey non aveva trovato un editore in Francia,né aveva trovato collaboratori  per una organizzazione a livello mondiale che voleva fondare..” Poi  la tragedia “So solo che i suoi nemici tentarono di farlo passare per pazzo…. Si dice che si sia suicidato….” ….
Yockey e Bardeche: due maestri, due esempi!
Alfonso De Filippi
NOTE
(1)“ I fascismi furono …l’ultimo tentativo storico fatto dall’uomo ancora in piedi  per rialzare la testa dopo quasi due millenni di cristianesimo. Fu l’europeo che volle essere di nuovo se stesso-quindi paganesimo di fondo dei movimenti fascisti,che pure non ebbero scontri frontali con le chiese cristiane”Silvano Lorenzoni “La figura mostruosa di Cristo e la convergenza dei monoteismi”Primordia, Milano, 2011, pag.88  perciò come scriveva Fabio Calabrese in “ www.alicedemo.net/ereticamente/ “ Quello che dovremmo dunque aspettarci dai fascismi sarebbe un recupero consapevole della simbologia pagana e il rifiuto di qualsiasi tendenza cristianeggiante.”
(2) Recentemente si è potuta leggere la biografia di un altro intellettuale fascista dalla vita incredibilmente avventurosa , mi riferisco a Philippe  Vilgier “Jean Fontenoy aventurier, journaliste et écrivain” (Via Romana, Versailles, 2012.) si potrà,eventualmente ritornarvi in futuro.  In questi giorni il sacrificio di Dominique Venner ha reso ancor di più attuale tutta una tradizione politica e culturale.
(3) Indubbiamente negli anni seguenti la testata avrebbe potuto destare qualche perplessità rischiando di farsi confonderne con l’<occidentalismo> asservito agli USA e al sionismo. Possiamo qui ricordare il numero speciale sull’“aggressione sionista”| che le Edizioni di AR ebbero il merito di tradurre in italiano quando quasi tutto lo <schieramento nazionale | italiano> (ricordo la notevole eccezione di Ordine Nuovo) era invasato dal più becero filo sionismo.
(4) L’opinione di un nemico: “..non è un caso che tanti fautori dell’Europa  unita provengano dai ranghi dei ferventi nazionalisti di ieri.” Ronald Segal “La Guerra delle Razze”Mursia, Milano, 1968, pag.16”
(5) Nel nostro schieramento pare prestarsi poca attenzione ai crescenti sintomi di decadenza che offrono gli USA Cfr., ad esempio, Patrick Buchanan “Suicide of a Superpower”S.Martin Press,USA,2011 e Sergio Romano “Comincia il lento declino della potenza americana”in “Il Corriere della Sera”“22 settembre 2012 L’importante sarebbe che  l’Europa non ne venga anche essa trascinata!Comunque,un altro argomento sul quale , eventualmente, ritornare.

2 Comments

  • Carlo Tominetti 3 Giugno 2013

    Ho incontrato Bardeche tanti anni fa con ‘I servi della democrazia’ edito da Longanesi e poi ho sempre cercato i suoi libri e scritti su di lui perchè mi aveva conquistato la lucidità delle sue analisi. Se si approfondisse la sua conoscenza forse riusciremmo a ritrovarci più uniti in un vero ‘fascio’ invece di pensare di ricostruire una già svalutata all’origine ‘alleanza nazionale’.

  • Carlo Tominetti 3 Giugno 2013

    Ho incontrato Bardeche tanti anni fa con ‘I servi della democrazia’ edito da Longanesi e poi ho sempre cercato i suoi libri e scritti su di lui perchè mi aveva conquistato la lucidità delle sue analisi. Se si approfondisse la sua conoscenza forse riusciremmo a ritrovarci più uniti in un vero ‘fascio’ invece di pensare di ricostruire una già svalutata all’origine ‘alleanza nazionale’.

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