12 Ottobre 2024
Etruschi Toponomastica

Mediolanum/Milano etimologia del toponimo – Massimo Pittau

Dell’etimologia od origine e significato del toponimo Milano si sono interessati parecchi autori. Più esattamente essi hanno cercato la esatta origine e l’esatto significato della sua antica forma latina Mediolanum. Per essa tutti si sono trovati in pieno accordo sul suo significato effettivo e lo hanno indicato in quello di “città mediana o centrale”, dato che questa è la sua reale posizione nella Valle Padana, all’incrocio di strade e di fiumi dell’intera zona circostante. Le discordanze fra gli autori hanno invece riguardato la struttura linguistica e fonetica di Mediolanum.

L’ultima spiegazione che sembra avere trovato l’accordo fra tutti è quella che G. B. Pellegrini (TopIt 110) ha sintetizzato nel seguente modo:

«Si tratta di un composto gallico con medio ‘mezzo’ (cfr. lat. medius, got. midjis e lanum, equivalente di planum (IEW 806), con la nota perdita di p– iniziale tipica del celtico».

Nonostante l’alta stima che io avevo per questo egregio collega e caro amico, io muovo le seguenti obiezioni alla sua spiegazione:

  1. I “toponimi composti o compositi”, costituiti cioè di due parti, la prima di una lingua (es. il lat. medius) e la seconda di un’altra (es. il celtico o gallico (p)lanum) certamente esistono, ma sono piuttosto rari.
  2. Anche in linguistica tra due o più ipotesi si ha il dovere o almeno l’interesse ad optare per quella più semplice e più ovvia. Ed una ipotesi più semplice e più ovvia di quella del Pellegrini io sono per l’appunto in grado di presentare qui di seguito.
  3. Siccome è quasi certo che gli Etruschi abbiano dilagato all’inizio del secolo VIII a. C. nella Valle Padana e nelle valli dell’arco alpino, fondandovi od occupando città come Modena, Mantova, Parma, Bergamo, Varallo Sesia, Chiavenna, Verona, Belluno, Vipiteno ecc., è assurdo ritenere che essi non abbiamo provato interesse anche all’importantissimo centro abitato di Milano molto prima dei Galli, che invece sono arrivati nella pianura padana due secoli dopo, cioè all’inizio del VI sec. a. C. (T. Livio, Ab Urbe condita libri, V, 34).

Premesso tutto ciò, mi preme ricordare il frequente fenomeno linguistico dello scambio dei toponimi con gli antroponimi, cioè dei nomi di luogo coi nomi di persona e viceversa: ad es. i cognomi italiani Ferrara, Modena e Verona derivano dalle rispettive città di cui i titolari erano originari; i toponimi Cécina, Cesena e Ravenna derivano dai cognomi degli originari proprietari di un predio o un cascinale o una officina o una fabbrica.

Ciò fatto presento il prenome e il gentilizio femm. etrusco LARΘI MEΘLNA, ΘANA MEΘLNE (ThLE²), il quale si può interpretare senz’altro come l’etnico femm. Mediolanensis «(Lartia) Mediolania» e «(Thana) Mediolania» oppure anche come «Medioleia», femm. del gentilizio lat. Medioleius (RNG). Ebbene, faccio osservare e sottolineo che fra il lat. Mediolanum e l’etr. MEΘLNA esiste una totale uguaglianza dei fonemi, che sono ben sei e pertanto è molto consistente nelle comparazioni etimologiche di più vocaboli (È ben conosciuta la corrispondenza etrusco-latina Θ/D; LLE norma 4).

E non soltanto, ma è pure degna di nota ancora la uguaglianza di cinque fonemi tra Mediolanum e l’appellativo lat. medulla «midolla», la quale va ovviamente spiegata come «sostanza mediana o centrale dell’osso».

Come si vede facilmente la consonante iniziale /p-/ del celtico planum non compare per nulla in questo mio discorso.

E la conclusione logica del discorso mi sembra che debba essere questa: Mediolanum non è affatto un toponimo composito, costituito cioè da una parte latina e da una parte celtica, ma è un toponimo unitario, anche se di formazione etrusca e latina, prima etrusca e dopo latina. E soprattutto nel toponimo non c’è proprio nulla di celtico o gallico.

Si deve fare un’ultima ma importante considerazione: a me sembra molto probabile che la “denominazione” della città di Milano sia da attribuire agli Etruschi invasori della Valle Padana; la “denominazione”, ma non la “fondazione” del centro abitato, la quale invece poteva essere stata effettuata da qualche altro popolo precedente (Camuni o Leponzi o Liguri ?). Il fatto che la denominazione degli Etruschi si sia imposta e affermata è una circostanza del tutto congruente col ruolo di grandi acculturatori che gli Etruschi hanno esercitato in tutta Italia, anche nella Valle Padana; basti dire che hanno esportato dappertutto la lingua etrusca o almeno la scrittura etrusca. Ed è del tutto certo che sempre e dappertutto la scrittura contribuisce enormemente alla stabilizzazione e alla conservazione dei toponimi. Vedi Belluno, Bergamo.

 

 

BIBLIOGRAFICA CON SIGLE

 

IEW   Pokorny J., Indogermanisches Etymologisches Wörterbuch, I-II, Bern-München 1959-1969, Francke Verlag.

LLE  Pittau M., Lessico della Lingua Etrusca – appellativi antroponimi toponimi, Roma, Società Editrice Romana, 2012.

RNG   Solin H. et Salomies O., Repertorium nominum gentilium et cognominum Latinorum, Hildesheim-Zürich-New York 1988.

ThLE  Thesaurus Linguae Etruscae, I Indice lessicale, Roma 1978; I Supplemento, 1984; Ordinamento inverso dei lemmi, 1985; II Supplemento, 1991; III Supplemento, 1998. Seconda edizione, Pisa-Roma 2009.

TopIt  Pellegrini G. B., Toponomastica Italiana, Milano 1990, editore Hoepli.

2 Comments

  • Gianluca Padovan 17 Marzo 2018

    Pensierino del mattino.
    Facciamo quattro chiacchiere:
    1. In genere i centri abitati istituiti con rito di fondazione possedevano un nome. Ad esempio, per Milano e Roma, quale era il loro nome primigenio? Per Milano non certo Mediolanum o Mediolanium. Tale nome è stato verosimilmente “appiccicato” a posteriori nel corso dell’invasione delle legioni di Roma, tanto e utilmente per assegnare un nome ad una città… da apporre sul cartello stradale.
    2. Tra fine del II millennio e tre quarti del successivo millennio avanti l’anno zero, chi abitava l’Italia? Tante genti, ma vi era una peculiarità in talune che possedevano e mostravano caratteri assolutamente distintivi: tradizioni, armi, elementi e segni come bipenne, svastica, astro solare, etc. (segni presenti negli oggetti esposti nei vari musei fino agli anni Ottanta. E poi rimossi perché… “antipatici”?).
    3. Taluni di questi vogliamo chiamarli Villanoviani in virtù del fatto che in un particolare luogo (Villanova di Castenaso) Giovanni Gozzadini si accorge e ci scrive di determinati oggetti caratterizzanti? Vogliamo chiamarli Etruschi e seguendo quello che molti credono ancora oggi? Cioè che i primi e i secondi siano genti distinte e non già, come in realtà è, la stessa gente dislocata in differenti territori separata da una bella manciata di secoli? Vogliamo chiamarli invece Adri? Non sarebbe male, visto che hanno dato il loro nome a un bel braccio di mare: Adriatico. La stessa cosa si dica per Tirreni, o meglio Tirseni, da cui Tirreno.

    Ma, soprattutto, vogliamo andare una buona volta al di là della disputa intellettuale nel tentativo di spaccare in quattro il classico capello e disputarsi su di un nome?
    Vogliamo renderci conto che la ricostruzione delle nostre origini e del nostro linguaggio vanno affrontati in altro modo e, magari, proprio da dove hanno lasciato taluni pionieri dell’archeologia e della glottologia?
    Chi avrà ancora oggi il coraggio di rimettere gli studi nella giusta ottica, ovvero quella di vedere che in Europa vi erano gli Europei (e non già gli “indoeuropei” perché dal sub continente indiano non è arrivato alcunché). Chi vorrà ricordare che gli stessi caratteri distintivi ed unitari si riscontravano dall’estremo nord fino alla Grecia e alla Sicilia? Inoltre, i Celti “producevano” cultura celta e non già “celtica”. Un po’ come i Romani che hanno prodotto cultura romana e non già “romanica”: chiaro il concetto?
    Ora “spacchiamo pure il capello in quattro”, ma per una sostanza, per recuperare ciò che siamo stati, non per un semplice nome.
    Lieto se ho provocato un polverone, ma al solo scopo di fare riflettere e comunque d’indurre qualcheduno a pensare al di fuori degli schemi purtroppo sclerotizzatisi in questi ultimi decenni.
    Grazie per la pazienza.
    Gianluca Padovan

    P.S.:
    In fondo a questa pagina web leggo e riporto un passo evidenziato dalla Redazione di Ereticamente che deve necessariamente fare riflettere… e magari essere da “traccia” in quel che si desidera comunicare:
    «La visione del mondo non si basa sui libri, ma su di una forma interiore e su una sensibilità, aventi carattere non acquisito, ma innato. Si tratta essenzialmente di una disposizione e di un atteggiamento, non già di teoria o di cultura, disposizioni che non concernono il solo dominio mentale ma investono anche quello del sentire e del volere, informano il carattere, si manifestano in reazioni aventi la stessa sicurezza dell’istinto, danno evidenza ad un lato significato dell’esistenza».

  • Gianluca Padovan 17 Marzo 2018

    Pensierino del mattino.
    Facciamo quattro chiacchiere:
    1. In genere i centri abitati istituiti con rito di fondazione possedevano un nome. Ad esempio, per Milano e Roma, quale era il loro nome primigenio? Per Milano non certo Mediolanum o Mediolanium. Tale nome è stato verosimilmente “appiccicato” a posteriori nel corso dell’invasione delle legioni di Roma, tanto e utilmente per assegnare un nome ad una città… da apporre sul cartello stradale.
    2. Tra fine del II millennio e tre quarti del successivo millennio avanti l’anno zero, chi abitava l’Italia? Tante genti, ma vi era una peculiarità in talune che possedevano e mostravano caratteri assolutamente distintivi: tradizioni, armi, elementi e segni come bipenne, svastica, astro solare, etc. (segni presenti negli oggetti esposti nei vari musei fino agli anni Ottanta. E poi rimossi perché… “antipatici”?).
    3. Taluni di questi vogliamo chiamarli Villanoviani in virtù del fatto che in un particolare luogo (Villanova di Castenaso) Giovanni Gozzadini si accorge e ci scrive di determinati oggetti caratterizzanti? Vogliamo chiamarli Etruschi e seguendo quello che molti credono ancora oggi? Cioè che i primi e i secondi siano genti distinte e non già, come in realtà è, la stessa gente dislocata in differenti territori separata da una bella manciata di secoli? Vogliamo chiamarli invece Adri? Non sarebbe male, visto che hanno dato il loro nome a un bel braccio di mare: Adriatico. La stessa cosa si dica per Tirreni, o meglio Tirseni, da cui Tirreno.

    Ma, soprattutto, vogliamo andare una buona volta al di là della disputa intellettuale nel tentativo di spaccare in quattro il classico capello e disputarsi su di un nome?
    Vogliamo renderci conto che la ricostruzione delle nostre origini e del nostro linguaggio vanno affrontati in altro modo e, magari, proprio da dove hanno lasciato taluni pionieri dell’archeologia e della glottologia?
    Chi avrà ancora oggi il coraggio di rimettere gli studi nella giusta ottica, ovvero quella di vedere che in Europa vi erano gli Europei (e non già gli “indoeuropei” perché dal sub continente indiano non è arrivato alcunché). Chi vorrà ricordare che gli stessi caratteri distintivi ed unitari si riscontravano dall’estremo nord fino alla Grecia e alla Sicilia? Inoltre, i Celti “producevano” cultura celta e non già “celtica”. Un po’ come i Romani che hanno prodotto cultura romana e non già “romanica”: chiaro il concetto?
    Ora “spacchiamo pure il capello in quattro”, ma per una sostanza, per recuperare ciò che siamo stati, non per un semplice nome.
    Lieto se ho provocato un polverone, ma al solo scopo di fare riflettere e comunque d’indurre qualcheduno a pensare al di fuori degli schemi purtroppo sclerotizzatisi in questi ultimi decenni.
    Grazie per la pazienza.
    Gianluca Padovan

    P.S.:
    In fondo a questa pagina web leggo e riporto un passo evidenziato dalla Redazione di Ereticamente che deve necessariamente fare riflettere… e magari essere da “traccia” in quel che si desidera comunicare:
    «La visione del mondo non si basa sui libri, ma su di una forma interiore e su una sensibilità, aventi carattere non acquisito, ma innato. Si tratta essenzialmente di una disposizione e di un atteggiamento, non già di teoria o di cultura, disposizioni che non concernono il solo dominio mentale ma investono anche quello del sentire e del volere, informano il carattere, si manifestano in reazioni aventi la stessa sicurezza dell’istinto, danno evidenza ad un lato significato dell’esistenza».

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