di Mario M. Merlino
Ho trovato un commento assai critico a fondo pagina al mio intervento ultimo, quello cioè dedicato a Moana Pozzi. Dove, fra le tante cose, mi sono dimenticato di raccontare come, abitando allora nei pressi della basilica di Santa Maria Maggiore, incontravo sovente lei e le altre porno dive al bar sotto casa (non perché avessero vocazioni claustrali, soltanto perché nelle vicinanze vi era il Blu Moon dove si esibivano). Un caffè e un’acqua minerale, nulla di più…Voglio e devo ringraziare l’anonimo commentatore. Senza ironia e rispettando, pur in assoluto dissenso, le motivazioni della sua critica. Egli mi dà il destro, con il rispondendogli, di scriverne un altro in questo clima torrido afoso pesante dove le stesse idee faticano a germinare. Mi preme fin da subito precisare, però, come io sia capace di distinguere la pornografia con la quale ho una scarsa, direi, nulla dimestichezza dall’erotismo, sano lecito praticato fin da quando mi capitò di leggere, poco più che adolescente, il Kàma-sùtra di Vatsayàna, il Tao del sesso e, infine, quella Metafisica del sesso di Julius Evola, autore che ha urtato la sensibilità altrui avendolo io citato quale possibile partigiano a difesa di Moana.
(Altro aneddoto della straordinaria variegata inimitabile unica vita vissuta dal Mago. Nel carcere di Regina Coeli, anno 1970, secondo braccio, gira un giornaletto con la fotografia di alcune fanciulline in mutandine e il seno che s’indovina dietro trasparenti magliette. E’ quanto di più osè si può pretendere prima della liceità del nudo al cinema sui giornali in spiaggia… Giornale ingiallito e con le pagine spesso incollate fra loro, ma, come dice un vecchio proverbio, ‘necessità fa virtù’… Sono arrivato al braccio dopo alcuni mesi di isolamento, frastornato confuso curioso. Condivido la cella di tre metri per sei con due altri detenuti. Uno di costoro, da lunga data in prigione, una sera con il manico del cucchiaio affilato alle sbarre tanto da poter sbudellare un vitello disegna alla parete, sopra la sua branda, una sorta di figura femminile per poi, sotto le coperte, masturbarsi. E, a mia inopportuna domanda e facendo riferimento al giornale di cui sopra: ‘E che la mia ragazza è una puttana che va con tutti?…’).
Dunque, non avevo alcuna intenzione rendere la pornografia stile di vita, immagine altra ed alta di opposizione, di alternativa. Volevo solo rilevare che c’è un modo degno di morire, indipendentemente di come si è vissuto, rispetto ad un clamore intorno alla morte indecente e indegno. Forse non è sufficiente a riabilitare il proprio vissuto, ma, pur considerando lo scrivere nobile virtù, rimango convinto che il sangue spesso e volentieri è di gran lunga superiore all’inchiostro – e all’inchiostro dei moralisti, senza alcuna incertezza. Mi torna a mente quanto suggerisce l’imperatore Adriano e cioè di andare incontro alla morte ad occhi aperti… (Non si scandalizzi o, se sì, chi se ne frega, per l’accostamento). Achille Starace fu l’immagine del Fascismo becero esibizionista retorico sciatto, ma a vederlo a Piazzale Loreto, con una tuta da meccanico, ormai estromesso da ogni incarico e reso inutile alla storia, voler essere fucilato mentre onora il ‘suo’ Duce, macellato e appeso a testa in giù, con il saluto romano, beh, non rimane che rendere anche a lui la nostra memoria devota…
Scrivere di Moana Pozzi, del suo riferimento ad una affermazione di Evola ripresa poi da Almirante ed entrambi da Seneca, era e vuole essere uno dei tanti modi possibili per collocarsi contro certo perbenismo borghese che, dietro le maschere di valori solidificati, nasconde – questo sì perversioni a sfondo sessuale – il desiderio nel cesso di ingoiare gli stessi stronzi che ha appena defecato (forse la metafora è troppo forte, ma è pur vero che troppo a lungo abbiamo evitato di ‘prendere a pugni nello stomaco’ la borghesia, come già Mussolini propugnava a metà degli Anni Trenta). E’ in qualche modo una provocazione? No, è pretendere – ‘la tolleranza è il principio dell’indifferenza’ ed io sono troppo vecchio per impararne ora l’ipocrisia – che si decida da che parte stare, di quale Fascismo vogliamo essere gli eredi, a quali venti del cambiamento vogliamo portare il nostro contributo, con ‘bastoni e barricate’ ma e soprattutto con quali radici renderci forti…
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