Storia di un Culto
Le prime notizie circa il Dio Mithra pervengono dall’arcaica tradizione dei Veda indù e precisamente dal più antico, il Rig-veda, risalente ad un epoca di diverse migliaia di anni fa più remota dalla nascita dell’età volgare, che inquadrano la divinità in questione come reggente di un mondo perfetto delle origini ormai dimenticato, protettore dell’Ordine Universale insieme al dio Varuna.
Ritroviamo Mithra, poi, in un’altra tradizione di origine indoeuropea, precisamente in quella iranica, ove, oltre che nell’antico Iran, anche in zone come la Cappadocia, Commagene, del Ponto e le terra dei Mitanni-hurriti, assume la valenza del Numen tutelare del Patto, del Giuramento: tale caratteristica, non solo valse l’acquisizione di un crisma prettamente guerriero, ma anche, nell’antica Persia, permise che il suo culto diventasse la base del sistema feudale dell’impero. Il contatto con il mondo occidentale e quindi con la Romanità avvenne, con l’espandersi della stessa, ad opera dei legionari, anche se Plutarco nella “Vita di Pompeo” narra di “strani riti” celebrati dai pirati della Licia; il culto entrerà ufficialmente a Roma, poi, solo nel 66 d.C., portatovi da Tiridate, re dell’Armenia, in visita a Nerone. Il contatto con il mondo greco-romano, con le sue istituzioni misteriche (molte sono le similitudini con i Misteri di Eleusi) e con la filosofia neoplatonica – come dimostrano varie opere di Porfirio -, forgiarono una vera e propria via iniziatica ermetica, riservata a pochi eletti, sempre al riparo nei suoi mitrei, nelle sue grotte sotterranee riservate al culto, che simbolicamente possiamo associare al mito platonico della caverna: Mithra nasce alchemicamente dalla pietra, come la vera Luce cova e si manifesta nell’oscurità della notte. Solo una tarda volgarizzazione potè assimilargli il ruolo di Soter, Salvatore, spesso confuso erroneamente col Cristo, e una statalizzazione , voluta da Diocleziano, Galerio e Licino lo proclamò “Deo Soli Invicto Mithrae fautori imperii sui”, assimilando il culto a quello ufficiale ed imperiale di Helios, introdotto a Roma, da Emesa, da Aureliano. Una breve introduzione storica si è rilevata necessaria per inquadrare le radici del Culto, che pian piano è andato completandosi, arricchendosi, sicuramente per meglio manifestare tutta la propria potenzialità spirituale, che è di natura ermetica, quindi di origine primordiale, regale ed iniziatica. Il mito e la tradizione fanno ricordare Mithra per due momenti salienti del suo decorso esoterico, cioè per la sua nascita dalla roccia e per l’uccisione del toro sacrificale, che non assume il solo valore rinnovatore del cosmo, ma possiede una ben più alta e precisa valenza spirituale. Tutto si inquadra in una visione del mondo prettamente solare, concepita tradizionalmente, militando, l’iniziato o il neofita, per lo schieramento avversario irriducibile delle Tenebre, di Arimanne, di Tifone-Seth, di Vediovis, ma anche di tutta la spiritualità lunare delle madri come Iside, Demetra e Astarte, quindi per lo schieramento di Eracle, del Marte romano, di Horus…naturalmente di Mithra. Poco o nulla si potrà comprendere di tale culto misterico se non si farà propria tale prospettiva polare, tale atteggiamento guerriero, di superamento magico, quindi di superamento attivo.
Ritroviamo Mithra, poi, in un’altra tradizione di origine indoeuropea, precisamente in quella iranica, ove, oltre che nell’antico Iran, anche in zone come la Cappadocia, Commagene, del Ponto e le terra dei Mitanni-hurriti, assume la valenza del Numen tutelare del Patto, del Giuramento: tale caratteristica, non solo valse l’acquisizione di un crisma prettamente guerriero, ma anche, nell’antica Persia, permise che il suo culto diventasse la base del sistema feudale dell’impero. Il contatto con il mondo occidentale e quindi con la Romanità avvenne, con l’espandersi della stessa, ad opera dei legionari, anche se Plutarco nella “Vita di Pompeo” narra di “strani riti” celebrati dai pirati della Licia; il culto entrerà ufficialmente a Roma, poi, solo nel 66 d.C., portatovi da Tiridate, re dell’Armenia, in visita a Nerone. Il contatto con il mondo greco-romano, con le sue istituzioni misteriche (molte sono le similitudini con i Misteri di Eleusi) e con la filosofia neoplatonica – come dimostrano varie opere di Porfirio -, forgiarono una vera e propria via iniziatica ermetica, riservata a pochi eletti, sempre al riparo nei suoi mitrei, nelle sue grotte sotterranee riservate al culto, che simbolicamente possiamo associare al mito platonico della caverna: Mithra nasce alchemicamente dalla pietra, come la vera Luce cova e si manifesta nell’oscurità della notte. Solo una tarda volgarizzazione potè assimilargli il ruolo di Soter, Salvatore, spesso confuso erroneamente col Cristo, e una statalizzazione , voluta da Diocleziano, Galerio e Licino lo proclamò “Deo Soli Invicto Mithrae fautori imperii sui”, assimilando il culto a quello ufficiale ed imperiale di Helios, introdotto a Roma, da Emesa, da Aureliano. Una breve introduzione storica si è rilevata necessaria per inquadrare le radici del Culto, che pian piano è andato completandosi, arricchendosi, sicuramente per meglio manifestare tutta la propria potenzialità spirituale, che è di natura ermetica, quindi di origine primordiale, regale ed iniziatica. Il mito e la tradizione fanno ricordare Mithra per due momenti salienti del suo decorso esoterico, cioè per la sua nascita dalla roccia e per l’uccisione del toro sacrificale, che non assume il solo valore rinnovatore del cosmo, ma possiede una ben più alta e precisa valenza spirituale. Tutto si inquadra in una visione del mondo prettamente solare, concepita tradizionalmente, militando, l’iniziato o il neofita, per lo schieramento avversario irriducibile delle Tenebre, di Arimanne, di Tifone-Seth, di Vediovis, ma anche di tutta la spiritualità lunare delle madri come Iside, Demetra e Astarte, quindi per lo schieramento di Eracle, del Marte romano, di Horus…naturalmente di Mithra. Poco o nulla si potrà comprendere di tale culto misterico se non si farà propria tale prospettiva polare, tale atteggiamento guerriero, di superamento magico, quindi di superamento attivo.
Le corrispondenze astrali e metalliche
Il termine ermetico adoperato in tale contesto va inteso nel più profondo del proprio significato, non solo nella più considerata e generale accezione alchemica, ma quale simbolo unitario (dal verbo greco sùmballo), sintesi di domini diversi ma correlati, che attraverso i diversi gradi di iniziazione al Numen della Luce, del Patto e del Fuoco, ci permetteranno di cum-prendere l’essenza più alta che la Tradizione abbia mai espresso: in merito ci riferiamo a quanto evidenziato da Giandomenico Casalino nel suo Il Nome Segreto di Roma (p. 75, Edizioni Mediterranee), , nel quale si precisa come “…la corrispondenza magica Astro-Dio-Metallo, realtà alla quale ci si deve accostare…cogliendone la dimensione simbolica per effetto dell’assimilazione del principio anagogico della Trascendenza Immanente (il Metallo) e/o della Immanenza Trascendente (l’Astro), dove quella è una manifestazione spirituale della materia corporea e questa è una manifestazione corporea dello spirito”. Seguendo tale traccia, ritroviamo le indicazioni di Celso (Origene, Contra Celsum, VI, 22), secondo il quale nel culto mithriaco, e ne danno evidenza anche le testimonianze parietali nei diversi mitrei ritrovati come quelli di Capua, di Ostia, vi fosse una strettissima connessione tra una gerarchia di pianeti e di metalli, oltre al settenario musicale. Ad ogni grado di iniziazione che sarà successivamente esaminato, sarà possibile associare un Astro-Nume di riferimento ed un metallo, che ne caratterizzano, ancor più esotericamente, la funzione anagogica. Tutto ci ricondurrà alle sette operazione dell’Arte, le sette porte di Mithra, che sono le sette purificazione del Mercurio Filosofale:”Bisogna purificare il Mercurio almeno sette volte. Allora il bagno per il Re è pronto”(Filalete, Epistola di Ripley, cap. LI) ).
I sette gradi di trasmutazione
La testimonianza archeologica che più può essere d’aiuto per comprendere il complesso sistema iniziatico del culto di Mithra è sicuramente il mosaico pavimentale presente nel mitreo di Felicissimo ad Ostia, denominato Scala delle Sette Porte. Sia Celso sia Porfirio ci parlano di un’iniziazone con sette diversi e gerarchici gradi di conoscenza e, come rappresentato nelle sette porte di Ostia, ognuno rappresentato dall’animale simbolico e dall’Astro/Nume di riferimento. Il primo grado è rappresentato dal Corax (Corvo), egli è la base del culto mithriaco, il neofita che affronta le prime prove di umiltà, di controllo dell’ego, di mantenimento del segreto. Simboleggiato appunto da un corvo, è il messaggero degli Dei che risvegliano Mithra, avendo in Hermes-Mercurio la propria divinità tutelare. Il risveglio è l’inizio della rettificazione del myste, il risveglio della propria essenza solare: ogni rettificazione la si può riconnettere ai centri di luce, chakra nella tradizione indù o sephira in quella cabalistica, lungo il canale verticale che corre lungo la colonna vertebrale, espressione proprio di un Caduceo Ermetico che ritroviamo tra i simboli di Hermes e del Corax, ove si intrecciano le energie lunari e solari, mercuriali e sulfuree, lungo quello che viene denominato il “canale di Brahma”. Al primo grado è possibile connettere il chakra Muladhara, in corrispondenza dell’osso sacro, sede di Kundalini dormiente o il decimo sephira Malkut, il livello più basso e oscuro dell’Albero Sephiretico. Non si dimentichi, inoltre, come al nero corvo ed alla prima purificazione del Mercurio sia legata la prima operazione alchemica, quella della calcinazione:”con la calcinazione tutte le cose corporee divengono carbone e cenere”(Paracelso, De natura rerum libri novem, Edizioni Phoenix). Il secondo grado è rappresentato dal Nymphus (Crisalide), concernente la presa di consapevolezza dell’iniziato, del processo ascensionale che lo attende, come attesta la rappresentazione di Eros e Psyche nel mitreo di Capua, una nuova luce che sorge e viene condotta dall’Amore verso il cielo delle stelle fisse: non casualmente, infatti, la divinità tutelare del Nymphus è Venere. Nel microcosmo, nei centri di vita sottile il secondo grado si identifica con il secondo chakra Swadhistana, localizzabile nella zone del pube, o con il nono sephira Yesod, entrambi espressi da simboli che si rifanno al mondo delle acque, della luna, come espressione dell’inconscio e della dimensione astrale. Giustamente, infatti, Stefano Arcella nel suo studio (I Misteri del Sole, Edizioni Controcorrente, p. 117) sottolinea come “le ninfe sono le forze mistiche, le intelligenze spirituali che esercitano il loro dominio sulle acque”. Alchemicamente si passa alla seconda operazione, denominata putrefazione:”tutto ciò che è vivo in essa muore, tutto ciò che è morto in essa acquista la vita”(Paracelso). Il terzo grado è quello del Miles (Soldato), simboleggiato dallo scorpione, rappresenta, tramite la consacrazione a Mithra ed il rifiuto dell’incoronazione umana (“Mithra è la mia corona!”), l’ingresso dell’iniziato nella Milizia Celeste, coloro che combattono per il Fuoco e la Luce, avendo in Marte il proprio nume tutelare. E’ il chakra Manipura dove ha sede il fuoco, in corrispondenza con il plesso solare, o l’ottavo sephira Hod, la sapienza e la collettività, quindi Mithra che esce armato dalla grotta platonica per combattere, con la lancia di Marte, per affrontare un cammino oscuro che non conosce, è l’elemento ferreo che si attiva, l’irrazionale che cerca di purificarsi, la forza guerriera cieca, istintiva, che intraprende la via per la propria purificazione: alchemicamente si arriva alla terza operazione, quella della soluzione, ove si produce l’unione progressiva e non violenta del fisso col volatile…il Fuoco deve essere ancor tenuto basso! Il quarto grado è rappresentato dal Leone ed ha come divinità planetaria protettrice Giove: è la visione dell’essenza solare e cardiaca, di Apollo, tramite il quale continua la purificazione del fuoco interiore, ora manifesto in senso eminentemente filosofico e vittorioso, che si accinge al viaggio iniziatico: non è casuale la funzione che i Leones avevamo all’interno della comunità mithriaca, come custodi, appunto, del fuoco e dell’ara sacrificale. Alchemicamente si è passati all’operazione della distillazione, ove numerose purificazioni dei “residui” tendono a far volatilizzare gli spiriti: siamo al quarto chakra Anahata o al settimo sephira, in corrispondenza della zona cardiaca, ove inizia la spirale ermetica di J.G. Gichtel, sede della Vittoria, della Sapienza e del Divino interiore, concludendosi la Nigredo per “la manifestazione del bianco”. Il quinto grado è quello del Perses (Persiano), il guerriero indoeuropeo che entra nella porta degli Inferi, simboleggiata da Cautopates, il dadoforo con la torcia rivolta verso il basso, non a caso assimilato a Hesperus, la stella della sera, e sotto la tutela astrale e numinosa della Luna. Inizia il processo di ricapitolarizzazione del proprio microcosmo, degli stati sublunari e psichici: qui il guerriero attraverso la notte dell’anima, con la valenza già di uno svegliato, di colui che ha già superato la prova eleusina del sonno iniziatico, quindi presente a se stesso, ricettivo verso gli insegnamenti della Grande Madre, della Luna, del Femminile che percorre simultaneamente la Natura e la sua interiorità. Stefano Arcella ed il Merkelbach fanno notare opportunamente come a tale grado fosse associato il simbolo della chiave, di un permesso per varcare il mondo lunare: metallicamente questa chiave non può che essere di argento! Il quinto chakra è quello denominato Vishudda, localizzato all’altezza della gola, o il quinto sephira (l’ordine sephiretico risulta solo apparentemente anomalo, essendo sulla scala del dieci e non del sette) Geburah, appunto il guerriero, la separazione da ciò che è materiale, propriamente umano: la sublimazione, la quinta operazione alchemica, separa, mediante il fuoco, lo spirituale dal corporale (Alberto Samonà, La Tradizione del Sé, Edizioni Atanor). La notte non può essere eterna ed Hesperus si trasforma in Lucifero, la stella del mattino, come Cautes sostituisce Cautopetes, la fiaccola si innalza al Cielo, essendo giunto l’iniziato al sesto grado, quello di Heliodromos (Corriere del Sole), la Porta dei Cieli, ove, sotto la tutela astrale e divina del Sole, si riunisce ciò che si è precedentemente purificato: qui vi è Ianus della tradizione romana, qui la chiave d’argento del Perses diviene chiave d’oro, è la composizione del Rebis, del maschile e del femminile, del solare e del lunare, è la realizzazione dell’Albedo, l’accesso agli stadi sovraindividuali, è l’Argento filosofale che si manifesta e che inizia la sua trasmutazione in Oro. Non a caso ciò si riconnette al sesto chakra, Ajna, sede del Terzo Occhio di Shiva, tra le sopracciglie, ove il dio interiore incontra, come già notato, la sua controparte femminile, la Shakti; cabalisticamente ci si può riferire al secondo sephira, Chokma, sede della Sapienza.
La Tauromachia
L’esame del settimo grado dell’iniziazione mithriaca, quello del Pater, comporta necessariamente un approfondimento del mito centrale e fondante del culto in questione, cioè il sacrificio cosmogonico ed esoterico del toro: tale mito, insieme alla tutela mithriaca dei patti e dei giuramenti, è sicuramente presente sin dall’origini indoiraniche della divinità e ne rappresenta simbolicamente la più alta valenza metafisica. Mithra nato dalla roccia il giorno del Solstizio d’Inverno e uscito dalla caverna nel grado di Miles, sa di dover immolare il toro, per ordine degli Dei su mandato del loro messaggero, il corvo Hermes-Mercurio. Egli salta sul dorso del toro, ma non lo uccide subito, resiste attendendo che il toro si stanchi e lo immola, dolorosamente, solo quando questo sarà entrato nella grotta. Il significato macrocosmico del rito è di rinnovamento del cosmo, della sua manifestazione: il sangue che sgorga dalla ferita dell’animale è la linfa che fa rinascere la vita: Porfirio lo definisce padre del mondo e del Tutto. Ma vi è un significato più profondo del rito, che va oltre la dimensione mitica, per ascendere alla più pura spiritualità indoeuropea, alla più cristallina ascesi interiore. L’immolazione del toro viene compiuta dal Pater, il capo sacerdotale della comunità mithriaca, colui che sovrintende la trasmissione della Sapienza Arcana, colui che possiede lo scettro del Mago, come Saturno, suo Nume tutelare. Se in Heliodromos si è avuto la congiunzione del Re e della Regina, del maschile e del femminile, del solare e del lunare, il Pater deve attuare l’ultima operazione, l’ultima fissazione, l’ultima purificazione dagli elementi terrestri e lunari. Stefano Arcella (op.cit., p. 85-6) ha reso perfettamente tale senso esoterico:”il sacrificio del toro è il superamento, da parte dell’adepto ai Misteri, della sua componente tellurico-lunare, se è vero che il toro, nella sua possanza, allude alla incoercibilità delle forze istintive e passionali, al tumulto delle spinte della natura inferiore dell’uomo, simboleggiate dalla Terra”. Nel sistema dei chakra ciò corrisponde al settimo, Sahasrara, o al primo sephira cabalistico, Keter, situato sulla testa, luogo di congiunzione della Sushumna con il Divino, realizzazione degli stadi sovraindividuali e completo risveglio della Kundalini. Nel settimo grado del Pater, Saturno si illumina e ritorna reggitore del mondo e del tempo, dio della Tradizione Primordiale, Piombo che si purifica e si trasmuta in Oro. In quest’ottica si può maggiormente comprende la corrispondenza dell’iniziazione mithriaca con lo sviluppo dell’Arte Metallica. Abbiamo già accennato alla spirale ermetica di J.G. Gichtel: in essa il principio è rappresentato da Sole-Oro nella zona cardiaca, il quale, tramite un movimento centripeto dissolve gli elementi superiori in quelli inferiori tramite la cottura col Fuoco e poi, con un movimento centrifugo, li riconduce alla loro reale essenza. Ci si trova, quindi, innanzi ad un simbolo in cui il plumbeo Saturno della regione coronale si dissolve nella Luna-Argento della regione sacrale per ridiventare, come detto, aureo, Giove-Stagno della regione frontale si dissolve in Mercurio della regione ombelicale, Marte-Ferro della regione laringea si dissolve in Venere-Rame della regione lombare:”Di là dalla settima sfera, l’eccesso: ciò in cui non vi è più né un qui, né un non-qui, che è calma ed illuminazione e solitudine come in un oceano infinito. E’ il grado di Padre di là da quello dell’Aquila, il vertice, il substrato del mondo voraginoso, scatenato, fiammeggiante delle potenze”(Julius Evola, La via della realizzazione di sé secondo i misteri di Mithra, Fondazione Evola, p. 14)).
La realizzazione dell’Uno
Molti sono stati gli scritti, gli articoli, i testi che profondamente hanno indagato la simbolica e l’essenza tradizionale e spirituale dell’iniziazione mithriaca, ma, purtroppo, pochi hanno ben evidenziato come il settimo grado di tale culto misterico, quello del Pater, non rappresentasse l’ultima tappa dell’ascensione al Divino. Se profanamente si provasse a schematizzare il processo iniziatico di cui si è scritto, sarebbe possibile confrontarlo, riducendo il settenario in forma quaternaria, alle varie fasi dell’Opera Alchemica ed alla suddivisione microcosmica operata dal Kremmerz e dalla sua Schola. Infatti, le prime quattro figure che partono dal Corax ed arrivano al Leone è possibile paragonarle alle quattro operazioni dell’Opera al Nero, la Nigredo (calcinazione, putrefazione, soluzione, distillazione ), mentre la figura del Pherses, sotto l’egida astrale della Luna, e quella di Heliodromos, portatore del Sole ma non il Sole, configurano la dimensione numinosa della nuda Diana, dell’immortalità virtuale, quindi della realizzazione dell’Opera al Bianco, Albedo. Lo stato di Pater, pertanto, non costituisce, come molti potranno azzardare, la fissazione aurea della Rubedo, ma solo la sua parte iniziale, il Solve, che necessita di un ulteriore sviluppo, di un Coagula: anche simbolicamente, molto spesso, la figura di Mithra vincitore è stata accostata all’Aquila, unico animale a fissare da vicino il Sole…ma non ancora identificatosi con esso. Tali accostamenti potranno risultare più puntuali se ci si rifà, come anticipato, alla dottrina interna di Giuliano Kremmerz e di tutta la Tradizione Occidentale. In essa vi sono quattro corpi che caratterizzano l’uomo: il corpo saturnio (nel senso oscuro e duale che ha tale riferimento numinoso), quindi materiale e transuente; il corpo lunare, quindi la sfera acquatica, della passioni, dei sentimenti, goccia di Anima Mundi; il corpo mercuriale, quindi la sfera dell’Intelletto, del Demiurgo, dell’Essere, simboleggiato non casualmente dall’Aquila; infine, il corpo solare, cioè la sfera dell’Infinito, che in matematica si esprime come un otto posto orizzontalmente (∞), cioè coincidenza di due mondi (Cielo e Terra, Essere e Divenire,…) che prima con l’otto posto verticalmente (8) mediava e gerarchizzava la manifestazione, dell’Identità Suprema, ove non vi è differenza tra Essere e non-Essere, ove l’essenza solare è in sé, quindi non manifesta, quindi “essenza polare”. Come riporta il Merkelbach nel suo studio (Mitra, il Signore delle Grotte, Edizioni ECIG, p. 87), sempre nel citato mitreo di Felicissimo a Ostia nel mosaico pavimentale, vi è un ottavo riquadro con l’iscrizione del committente, ma avente anche un diverso e supremo significato: come ci riporta sempre il Merkelbach “quest’ultimo riquadro simboleggia le regioni oltre il cielo delle stelle fisse, alle quali, dopo la morte, ascenderà l’anima dell’iniziato”. Se Saturno/Zervan è il Signore del Tempo, se è la compiutezza di ciò che nella dottrina ermetico-alchemica viene denominata Opera al Giallo, cioè l’ultimo Solve, Egli è, secondo quanto riporta Porfirio, nella sua opera Sulla filosofia degli oracoli, Aiòn, l’Eternità, il Bene Supremo di Platone (non erroneamente alcuni studiosi ed autori, come Platone nel Timeo, hanno identificato Saturno e Aiòn, essendo le due facce della medesima operazione), l’Essenza Originaria, da cui si sono emanate le varie divinità della tradizione greco-romana: qui si attua la Realizzazione Ultima, al di là delle statue dell’Anima e del Nous, come si “procedeva” ad Eleusi, la compiutezza dell’ultimo Coagula, della Rubedo. Se il Pater è la trasmutazione del corpo in spirito e dello spirito in corpo sulla terra, Aiòn è il volo e l’identificazione verso le stelle, è l’uomo divino, è Mithra che abbandona definitivamente l’umano ed il terrestre per divenire egli stesso l’essenza arcana di Helios:”Egli entra in intimo rapporto col Divino…egli si vede diventato il Divino stesso…vita degli Dei e degli uomini divini e perfettamente felici: lungi dagli altri che sono quaggiù, superiore ai piacieri di questo mondo, fuga dell’Uno verso l’Uno”(Plotino, Enneadi, VI, 9, 11).
Luca Valentini
(saggio pubblicato sul n. 5, Ottobre 2011, della rivista Betile, Cagliari)